La lettura di un
certo tipo di romanzi può sortire qualche effetto. Che sia positivo o negativo,
alla fine, non ha strettamente importanza. Innanzitutto dovrebbe generare una
certa necessità, come l’atto del bere e del mangiare. A seguire, ricambiare quel
qualcosa che si instaura fra te e l’autore. Basta. Nient’altro! Non c’è bisogno
di paroloni o frasi lunghe e prolisse. Si è già fortunati quando si ha
l’opportunità di leggerli.
Intrappolando il
romanzo della Monk Kidd in una finestra virtuale dall’aria luminosa e vaporosa,
mi rendo conto che fra me e la sua storia non si è disgraziatamente instaurato
alcun legame. La costruzione temporale che avvolge il tutto come un enorme
coperta, personaggi intrappolati nel lungo limbo del dramma e
dell’insoddisfazione che non li fa scintillare più di tanto, dall’esterno, mi
hanno conferito solo un immagine insulsa, distaccata. Ho visto solo un angolo
della tela di questo mondo che la Monk Kidd dipinge, che avrebbe potuto essere
meraviglioso e indimenticabile, dove spuntava appena una specie di magia. Ma
qual è stato l’elemento scatenante che mi ha indotta a bocciare questa lettura?
Semplice, la piattezza della storia, la prolissità di certi eventi o situazioni
narrati, la parvenza di un legame che avrebbe potuto prosperare nel tempo ma
che invece svanisce non appena gli si volge le spalle.
Certamente non mi
sarei aspettata che una storia come questa, che ha vasti echi a quella della
Stockeet e al suo bel The help potesse sorprendermi
insoddisfatta, quasi sconsolata. Perché da certe letture io pretendo il meglio.
L’irraggiungibile. Non l’ingresso nascosto di un edificio così insignificante.
Titolo:
L’invenzione delle ali
Dicono che non bisogna guardarsi indietro, che il passato è passato, ma io mi sarei guardato indietro per sempre.
Autore: Sue Mod
Kidd
Casa editrice:
Mondadori
Prezzo: 20€
N° di pagine: 393
Trama: Charleston,
South Carolina, 1803. Quando per il suo undicesimo compleanno Sarah Grimké
riceve in regalo dalla madre una schiava della sua stessa età di nome Hetty,
cerca inutilmente di rifiutare quello che le regole vigenti impongono. Hetty
anela alla libertà, soffoca tra le mura domestiche della ricca e privilegiata
famiglia Grimké, vorrebbe fuggire lontano e Sarah promette di aiutarla. Come
Hetty, anche lei è in qualche modo prigioniera di convenzioni e pregiudizi; in
quanto donna non le viene permesso di realizzare il suo più grande desiderio,
quello di diventare una giurista come il padre e i fratelli. Sarah sogna un
mondo migliore, libero dalla schiavitù, che lei considera come un terribile
abominio, e instaura con Hetty un rapporto speciale, insegnandole di nascosto a
leggere e a scrivere nell’intento di aiutarla a emanciparsi. Seguiamo così il
rapporto difficile ma speciale tra una ricca ragazza bianca e la sua schiava
nera e le loro vicende umane nel corso di trentacinque anni, cui si aggiungono
quelle della giovane sorella di Sarah, Nina, con la quale si batterà a favore
dei diritti civili delle donne, dei più deboli e degli emarginati e contro la
discriminazione razziale.
La recensione:
Dicono che non bisogna guardarsi indietro, che il passato è passato, ma io mi sarei guardato indietro per sempre.
Quando sento il
bisogno di leggere una storia, non ci penso due volte. Solitamente raccolgo
ogni sfida o difficoltà che mi si pone davanti, mi immergo fra le sue pagine
che ai miei occhi acquisisce una forma, un disegno divino che ha una certa
provenienza, realizzando poi rimasugli di quello che non sono altro stracci di
pensieri. Motivazioni a caldo. A caldo, ho giudicato L’invenzione delle
ali una lettura sufficientemente attinente ai miei gusti. Ma una prosa
elegante, adatta a qualsiasi storia, magari anche alla più difficoltosa, non
necessariamente si rivela piacevole. Un lettore avido di storie, profondo,
amante della lettura e dei buoni libri, costernato si vede annunciata la
pellicola di un film non attinente ai suoi gusti. O che lo era al 20% delle sue
possibilità. Su una finestra virtuale dall’aria luminosa e vaporosa, ho letto
la storia che la Mod Kidd si porta dentro tingersi di diverse sfumature. Potevo
fissarla quanto volevo, il colore non sarebbe cambiato.
In questo
senso, L’invenzione delle ali non mi è piaciuto. Entusiastiche
recensioni hanno paragonato il romanzo della Mod Kidd con quello della
Stockeet. Ma il paragone finisce qui. Perché, scrivere una storia che narra
della tratta degli schiavi, di mancata libertà, il senso di oppressione che
evidenzia un mancato senso di rispetto, discriminazione, riserbo, negazione nei
riguardi di un popolo che è ancora messo sotto una cattiva luce, non rende
necessariamente una storia perfettamente visibile. Indimenticabile nella sua
imperfezione, cambiando colore in un fazzoletto di vite che allestiscono un
banchetto.
So bene che, al di
là di tutto questo, non c’è bisogno di andare oltre. Sebbene i miei occhi hanno
seguito febbrilmente i caratteri sulle pagine, alcuna emozione mi è rimasta nel
cuore. Forse dipendeva da me? Ma anche rileggendo lo stesso capitolo più e più
volte mi sono trovata a formulare pensieri, paragoni con altre letture, in cui
l’impronta dei ricordi è ancora vivida nella mia mente che sfrecciano come un
treno in corsa. I ricordi, come una lieve brezza, hanno invaso le mie narici e
scompigliato i capelli. L’invenzione delle ali aveva dei
segnali che, se accostati l’uno all’altro come pezzi di un puzzle, formavano un
disegno poco gradevole. Ma il vero problema non è stato quello concerne alla
forma, ma alla sostanza. Cosa mi aspettavo davvero da questa lettura?
Inutile scrivere
che una seconda lettura avrebbe sortito lo stesso effetto. Una spessa coltre di
biasimo, delusione, la spasmodica ricerca di farsi strada in mezzo a masse di
carne e ossa come una forma di disagio che induce a porre dei limiti,
esattamente come la triste condizione che dovettero vivere giorno dopo giorno i
personaggi della Stockeet, è una strategia ponderata e paziente che come uno specchietto
per le allodole attira un gran numero di lettori. La Mod Kidd tuttavia non è
abbastanza furba da carpire questa opportunità, affidandosi esclusivamente a
fatti o eventi davvero accaduti che poi, sotto forma di romanzo, localizzano la
posizione a cui aspira l’autrice. Per quanto mi riguarda, come qualcosa di
estremamente debole. Estremamente piccolo, una specie di puntino. E ben presto
non subirà alcun mutamento nemmeno quando si giungerà alla fine, leggeremo un
epilogo triste ma poco originale che non ci fa dimenticare come la Mod
Kidd abbia evitato di ‘salvarsi ‘mediante slanci o effusioni del cuore che
avrebbero potuto colpire inaspettatamente. Il risultato è un tuffo in un
passato realmente esistito, un accozzaglia di situazioni estrapolati dalle
soglie del tempo, non convincendomi completamente, muovendosi in maniera
alquanto lenta e poco coinvolgente. Questa non è la prima storia incentrata sui
neri e la schiavitù che leggo, ma l’autrice sussiste nell’assurda unione fra le
due protagoniste, che non va più lontano di una semplice amicizia, fuorviando
sulla natura semplice ma poco emozionante della storia.
La struttura è
molto simile a quella dei romanzi della Morton a cui sono parecchio
affezionata, ma scostante da quella magia che impregnano le sue pagine. L’amore
per la letteratura, così come un forte senso di appartenenza al passato. Il
vecchio che si mescola al nuovo. L’invenzione delle ali a
questo proposito lascia inappagati, intristiti, insoddisfatti che forse sarà
dipeso da me che di storie di questo calibro ne leggo a bizzeffe. Forse, se
raccontata in maniera più striminzita, con un andamento più levigato e meno
artificioso, mi sarei avvicinata alla fine con un forte sentimento di tristezza
che avrebbe colmato il mio cuore per un forte senso di abbandono.
Una storia in cui
si cerca continuamente la libertà, ristabilire l’equilibrio fra i diversi
popoli, ottenere una felicità mancata non addetta alla mentalità del secolo.
L’autrice ha scritto questa storia traendo ispirazione da una storia realmente
esistita, dove non c’è effettivamente una spiegazione fondata da dove o da cosa
provenga questo suo forte interesse. Non evidenziando completamente le
tribolazioni a cui dovranno incorrere le protagoniste, e che le distinguono
dall’altro sesso, dall’alta società, ne sapendo ‘guarire ‘ le innumerevoli
stati di tristezza o insoddisfazione con un epilogo triste e malinconico che
non cambia né modificherà alcunché.
Valutazione
d’inchiostro: 2
Peccato che non ti sia piaciuto, io lo avevo adorato! Ma, si sa, questo è il bello della lettura 😊😊
RispondiEliminaEh già 😊
EliminaAdoro leggere romanzi😊prendi una bella estate...
RispondiEliminaGrazie! Anche tu 🤗❤️
EliminaDi questa autrice ho sentito parlare molto bene de La vita segreta delle api, ma questo ammetto di non conoscerlo.
RispondiEliminaPer me, Beth, è stato il contrario. Non ne avevo mai sentito parlare di quello che tu citi, ma conoscevo questo per sentito dire. Ma data la mia esperienza, penso passerò 😆😆
EliminaMi dispiace che non ti sia piaciuto, io sono rimasta colpita dal fatto che è una storia reale, io credevo fosse tutta inventata, contesto storico a parte
RispondiEliminaEh già 🤗 pazienza 🤗
Elimina