Si possono leggere
un mucchio di romanzi e restarne indifferenti. Si possono considerare buone
strategie, culturali o finestre dell’anima, perfino intime, che stregano a tal
punto che la loro chiamata è così forte da inebetirti. Spesso mi rendo conto
che ho bisogno di leggere un certo tipo di storie, di qualcuno in grado di
scrivere ed estrapolare dal nulla qualcosa di apparentemente semplice ma
potente la cui concretezza, la cui indole, richiamasse alla mente antichi
poemi, racconti cavallereschi o storielle avvincenti e asciutte. Piccole perle
che riflettono o addirittura aumentano lo sforzo letterario di trasmettere la
lettura, i libri, al di là di ogni cosa, al di là di ogni pregiudizio, fino ad
arrivare a quella inarrestabile eruzione creativa destinata a trasformare ogni
cosa.
In buona sostanza,
ciò che propongo oggi è la recensione della mia ultima lettura che è l’emblema
nonché il proposito di rispolverare i sogni giovanili dello stesso Fante, i
suoi desideri, le sue ambizioni, portando a termine un tentativo massimale che
comporta le innumerevoli difficoltà che un uomo deve affrontare per diventare
scrittore. Da qui, l’idea di realizzare un capolavoro come Chiedi alla
polvere, che mi ha lasciato pienamente soddisfatta, affascinata, con lo
stomaco completamente attorcigliato, l’anima ridotta in minuscoli pezzettini.
Titolo: Chiedi alla
polvere
Autore: John Fante
Casa editrice:
Einaudi
Prezzo: 13€
N° di pagine: 234
Trama: La saga
dello scrittore Arturo Bandini, alterego dell’autore, giunge in questo romanzo
al suo snodo decisivo. L’ironia sarcastica e irriverente, la comicità di Arturo
Bandini si uniscono alla sua natura di sognatore sbandato, che ne fa il
prototipo di tutti i sognatori sbandati che hanno popolato la letteratura dopo
di lui. Al centro della vicenda è il percorso di Bandini verso la realizzazione
delle sue ambizioni artistiche e la sua educazione sentimentale dopo l’incontro
con la bella e strana Camilla Lopez.
Non eravamo vivi,
noi ci limitavamo a sfiorare la vita senza mai afferrarla. E poi saremmo morti,
tutti sarebbero morti.
Tutti sappiamo che
la vera letteratura ha svariati aspetti. Estetici, morali, prosaici,
linguistici. Ma perché questi aspetti iniziano ad esistere, perché questo
volume, un libro in generale faccia parte della realtà nella quale noi ci
troviamo, deve avere un’altra cosa: un anima. Oltre ad estendersi nello spazio,
nella mente di chi lo legge, deve perdurare nel tempo. Un romanzo lo
consideriamo tale non solo perché costituito di carta bianca, vergata da una
scrittura fitta o arzigolata, ma anche perché occupa un posto, uno spazio;
questo fattore impedisce al romanzo di volatizzarsi davanti ai nostri occhi.
Dunque, quando si legge è come se stessimo vivendo in un universo
tetradimensionale. E allora, se al concetto di romanzo mischiamo un pizzico di
magia, è questa la vera forma per attraversare un mondo e un altro? Sorvolare
una dimensione e un’altra? Di fatto, i romanzi che compongono le mie tre
librerie lo dimostrano. Io, lettrice, ogniqualvolta mi immergo in un romanzo,
leggo una storia, avanzo nel tempo, anche se spesso in maniera poco lineare,
camminando inesorabile verso un destino che qualcuno ha già scritto. Ciò che mi
chiedo, mentre ripongo queste poche righe, è se John Fante abbia in un certo
senso accelerato il suo viaggio psicologico, o perfino tornare indietro ed
avanzare, verso quella ragione che denomina felicità, speranza e che in fondo
altro non è che il filo dipanato dalla sua stessa matassa. Il tempo che egli
visse è avvolto in una dimensione spaziale; Chiedi alla polvere ci
permette di muoverci liberamente ma con forti stati d’animo. Ma cosa fare per
non esserne completamente ammaliati?
Quando mi imbattei
in questo romanzo mi parve un modo piuttosto ingegnoso di parlare di letteratura
e vita. Mi sembrava la perfetta ma disomogenea miscela che incorre fra
individuo e la realtà circostante, ma non mi aspettavo di restarne così
affascinata. Chiedi alla polvere infatti è stato per me una
folgorazione. Ora comprendo i motivi per cui la gente discute spesso questa
forma di letteratura, sedotti dall’argomento, ipotizzando come sarebbe stato il
mondo di domani se gli eventi del passato si fossero abbattuti su di noi in
maniera meno efficace per rendere amena l’idea d vivere un’esistenza vana e
inutile. Si tratta naturalmente di discussioni sterili, senza senso, dal
momento che Chiedi alla polvere fu pubblicato nel 1928 e che,
quasi cento anni dopo, non si può più arrivare a nessuna conclusione
chiarificatrice. Tranne nei circoli letterari, o nella mente di qualche lettore
amante della cultura e dei libri in generale, come la sottoscritta, nel quale
si sta svolgendo un dibattito ancora più accalorato del divenire, dell’ascesa
di un sognatore, una mezza calzetta, che sorse dalla miseria, dalla povertà, e
che per comprendere il mondo e se stesso si affannó a trovare la pace. Fra
l’odore della polvere, le ceneri, intestardendosi a condurre una vita che non
lo soddisfa più e che lotterà sino alla morte pur di raggiungere i suoi
obiettivi.
Quello che non si
può negare è che Chiedi alla polvere ha acceso una scintilla,
ha avviato una fiamma che sono certa continuerà ad ardere ancora per un pó,
poiché ha svegliato in me la voglia di conoscere John Fante, di andare al di là
di un corpo fragile e perituro come il suo. Pochi penso resterebbero
indifferenti all’autore, al tipo di vita che egli condusse, alla genesi da cui
derivano i suoi romanzi. L’uomo che ha destato il fascino in molti, perché di
uomini solitari e infelici se ne legge a bizzeffe ma che il mondo circostante
venisse a contatto con la letteratura, al punto di renderla intrinseca alla
natura umana, è qualcosa di irriconoscibile, meraviglioso, magico, addirittura
originale. Tutto questo, in fondo, sembra possedere un che di particolare, ma altro
non è che un memoriale in cui il pittoresco, l’umorismo, il bizzarro, il bello
si congiungono a continui cambiamenti di tono, spesso ballerini e svolazzanti,
che rasentano l’assurdo e il tragico. E continua così ad essere persino nel
momento in cui il protagonista, Baldini, conoscerà il linguaggio contorto
dell’amore, destabilizzante e inappagante, che annuncerà in pompa magna una
visione alquanto pessimistica della vita in generale. John Fante ha potuto
trasformare in realtà i suoi sogni più reconditi, ma non ha considerato quanto
caro sia il prezzo da pagare se non si aveva mai ritenuto possibile vivere
senza alcun abbandono. Senza alcuna difficoltà. Descritto in maniera alquanto
raffinata, esaminando l’uomo ‘moderno’ che si muove in un sentiero arzigolato,
increscioso, zeppo di ostacoli, in ogni forma o prospettiva.
Ho letto un mucchio
di romanzi che evidenziano una certa importanza per la vita in cui la
letteratura trova posto davanti alla fragilità delle cose trovando però un
posto tutto loro, viaggiando fra un posto a un altro senza ottenere alcuna via
di scampo. Così come Chiedi alla polvere, Il giovane Holden aveva
addosso l’odore della guerra del passato, le tribolazioni della vita, a cui ho
preso parte con uno spirito meno entusiastico con cui ho affrontato questo
romanzo, una pietra che ho portato sulle spalle e che non ha svolto un ruolo
così cruciale nei miei riguardi.
John Fante tuttavia
mi ha fatta sentire come una barca presa in un vortice. Mi risulta ancora
incredibile che abbia vissuto un viaggio nel tempo in cui l’alterego
dell’autore è una figura che fu condannato a vedere unicamente l’epoca nella
quale nacque, quel terreno delimitato dalla vita del suo cuore e dalla
resistenza del suo corpo, che mediante la scrittura ha vissuto molte altre
vite, altri momenti, profanando il sentiero delle convenzioni, arrivando là
dove potevano arrivare solo i sogni o l’immaginazione. E per la prima volta
dopo tanto tempo, anche io ho potuto riconoscere tutto questo nel momento in
cui la curiosità si mosse, qualcosa nel mondo esistente si fosse rifugiato
risvegliando completamente il mio interesse. Non a caso Fante e questo suo
splendido romanzo mi hanno emozionato come non credevo per un infinità di
motivazioni: in primis, la sua importanza simbolica. Il potere che ha esso e
che incorre fra sogno e realtà, fra pazzia e razionalità.
Lottare per mettere
ordine nel tumulto delle emozioni non è cosa semplice. Non esiste possibilità
di riparare ciò che si è frantumato. Non esiste possibilità di recidere un legame
che si è solidificato in pochissimo tempo. Esistono però diverse opportunità
per sfruttare il mio amore per la lettura arricchendo il mio bagaglio culturale
con le opere complete di John Fante. È quello che più desidero. Leggere
trattati realistici che descrivono la vita con poesia, intimità, introspezione,
ferite dell’animo ancora aperte in cui inevitabilmente ci si sente partecipi.
Valutazione
d’inchiostro: 5
i haven't read this, am sure it must be interesting .
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It is. I recommend it ☺️
Eliminami hai fatto venire voglia di provarci!
RispondiEliminaFammi sapere, Chiara! È una lettura davvero bellissima che merita molto! ☺️
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