sabato, settembre 09, 2023

Gocce d'inchiostro: L'aria innocente dell'estate - Melissa Harrison

Con una certa diffidenza, ma anche preoccupazione, tirai fuori dalla finestra virtuale del mio Kobo un romanzo che destò la mia attenzione, sin dal primo momento in cui seppi la sua pubblicazione: accolto calorosamente in Italia dagli amanti di Thomas Hardy, una lettrice hardyana come me poteva di certo esimersi a fiondarsi fra le sue pagine? I miei timori però non furono messi da parte nemmeno quando, immersa come un sogno nostalgico ma bello, in cui ho potuto riconoscere un certo amore per i ricordi, per l’infanzia, mi aggrappai alla speranza di poter scorgere qualcosa di vivo. Ciò, infatti, e per fortuna ha permesso di assimilare questa lettura con una certa calma, una certa delicatezza, e avvertire quel dualismo che contraddistingue i romanzi hardyani: non solo la bellezza della natura intrappolata in un paesaggio bucolico splendido ed evocativo, quanto una certa distinzione fra mondo vecchio e mondo nuovo che anziché annullarsi furono garanzia di reciproca integrità. Quasi soffi di solitudine, slanci dell’anima che riflettono l’amore dell’autrice per questo tipo di romanzi, sospesi fra presente e passato, come forme insite nella sua esperienza personale.

Titolo: L’aria innocente dell’estate

Autore: Melissa Harrison

Casa editrice: Fazi

Prezzo: 18, 50 €

N° di pagine: 276

Trama: Una talentuosa scrittrice inglese contemporanea paragonata a connazionali illustri come Thomas Hardy e Charlotte Brontë arriva per la prima volta nelle librerie italiane con un romanzo delicato e potente. Nell’Inghilterra dei primi anni Trenta, la quattordicenne Edith Mather vive con la sua famiglia in una fattoria. Il paesaggio rurale è di una bellezza mozzafiato, ma la vita in campagna è dura, e la Grande guerra e la Grande depressione si sono lasciate alle spalle una comunità impoverita e timorosa. Edith è «una strana bambina», si sente irrimediabilmente diversa da tutto ciò che la circonda e preferisce la compagnia dei libri ai giochi con i coetanei. A turbare la quiete di un quotidiano scandito dalle leggi della natura è l’arrivo di Constance FitzAllen, giornalista di Londra giunta in paese per scrivere sugli usi e costumi dei contadini del luogo. Fin dal primo incontro Edith è ammaliata da questa donna estroversa e libera, che indossa pantaloni da uomo. Constance sembra l’amica e la mentore ideale per lei, ma si dimostrerà molto diversa da come appare: porta infatti con sé idee politiche che si riveleranno insidiose. Con l’avvicinarsi del tempo del raccolto e l’aumentare delle pressioni sull’intera comunità, Edith dovrà riuscire a fidarsi del proprio istinto per salvarsi da un disastro imminente.


La recensione:

Fui così entusiasta ad abbracciare un romanzo che evocasse gli antichi albori del mondo Hardyano, nel momento in cui dovetti confessare le mie colpe e i miei errori per aver giudicato malamente un romanzo, senza averlo prima letto. Non dovrei nemmeno essere qui, seduta alla scrivania, a riporre queste poche righe, ma non si può sempre attribuire la scelta di un romanzo una colpa, ma considerandolo bello nelle sue imperfezioni, almeno sino a quando è possibile avere una mera parvenza di questo elemento, avrei avuto successivamente tutto il tempo necessario per fare ammenda di ciò, riconoscere i miei ennesimi errori e allora, nel momento in cui la mia anima avrebbe sposato quella del romanzo, riconoscersi e legarsi a lei. Alla fine, penso, sono piccole grandi colpe che confesso alla luce morente di un giorno produttivo e soddisfacente che non modificano o raddrizzano chissà cosa, ma sono un buon spunto di riflessione.
La smania di constatare se in queste pagine avrei riconosciuto la voce suadente del mio amato Hardy non mi lasciò nemmeno il tempo per dire o fare alcunché. Non ci pensai due volte ad immergermi nella bellezza di un paesaggio, quanto la scissione fra mondo vecchio e mondo nuovo e il desiderio di non prevalere dinanzi a niente e nessuno, funse da invito ad avviarsi verso il progresso, come forma atipica a sé stante, che dà forti sensi di attesa, scandagliati mediante gli occhi infantili di una ragazzina che rappresenta l’innocenza, la purezza. Una giovane Tess, che disgraziatamente resterà sino alla fine rinchiusa nel suo bozzolo di ingenuità, perbenismo, concupiscenza, nonostante vive e avverte queste forme di cambiamento, consumati dalle loro stesse radici e consapevoli del loro se, percependo a fatica entità separate dalle altre ma che possono coesistere separatamente. Trascinata dalla corrente senza freni della devozione per le tradizioni, un certo attaccamento alle radici, al proprio passato che cozzano con forme antisemite che hanno un ché di nostalgico, ma in cui prevalgono la bellezza dei sogni, dei desideri repressi o sopiti dal tempo.
Soddisfatta riporto queste poche righe, sebbene leggere di autori che richiamano la prosa hardyana mi faccia sempre storcere il naso, come due mondi opposti, nettamente separati, che sporadicamente accolgo nel mio cantuccio personale per semplice gusto di farlo. Ma con Hardy ho stabilito una certa sintonia, un certo legame, e inconsapevolmente ero immersa nella campagna inglese del Wessex con un manipolo di storie e personaggi, quest’ultimi non legati ne affini fra loro, ma che condividono il peso di sofferenze e drammi vari da renderli unanimi. La cornice in cui è proiettato il romanzo della Harrison sufficientemente ricalca tutto questo, rappresenta il non essere poiché conferisce solo un’illusione, nonostante si percepiscono gioie, sofferenze di cui non è possibile esprimere ma condividerle mediante timori, fantasie.
La natura trasmette una certa solitudine, poiché specchio dell’anima della stessa autrice sospesa fra quel passato perso per sempre e un presente in cui non ci si può riconoscere, né come forme spontanee o volontarie quanto insite nell’esperienza del cambiamento. Per la solitudine di cuori forti e intransigenti, certo. Ma anche come qualcosa di pesante, che rientra in un preciso piano per rimanere soli, isolati da altre forme di vita, che sarebbe assurdo concepire diversamente come un desiderio irresistibile di comprensione.

Una lettura che nella sua straordinaria delicatezza conferisce una sorta di energia spirituale. Quando il Fato bussa alla porta costringe ad affrontare la vita in ogni forma, in ogni dilemma, alludendo a innumerevoli opportunità in cui si alena anche il minimo contatto. Non propriamente liberi da entità che imprigionano nella loro morsa, in cui mi è stato davvero impossibile non poter ammirare queste figure di passaggio nei loro abiti umili, aspirando ventate di odori malsani che pian piano si lasceranno alle spalle.

Valutazione d’inchiostro: 3 e mezzo

2 commenti:

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