Autore: Murakami Haruki
Casa editrice: Einaudi
Prezzo: 11 €
N° di pagine: 146
Trama: Una riflessione sul talento, sulla creatività e più in generale sulla condizione umana; l'autoritratto di uno scrittore - maratoneta, di un uomo di straordinaria determinazione, di profonda consapevolezza - dei propri limiti come delle proprie capacità -, di maniacale disciplina nel sottoppore il proprio fisico al duro esercizio della corsa; e non da ultimo la sorpresa di scoprire che un autore celebrato per la potenza della sua fantasia sia in realtà una natura estremamente metodica, ordinata, agli antipodi dello stereotipo dell'artista tutto <<genio e sregolatezza>>.
Trama: Una riflessione sul talento, sulla creatività e più in generale sulla condizione umana; l'autoritratto di uno scrittore - maratoneta, di un uomo di straordinaria determinazione, di profonda consapevolezza - dei propri limiti come delle proprie capacità -, di maniacale disciplina nel sottoppore il proprio fisico al duro esercizio della corsa; e non da ultimo la sorpresa di scoprire che un autore celebrato per la potenza della sua fantasia sia in realtà una natura estremamente metodica, ordinata, agli antipodi dello stereotipo dell'artista tutto <<genio e sregolatezza>>.
La recensione:
Ciò che conta, per me, per il corridore che sono,
è tagliare un traguardo dopo l'altro. Usare tutte le forze necessarie,
sopportare tutto ciò che devo, e alla fine essere contento di me. Imparare
qualcosa di concreto - piccolo finché si vuole, ma concreto - dagli sbagli che faccio e dalla gioia che
provo. E gara dopo gara, anno dopo anno, arrivare in un luogo che mi soddisfi.
O almeno andarci vicino.
Nella piccola cittadella della mia coscienza ci sono
alcuni giorni che fanno venire voglia di maledire ogni cosa. Tuttavia, se si
porta pazienza per un certo periodo, poi non si sta tanto male. La mia anima,
in questo caso protagonista indiscussa, quando se lo può permettere se ne va a
far frotte in luoghi o posti che erano del tutto sconosciuti, lasciando
semivuoto un corpo minuto ma formoso, in cui ispezionare certi tipi di paesaggi
diventa un'occasione molto piacevole. Una sfilata di figure pubbliche, a cui
non avevo prestato particolare attenzione, proiettano la loro ombra fumosa
sulla soglia di una porta che si sarebbe aperta su un mondo, sui cui contorni
abbaglianti avrei potuto tracciare un segno. Su un foglio invisibile
intrappolato in una finestra virtuale dall'aria luminosa e vaporosa avrei
catturato il pensiero astratto di un uomo, e, mediante scrittura, composto
acute e profonde riflessioni sul talento, sulla creatività di un uomo che se ne
infischia delle buone maniere. Un traduttore, un saggista, un corridore, uno
scrittore, già celebrato per la potenza della sua fantasia, - calorosamente
accolto da un eccessivo numero di lettori - e che, nel corso degli anni,
divenne modello di candidatura al premio Nobel per la letteratura.
Nella lontana estate del 2005, Murakami Haruki aveva
cinquantasei anni. Era un tipo che amava stare da solo. Un soggetto alquanto
eccentrico che, se pensa all'esistenza umana, la paragona a una zattera arenata
sulla spiaggia. Con pensieri che si avvicendano nella sua testa come dei
derivati dal nulla, concepì il proposito di scrivere romanzi per caso e inventò
nuove parole e nuovi mondi.
Con quel suo stile inconfondibile, schietto e vivace
non è da considerarsi come il classico gentiluomo che fa del galateo un mantra
ma un giovane ambizioso, intrappolato nel corpo di un adulto, che ha il
temperamento complicato di mettere le cose nero su bianco per riflettere sul
significato che hanno avuto le sue uniche fonti di sostentamento: la scrittura
e la corsa.
<<Non
sono una persona, sono pura e semplice macchina. E visto che sono una macchina,
non ho bisogno di sentire proprio nulla. Devo solo andare avanti.>>
La scrittura, quel battesimo magico che mette in
contatto questo mondo con quello dell'altro, e la maratona che, in L'arte di correre, diviene allegoria
della stessa scrittura. Una riflessione sul talento, sulla creatività,
l'autoritratto di un maratoneta, colmo di una straordinaria determinazione, che
sottopone maniacalmente il proprio fisico al duro esercizio della corsa; che
per quanto possa essere banale a volte, se ripetuta spesso ingenera una sorta
d'intuizione estetica.
Considerato dallo stesso Murakami come una sorta di
diario in cui sono riportate alcune riflessioni personali, L'arte di correre è un romanzo da leggere che potrebbe apparire
interessante, ma che non consiglierei spassionatamente. La fine della lettura è
una rapida assimilazione del processo creativo dell'autore e, disgraziatamente
per me, una mera constatazione che non tutti riescono a scrivere con facilità.
A far venire fuori, dalla loro penna, parole e frasi spontaneamente senza
sforzarsi minimamente. Pensieri che si
avvicendano nella mente come derivati del nulla. Si formano ruotando intorno al
nulla. Somigliano alle nuvole che vagano nel cielo; nuvole di grandezza e forma
diversa che arrivano, e se ne vanno, come semplici ospiti di passaggio.
Scrivere
un libro è un po' come correre una maratona, la motivazione in sostanza è della
stessa natura: uno stimolo interiore silenzioso e preciso, che non cerca
conferma in un giudizio esterno.
In questa sua ennesima fatica letteraria, Murakami
non si limita a rivelarci nei minimi dettagli i segreti della nobile arte della
corsa, ma, dà alla storia spazio e tempo. Scompone le parti della sua vita come
elementi ordinati di una libreria, sorprende per la sua natura estremamente
metodica, ordinata, peculiare, agli antipodi dello stereotipo dell'artista
tutto "genio e sregolatezza" e, infine, lascia con la generale
tristezza di un arrivederci che solitamente caratterizza i suoi romanzi.
Se
malgrado tutto tieni duro e continui a correre, finisci col provarne una sorta
di disperato sollievo, come se il tuo corpo venisse svuotato di ogni sostanza.
Più che triste, mi ha lasciata psicologicamente e
fisicamente stanca. Il sudore che gronda dalla fronte e si condensa in piccole
e invisibili gocce, indumenti buttati via perché ingombranti, temperature che
superano ulteriormente i quaranta gradi. Il cielo coperto da una cortina di
nuvole e pioggia, con le innumerevoli e interminabili ore trascorse dinanzi a
una vecchia e malandata scrivania.
Scrivere
un romanzo, fondamentalmente, è una sfacchinata, io ne so qualcosa. In sé l'atto
di redigere delle frasi è forse uno sforzo mentale. Ma scrivere fino in fondo
un libro intero è qualcosa che si avvicina alla sola fatica fisica.
L'arte di
correre è un vasto cosmo di tante cose diverse. Un immenso
contenitore di riflessioni e idee su ciò che ha più significato per l'autore che, tra circostanze straordinarie e situazioni diverse, condensa in pochissime
pagine, attraverso una sorta di monologo interiore che mette a nudo una parte
della sua anima. Personali e modeste riflessioni sulla corsa, sulla strada
sbagliata che spesso percorre, tanto come scrittore quanto corridore.
Generalmente innovativo, semplice e reale, funge
inoltre da ammenda utile a ricordarci che, pur di realizzarci, è necessario
spesso saper combattere.
Riesco a
rendermi conto chiaramente delle cose soltanto quando le percepisco attraverso
la mia carne viva, attraverso una materia che posso toccare con mano.
Valutazione
d'inchiostro: 4
Ciao Gresi, non ho mai letto nulla di questo autore e spero di recuperare al più presto con questo libro =)!
RispondiEliminaCiao, Ella! Non è uno dei suoi migliori romanzi, ma non te ne sconsiglio nemmeno la lettura :)
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