domenica, maggio 09, 2021

Un piccolo gesto di tenerezza: the Mother's day

Di romanzi che esplicano l’amore filiale, quello fra un genitore e un figlio ve ne sono a bizzeffe. La prima impressione, quando sorgono questi tipi di eventi, è di domandarmi quali libri evidenziare o selezionare che espugnano questo tema. Tutti quei romanzi che in un modo o nell’altro sono situazioni fastidiose, imprevedibili, relazioni conturbanti fra genitori e figli – adolescenti e non – che nella loro semplicità sembrano piccoli folletti usciti da una favola: donne bassine ma forti, rotondette e simpatiche, ambiziose e intelligenti, donne acqua e sapone e trasparenti. Nell’insieme formano quel luogo di protezione, quell’ala chioccia da cui rifugiarsi da cui è possibile riconoscerne la voce, le cui facciate da finte buoniste celano situazioni estremamente disagevoli.
E adesso, eccomi nuovamente qui pronta a consigliarvi quelli che secondo me sono solo alcuni di quesi romanzi che tratteggiano l’amore di un genitore per un figlio, piazzandosi così nel mio cerchio personale e in quello di chi legge raccontando storie che non trascendono niente di speciale o straordinario ma sono un processo introspettivo inteso a rimettere lentamente in moto il cuore, risvegliare sentimenti o emozioni che si credevano perduti e talvolta dimenticati o tralasciati dalla personalità. I libri, unico ponte di comunicazione: discussioni, strategie, meditazioni, giochi di effetti dalle tonalità più sgargianti al fine di epslicare fortemente questo legame con tutto quello che ci è portata di mano, migliorando nel nostro piccolo la nostra condizione di figli, ed abbracciare questi sentimenti con condizioni equanimi.

Primo di questa lista, come non citare uno di quei romanzi che è entrato dritto dritto nella categoria dei romanzi più belli letti quest’anno?!? Giulia Caminito ci narra le penose condizioni igeniche e morali di una famiglia, rinchiusa e intrappolata in un equilibrio precario, su ciò che è effimero, pronto a crollare in qualunque momento in cui la vita stessa è una preghiera perpetua, allegoria di un regime totalitario da cui sembra non esserci alcuna via di scampo. L’assoluta mancanza di serenità, l’anelazione a forme di tranquillità o serenità di un attendibile pratica opprimente, racconta le vicende di una ragazza, Gaia, e della sua famiglia come metodologia a scovare una realtà migliore di questa, in cui una narrazione densa, ricca di lirismo e simbolismi che a mio avviso è pertinente all’anima dello stesso romanzo, ne evidenziano il corpo, l’anima della sua protagonista attraverso i suoi << difetti >>, il suo essere guasta, ingestibile, poco amabile, affamata di passione letterale e metaforica che anela a scovare quel senso di giustizia che disgraziatamente non c’è.


Titolo: L’acqua del lago non è mai dolce
Autore: Giulia Caminito
Casa editrice: Bompiani
Prezzo: 18 €
N° di pagine: 304
Trama: Odore di alghe e sabbia, di piume bagnate. È un antico cratere, ora pieno d’acqua: sulle rive del lago di Bracciano approda, in fuga dall’indifferenza di Roma, la famiglia di Antonia, madre coraggiosa con un marito disabile e quattro figli. Antonia è onestissima e feroce, crede nel bene comune eppure vuole insegnare alla sua figlia femmina a non aspettarsi nulla dagli altri. E Gaia impara: a non lamentarsi, a tuffarsi nel lago anche se le correnti tirano verso il fondo, a leggere libri e non guardare la tv, a nascondere il telefonino in una scatola da scarpe e l’infelicità dove nessuno può vederla. Ma poi, quando l’acqua del lago sembra più dolce e luminosa, dalle mani di questa ragazzina scaturisce una forza imprevedibile. Di fronte a un torto, Gaia reagisce con violenza, consuma la sua vendetta con la determinazione di una divinità muta. La sua voce ci accompagna lungo una giovinezza che sfiora il dramma e il sogno, pone domande graffianti. Le sue amiche, gli amori, il suo sguardo di sfida sono destinati a rimanere nel nostro cuore come il presepe misterioso sul fondo del lago.

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Altro bellissimo romanzo, che evidenzia la protezione di genitori egocentrici ma studiosi, la libertà, il desiderio di lasciarsi completamente andare, l'amore, il tradimento sono alcuni degli specchi che riflettono opacamente l'individuo, il suo sentirsi informe alla società. Attenuano quelle che non sono altro che offese che Giovanna, la protagonista, trova intollerabile. E la differenza della sua personalità: Giovanna brutta, guasta, incapace, indegna persino a ricambiare l'amore dei suoi genitori, così piccola e fragile più di quanto crede. Forse la spiegazione su cui ruota il messaggio dell'intero romanzo è proprio questa, la diversità che la Ferrante attribuisce a uno scricciolo come Giovanna in relazione col prossimo. 

Titolo: La vita bugiarda degli adulti
Autore: Elena Ferrante
Casa editrice: E/O
Prezzo: 19 €
N°di pagine: 336
Trama: Il bel viso della bambina Giovanna si è trasformato, sta diventando quello di una brutta malvagia adolescente. Ma le cose stanno proprio così? E in quale specchio bisogna guardare per ritrovarsi e salvarsi? La ricerca di un nuovo volto, dopo quello felice dell’infanzia, oscilla tra due Napoli consanguinee che però si temono e si detestano: la Napoli di sopra, che s’è attribuita una maschera fine, e quella di sotto, che si finge smodata, triviale. Giovanna oscilla tra alto e basso, ora precipitando ora inerpicandosi, disorientata dal fatto che, su o giù, la città pare senza risposta e senza scampo.



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Questo romanzo, al contrario di quelli precedenti, non mi piacque particolarmente ma è stato inserito in questa lista semplicemente perchè ricordo perfettamente del viaggio, del percorso che la protagonista attuerà per conoscee la sua famiglia, la sua vita, qualunque segreto o mistero aleggia attorno alla figura dei suoi genitori, e, soprattutto di sua nonna.

Titolo: La casa degli spiriti
Autore: Isabel Allende
Prezzo: 9,50 
Casa editrice: Feltrinelli
Numero di pagine: 364
Trama: Una saga familiare del nostro secolo in cui si rispecchiano la storia e il destino di tutto un popolo, quello cileno, nei racconti delle donne di una importante e stravagante famiglia. Un grande affresco che per fascino ed emozione può ricordare al lettore, nell'ambito della narrativa sudamericana, soltanto "Cent'anni di solitudine" di Garcia Màrquez.

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Mi sono trovata inconsapevolmente fra le braccia di due donne, Amy e Isabelle, non nutrendo moti di compassione o diniego, riempiendomi di pensiero su ciò che mi avrebbero riservato le sue pagine. Considerando le varie forme di amore, odio che procura uno sfogo emotivo fra madre e figlia con un guazzabuglio di sentimenti altalenanti, forti, uomini che vanno con ragazzine come semplici prostitute, sesso, lacrime e sudore come pretesti per mascherare i bisogni oscuri, incontrollabili nella libidine bestiale, e se sprofondi in un pozzo oscuro e profondo e non scorgi nemmeno un bagliore di speranza, cosa importava il modo in cui sarebbero sfuggiti da certi "limiti"?


Titolo: Amy e Isabel
Autore: Elisabeth Strout
Casa editrice: Fazi
Prezzo: 19, 50 €
N°di pagine: 450
Trama: È la storia, questa, di una cittadina anonima della provincia americana. Di un'estate straordinariamente torrida. Di un microscosmo di donne, impiegate presso gli uffici di una fabbrica locale. Tra wjegse de Isabelle, ancora giovane, che tenta di celare il proprio misterioso passato dietro una facciata di decoro e perbenismo; e c'è la figlia Amy, una timida adolescente con un segreto che non riesce a tenere nascosto. Il rapporto tra le due è teso, intessuto di cose non dette e di una reciproca incomprensione che si trasforma in aperta ostilità quando la madre scopre nella figlia l'esuberanza e la voglia di vivere che un tempo erano state le sue, il suo stesso desiderio di darsi a un altro e di essere amata. Il mondo di Am e Isabelle crollerà violentemente all'improvviso, e dopo un toccante, impietoso confronto durante una drammatica notte niente sarà più come prima.

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Mirador è, come sostiene la stessa autrice, Elisabeth Gille, nonché figlia dell’autrice, una memoria sognata, una dolce rimembranza in cui l’eternità ha compiuto un lungo viaggio e rievocato l’irrevocabile. Osservando l’esperienza personale della Nemirovsky come discostando una tenda invisibile, rapiti dalla vertigine della distanza che mediante scrittura smorzano gli effetti di un passato violato e irrecuperabile.

Titolo: Mirador, Irene Nemirovsky, mia madre
Autore: Elisabeth Gille
Casa editrice: Fazi
Prezzo: 18 €
N° di pagine: 360
Trama: “Mirador” non è una semplice biogradia di Irène Nèmirovsky. È la scrittrice stessa che, attraverso la voce della figlia, Elisabeth Gille, ci racconta in prima persona di sé e della propria vita. E rievoca con accenti intimi e originali la Russia lacerata e suggestiva dell’infanzia e dell’adolescenza. Poi, dopo l’elisilio seguito alla Rivoluzione d’Ottobre, sono la Francia e Parigi lo scenario in cui Irene spicca il volo e diventa famosa. Infine la provincia francese è il teatro che vede svolgersi l’ultimo atto della sua esistenza, che è anche l’ultimo atto di una borghesia colta ma incapace di cogliere i segni premonitori della tragedia che si sta abbattendo sull’Europa e che troppo tardi si accorge della furia che travolgerà milioni di persone, come la stessa Irène, deportata nel 1942 ad Auschwitz, dove morì di tifo un mese dopo.

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Un romanzo sulle promesse, immerso fra un gioco di luci e ombre, che ci tiene prigionieri di una lontana follia, destinati a vagare senza pace fra i corridoi di un’antica dimore. Un luogo attraverso cui la protagonista aiuterà sua madre a redimersi e liberarsi dal fardello delle incertezze, delle fatalità, imparando soprattutto a volerle bene.

Titolo: Una lontana follia
Autore: Kate Morton
Casa editrice: Sperling & Kupfker
Prezzo: 11 ,90 €
N° di pagine: 570
Trama: Edie Burchill ha un’anima appassionata e un bruciante amore per i libri. Forse per questo non capisce sua madre Meredith, una donna fredda, scostante e silenziosa, che ha passato una vita intera assorta in pensieri che solo lei conosce. Ma un giorno a casa Burchill arriva una lettera con il timbro di cinquant’anni prima: sulla busta, l’indirizzo di Milderhust Castle, la dimora di campagna dove Meredith, sfollata da Londra, trovò accoglienza quando aveva tredici anni. Di fronte a quella lettera ingiallita dal tempo, Meredith è sconvolta. E la figlia comprende che sua madre nasconde un segreto. È così che Edie comincia un viaggio nel passato di quella donna che non ha mai conosciuto davvero; un viaggio che inizia proprio dall’imponente castello oramai in rovina, con il suo giardino vasto e impenetrabile, dove Meredith ha vissuto i giorni che hanno segnato il suo destino. Il castello è ancora abitato dalle tre figlie del famoso scrittore Raymond Blythe, allora giovani e bellissime, con una vita piena di promesse davanti a sé. Ma di quelle promesse la vita non ne ha mantenuta nessuna, e loro oggi non sono che tre ombre, prigioniere di una lontana follia, destinate a vagare senza pace tra i corridoi dell’antica dimora. Un luogo che, scoprirà Edie, porta impresso il ricordo di un incendio rovinoso, e di una morte che non ha mai trovato un senso. Solo immergendosi nei misteri di Milderhurst Castle, Edie potrà liberare sua madre da ciò che la opprime. Imparando, finalmente, a volerle bene.


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Un romanzo che è un modo carino per rinunciare, anche se per poco, alla nostra vita. Calarsi completamente nella storia dei personaggi della Setterfield e volgere le spalle a un mondo in cui sono in voga l'insoddisfazione e l'ingratitudine. Sentirsi placare, cullare dalla sicurezza di una bugia, un legame filiale apparentemente nitido e cristallino. Una buona storia che abbacinasse sempre più un frammento di verità. Che mi ha fatto arrabbiare e rendermi felice, allo stesso tempo.

 Titolo: La tredicesima storia
Autore: Diane Setterfield
Casa editrice: Mondadori
Prezzo: 13
N° di pagine: 438
Trama: Margaret Lea è una giovane libraia antiquaria che negli anni trascorsi con il padre tra pagine immortali e volumi sepolti dall'oblio, ha coltivato una quieta passione per le biografie letterarie in cui di tanto in tanto si cimenta. La sua prevedibile esistenza viene sconvolta un giorno da una letterata tanto enigmatica quanto perentoria: "L'ora è giunta. Venga lunedì con il treno delle quattro e mezzo. Manderò una macchina a prenderla alla stazione di Harrogate. Vida Winter". E' questo l'invito con cui Vida Winter, sfuggente e carismatica scrittrice alla fine dei suoi giorni, informa Margaret della sua investitura e propria biografia ufficiale. Dopo mille esitazioni - perché proprio lei? Sarà all'altezza delle aspettative di una delle più grandi scrittrici viventi? - la giovane parte alla volta dell'isolata magione dell'anziana autrice. Superate non solo le proprie resistenze ma anche le spigolosità della sua difficile interlocutrice, Margaret si accinge finalmente all'opera rimanendo immediatamente stregata dalle vicende della famiglia Angelfield e dalla sorte di un misterioso racconto che Vida Winter non ha mai voluto pubblicare.


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Immerso in un’atmosfera di forte attesa, sospensione, immobilità, in cui si alena un forte senso di protezione, che va di pari passo con il rispetto e la ricchezza , e a cui ci si affida alla Provvidenza, nel momento in cui la vita ci spiattella innumerevoli responsabilità, tante angosce, tante prove che nell’insieme arricchiscono il nostro animo. La sua anima è alquanto semplice, il tono diretto ma provato … diabolicamente imprigionati in un mondo che ti tarpa le ali,come se non ce ne fosse assolutamente bisogno di far sentire la propria voce in un cosmo che non ha voce. Questo romanzo mostra una notevole predisposizione agli atti disperati, affannosi, relativi alla sopravvivenza, come condanne da accettare e a cui si cercano delle garanzie.  

 

Titolo: I doni della vita
Autore: Irene Nèmirovsky
Casa editrice: Adelphi
Prezzo: 11 €
N° di pagine: 218
Trama: Pierre Hardelot, erede delle omonime cartiere, ha una fidanzata rosea e grassoccia che la famiglia ha scelto per lui, ma è innamorato di un’altra: una che non gli consentiranno mai di sposare, perché appartiene alla piccola borghesia, e non ha dote. Eppure, alla vigilia del matrimonio, Pierre decide di infrangere quella invisibile ma solida barriera “fatta di buon sangue, di carni robuste e sane e di risparmi investiti in titoli di Stato, una barriera destinata a proteggere per sempre i giovani dalle insidie della sorte e dalle loro stesse passioni”, e la legge non scritta per la quale di generazione accoppiamenti giudiziosi stringono sempre di più i legami tra le poche famiglie che contano della ricca borghesia di provincia – e sposa la donna che ama.


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Una melodia che in parte strazia il cuore e in parte annienta lo spirito. Inducendo a provare quell'emozione indefinibile che prende quando si leggone storie strazianti come queste. Quel futuro che nessuno può pianificare, anticipare, e che quando arriva ti prende sempre alla sprovvista. Un piccolo colibrì che svolazza ma non riesce a spiccare il volo, la cui dolcezza velata di tristezza va a cercare conforto nei sentimenti più nascosti del cuore. Un racconto triste, veritiero ma semplice che trasmette un certo malessere, misto a una buona dose di sconforto, che volteggiano nell'aria come minuscoli granelli di polvere.


Titolo: Un uso qualunque di te
Autore: Sara Rattaro
Casa editrice: Giunty
Prezzo: 6, 90 €
N° di pagine: 176
Trama: Una famiglia borghese apparentemente serena è quella formata da Viola, Carlo e dalla diciassettenne Luce: grandi occhi spalancati verso il futuro. Distratta madre e moglie, Viola coltiva mille dubbi sul suo presente e troppi rimpianti camuffati da consuetudini. Carlo, invece, è un marito presente e innamorato e la solidarietà del legame famigliare sembra dipendere soprattutto da lui. E' quasi l'alba di una notte di fine primavera quando Viola riceve un messaggio da suo marito che le dice di correre in ospedale. Stava dormendo fuori casa e si deve rivestire in fretta, non c'è tempo per fare congetture, il cellulare ora è scarico e nel messaggio non si dice a quale ospedale debba andare né cosa sia successo. Una corsa disperata contro il tempo, i sensi di colpa e le inquietudini che da anni le vivono dentro. Fino al drammatico faccia a faccia con il chirurgo le cui parole porteranno a galla un segreto seppellito per anni e daranno una sterzata definitiva al corso della sua esistenza.


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Un'interruzione netta che somiglia a un taglio col coltello, prima triste e sentito, dopo un attimo intriso di speranza. Racconto di un amore che non ha una sua collocazione precisa, non trova confini, è una scialuppa di salvataggio dinanzi a un mare in tempesta. Lo disvelamento di una tenebra, e tutta la luce che ne è venuta fuori.

 Titolo: Ovunque tu sarai
Autore: Fioly Bocca
Prezzo: 12,00 €
Casa editrice: Giunti
Trama: Anita vive da tanti anni a Torino ma è cresciuta sulle Dolomiti, dove il vento soffia sempre e l'aria è fresca, e dove di recente è costretta spesso a tornare per via della terribile malattia di sua mamma, che la sta portando via velocemente. Per farle sentire tutto il suo amore, Anita scrive ogni sera una email per augurarle la buonanotte, dove però non racconta la verità. Non le dice che il lavoro nell'agenzia letteraria non è entusiasmante come pensava, né che il suo fidanzato di lungo corso, Tancredi, è distratto, distante, stolido. Anzi, scrive che stanno programmando le nozze  per dare il via a quella famiglia numerosa che Anita ha sempre desiderato. Durante uno dei viaggi in treno, Anita incontra Arun, un ragazzo italocambogiano, scrittore di libri per bambini, al quale basta guardarla negli occhi per leggere tutta la sua tristezza. Un incontro che la colpisce. Ma chi è Arun? Perché, anche se cerca di tenerlo lontano, qualcosa la riporta a lui? E' forse questo il regalo che le ha lasciato in eredità sua madre?

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