giovedì, settembre 21, 2023

Gocce d'inchiostro: Euforia. Un romanzo su Sylvia Plath - Elin Cullhed

Ho dovuto trattenermi per non giudicare frettolosamente, e finire dritta dritta dinanzi all’insoddisfazione. Mi rendo conto, che delle volte si pongono e danno giudizi forse fin troppo affrettati, e che distruggono quell’immagine idealistica che avevamo riposto nei riguardi di qualcosa o qualcuno. E per quanto non possa dare un giudizio scientifico, letterario, disgraziatamente basato sulla lettura di un unico romanzo di Sylvia Plath, non mi sento tuttavia aliena da latenti pregiudizi, tipicamente impulsivi, che bisognava superare con tatto. Anche se, alla fine, sono libera di pensare ciò che voglio, no?! Anche se i requisiti che questa storia possa appagarmi completamente c’erano tutti, ma, alla fine, rivelatasi una differenza pratica messa in atto da un autrice che amò intensamente la Plath e che fece di questo romanzo una sorta di omaggio. Una dichiarazione d’amore da cui però trapela una certa rabbia, un certo rancore nei riguardi di quelle donne che non riescono a sopportare a malapena e lasciare che la vita fluisca sulla loro pelle, come acqua limpida e fresca. La banale idea che la morte sia insita in ogni forma o sostanza, e che elevandosi al di sopra di ogni cosa, stona un po' con l’aura rabbiosa che trasmettono queste pagine. Non completamente libera, ma desiderosa di scovare la luce e raggiungere la felicità. In un ciclo completo di esperienze che non mi hanno infervorata ma tutto sommato mi hanno permesso di godere della sua compagnia.


Titolo: Euforia. Un romanzo su Sylvia Plath
Autore: Elin Cullhed
Casa editrice: Mondadori
Prezzo: 19, 50 €
N° di pagine: 300
Trama: Quando il romanzo si apre, Sylvia, incinta del secondo figlio, è entusiasta all'idea della nuova avventura in cui lei e Ted Hughes si sono imbarcati insieme: ristrutturare una vecchia canonica lontano dalla grande città, crescere una famiglia in un regno tutto per loro. Prima dell'arrivo dei bambini Ted era il suo compagno in ogni cosa: da intellettuali vivevano intensamente la vita e ne prendevano ciò che volevano. Ma ora Ted scompare sempre più spesso nel suo studio per scrivere mentre Sylvia si ritrova abbandonata, un animale assediato dai suoi piccoli. Il suo desiderio è scrivere, amare, vivere, lasciare un segno nel mondo. Ma dove sarà la sua immortalità? Nei bambini che nutre con il suo corpo o nelle parole che appunta sulla pagina nei pochi momenti rubati? Quando Ted la abbandona definitivamente per andare dalla sua amante a Londra, Sylvia si scopre al contempo intossicata dal suo stesso potere e annientata dalla perdita. In questo stato di euforia, si sente sul punto di raggiungere il massimo dei suoi poteri creativi come scrittrice. Ha deciso di morire, ma l'arte a cui darà vita nelle sue ultime settimane infiammerà il suo nome. 

La recensione:

 

Non mi piaceva l’agire in se, agire significava sigillare le cose e andare avanti, significava mollare la presa e smettere di sognare di fare. L’agire non aveva mai raggiugo la perfezione per me. Allora preferivo rimanere nel sogno, era una malattia..

 

Mi rendo conto della mia poca conoscenza nel trattare e parlare di un’autrice del calibro come Sylvia Plath, come se fossero attributi essenziali. Ma di essenziale ha tutto questo, in quanto recentemente mi sono imbattuta nella lettura di un romanzo che parlasse di questa poetessa, che ho amato e apprezzato repentinamente con un suo unico romanzo e non per la sua abilità di mettere lungo la corrente di un fiume parole, che presto o tardi mi avrebbero solleticato la pelle, quanto l’intensità di sentimenti, emozioni che sfolgorano ancora nell’avverso universo. La sua sofisticata esistenza, respirata nel giro di qualche giorno, non richiedette tempo quanto un certo impegno nello sciorinare un guazzabuglio di sensazioni, emozioni che nemmeno adesso riesco a tenere a bada, e che influenzò in parte il mio processo di lettura. Gli incauti sussulti del mio cuore, la dipendenza alla felicità domestica, il lirismo, la magia che è insita in ognuno di noi ma solo pochi riescono a scorgere.
Era probabile che, nel corso di una carriera letteraria piuttosto vasta, una grande estimatrice della Plath non si sarebbe fermata di fronte a niente e nessuno. Perché raggiungendo un sapere che avrebbe trasceso ogni cosa riuscì soltanto ad influenzare superficialmente la mia vita, e quella di coloro che erano caduti sotto la sua influenza. Tale convinzione è confermata da alcuni temi che sono trattati in questo romanzo e che si è esteso nel mondo moderno insegnandoci quanto poca e sottile fosse quella linea di demarcazione che contraddistingua la volontà dalla libertà, e quanto invece essere liberi senza alcuna remora avrebbe incrinato ogni istituzione o legge imposta.
Ero giunta nel bel mezzo di un testo che esplicava questa figura riconoscendola però in una visione un po' distorta, rabbiosa da quella che serbo gelosamente, ma che fece delle parole un tentativo per fermarsi ed ammirare lo splendore di ciò che è stabile e compiuto. Intrappolato in un buco nero da cui bisogna aggrapparsi pur di vivere, perché scrivere avrebbe estinto l’oscurità, avrebbe regolato la fiducia, dosato ogni sentimento o qualunque dolore dell’anima. Estinguendo l’oscurità, sconcertando il prossimo. La poesia non avrebbe permesso al mondo di andare a pezzi, e l’anima avrebbe spiccato nel bel mezzo di macerie e disordini vari. E questa Euforia a cui si riferisce il titolo, intesa come forma di speranza, raggiungimento di felicità a non poter convivere con alcun folle tentativo di restare chiusi o intrappolati in un pozzo oscuro da cui però, dibattendosi, sarà possibile scorgere la luce.
Sylvia Plath fu una di quelle tante figure che un tempo era anonima, quasi invisibile, che adattò la retorica come forma quasi accidentale, veritiera, perché desiderosa di mettere qualcosa a posto dentro di lei. In definitiva, deliberatamente, affinchè il mondo potesse vedere a nudo la sua anima. In realtà, Sylvia Plath non fu meno emancipata da altri autori che nel tempo ho amato, e forse non lo è mai stata dato che la nostra conoscenza è avvenuta qualche anno fa con un unico romanzo, dopo anni e anni di forti e incomprensibili aneliti. Emancipata lo è poi stata, ma non come avrebbe voluto essere. Poiché completamente sola, senza appoggi, senza confidenti, senza una vera e propria patria. Indipendente, ma fino ad un certo punto. Ambiziosa? Assolutamente, ma sensibile, fragile, incompresa, e irrimediabilmente attratta dalla scrittura, da quelle parole che avrebbero concepito calore, suscitato amore, assonanze e dissonanze fra generi, aspirazioni, ideali, mediante il quale potè raggiungere la felicità. Interpretare l’aspetto grottesco della vita da cui tutti vorremmo fuggire.
Sylvia Plath fu più ambiziosa di quelle donne scrittrici che ho avuto modo di conoscere, di tutte quelle indipendenti femministe messe insieme, con un discreto nugolo di uomini attratti da lei a cui si rivolse con modestia e un po’ di timore. Con quale diritto però si affermarono su di lei considerandola recidiva, questo non so dirlo. La Plath era consapevole di ciò a cui aspirava, di idee, ambizioni, coraggio, invettiva ne aveva a dismisura, ma il rispetto doveroso e corretto che avrebbe dovuto occupare un posto particolare nella sua vita fu l’aspetto più importante. Mi sono domandata, come hanno fatto gli << amici >> , i parenti, chi, in generale, gli stette accanto, a non vedere che era una donna timorosa della vita, dell’amore, persino di Dio? Non vedevano come fosse irrimediabilmente inconsolabile, fragile, introversa, ma dall’anima semplice e romantica? Be, sicuramente l’amore per la scrittura, la letteratura, per la Woolf o Philip Roth sortì un certo fascino a quella cerchia di virtuosi collegiali che le procurano un certo prestigio. Ma fu il suo rapporto con la stessa scrittura, il suo desiderio di riversare irrimediabilmente, quasi furiosamente, nero su bianco, le sue vivide impressioni, a colpirmi intensamente. Come scrittrice, poetessa, fu davvero eccezionale. Lei che si interrogò ripetutamente sulla determinata ostinazione di non aver sfruttato al meglio le sue capacità o possibilità, con la costante paura di non aver fatto abbastanza. Lei che fece parte di un tutto indissolubile, con tensioni attorcigliate, irragionevoli amori, sordide lealtà, condannata ad essere circoscritta in una sfera d’azione, di pensiero e sentimento rigidamente consolidati nella sua ineluttabile femminilità. La scrittura ha evaporato ogni paura, ha contrastato il mondo reale, ha dissipato ogni dubbio, perplessità, inducendola a vagare come uno spettro in una landa desolata, poco confortevole, senza nessuno, in silenzio, e drasticamente coinvolta. E come non restarne affascinati, sedotti da tutto ciò? Questo, quello che io riconobbi in questa grande donna e che potrebbe essere considerato come un’interpretazione distorta dell’anima, quasi una visione mistica di ciò che ottenebra e offusca i nostri sensi.  Ed Euforia, pur quanto il lavoro dietro sia stato ben ponderato, ben studiato, quasi certosino, non lo ha reso classificabile, perfettamente simile alla visione che si era sposata nel mio animo, dotato di << vita >> in un buco arretrato come quello in cui fu costretta a vivere, di cui sfido chiunque sarebbe impossibile non esserne coinvolti. Perché ritrovare la forza di rialzarsi, rinascendo dalle sue stesse ceneri è uno degli assetti principali su cui ruota l’ideale concezione che la Cullhed riversò in queste pagine. E dunque limitando quel legame che mi avrebbe potuto concedere l’idea di comprenderla meglio, pieno di rabbia, insoddisfazione, ansie, lamentele, impossibilitata di scorgere quelle idee letterarie o artistiche indipendenti o rivoluzionarie, che sono parecchie diverse dalle mie ma che concretizzano la mia idea di passato. Intellettualmente ancora distante a ciò che aspiro, ma sempre lieta nel constatare come anche la Plath ha proiettato la sua aura profetica su di me. A fine lettura, col forte desiderio di tornare dalla vera Sylvia Plath, << corteggiarla >> come si deve, di stabilire chiaro e tondo i motivi imprescindibili per cui è necessario non smorzare questa nostra conoscenza. Con pagine di diario che mi hanno fatta un po' storcere il naso, arrabbiata, sconcertata, manovrata ed interessata invariabilmente al passato.

Valutazione d’inchiostro: 3 +

2 commenti:

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