Autore: Isabel Allende
Prezzo: 9,50 €
Casa editrice: Feltrinelli
Numero di pagine: 364
Trama: Una saga familiare del nostro secolo in cui si rispecchiano la storia e il destino di tutto un popolo, quello cileno, nei racconti delle donne di una importante e stravagante famiglia. Un grande affresco che per fascino ed emozione può ricordare al lettore, nell'ambito della narrativa sudamericana, soltanto "Cent'anni di solitudine" di Garcia Màrquez.
La recensione:
La gente non legge quello
che non gli interessa, e se gli interessa è perché ha la maturità per farlo.
Nella mia carriera di lettrice ho sempre avuto
qualche problema con le saghe famigliare, con quel naturale tentativo di
entrare nel cielo di un'altro e trovarlo pieno di nuvole plumbee e poco
accoglienti. Queste saghe mi hanno sempre procurato qualche difficoltà. Fra i
momenti più orticanti dei quasi ventitre anni della mia vita in cui - pur di
soddisfare una strana fame incontenibile - ho impiegato parte del mio tempo
leggendo testimonianze estremamente realistiche di famiglie prostrate dalla
guerra. Intramontabili, indimenticabili, crudi, capaci di offuscare una parte
del nostro animo, sfolgorando e sfavillando nella mente di chi legge. Ricordi
di una vita lontana, vissuta, orrori spaventosi, promesse ad una libertà
effimera e vana che davano o meno forma a un particolare disegno, una traccia
memorabile ricco di sogni e speranze.
Per qualche tempo sono stata felicissima di cimentarmi in questo tipo di letture, ma, col romanzo della Allende, con questa incredibile odissea che si protrarrà per generazioni in generazioni, non sono riuscita ad identificarmi come volevo.
In qualche modo me l'aspettavo, con una storia
che è scivolata sul palmo della mia mano come sabbia fine, ma non per
arroganza. Quasi per un altro motivo. Non riuscivo ad immobilizzarla e
abbracciarla spassionatamente, ne ad imprigionarla. Il suo spirito non era con
me e, pur quanto fossero immani i miei sforzi purché ci fosse anche la minima
parvenza di un unione, non riuscivo a sentirmi parte di quella che la Allende
chiamava << dimora degli spiriti >>. Onestamente: mi sono sforzata
di condividere alcuni aspetti della mia vita. Ma invano. Forse la mia presenza
oscurava l'aura lucente dei personaggi, quando conversavano fra loro o erano
impegnati in qualche strana faccenda amorosa. Eppure non potevo sopportare che,
lettori pretenziosi o diffidenti, inclini ad un altro genere di lettura,
avessero amato ogni singola parola di questo romanzo. In pratica, ero sola e
abbandonata da tutti. E questa solitudine ha marchiato e lasciato un segno,
come il bruciore di una ferita. Non aver potuto apprezzare La casa degli spiriti è qualcosa di terribilmente <<ingiusto
>>. Ma non ho potuto farci niente.
Mentre scrivo, penso che questa storia avrei
dovuto leggerla in un altro momento. Forse. Fra qualche mese, fra qualche anno,
al mare, o in campagna, quando meno me lo aspettavo. L'anima del romanzo
intrappolata nei miei pensieri.
Qualcosa di profondo mi ha unito però a questi
nuovi amici. Come tutti loro, anch'io non aveva mai pensato seriamente ai
numerosi divari che ci avrebbero diviso. Certo, sin dalle prime pagine avevo
captato qualcosa di possibile e lontano; ma non ci volevo credere,
coscientemente parlando. Non è una colpa, sebbene sembri il contrario. Eppure,
sono fatta così. Ognuno di noi predilige un certo tipo di romanzo e, in poco
tempo, i protagonisti di quel romanzo potrebbero rivelarsi come le persone più
importanti tra tutti. La nostra vita racchiusa nelle loro menti, nei loro
cuori, persino in ogni battito. E, con La casa degli spiriti, disgraziatamente
per me, non è stato così.
In questo senso mi sento anch'io
<<segnata>>, quando i miei amici mi domandano cosa non abbia gradito
in questo caposaldo della letteratura. Le mie preferenze si riferiscono a
qualcosa di definito, concreto; non é la storia di per sé. E' l'andamento lento
e sincopato. Il peso politico del secolo che descrive fedelmente la realtà del
genere umano. Analizzando sia gli aspetti più sensibili dell'animo umano, che
quelli più disparati. Descrivendo il dolore, il male, la dittatura come un
vortice travolgente che spinge il lettore a protrarre questo strano viaggio.
Tuttavia è stato il bisogno di leggere qualcosa in cui l'amore e gli strani
sussulti del cuore predominassero sulla bellezza e sulla possessione dei
personaggi generosi e comprensivi a farmene prendere atto, che con ogni
probabilità avrei voluto vedere, ma con cui, col passare dei giorni, mi hanno
permesso di instaurare una certa intimità. Realizzando un legame solido che,
secondo me, già questo, era positivo. Un segno della mia volontà di <<
proseguire la lettura >>.
A me ha deluso che l'amore, con o senza il
risvolto cruento della guerra, fosse una sorta di stile di vita che abbracciano
quasi tutti i personaggi e che specie quelli che non avevano ancora
interpretato il suo linguaggio contorto contassero di farlo senza conoscerne la
vera natura di cui io non ho mai convenuto. Queste sono situazioni che, a posteriori, potrebbero accadere. Eppure io,
quando leggo di storie d'amore forti e passionali, mi auguro sempre rispecchino
i miei concetti di romanticismo; qualcosa di potente, intenso, indimenticabile;
qualcosa di necessario, dinanzi al quale è impossibile vedere la realtà. E le
ricordo tutte bene, i due amanti che si giurano amore eterno e che, amandosi,
vivono. Il loro amore trionfava ed io li guardavo con meraviglia e
struggimento. L'amore c'era.
La casa degli spiriti è una storia che è stata al centro di molte
discussioni. Non sapevo esattamente cosa aspettarmi. Una storia avvincente e
indimenticabile, che avrebbe popolato l'invisibile cittadella della mia
coscienza? Probabilmente. E parlarne ha acquietato una parte del mio spirito, richiamando
alla mente echi che si erano perduti nel tempo, anime inquiete e tormentate che
si limitano a coltivare piccoli poderi famigliari, pur di non morire di fame.
In un paese abituato alla dignità del dolore e della solitudine, in un luogo
rigoglioso in cui la gente che ci vive è buona e semplice, in un mondo di
storie stupefacenti, silenzi tranquilli - in cui il tempo non è scandito da
orologi o da calendari - mi sono intrufolata fra le pareti di una casa
fatiscente. Fra passato e futuro, in una realtà concepita come un caleidoscopio
di specchi in cui tutto può succedere.
Captarne la sua essenza è stato tuttavia molto
bello, in cui è racchiuso un mondo magico e finito. La piccola Clara si muoveva
come una figura incerta, in un universo che è frutto della sua immaginazione.
Protetta dalle avversità del mondo, dove la verità effimera delle cose
materiali si fonde con quella tumultuosa dei sogni, nei quali le leggi della
fisica non sempre funzionano.
Il romanzo della Allende getta una particolare
luce sui segreti intimi di una generazione che non è più nostra che, a seconda
delle varie interpretazioni, ha un ché di nascosto e profondo. Riavvolgendo la
pellicola della vita dei personaggi all'indietro come un nastro, percorrendo un
percorso di formazione ed evoluzione, non riuscendo tuttavia a creare del tutto
una relazione fra autore e lettore fatta esclusivamente di parole, dialoghi
asciutti e semplici, descrizioni meramente accennate - talvolta inesistenti -
che non lasciano un segno indelebile nei recessi più remoti di chi legge.
Esamina la condizione sociale dell'uomo combinando eventi storici all'analisi dell'animo umano, intrecciando
dramma e guerra, cinismo e pragmaticità, articolando un romanzo vivo, concreto
come un esistenza stessa. Attraverso lo sguardo dell'autrice, il lettore vede e
comprende sviluppi e riflessioni. Assiste a un lungo esame sulla libertà
individuale e d'espressione e, ponderando quello che nei secoli passati è
sempre stato visto come oggetto di ribellione, riconosce la capacità del
romanzo di spiegare cosa significhi vivere fra gli stenti e la fame.
La casa
degli spiriti è una notevole testimonianza storica. Un fatto di cronaca che
nasce, cresce e si evolve, e si riproduce mediante le gesta di famiglie
prostrate dalla piaga del comunismo o del regime hitleriano, che scoprono la
sopravvivenza come qualcosa di necessario.
Clara. Questo
libro è di Clara. In ogni frase o forma, che scandisce i capitoli attraverso repentini
passaggi dal presente al passato e viceversa, in cui Clara adulta ci parla della
strada che ha dovuto imboccare.
E' un
romanzo che parla di contadini, gente umile e povera che fa riflettere e lascia
un po' insoddisfatti. Parla di una famiglia che ha sempre preservato la beata
speranza di poter, un giorno, ottenere le gioie della vita e che, con le
numerose difficoltà affrontate, mi ha permesso di capire cosa voglia dire
vivere.
Crudo e
drammatico, è una storia a tratti disarmante: un manipolo di anime che vagano,
inconsapevolmente, lungo la riva dell'assurdo. Pretenzioso. Particolare, che
riflette i sentimenti repressi dei protagonisti.
Valutazione d'inchiostro: 3+
condivido ogni parola...mi è stato consigliato con la promessa che m sarebbe piaciuto ma non so perché non mi è piaciuto poi così tanto...forse lo rileggerò in futuro e cambierò idea
RispondiEliminaah dimenticato, bellissima recensione ;)
RispondiEliminaGrazie, Franzes! Sei sempre gentilissima <3
EliminaIo lo comprai l'anno scorso, perché attirata dalla magnifica copertina. Lo lessi solamente quest'anno, per una sfida indetta su Facebook. Penso c'era un motivo se, dopo quasi un anno, non l'avevo ancora letto. XD E' stata comunque una piacevole esperienza e, se ti incuriosisce, nonostante non l'abbia promosso a pieni voti, te lo consiglio :) Magari a te piacerà :)
Non riesco a convincermi a leggere un suo libro. Non riesce a ispirarmi.
RispondiEliminaÉ una verità tanto mera quanto triste, ma onestamente questo romanzo é stato una delusione :(
EliminaNon ti sconsiglio la lettua, ma nemmeno ti esorto a leggerlo XD