Osservare la gente il più delle volte rassicura. Vedere tanto
dolore ovunque, con ferite permanenti, i cuori lacerati, le bocche cucite pur
di non raccontare nulla, lascia sempre sensazioni alquanto sgradevoli nell'animo dei più
sensibili.
Mentre leggevo il romanzo di Delacourt ho rivisto nella protagonista
di questa storia un qualcosa di analogo; qualunque siano i motivi, nessuna
donna può sentirsi vista o giudicata senza essere prima scoperta.
E avendo avuto una certa possibilità a osservare una donna come
Betty, sebbene il mio campo d'osservazione non coincise con quello dell'autore,
non mi è restato altro che seguire la strada che l'autore mi aveva spianato. Trarne
un certo vantaggio, con in sotttofondo il ronzio dei pensieri che si elevavano alla
mia vita semplice di lettrice.
Titolo: La donna che non invecchiava più
Autore: Grègoire Delacourt
Casa editrice: Dea
Prezzo: 15 €
N° di pagine: 224
Trama: Ci sono quelle che non invecchieranno mai, perché se ne sono
andate troppo presto. Ci sono quelle che invecchiano senza troppi patemi,
perché hanno altro a cui pensare. Ci sono quelle che fanno di tutto per sembrare
più giovani, per negare il tempo che passa, per tenersi stretto il marito … e a
volte finiscono per perdere tutto. E poi c'è Betty che, misteriosamente, smette
di invecchiare appena compiuti i trent'anni - la stessa età che aveva la madre al
tempo della sua tragica e prematura scomparsa. Sul volto di Betty il tempo
scorre innocuo e trasparente come acqua. Sarà forse lo sguardo intenso e innamorato
e di suo marito a tenere lontane le rughe? A scongiurare gli effetti degli anni
che passano inesorabili? Man mano che la sua "anomalia" si fa più
evidente, la vita di un tempo tranquilla di Betty comincia a vacillare. Perché
un volto senza età è un volto senza storia, senza ricordi, senza passioni. Uno
specchio vuoto in cui, presto o tardi, gli altri cessano di riconoscersi.
Conoscerò
sogni senza svegli impietosi, una vita senza la paura di andarmene, senza il
tempo di finire sola.
Com'era
bella la donna raffigurata in copertina e come le si adattava alla perfezione
il nomignolo che le era stato affibbiato! Doveva celare sicuramente un grande
segreto, e presto o tardi l'avrei scoperto.
Da
quant'è mi sono congedata da Matt Haig e dalla sua strabiliante storia, non avevo
udito la chiamata di questa giovane donna. Se l'avessi udita, penso avrebbe
spiegato i motivi per cui non gli avevo prestato così tanta attenzione. L'aveva
vista una mia amica di penna, Angela, che esortandomi a conoscerla mi indusse a
compiere un viaggio inaspettato, alimentato quanto fosse possibile sullo scalpore
di un'importante rivelazione che presto mi sarebbe stata rivelata. Dopotutto mi
sentivo appagata, quasi entusiasta, nel conoscere questo segreto che, Betty, la
protagonista, celava così bene; poteva finire bene …. così, bene che non ci sarebbe
stato niente di aggiungere alla fine, oppure invitarmi a riflettere e a
comprenderla guardandola diversamente.
La
storia che Delacourt si porta dentro, la genesi, i temi affrontati, le allegre allusioni
d'amore e d'affetto valsero a rianimare quello che a mio avviso sarebbe stata
una storia un po' scialba che, dopo una settantina di pagine, non mi aveva contagiata
del tutto rendendomi quasi diffidente. La speranza che fra le sue pagine ci
fosse una tormentata e intensa storia d'amore evaporò come neve al sole,
sebbene Delacourt l'abbia scritta con parole che cozzano nel petto, soffocano
nella gola e fuoriescono dalle labbra come condensa ovattata. Assaporare ogni
cosa, con la consapevolezza che quello che circondava me e Betty fosse una realtà
parallela che non sempre si è rivolta con gentilezza, con ilarità e che la
felicità risiedeva invece nell'immobilità, non ha pienamente risposto ai miei
istinti con una certa aria di umiltà, come ad ammettere che, si, Delacourt è stato
piuttosto umile. Ma questa sana umiltà è stata ben lontana dal sentirmi
<< innamorata >> di qualcosa che ha un corpo ma non un suo battito,
perché l'illusione fuggiva come un lampo, il freddo dell'abbandono o
dell'incomprensione ritornava a beffarsi di questa povera donna, e lo squallore
di questi momenti l'avevano condannata e riportata ancora una volta a mostrarsi
ai miei occhi come di poco spessore.
Quanto
sconforto a non poter più riabbracciare la
donna più importante della sua vita, colei che l'ha generata, e scoprire che la
malattia con cui ella era stata condannata per sempre, Betty ne successe. Una
strada lunga e tortuosa si era srotolata dinanzi a se, e senza aiuto e con
poche simpatie avrebbe dovuto percorrerla.
Grègoire
Delacourt ci parla di questa donna perennamente giovane come se, in una grande
e sconosciuta città, il lettore resta acceccato dal profilo spigoloso di una
protagonista sola e un po' incompresa, che come mura vecchie e ingrigite si staglia
con uno strano profilo all'orizzonte. Io, da lettrice, mi ritengo concorde a
questo pensiero; Betty ha in un modo o nell'altro destato il mio interesse.
In
un pomeriggio d'inizio novemembre, all'insegna del tedio e della monotonia, m'incontrai
con Betty e gli strambi personaggi che popolano le sue pagine occupando, anche
se lentamente, un piccolo spazio che mi ha reso partecipe. Quando Betty parlava
ed io rivestivo i suoi panni, entravo nella sua mente, arrivavo dritto dritto al
suo cuore mediante messaggi non sempre comprensibili ma ricchi di un linguaggio
che ho interpretato. La sua storia non ha risvegliato in me nulla di artificioso,
eppure è stato terapeutico. La mia mente forse associa il potere dell'essere
entrata a contatto, nonostante qualche piccola divergenza.
Quella
di La donna che non invecchiava più è
una storia che si è stanziata in mezzo al nulla e che, avvolta da una cortina
di solitudine e insoddisfazione, è punteggiata da squarci di vita comune. Sprazzi
di una vita lontana, passata, in cui si volge le spalle ai paradigmi della normalità
e che, in poco tempo, la "condizione" di Betty diviene elegante artificio
sconosciuto del disordine grazioso e distinto della natura. Una donna attanagliata
dal passato e non propriamente libera che tuttavia ha risposto ai miei bisogni.
Un romanzo particolare dall'animo sensibile che va a cercare emozioni nascoste
nel più intimo dell'essere.
Invecchiare è
doloroso e atroce. Significa lasciar svanire, senza poter fare nulla, la soavità
della pelle, la sua grana lattea, vederla macchiarsi, diventare flaccida e cadente.
Valutazione
d'inchiostro: 3
Devo dire che questa storia non mi convinceva molto e dopo le tue parole ancor meno, stavolta passo
RispondiEliminaDipende da cosa cerchi, Susy! Io forse mi aspettavo qualcosina in più... ma tutto sommato non è una lettura malvagia ☺
EliminaCiao Gresi, non conosco il romanzo e, al momento, non mi ispira molto...
RispondiEliminaMeglio dedicarsi ad altro, allora 😉
Eliminami è piaciuta molto la tua recensione ma non credo faccia per me il libro
RispondiEliminaGrazie, Chiara!! Non ti sconsiglio di provare, se ti incuriosisce ☺☺
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