Il mio bagaglio cultura annovera un discreto numero di letture shakesperiane. Non sono le letture
che prediligo in assoluto, ma Shakespeare mi piace. Non è il caso che riponga
righe, riempia pagine e pagine di parole per cui leggere ogniqualvolta un suo
romanzo è un esperienza davvero incredibile. Indimenticabile, che a distanza di
qualche tempo mi piace rivivere sulla mia pelle. Non riesco ad evitarlo. Del resto,
è questa la prassi che mi vede coinvolta, quando un romanzo mi piace o mi turba
particolarmente.
Ed è così che un pomeriggio di
inizio luglio mi vide imbrigliata nelle maglie di due opere teatrali, due
classiconi, che mantegono intatta la mia fervida idea di voler presto riservare
un attenzione più scrupolosa a questo autore, con la lettura di altri suoi
testi, e di esporre quella che altri non è che letteratura nel vero e proprio
significato del termine. Rifulgere in una realtà che non è la nostra, ma la cui
anima altisonante sovrasta le nostre fragili membra. Connetendosi ad un livello
così alto e inimmaginabile, definendolo quasi come un gesto spontaneo che sono
contenta di aver compiuto ancora una volta.
Titolo: Amleto
Autore: William Shakespeare
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 9 €
N° di pagine: 320
Trama: La vicenda che
Shakespeare doveva mettere in scena era, senza mezzi termini, il rapporto di
una mente umana con la vita, il suo problema, allora era quello di far muovere
Amleto, con la sua “prodigiosa consapevolezza”, su un terreno adeguato al
personaggio e alla sua ricerca. Poiché tutta la vita doveva essere messa in
discussione, sottoposta all’analisi, al dubbio di un Amleto che è l’unico
moderno, Shakespeare crea una struttura supremamente elastica e comprensiva,
capace di abbracciare pianto e riso, ragione e follia, amore e odio; di passare
da un universo domestico a un paesaggio sconfinato, da un salone di corte a un
campo militare, da una fortezza a un cimitero. Sebbene guardiamo l’Amleto,
vediamo come ogni esperienza umana vi venga rappresentata. Tutta la vita; e più
ancora: la vira vista come immagine di se medesima, come teatro.
La recensione:
Perché gente come me deve strisciare fra cielo e terra? Siamo tutti
della stessa razza: non credete a nessuno di noi.
Scrivere o non scrivere, questo
è il problema. Ma cosa scrivere, descrivere? Di un mondo tetro e oscuro, con le
sue celle, i suoi sotterranei e le sue segrete. Di un sonno di morte che recide
il filo della vita.
Io e Shakespeare ci incontrammo
in una piccola libreria, a pochi metri dalla spiaggia. In una tediosa mattina
di metà aprile, con un sole talmente caldo che sembrava presagire nulla di
nuovo e un cielo terso che conferiva un senso di pace e solidarietà.
Una vita monotona e
inappagante, uniforme e scialba. Un percorso lungo o corto. Un'ammaliante,
splendida realizzazione artistica di un uomo turbato dalla sua coscienza. Amleto
ci parla esattamente di questo. Di quell'esile fuscello che, col suo passaggio,
spalancò vecchie tombe. Risvegliò i morti, intrappolati nel sudario della
polvere, ululando per le vie dell'Urbe. Come comete di fuoco che rigano il
cielo, distrusse l'atmosfera, cadendo come gocce di sangue. Maestoso e, allo
stesso, invulnerabile come l'aria. Un opera che, nella sua brevità, è una
meraviglia. Il cui gemito ha eco in un gemito universale.
Un inno all'individualità, alla
totalitaria perdita della speranza, della giovialità, della coscienza che
induce a tralasciare ogni consueto esercizio. Un dramma dai toni tragici e
magici, romantici e seducenti, dove l'uomo è possessore di uno spazio infinito
confinato in un guscio vuoto. Tormentato dai brutti sogni, prigioniero di
ambizioni e prese di potere la cui sostanza è la mera ombra di un illusione.
Possedente di un giardino di gramigna; quella vegetazione sconcia che pullula
sovrana nel mondo, così tediosa, vuota, stantia, sterile.
Leggendo Amleto tutto d'un
fiato per la prima volta, di quest'uomo che un tempo splendeva nel firmamento
come una meteora infuocata, ho intuito come tutto sembrasse profondo,
impregnato di quella assurda solennità tipica delle tragedie shakespeariane con
la quale la fugacità di un misero atto d'amore o sconsideratezza investiva
inevitabilmente anche l'atto più insignificante. Lo specchio in cui la
Danimarca vede riflessa la propria immagine: perfettamente ingannata da un
racconto bugiardo.
Sin dalle prime pagine, si
avverte la melanconia malinconia del protagonista. Un forte senso di tristezza
che avvolge le sue membra come una seconda pelle. Fardelli, tormenti interiori
di una vita opprimente che gravano sulle sue spalle come un fardello troppo
pesante, in cui è proprio la coscienza a renderlo vile. Codardo. Costringendo
Amleto, questa figura evanescente che vaga lungo la riva dell'assurdo - immune
alle emozioni e povero di ricordi - ad adattarsi in una nuova realtà parallela
che sarebbe presto diventata la sua. Monologo interiore di una vita rubata di
un giovane principe, nonché storia di tormenti e ossessioni che non sono mai
stati tali. Lui che, tormentato dal demone dell'abitudine - in cui è tuttavia
custodito un angelo - dall'esercizio di atti onesti fornisce una divisa, una
veste perfetta da indossare. Lui che, rinchiuso nella solida cella della sua
tragicità interiore, misura le parole o i gesti non soverchiando mai la natura.
Amleto è una breve massima che
compone il ciclo della produzione shakespeariana. Questa è la storia di un
principe di Danimarca. Un uomo che tormenta senza posa le ferite della sua
anima. Un ragazzo romantico e idealista incurante degli incauti sussulti del
cuore, incapace di spiegare e di chiedere aiuto, trasportato qua e là dalla
corrente della follia, osservando l'inutilità di un mondo fatto di cose grandi
e piccoli di ricchi signori acutamente consapevoli del loro status sociale.
Le mie parole volano, i miei
pensieri rimangono a terra. Parole senza pensieri non giungono al cielo.
Valutazione d’inchiostro: 5
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Titolo: Sogno di una notte di
mezza estate
Autore: William Shakespeare
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 8, 50 €
N° di pagine: 206
Trama: “Il Sogno” è il primo
capolavoro comico di Shakespeare. Paragonato alle commedie che seguono, e
soprattutto paragonato all’altra commedia in cui sono presenti elementi magici,
“La Tempesta” ( prodotto dell’arte sua più matura, frutto dell’enorme
saggezza e della sapienza tecnica
accumulata negli anni di esperienza, se non altro teatrale ), il “Sogno” può
sembrare un trastullo, una bazzecola, una quisquillia. Ma per minore che sia è
perfetta. È un gioiello, un trionfo di tessitura, dove i fili più disparati e
vari si combinano in un disegno unitario.
La recensione:
Lotterò per amore; siamo fatte per essere corteggiate e non per
farlo. Ti seguirò, e farò dell'inferno un paradiso se morirò per mano di chi
amo.
Due coppie che incorrono un
amore romantico e illusorio - dal candore non completamente purissimo, violato
da una qualche forma di non castità. Amanti illuminati dall'acquoso bagliore
della luna che lusinga per la sua contemplazione, confonde per la sua bellezza,
ma che sembra piangere per il loro amore proibito. Questa è la storia di un
sogno. Di quattro anime gemelle che combattono battaglie sconfinate tra sovrani
di Fate e folletti pasticcioni. Questo è un quadro prettamente irreale del
sentimento amoroso che, nel romanzo di Shakespeare, funge da bisogno
primordiale di appartenenza, in cui l'uno non riesce a vivere senza l'altro.
Non esige cambiamenti, ne vuole compierli. Spontaneo e irruento, in bilico tra
il reale e il possibile in cui i personaggi, al momento del loro
ricongiungimento, si fondono insieme
salvando le loro anime da un mondo di ipocrisia e irrazionalità.
Amando leggere autori romantici
e, in particolare, storie forti in cui i protagonisti si ribellano alle
convenzioni imposte dalla posizione sociale, pur di coronare il loro sogno
d'amore, Sogno di una notte di mezza estate - in questi primissimi giorni di settembre
- mi ha colta impreparata. Avevo letto, fino ad ora, soltanto le prime righe di
quello che è il resoconto di una proiezione astrale imprigionata sulle pagine
bianche di un romanzo: sparute e intense dichiarazioni d'amore di quattro
coppie e dei loro tormenti. Leggerlo tutto d'un fiato per la prima volta, a
distanza d'anni, mi ha permesso di vedere quest'ennesima commedia
shakespeariana sotto una nuova luce, e intuire come tutto sembrasse
estremamente profondo, tragico, romantico. Solenne e illusorio. Con una vastità
di temi trattati, ma con la luna perennemente presente, che apre e chiude la
commedia e lascia intravedere possibilità nefaste fino al momento in cui si
giunge alla benedizione degli amanti.
L'originalità sta nel modo in
cui è raccontata. Il forte senso di malessere che trasmette la separazione
degli amanti; l'amore che dà un significato ai discorsi per la sua lotta alla
sopravvivenza; l'inferno visto come una sorta di paradiso, in balia alla morte,
Sogno di una notte di mezza estate è una prodigiosa varietà poetica che ammalia
e affascina. Ci sono voluti anni. Qualche piccola esperienza alle spalle, ma,
alla fine, è riuscito a condurmi fra le braccia di amanti tormentati e
insoddisfatti, in un luogo che immaginavo di conoscere. E non credo che, ai
romanzi di questo tipo, non bisogna dare una seconda possibilità. Remota o
piccolissima, ma pur sempre una possibilità.
Un bellissimo racconto
romantico. Una finestra sul mondo dell'amore che, sono certa, non riuscirà a
non sposarsi nei nostri pensieri.
Valutazione d’inchiostro: 4
Ottime recensioni, grazie
RispondiEliminaGrazie a te ☺️☺️
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