Ho
deciso di seguire ciò che mi aveva sussurrato il cuore, anzichè la ragione, e
seguire le vicende ritratte in questo romanzo con un certo tipo di semplicità e
leggerezza che scongiurano le sue pagine. Contenta e curiosa che finalmente un’autrice
come Fanny Flagg fosse entrata a far parte del mio cerchio personale, malgrado
tanti anni fa l’approccio con un altro suo romanzo non fu dei migliori. Questo romanzo,
tuttavia, non si discosta di molto da ciò che anni fa scorsi fra le pagine di
un romanzo dell’autrice, ma malgrado tutto i temi trattati non avrebbero potuto
accecare gli occhi persino dei più ciechi, e un pomeriggio di inizio marzo mi
piazzai nella mia poltrona preferita inalberando il proposito di farne la
conoscenza. Più che altro, non me ne importava niente se la Flagg facesse
breccia nel mio cuore; tutto ciò cui desideravo era l’insana esigenza di bearmi
di qualcosa che mi facesse allontanare dalla monotonia, dalla routine e all’infinita
ricerca della << normalità >>, soprattutto nel momento in cui meno
me lo sarei aspettata di cui questo romanzo interpreta la mia anima semplice e
appassionata come il miglior espediente di valicare una barriera quasi
invalicabile.
Autore: Fannie Flagg
Casa editrice: Bur Rizzoli
Prezzo: 10 €
N° di pagine: 368
Trama: Fannie Flagg racconta la storia del caffè aperto in un’isolata località dell’Alabama dalla singolare coppia formata da Ruth, dolce e riservata, e Idgie, temeraria e intraprendente. Un locale, il loro, che è punto di incontro per i tipi umani più diversi e improbabili: stravaganti sognatori, poeti banditi, vittime della Grande Depressione. La movimentata vicenda che coinvolge Ruth e Idgie, implicate loro malgrado in un omicidio, la tenacia che dimostrano nello sconfiggere le avversità, donano a chiunque segua le loro avventure la fiducia e la forza necessarie per affrontare le difficoltà dell’esistenza.
La recensione:
Certi romanzi non ti
concedono nemmeno un attimo del loro tempo per riflettere. Ho preso accordi,
fra la mia anima e quella semplice ma ironica del romanzo, ad immergermi fra le
pagine di questo romanzo giurando a me stessa che se fosse scattata la
scintilla, nel giro di una settimana avrei divorato qualunque romanzo scritto
dall’autrice. Temi fondamentali e non inavvicinabili, una società intrappolata
nella schiera di convenzioni sociali e politiche di cui tutt’oggi ci si affanna
a discostarsi, ma la mia esperienza in tutto ciò non ha valicato i cancelli
della sufficienza. Semplice e appassionante, in un certo senso, ma anche netta
e superficiale che non scongiura nulla di così memorabile da ciò che riporta la
quarta di copertina, e tra le tante cose la tratta degli schiavi, regole
insulse e angoscianti, rigidi protocolli, e il mio mancato interesse nel
leggere qualcosa che già conoscevo. Il << potere >> di queste
pagine, a quanto dicono le recensioni di chi ha letto il romanzo prima di me,
era tutto nelle mani di queste povere vittime, ma in assenza di dinamiche di
forte impatto, eventi che non hanno sconvolto il mio universo personale poiché trattati
con superificialità e malleabilità, mi sono sentita sbattere fuori in qualunque
momento del districarsi della sua narrazione senza dover ricevere alcuna
spiegazione. Non che confidassi di riscontrare un capolavoro, ma il tempo in
compagnia della sua autrice mi ha dimostrato che il romanzo è ben lontano da
ciò, e già quando superai le prime cento pagine l’intero mio progetto di
conoscerla maggiormente andò in fumo.
Non credo che la Flagg
comparirà più su questi schermi. Certo, mai dire mai. Ma al momento, sono
contenta di essere stata al suo Caffè di Alabama, finalmente ho potuto
risiedere in un luogo che conoscevo solo per sentito dire, e che una volta
entrataci potei vederlo effettivamente per com’è: un luogo abitato da anime
ferite, dilanite dal passato, disintegrato dalle discriminazioni, dalla
disperazione e dall’allontanamento, interi gruppi di gente di colore che hanno
ospitato figure di sesso o razze di svariato tipo, insieme alla gente che vi
abitò.
Pomodori verdi fritti è il chilometro zero
delle anime perse in un America persa, in cui ogni giorno le vicende di
svariate figure – chiuse in profondi e incomprensibili dialoghi con
interlocutori perlopiù invisibili – persone che affollano questo teatro di
anime che compaiono sporadicamente sulla scena. Quadri belli che avrebbero
potuto essere bellissimi. E in mezzo a tutto questo, il profumo inebriante del
caffè, che rappresenta senza alcun dubbio l’espediente più raffinato per
mettere in comunicazione il mondo di qua con quello di là.
In un mondo disastrato in
cui mi ci è voluto un po’ per fare il callo allo squallore e alla miseria di
questo nuovo territorio, questo romanzo non esplica esclusivamente la
solitudine, lo squallore, la miseria, ma ristagna con la vana speranza che
possa esserci un gesto di aiuto di comprensione ai più incompresi, che
compaiono e scompaiono come fiati di vapore nell’atmosfera, svolazzando accanto
come illusioni ottiche e spiriti onirici, di cui ci si rimpiazza di storie
lontane e passate che tuttavia non hanno una voce tutta sua. La narrazione
duplice, infatti, questo piccolo bistrot dove ci si reca spesso non pagando più
di una semplice nota di scortesia, pian pianino divenne anche il mio ritrovo
odierno, sala di svago e distrazione in cui mi ci immersi come se mi trovassi nella
mia seconda casa.
L’aver rimandato la lettura
di questo romanzo mi indusse ad avvicinarmi alla fine e in punta di piedi con
alcun entusiasmo, una certa diffidenza, che ho letto su carta ma non
soddisfatta pienamente, sebbene quelli descritti sono guazzabugli di situazioni
ed eventi che sconvolgono la vita di chiunque. Specialmente quella di un popolo
diverso dal nostro, sul finire degli anni ’30. Il frutto eccessivo di riserbo,
ritrosia, negazione e discriminazione nei riguardi di un popolo, che è ancora
messo sotto una cattiva luce ma che spesso allarmano la nostra società. La spasmodica
incertezza di farsi strada in mezzo a masse di carne che, agli occhi di Dio,
non possiedono alcuna distinzione di sesso o razza, come una forma di disagio
che induce a porre dei limiti, a porsi delle domande in cui anche un misero
atto di carità è un incentivo a non comprendere ampiamente il mondo. La Flagg
gioca una partita più paziente, più persuasiva, non passando mai ai fatti ma a
delle semplici osservazioni, squarci di memoria, evitando di ritentare mediante
profonde immersioni o slanci del cuore che avrebbero potuto colpire
inaspettatamente, ma facendo tutto il possibile per realizzare ed estrapolare
questa storia dalla risacca disomogenea dei ricordi.
Scostante da quel turbine di
sensazioni o emozioni che avrebbero potuto indurmi ad amarlo, in seguito a
qualunque riflessioni, tazzina di caffè bevute quasi in sordina, Pomodori
verdi fritti ti induce a non avvicinarti più di tanto, nonostante quello
descritto è un urlo contro la società contemporanea. Una sorta di atto di
ribellione nel ricordare ed rievocare l’equilibrio frantumato fra diversi
popoli, fra diverse etnie, che tuttora ci inducono a suddividerli in razze. Certamente
la Flagg scrisse questo romanzo perché spinta dalla forza dei ricordi, poiché saldamente
ancorati alla sua anima, in cui non vi è alcuna spiegazione da dove o da cosa
provengano, metodo segreto per indurci alla felicità purchè entri nella nostra
vita. Un linguaggio schietto e semplice, una storia che non colpisce ma allieta
l’animo per il suo essere superficiale, quasi ridicolo, purchè entri nella
nostra vita. Fonte inesauribile di nozioni di cui la Flagg non ha attinto
egregiamente affinchè potesse instaurarsi un legame profondo fra me e la sua
storia.
Valutazione d’inchiostro: 3
Non conosco l'autrice ne il romanzo; mi spiace non sia scattata la scintilla; grazie comunque per la recensione
RispondiEliminaGrazie a te ☺️❤️
EliminaCiao Gresi, ho letto solo questo romanzo della Flagg, ma a me è piaciuto molto e vorrei recuperare altre sue storie :-) Buona domenica!
RispondiEliminaAltrettanto 🥰❤️
EliminaHo visto il film taaantissimi anni fa e mi era piaciuto molto, dovrei rivederlo effettivamente. Il libro mi sa di no, il tuo poco entusiasmo mi frena, certo i libri sono soggettivi ma... col film impiegherò meno tempo ;)
RispondiEliminaEh sì 🤗🤗 non è una lettura malvagia, ma a me è sembrata fin troppo superficiale 😕😕
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