domenica, marzo 14, 2021

Gocce d'inchiostro: Pomodori verdi fritti - Fannie Flagg

Ho deciso di seguire ciò che mi aveva sussurrato il cuore, anzichè la ragione, e seguire le vicende ritratte in questo romanzo con un certo tipo di semplicità e leggerezza che scongiurano le sue pagine. Contenta e curiosa che finalmente un’autrice come Fanny Flagg fosse entrata a far parte del mio cerchio personale, malgrado tanti anni fa l’approccio con un altro suo romanzo non fu dei migliori. Questo romanzo, tuttavia, non si discosta di molto da ciò che anni fa scorsi fra le pagine di un romanzo dell’autrice, ma malgrado tutto i temi trattati non avrebbero potuto accecare gli occhi persino dei più ciechi, e un pomeriggio di inizio marzo mi piazzai nella mia poltrona preferita inalberando il proposito di farne la conoscenza. Più che altro, non me ne importava niente se la Flagg facesse breccia nel mio cuore; tutto ciò cui desideravo era l’insana esigenza di bearmi di qualcosa che mi facesse allontanare dalla monotonia, dalla routine e all’infinita ricerca della << normalità >>, soprattutto nel momento in cui meno me lo sarei aspettata di cui questo romanzo interpreta la mia anima semplice e appassionata come il miglior espediente di valicare una barriera quasi invalicabile.

 Titolo: Pomodori verdi fritti
Autore: Fannie Flagg
Casa editrice: Bur Rizzoli
Prezzo: 10 €
N° di pagine: 368
Trama: Fannie Flagg racconta la storia del caffè aperto in un’isolata località dell’Alabama dalla singolare coppia formata da Ruth, dolce e riservata, e Idgie, temeraria e intraprendente. Un locale, il loro, che è punto di incontro per i tipi umani più diversi e improbabili: stravaganti sognatori, poeti banditi, vittime della Grande Depressione. La movimentata vicenda che coinvolge Ruth e Idgie, implicate loro malgrado in un omicidio, la tenacia che dimostrano nello sconfiggere le avversità, donano a chiunque segua le loro avventure la fiducia e la forza necessarie per affrontare le difficoltà dell’esistenza.

La recensione:

Certi romanzi non ti concedono nemmeno un attimo del loro tempo per riflettere. Ho preso accordi, fra la mia anima e quella semplice ma ironica del romanzo, ad immergermi fra le pagine di questo romanzo giurando a me stessa che se fosse scattata la scintilla, nel giro di una settimana avrei divorato qualunque romanzo scritto dall’autrice. Temi fondamentali e non inavvicinabili, una società intrappolata nella schiera di convenzioni sociali e politiche di cui tutt’oggi ci si affanna a discostarsi, ma la mia esperienza in tutto ciò non ha valicato i cancelli della sufficienza. Semplice e appassionante, in un certo senso, ma anche netta e superficiale che non scongiura nulla di così memorabile da ciò che riporta la quarta di copertina, e tra le tante cose la tratta degli schiavi, regole insulse e angoscianti, rigidi protocolli, e il mio mancato interesse nel leggere qualcosa che già conoscevo. Il << potere >> di queste pagine, a quanto dicono le recensioni di chi ha letto il romanzo prima di me, era tutto nelle mani di queste povere vittime, ma in assenza di dinamiche di forte impatto, eventi che non hanno sconvolto il mio universo personale poiché trattati con superificialità e malleabilità, mi sono sentita sbattere fuori in qualunque momento del districarsi della sua narrazione senza dover ricevere alcuna spiegazione. Non che confidassi di riscontrare un capolavoro, ma il tempo in compagnia della sua autrice mi ha dimostrato che il romanzo è ben lontano da ciò, e già quando superai le prime cento pagine l’intero mio progetto di conoscerla maggiormente andò in fumo.
Non credo che la Flagg comparirà più su questi schermi. Certo, mai dire mai. Ma al momento, sono contenta di essere stata al suo Caffè di Alabama, finalmente ho potuto risiedere in un luogo che conoscevo solo per sentito dire, e che una volta entrataci potei vederlo effettivamente per com’è: un luogo abitato da anime ferite, dilanite dal passato, disintegrato dalle discriminazioni, dalla disperazione e dall’allontanamento, interi gruppi di gente di colore che hanno ospitato figure di sesso o razze di svariato tipo, insieme alla gente che vi abitò.
Pomodori verdi fritti è il chilometro zero delle anime perse in un America persa, in cui ogni giorno le vicende di svariate figure – chiuse in profondi e incomprensibili dialoghi con interlocutori perlopiù invisibili – persone che affollano questo teatro di anime che compaiono sporadicamente sulla scena. Quadri belli che avrebbero potuto essere bellissimi. E in mezzo a tutto questo, il profumo inebriante del caffè, che rappresenta senza alcun dubbio l’espediente più raffinato per mettere in comunicazione il mondo di qua con quello di là.
In un mondo disastrato in cui mi ci è voluto un po’ per fare il callo allo squallore e alla miseria di questo nuovo territorio, questo romanzo non esplica esclusivamente la solitudine, lo squallore, la miseria, ma ristagna con la vana speranza che possa esserci un gesto di aiuto di comprensione ai più incompresi, che compaiono e scompaiono come fiati di vapore nell’atmosfera, svolazzando accanto come illusioni ottiche e spiriti onirici, di cui ci si rimpiazza di storie lontane e passate che tuttavia non hanno una voce tutta sua. La narrazione duplice, infatti, questo piccolo bistrot dove ci si reca spesso non pagando più di una semplice nota di scortesia, pian pianino divenne anche il mio ritrovo odierno, sala di svago e distrazione in cui mi ci immersi come se mi trovassi nella mia seconda casa.
L’aver rimandato la lettura di questo romanzo mi indusse ad avvicinarmi alla fine e in punta di piedi con alcun entusiasmo, una certa diffidenza, che ho letto su carta ma non soddisfatta pienamente, sebbene quelli descritti sono guazzabugli di situazioni ed eventi che sconvolgono la vita di chiunque. Specialmente quella di un popolo diverso dal nostro, sul finire degli anni ’30. Il frutto eccessivo di riserbo, ritrosia, negazione e discriminazione nei riguardi di un popolo, che è ancora messo sotto una cattiva luce ma che spesso allarmano la nostra società. La spasmodica incertezza di farsi strada in mezzo a masse di carne che, agli occhi di Dio, non possiedono alcuna distinzione di sesso o razza, come una forma di disagio che induce a porre dei limiti, a porsi delle domande in cui anche un misero atto di carità è un incentivo a non comprendere ampiamente il mondo. La Flagg gioca una partita più paziente, più persuasiva, non passando mai ai fatti ma a delle semplici osservazioni, squarci di memoria, evitando di ritentare mediante profonde immersioni o slanci del cuore che avrebbero potuto colpire inaspettatamente, ma facendo tutto il possibile per realizzare ed estrapolare questa storia dalla risacca disomogenea dei ricordi.
Scostante da quel turbine di sensazioni o emozioni che avrebbero potuto indurmi ad amarlo, in seguito a qualunque riflessioni, tazzina di caffè bevute quasi in sordina, Pomodori verdi fritti ti induce a non avvicinarti più di tanto, nonostante quello descritto è un urlo contro la società contemporanea. Una sorta di atto di ribellione nel ricordare ed rievocare l’equilibrio frantumato fra diversi popoli, fra diverse etnie, che tuttora ci inducono a suddividerli in razze. Certamente la Flagg scrisse questo romanzo perché spinta dalla forza dei ricordi, poiché saldamente ancorati alla sua anima, in cui non vi è alcuna spiegazione da dove o da cosa provengano, metodo segreto per indurci alla felicità purchè entri nella nostra vita. Un linguaggio schietto e semplice, una storia che non colpisce ma allieta l’animo per il suo essere superficiale, quasi ridicolo, purchè entri nella nostra vita. Fonte inesauribile di nozioni di cui la Flagg non ha attinto egregiamente affinchè potesse instaurarsi un legame profondo fra me e la sua storia.

Valutazione d’inchiostro: 3

6 commenti:

  1. Non conosco l'autrice ne il romanzo; mi spiace non sia scattata la scintilla; grazie comunque per la recensione

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  2. Ciao Gresi, ho letto solo questo romanzo della Flagg, ma a me è piaciuto molto e vorrei recuperare altre sue storie :-) Buona domenica!

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  3. Ho visto il film taaantissimi anni fa e mi era piaciuto molto, dovrei rivederlo effettivamente. Il libro mi sa di no, il tuo poco entusiasmo mi frena, certo i libri sono soggettivi ma... col film impiegherò meno tempo ;)

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    1. Eh sì 🤗🤗 non è una lettura malvagia, ma a me è sembrata fin troppo superficiale 😕😕

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