Mi rendo conto che a volte mi metto in posizioni a dir poco insostenibili. Voglio dire, fino a quando non si conosce un autore né le sue opere, ignoro il loro contenuto e la loro conoscenza. Si vive illudendosi nel frattempo che la fortuna arridesse e il momento tanto atteso giungesse quando meno me lo sarei aspettata. Così è la vita. Così avvengono gli incontri. E come fra persone, anche con i libri. L’incontro con Henry James giunse in un momento in cui mi colse del tutto impreparata, fra i banchi di scuola, con alcuna idea sul suo conto né di cosa avrebbe potuto garantirmi la sua storia. Stringevo fra le mani una copia minuscola ma graziosa di Ritratto di signora, che divorai nel giro di due settimane, fra una lezione scolastica e l’altra. Ma ora che ho raggiunto già da un po' la maturità, nel mio corredo di esperienze letterarie ne ho collezionate un bel po'. Qualche settimana fa fu la volta di Le bostoniane, adesso di La coppa d’oro. James aveva lasciato un solco nel mio animo, ed io ero sempre più curiosa di colmarlo. Questo romanzo però fu come valicare uno scoglio, sebbene fra le sue pagine non ho potuto non respirare una certa tensione in cui l’anima si riduceva in minuscoli pezzettini. Quasi in uno stato di pura lietezza da cui ci si allontana dall’umanità. Sebbene di tentativi che ci inducano ad apparire più ricchi e sofisticati, la natura che sommerge si cristallizza in forme di ritrovata felicità, che pende da un invisibile filo. Il sogno americano è dotato di una certa doppiezza che coglie alla sprovvista e affinchè ci si possa adattare al mondo circostante non è necessario sgomitare per essere magnifici ma accettare i nostri limiti non avvertendo niente di così impensabile che non si può avere.
Autore: Henry James
Casa editrice: Bur Rizzoli
Prezzo: 15 €
N° di pagine: 736
Trama: Romanzo di simmetrie e di circoli viziosi, La coppa d'oro è la storia di due uomini e due donne, e degli intrecci sentimentali che nascono all'interno del gruppo. Elemento centrale della trama è una coppa d'oro che i quattro protagonisti acquistano, vendono, ammirano, distruggono. Ed è proprio attraverso questo oggetto simbolico che si determina la svolta decisiva dell'intreccio, con la scoperta, da parte di Maggie, del tradimento del marito e il suo impegno per ridistribuire le relazioni all'interno del quartetto, secondo una simmetria questa volta rispettosa dei legami matrimoniali.
La recensione:
Ma
la bellezza immensa, incomparabile addirittura, della nostra posizione, non sta
forse nel fatto che non <<
dobbiamo >> fare proprio niente al mondo? Niente all’’infuori di quella
cosa comune, necessaria, quotidiana che consiste nel non essere più stupidi del
necessario.
Ho deciso di smaltire la pila della vergogna, da quant’è è subentrata la pandemia. Ho abbracciato questa sfida personale per puro e semplice svago, divenuto poi un modo di essere o per sopravvivere, nel mio cammino di lettrice. Ho deciso allora di conoscere autori che non conoscevo, leggere opere di cui non ne sapevo nemmeno l’esistenza, come anche quelli piccolissimi e illeggibili… mentre trascrivo queste parole al margine dentro la mia testa, mi chiedo se questa non sia la cosa più vera su me stessa che motiva le mie giornate. Pondera le mie scelte, ma, soprattutto, mi induce a raggiungere la felicità. Si, perché per essere semplici risme di carta, i libri sono per me la vita. La letteratura dà forma e sostanza alla mia banalissima esistenza, poiché è qualcosa che mi piace tantissimo e per cui lotterò con tutta me stessa per diffondere il suo forte messaggio.
E se non dovessi riuscirci non avrebbe importanza. Perché scrivo questo? Perché sono nata in un ambiente famigliare in cui la lettura non è il passatempo per eccezione. I libri sono semplici mazzi di carta, che non hanno alcun valore. Alcuna anima. Ma non per me, che non appena siede sulla sua poltrona preferita si immerge in luoghi di infinita bellezza. Nei libri ho scovato la mia identità, ho creato quella bolla di certezze e felicità che mi induce ad andare avanti, senza guardarmi indietro nemmeno per un’istante. Dunque, perché rammaricarsi, se gli altri non riescono a comprenderti? Ognuno di noi è bello, nella sua atipica diversità.
Questo lungo e insensato discorso, di cui mi rendo conto nessuno mi ha chiesto, nasce come riflessione attenta all’emozioni scaturite da una lettura tendenzialmente ostica ma affascinante come quella di La coppa d’oro. Nessuno mi costringe a fare niente, men che meno a leggere romanzi che potrebbero apparire come una noia mortale. Ma se non ci si butta, nel bel mezzo della mischia, come si conoscono i rischi? Come arrivare alla mente – o al cuore? – di chi scrive, se non leggendo di lui e del suo figlio di carta? Questo è l’ennesimo esempio, nonché la pura verità, di ciò che ho esalato da un elisir opprimente come questo, un lungo sospiro di alienazione che mi ha tenuta lontana dall’arroganza, dalla cupidigia. C’era un uomo, il Principe, che aspirava ad essere magnifico non prendendo le cose per quello che effettivamente sono ma accettando qualunque limite imposto. Avrebbe potuto lasciar perdere, ma non aveva alcuna possibilità. Il mondo lo avrebbe risucchiato e fatto a pezzi.
Una volta avviato un progetto, credo sia difficile tirarsi indietro. Perlomeno per me, che sono sempre stata una ragazza ordinata ed equilibrata, pianifica la sua vita con cura e zelo e non intende fermarsi finchè non arriva fino in fondo. Credo si tratti di ostinazione. Ma se non fossi stata così ostinata, non avrei potuto leggere un romanzo come questo! Cosa vi fa credere che leggere La coppa d’oro sia stato come camminare spensierati, lungo il viale dei Ricordi? Lo so. Perché l’ho letto, allora? Perché non riuscivo a smorzare la sete di curiosità. Un fastidiosissimo tarlo che stava nutrendosi della mia linfa vitale, del mio organismo. Ci sarebbe voluto del tempo, ma prima o poi avrei fatto anche io parte di questa storia. E questa impressione è stata veritiera, dopo aver valicato lo scoglio delle prime centocinquanta pagine. Mi sembravano così irraggiungibili, zeppo di nozioni filosofiche… e questa coppa? Il suo era un elemento dal significato simbolico o una semplice figura gettata fra le pagine? Gli americani di James sono così romantici che vedono il mondo in ogni forma e sfaccettatura. Sono dotati di un forte animo romantico da cui mi è stato possibile scorgere follie da cui è possibile riconoscersi, piaceri innocenti senza alcuna punizione divina, il godere di tali piaceri senza incorrere in alcun ostacolo. Con audacia e nobiltà accettando nell’evoluzione l’idea di creare un’epoca futura che avrebbe corrisposto a un certo equilibrio personale.
Anche se non avrei dovuto sorprendermi, anche in La coppa d’oro emergono molti dati concreti (troppi pensieri riguardanti la società del secolo, il suo << funzionamento >>, l’approccio dell’individuo e il suo modo di relazionarsi con essa ), il cui risultato è stato però a dir poco soddisfacente. Il principe, Charlotte, Maggie erano possessori di certi valori che li esprimono mediante il negare qualcosa, scoprendo e conoscendo non solo la società circostante ma se stessi, il loro modo di relazionarsi. I quali sono perennemente preoccupati per la loro sorte e di chi la definisce: e l’ansia e la paura di non essere mai abbastanza, di non poter far sentire la propria voce in mezzo a un coro di suoni e frastuoni. Ma nonostante tutto, così vicini alla mia anima da permettermi di sentirli. Il mio interesse nei loro riguardi divenne sempre più insistente man mano che la loro saggezza, i loro desideri oppressi spiccassero, nel bel mezzo di resistenze che ne allentano la bellezza, smorzano qualunque resistenza, qualunque ostilità. Simbolicamente e metaforicamente, infatti, ci è offerto tutto questo da una coppa dorata che tuttavia ci scopre in un’immobilità dettata dalle convenzioni o dalle condizioni. James pondera certi cataclismi con saggezza, ma allietando il tono estremamente greve con elementi comici, spesso rincuoranti, in cui il matrimonio è già una buona meta per raggiungere la felicità. Scandagliare la nostra identità, una propria coscienza. L’umiltà cozzava con la scienza e la mancanza di pregiudizi spalleggiati dal denaro. E, alla fine, si ricavano piccoli agglomerati che conferiscono una certa lietezza. L’equilibrio resiste alle trasformazioni che persistono e trionfano. La felicità intesa come realtà utopica impossibile da raggiungere ma di non toccare, anche se per poco tempo
Leggere Henry James è come mettere a nudo la nostra anima. Le mie reazioni, come << conseguenze >> a momenti di procrastinazione varia, mostrano come alla fine tutto ciò assume una certa importanza, rappresenta più di un oggetto quello del “parlare” di società del 1800 in un romanzo, ma sono anche consapevole che quando mi imbatto in questo tipo di letture non posso non approfittarne ad osservare il tutto con maggior criticità. Quasi sempre in luoghi in cui l’anima si perde, si riflette, risponde a richiami e ammonimenti vari che celano trappole insidiose, immagini prese da meccanismi e comodità vaste, simbolismi che aiutano a comprendere e a recidere il passato.
Requisito fondamentale di questo romanzo l’assetto economico che confluiscono nel realizzare e idealizzare quella disamina utile ad esprimere qualunque intento di evasione, differenti nel tempo e nello spazio.
Dalla natura arcaica come la rude architettura di un palazzo, il freddo spirare dei suoi personaggi, non poté non avvolgere le mie membra stanche finché il colore intenso di una nuova storia non avesse schiarito le stanze buie della mia anima. Non avrei potuto comportarmi diversamente: questo era senz'altro vero. Ma questo mio girovagare fra esperienze di vita di donne eccentriche e strambe, nevrotiche e insoddisfatte sotto diversi punti di vista, atipiche ed originale sotto altri, era stato lo stesso impulsivo, quasi repentino, come chi in una stanza affollata e calda avrebbe potuto servirsi di una fiala dall'acuto profumo nascosto in un fazzoletto. Ed io non nutrivo alcun desiderio di cambiare atteggiamento. Mista a questo infinito fascino, ad una discrezione quasi impersonale, che per qualche nanosecondo mi fece credere che quello che avrei letto mi avrebbe dato poco, la sensazione di una libertà sconfinata che nel romanzo di James funge da scudo a paradigmi e concezioni della società ottocentesca, così dolce e pacata in sé, sfociava a volte in manifestazioni bizzarre. Le donne che non facevano niente per se stesse, attendevano in atteggiamento di graziosa passività che un uomo passasse per la loro strada e le provvedesse di un particolare destino. La donna, l'individuo di sesso femminile aveva per l'autore l'impressione di avere propositi tutti suoi e, se espansive di emozioni, etichettate come seccatrici e avventuriere. Io, che sono un’emancipatrice incallita, ho notato questi strani modi di porsi; ho notato tutto quello che accadeva nel romanzo di James. E se l'orgoglio era talmente utile per valorizzare alcune categorie della condizione umana, la letteratura e i libri un mezzo primordiale per vivere. Una fievole luce che molti non riescono, o, non vogliono ravvivare. Incatenati a non poter seguire un sentimento, una passione onesta come una bellezza indefinibile che circondava l'aura lucente di ogni figura, in una terra ancora veduta e sentita in modo imperfetto, che mi si è stesa dinanzi come una terra promessa in cui l'amore del bello è confortato da un sapere senza fine.
Valutazione d’inchiostro: 4
Interessante, mi spiace tu abbia fatto fatica; grazie per la recensione
RispondiEliminaA te 🤗
EliminaAnche in questo caso qualcosa ti è piaciuto e qualcosa no. Non ti nascondo che essendo anche io una donna emancipata penso che avrei incontrato le tue stesse difficoltà e, come te, avrei notato tutto. Una cosa è sicura, all'epoca sarei stata una grandissima seccatrice❤️. Comunque ho adorato la tua introduzione dove parti del tuo rapporto con i libri ❤️
RispondiEliminaGrazie mille 🤗❤️
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