mercoledì, maggio 07, 2025

Gocce d'inchiostro: Naufragio con spettatore. Paradigma di una metafora dell'esistenza - Hans Blumenberg

Ultimamente, se così si può definire il bagaglio di letture cui mi sono cibata, mi è capitato di leggere testi in cui il tema della vita è ormai intrinseco ad ogni cosa. Diventata una specie di << cult >>, i testi di narrativa contemporanea, i saggi, i classici ci impartiscono delle nozioni in cui, a tracciarne i segni, è l’uomo. Colui che cerca, rincorre la felicità, la liberazione definitiva dal suo stato di torpore e inadeguatezza, osservando però come il mondo sia inevitabilmente in continuo mutamento, l'oceano della vita e della morte affastellarsi come onde impazzite ai suoi piedi. Questo breve ma affascinante testo ha funto da destinazione finale di un viaggio spirituale in cui niente avrebbe dovuto distrarre l’uomo a raggiungere la sua meta. Quale? Quella di scampare al naufragio, metafora di vita nonché mezzo irrimediabile alla morte, osservando il tutto con atarassia o passionalità. Che fare, quando il tuo personalissimo mondo è sulla riva della distruzione, e le uniche possibilità di salvezza sono forme di derivazione insite nella natura umana? Eppure i grandi filosofi ci hanno insegnato che nulla è certo, la verità è l’unica forma conoscibile che spesso è simbolicamente conforme all'esistenza umana, ma ogni passaggio marcato da un rito, il corso della stessa, che come forma di iniziazione, da una morte simbolica può produrre la vita, dalla distruzione può derivare salvezza, istituzionalizzando tutto questo mediante un’unica elemento, un’unica forza matrice: la volontà umana.



Titolo: Naufragio con spettatore. Paradigma di una metafora dell'esistenza

Autore: Hans Blumenberg

Casa editrice: Il Mulino
Prezzo: 13, 90 €

N° di pagine: 148
Trama: "Naufragio con spettatore", che con la presente arriva alla sesta edizione, fu pubblicato dal Mulino nel 1985 ed è senza dubbio il libro che più ha fatto conoscere il nome di Blumenberg al di fuori della cerchia degli specialisti, contribuendo in maniera determinante alla fortuna di questo autore in Italia. Sono complessivamente otto i titoli di Blumenberg pubblicati dal Mulino. La ragione del particolare successo di quest'opera risiede nel fatto che essa offre, in cento pagine di eleganti analisi letterario-filosofiche, la storia di una metafora centrale nella civiltà dell'Occidente, quella appunto del "naufragio con spettatore" in cui si riflette l'atteggiamento dell'uomo dinanzi alla vita e alla storia: il bisogno di sicurezza e il gusto del rischio, l'estraneità e il coinvolgimento, la contemplazione e l'azione.

La recensione:

Ci sono storie che sembrano essere state pescate dai sogni. Alle loro spalle normali vite professionali, venuti da qualunque parte della terra per familiarizzare con qualunque idea o nozione di morte, convinti o speranzosi che dopo questa vita sarebbero tornati a viverne un’altra, non necessariamente umana, ma il cui abile cantastorie sarebbe stato Dio - l’inevitabile, l’indefinibile - con cui fare i conti.

Altri, una specie amorfa di pelle e ossa, che si affaccendano e affollano quella caotica lotteria della vita per dare nient’altro un senso alla loro esistenza spesa, come del resto la vita di ognuno di noi, in una fitta rete di processi o rituali che hanno a che fare con la stessa. C’è chi abbraccia la professione di medico, chi di studioso, chi di antropologo, ma nell’insieme, poco spazio per la fantasia, per alcun rituale spirituale. Ciò che desiderano estirpare è la pura verità, quella nuda e cruda, rappresentando quel corpo come un organismo da cui ci si fortifica mediante l’emozioni o le sensazioni che turbano a volte le nostre coscienze. Un po ' come succede a me quando mi imbatto dinanzi a certe letture.

A volte dimentico che il piacere che ripongo alla parola scritta, il desiderio di cogliere la loro magia, far perpetuare la loro essenza in un cielo sgombro di speranze e sogni, comporta non pochi rischi; il ritirarsi dalla vita di una normalissima ragazza che cozza poi con quella amorfa, vacua, grigiastra come l’anima di questo trattato filosofico è parte dei rischi a cui faccio spesso cenno, ma i cui rischi promettono a volte molto più di quel che danno. L’incredibile ruota del nascere e del morire.

Questo, lo so bene, è l’arte dell’esistenzialismo, che, in filosofia, in letteratura, nella quotidianità - se non si è così cechi - si presenta come forma intrinseca all’individualità: uno che si scopre intrappolato nel cuore di una tempesta, di un naufragio e che osserva il tutto con indifferenza e distacco emotivo, volgono lo sguardo su stessi e di << andare contro questo naufragio >>, assieme, alle forme filosofiche ed empiriche di Lucrezio: la precarietà della vita può produrre unità nonché antidoto alla sofferenza umana. Ma partendo da tale visione, ignorando come lo spettatore possa scampare a questo naufragio poggiando i piedi su un terreno solido da cui può osservare ogni turbamento, ogni affanno, poiché immune a tale tempesta. Provocando autocompiacimento, superbia, indifferenza quanto non esente di crudeltà che tuttavia provoca atarassia, perché inevitabilmente si barrica dietro quella corazza di turbamenti e perplessità che tuttavia proviene dall’esterno. Ideologia di ciò che vede il poeta, il caos del naufragio scagliato dinanzi l’apparenza e il visibile, serbando con un certo distacco immotivato alcune forme di creazione dalla distruzione naturale.

Goethe, per l’appunto, restò indifferente a tutto questo, ma la solidità mediante cui l’autore redige un testo illuminante,  consapevole e fine del mondo a se stesso penso deriva dalla sua derivazione, dalla possibilità di poter diventare impavidi poiché consapevoli di poter sottrarsi al gioco della vita, dalla distruzione da qualunque forma ostenti la sua costanza, la sua superiorità intrecciata e tracciabile dalla grandezza dell’intelletto, dalla forza dellanima, dalle abitudini di poter contemplare uno spettacolo straordinario, come quello della vita e della morte che la natura mette in scena,

Sempre di vita si parla, da qualunque prospettiva la si osservi. E questa bella seppur breve parabola, mediante cui l'autore attinse da Epicuro, impartisce fra l’altro una delle più significative lezioni individuali: bisognerebbe vivere senza alcun timore, in un universo indifferente delle sorti altrui. Perché il mare in tempesta è natura di quella società che ne fa parte, e l’uomo, massa instabile di carne e ossa, altro non è che quella forma di felicità sopita che solo la conoscenza razionale e scientifica può trasmettere o conferire. Precludendo in forme di isolamento, esteriorità o attrazione in cui si osserva il tutto, rischiando però il naufragio pur di cogliere questa forma di felicità ma nichilista, vacua e vuota, appoggiandosi sul nulla più profondo, da cui tuttavia dovrà dibattersi per non cadere nell'incoerenza, l'inappropriatezza.

Secondo la visione di certi grandi filosofi, la vita di ognuno di noi è suddivisa in azioni precise e distinte, ognuna con le sue << conseguenze >>, i suoi diritti e i suoi doveri. E da questo trattato filosofico l’uomo assume il proprio ruolo nella società, o, perlomeno, tenta di coglierlo, contribuendo al mantenimento e alla continuazione della società o, viceversa, della distruzione. Come una forma inevitabile e inarrestabile a cui non si può fare altro che lasciarsi andare o rivoltarsi contro, con prepotenza e furia, motivati dalla conoscenza dalla consapevolezza che, dal distacco del mondo, derivano quelle mancate gioie, emozioni che invece un combattente passeggero che non è così illusorio alla vita affronta a testa alta.

Valutazione d’inchiostro: 4

2 commenti:

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