venerdì, dicembre 08, 2023

Gocce d'inchiostro: Il dottor Zivago - Boris Pasternak

Nessuno di voi, nessuno - compresi quelli che mi conoscono - ha idea di quanto ha significato per me la lettura di questo romanzo. Il mio << starci >> dove dovevo stare, ma anche l'averlo trovato intriso d'amore. E' stato l'incentivo che avevo bisogno per accettare fino in fondo la storia che Pasternak si portava dentro, senza che restasse alcun dubbio. E adesso la prima cosa che farò è soddisfare la vostra curiosità, amici lettori, senza perdere un istante, malgrado il rossore che invaderà le mie guance.

Come potrei non inviarvi caldamente fra le sue pagine? Si, nella recensione a seguire vi racconterò dunque cosa è davvero successo, quando decisi di inerpicarmi fra le pagine di questa cornice d'amore, le cui parole sono state assimilate un po' a fatica. Gli oggetti nominati cominciarono a delinearsi sul serio solo molto tempo dopo. Ed io non potei non amare nemmeno quella singola pensione russa, in cui si snodarono le vicende del dottor Zivago e della sua amata Lara.


Titolo: Il dottor Zivago

Autore: Boris Pasternak

Casa editrice: Feltrinelli

Prezzo: 12 €

N° di pagine: 417

Trama: Le vicende di un medico travolto dall'impatto della rivoluzione russa e dalla successiva vacuità spirituale in cui precipita il suo paese. Questo, in estrema sintesi, il contenuto di un romanzo che valse a Boris Pasternak il Nobel per la letteratura nel 1958 e l'ammirazione di critica e lettori.


La recensione:


Con che cosa colpisce, la vita? Col tuono o col fulmine? No, con sguardi in tralice e sussurri di calunnie. Tutto in essa è perfido ed equivoco. Le basta tendere un filo, esile, come una ragnatela, ed è finita: prova a tirarti fuori dalla rete! Ti ci invischi sempre più!


Tornai in me con una certa riluttanza. Avevo la bocca secca e il cuore colmo di una strana gratitudine. Quando la vista mise a fuoco quello che mi circondava, scoprì di essere sdraiata sul mio morbido letto, ma non si trattava del medesimo luogo in cui mi ero trovata per ben otto giorni; ero distesa su un terreno incolto ricoperto di pietre e macerie. Sconcertata, ripresi coscienza col mondo circostante con difficoltà, avvertendo un certo fastidio alla testa e un brusio sommesso invadere ancora le mie orecchie. Non mi trovavo più nel meraviglioso posto che mi aveva dato l'impressione ogni cosa possedesse qualcosa di trascendentale, estraneo a questo mondo. Frammenti di esistenze ignote di altri pianeti, calate per errore sulla terra. Sotto la trama grigia e fredda di questa storia scorreva fra gruppi di anime dannate, il cui animo è stato macchiato da qualcosa di oscuro e ignoto.

Mi ero trovata in una città minuziosamente devastata. Mi chiesi se la Mosca della fine del XIX secolo possedesse qualcosa di speciale. La mente mi aveva fatto un brutto scherzo! Avevo viaggiato davvero nell'anno 1900. Delle mie pantofole, dei miei amati libri non c'era più traccia, come se questo abile manipolatore li avessi fatti sparire nel palmo della sua mano. Era quella la vertigine? Era questo l'effetto dell'aver superato in un balzo il mio mondo e averne attraversato un altro, attraversandolo semplicemente con un romanzo?

Nell'incanto della scrittura, come consolazione o saluto da lontano, ho accolto il romanzo di Pasternak nel mio cantuccio personale nella sua magnificenza. Non c'erano più le vecchie e fredde mura della mia stanza, né le mie ansie o preoccupazioni: solo una forte tormenta che infuriava implacabile, l'aria intrisa di qualcosa di bello. Meraviglioso. Quasi che questa storia si fosse accorta di me e, consapevole del suo incredibile potere, godesse del fascino di cui godeva. E, avanzando, colpiva tutta affannata a richiamare la mia attenzione.

Ho fissato a lungo questa storia che ho finito per avere la sensazione che figure in movimento camminassero sulla linea di un orizzonte sconosciuto annotando qualcosa. L'anima si accordava al frenetico e appassionato ritmo di questo sogno russo di grande vastità. Qui ho provato il desiderio di sognare, di perdermi nell'intrico rocambolesco di queste parole.

Ogni cosa, gesto o azione, apparivano lucidi e calcolati: nell'insieme risultavano come inconsciamente inebriati dalla comune della corrente della vita. Il sole, attribuito del luogo, illuminava con ritegno la scena, sembrava vegliare sulle sorti di questi strani personaggi, come una spettatore curioso che avvicinatosi allo spettacolo osserva questa gente prendere vita.

Ricordo la magica esaltazione della notte, quando queste piccole ma evocative figure di carta si erano mossi agili al mio cospetto. Più di ogni altra cosa avrei voluto cadere ancora una volta in questo meraviglioso stagno di parole e gioie infinite. Da ogni angolo il popolo si riversava nelle strade. Una vera fiumana. Visi vecchi o giovani, studentesse o operai, mi unì assieme a questo sparuto gruppo e mi misi ad ascoltare ciò che questo autore aveva da dirmi. In questo periodo dell'anno, assieme a un'aria tetra e inaccostabile, vi abitavano persone serie, piene di decoro, liberi professionisti dalle cospicue entrate.

Per sopportare la vita, ancora una volta mi sono affidata all'accompagnamento di una specie di musica interiore, che grazie ai libri ho potuto comporre da sola. Questa musica è incarnata in parole riguardanti la vita, e su di esse ho sempre trovato conforto. Mi sono sorpresa di ridurmi a un certo stato di smarrimento che ogni lettore richiede al suo romanzo preferito; divenivo sempre più calorosa di un sogno dei sensi a cui sono stata catapultata con impetuosità.

Per il fascino, misto a una buona dose di ammirazione e ammaliamento, per tutto il tempo trascorso qui, per il tono per nulla semplice e soave del canto e per la melodia così intensa e accecante che aveva sprigionato così bene la sua lettura, e per una scarsa tempistica, ho provato una dolce confusione, come un delirio beato, dolorosamente esaltante. L'essenziale era quello che mi stava attorno. Il mondo esterno mi stringeva da ogni parte, così tangibile, impenetrabile, incontestabile come una foresta. E se di questa vicenda ne ero rimasta completamente ammaliata era proprio perché in questo bellissimo disegno mi ero smarrita e ritrovata improvvisamente umanime, con i personaggi. Un disegno che ha scandito attimi di vita trascorsi in loro compagnia: la morte di Anna; l'innamoramento precoce di Jura; i tumulti spregevoli del cuore giovane e ancora acerbo della graziosa Lara.

Qui le stelle del cielo erano diventate luminose, il buon Dio era divenuto il buon prete di tutti e l'essenziale restava il mondo contorto in cui si svolge il tutto; così diverso da come me l'ero immaginata.

In queste pagine ho voluto fuggire nell'apparente silenzio della natura, nel muto carcere di un lungo tenace lavoro, nell'ineffabilità di un sonno profondo, in una vera musica o in un tacito contatto di sentimenti e amore, col cuore ammutolito dalla sua pienezza.

Dietro l'anima di questa storia ammiccavano le stelle e da loro alla mia coscienza si protesero i fili di un'invisibile comprensione, come se fossero gli stallaggi di altri mondi. Intorno, tutto fermentava. Cresceva, saliva al magico lieve dell'esistenza. Il fervore della vita, come un vento silenzioso, avanzava in una larga ondata, senza sapere dove, sulla terra e sulla città, abbracciando col suo fremito quanto incontrai sulla mia strada.

Leggendo Il dottor Zivago mi è sembrato di assistere alla magnificenza di una fiaba, un sogno scintillante che, in un giorno qualunque, cominciò a cadere il suono, regolare e martellato, di una voce che in poco tempo era divenuta famigliare, già sentito qualche giorno fa. Una bella voce, penetrante e suadente.

Io, assieme a una nazione a cui è stata strappata ogni cosa, mi sono trovata circondata e coinvolta, sotto un cielo trapunto di stelle. E non ci è stato nulla che potesse dichiarare la libertà come caduta dal cielo, superiore a ogni aspettativa. Ottenuta per caso, per un malinteso.

Ho immaginato questo alacre dottore lavorare seduto alla scrivania, accanto alla finestra della sala medici, e davanti a lui una pila di fogli rilegati di varie forme e colori. Intento a porre nero su bianco, in un tetro diario composto da prose e versi, nozioni di vita su ciò che essa svolge per noi stessi.

Una storia in cui il cuore resta sospeso per tutto il tempo. Sotto il bianco riflesso del cielo di pioggia, fattosi chiaro man mano che si avanza, l'ho raccolta sul palmo roseo della mia mano. Qui ho ricevuto in dono dalle mani dell'autore una bianca e delicata bellezza creata da Paskernac. Mi ha letteralmente aperto le porte a figure avvolte da una particolare oscurità. E la promessa di una certa intimità, contenuta, fredda come una luminosa notte del nord, di Zivago e Lara ma anche di chi li circonda o legge, che mi si è accorsa incontro come una potente onda verso cui sono accorsa nel buio delle stanze remote della mia coscienza.

L'anima sembrava pesasse della stessa tenebra, netta, senza passaggi e mezze tinte che l'attenuassero. Questa duplice fusione, incrociata oscurità conferiva una certa inquietudine come la lettura di un necrologio o un sommesso borbottio. Fra echi di un discorso sorpreso, in mezzo a fantasmi che si tengono per mano, facendo come cenni di ringraziamento alla storia che mi è stata raccontata e che ho visto così bene.

Il libro della vita che poi giunge irrimediabilmente alla fine, alla pagina più preziosa d'ogni cosa sacra. Ove ogni cosa si compirà e che io ho lasciati si compisse.


Credo che non ti amerei tanto se in te non ci fosse nulla da lamentare, nulla da rimpiangere. Io non amo la gente perfetta, quelli che non sono mai caduti, non hanno inciampato. La loro è una vita spenta, di poco valore. A loro non si è svelata la bellezza della vita.


Valutazione d'inchiostro: 5


12 commenti:

  1. Complimenti per la recensione, sei riuscita a farmi percepire l'atmosfera.
    E' uno di quei libri di cui rimando la lettura da troppo tempo.

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  2. Ciao Gresi, di questo libro ho visto solamente il film del 1965 XD e ogni anno lo rivedo molto volentieri ma non ho mai letto il libro e dopo le tue parole non vedo l' ora di leggerlo =)!

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  3. Anch'io come Ella ho visto il film ma tantissimo tempo fa, la tua recensione però Gresi mi mette voglia di leggerlo

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    1. A me è piaciuto tantissimo, Susy! Non è per niente una lettura da prendere alla leggera, ma te lo consiglio caldamente ☺☺

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  4. Ciao Gresi!
    In questo tuo blog trovo sempre letture (e recensioni!) mai scontate. Un libro che non mi sembra per niente facile da affrontare ma che è circondato da un'atmosfera affascinante anche grazie al leggendario film.

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    1. Grazie mille, Federica! Il romanzo te lo consiglio vivamente. La sua lettura è alquanto difficoltoso, ma davvero straordinaria ☺☺

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  5. non ho mai letto questo romanzo, ma è un'ottima recensione la tua =)

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