lunedì, luglio 29, 2019

Gocce d'inchiostro: Luce d'agosto - William Faulkner

La prima volta che io e William Faulkner ci incrociammo, io non ne sapevo nemmeno della sua esistenza. O, per meglio dire, quando fu in vita, quanto importante fosse per la letteratura odierna. Mi sono avvicinata a questo autore, vincitore del premio Nobel per la letteratura, senza bisogno che nessuno mi stimolasse, incitasse a buttarmi da un grosso scoglio e solo quando sarei giunta alla meta osservare il paesaggio circostante. Questo è di per sé magnetico, magico, stupefacente. Desiderare di leggere qualcosa di qualcuno che sai potrebbe non concernere con i tuoi gusti personali, sinché non si arriva alla fine.
Il fatto in questione accadde nella libreria più vicina della mia città, un luogo che io considero oramai la mia seconda casa. Da qualche tempo a questa parte, ho maturato un certo gusto per le saghe famigliari, la letteratura americana, e leggere Luce d’agosto mi consentì di crescere praticamente ancor di più, fino al punto di comprendere come questo tipo di letteratura, quella con la L maiuscola, è il cibo per la mia anima. Perciò, come se ne deduce dal titolo della recensione, il mio lento avanzare fra le sue pagine mi ha allontanato dal mondo, dalla routine in generale, mostrando unicamente l’aspetto cruciale su cui ruota l’intero romanzo, che finì ben presto per confonderlo con i tormenti odierni della vita dove vige la crudeltà ma anche un pizzico di comprensione.

Titolo: Luce d’agosto
Autore: William Faulkner
Casa editrice: Adelphi
Prezzo: 13 €
N° di pagine: 425
Trama: ‘Nella mia terra la luce ha una sua qualità particolarissima; fulgida, nitida, come se venisse non dall’oggi ma dall’età classica ‘. Così William Faulkner spiego il titolo del suo settimo romanzo, uscito nel 1932 e subito acclamato come uno dei suoi capolavori. Ed è tra i riverberi crudeli di quella luce implacabile che si consumano le vicende di una folta schiera di personaggi: una ragazza incinta, amata solo di ‘una riserva di paziente e tenace lealtà ‘, che si avventura dall’Alabama al Mississippi alla ricerca del padre di suo figlio; un uomo solitario dallo strano nome, Jon Christmas, ‘con un’inclinazione arrogante e malevola sul viso immobile ‘, che l’isteria razziale del Sud getta nell’abisso tormentoso del dubbio circa il proprio sangue: un reverendo presbiteriano ripudiato dalla sua Chiesa per l’antico scandalo della moglie adultera e suicida; e, circondati da neri invisibili, gli sceriffi, i taglialegna, i predicatori, le donne ‘dal volto di pietra ‘, chi ‘definitivamente dannato ‘, chi alla ricerca disperata di una chimerica catarsi.

 La recensione:

L’oscurità era una miriade di voci che venivano da tutto il tempo che avevo conosciuto, come se tutto il passato fosse un disegno piatto.

Giudicando freddamente, dovetti riconoscere che la cosa più logica, ovviamente, sia di continuare a proseguire nel sentiero faulkneriano. Perché, questo non lo si può proprio esimare, il rischio di aver incontrato un uomo di lettere come William Faulkner fu la scusa adatta che mi impedì di non presentarmi dinanzi alla sua inestimabile presenza. Rimandare dunque la lettura dell’unico romanzo che possiedo di questoaautore non risolveva il problema, in apparenza. L’unico modo per risolverlo era esattamente quello di dedicargli del tempo: sedersi sulla mia poltrona preferita, o sdraiata sul mio letto, facendomi trovare pronta, impavida, incuriosita, ammaliata per evitare che la scintilla che era scoccata fra noi non si affievolisse. Motivo in più per avvicinarmi, a parlargli, ad essere completamente avvolta dalla voce ammaliante di un operatore di suoni, un musicista di diverso retaggio, causa principale per vivere di lui e del suo bellissimo capolavoro. Quest’incontro non poté non risultare proficuo. Si, mi ha permesso di togliere il dente della curiosità, perché di una cosa sono certa: questo è stato il primo dei nostri incontri che in futuro si ripeteranno. Non avevo scelta: dovevo regalarmi il capriccio di godermi ogni opera, ogni romanzo scritto sfuggendo in modo soddisfacente da qualsiasi altra possibilità di un nuovo incontro abortendo ogni rapporto maligno che avrebbe potuto sorgere fra noi, dal momento che non mi viene nulla in mente pur di mettere in cattiva luce questa storia, nascosta fra miriadi di gente di ogni sesso, razza e età, unico elemento che forse ha costituito un pericolo per molti, ma non per me. Luce d’agosto era l’ultimo bacio di un condannato, il commiato a una via di redenzione o libertà, ed io non ho potuto fare a meno di godermelo.
Come se emersa da un luogo lontano, da un epoca classica, lamentandosi come un fantasma annunciatore di lutti, racconto di una generazione che attraversa un intero villaggio. L’ambiente descritto evidenzia la condizione degli stessi protagonisti, centellinati su un paesaggio butterato da ceppi. Profondamente silenzioso, desolato, arido come la terra a cui accenna il titolo. Essere solidale è unanime con gli altri, poiché ognuno figli di un Dio che ci tiene uniti o compatti è, in poche parole, l’emblema su cui ruota il romanzo, ma sebbene l’impressione è quasi uguale per tutti – anime senza radici, senza un paese, senza una città o provenienza – il forte senso di incomprensione, sputato, onnipresente, insito da così tanto tempo, finisce per renderli piccoli involucri trasparenti senza peso, senza anima, soffiati come canule dal primo vento.
Niente di così vero. Ci si può differenziare dal colore della pelle, dalla mentalità, ma agli occhi di Dio siamo tutti uguali. Faulkner evidenzia questa ‘condizione ‘mediante continue rivolte, lotte, o addirittura, omicidi. Non sarebbe nemmeno utile fermare il tempo per tornare indietro, riparare gli errori del passato, se non combattere pur di liberarsi dalla stretta di una morsa.
Carpire scrupolosamente i segreti di una lettura complicata ma magnifica come quella di Luce d’agosto, dipingerla mentalmente con modestissimi acquarelli dalle tonalità più complicate cominciò ad apparirmi, in tutta la sua splendida bellezza, in maniera alquanto diversa dell’universo parallelo che si cela nei romanzi a cui sono abituata. E, presa da una storia a cui ho dedicato del tempo, ho stabilito con l’autore un certo contatto. La scrittura stessa è un modo per evidenziare la condizione umana e il suo modo di rapportarsi, il colore differente della pelle, la mentalità, che lo rendono distaccato dalla massa. Società di anime che costituiscono una zolla di terra in cui è possibile spingerci fino a un certo punto, sebbene il desiderio di non sentirsi mai soli abbastanza; diverse situazioni si sono contese, pur con grazia, il diritto di muoversi liberamente nel raggiungimento di un’idea di redenzione, di libertà, che come una sferzata di luce avrebbe potuto illuminare squarci di vita umana, oscura, repressa. 
Chi ha letto il romanzo di Faulkner e pensa che entrando in questo harem segreto sfugge alle trappole della vita si sbaglia. Certo, tutto ciò che apprendiamo tocca delle corde sensibili del nostro animo perché gli argomenti trattati sono attualissimi e moderni. Ci sentiamo in dovere di essere solidali, comprensivi, lottiamo per un posto migliore. Più vicino possibile ai piedi della nostra anima. La letteratura a questo proposito diviene una trappola, diatribe fra gente umile che si danno reciprocamente botte, si ammazzano, correndo affannati a spegnere le stelle e ad offuscare il sole. Non più quel rifugio che offre protezione e garanzia, ma qualcosa che limita la libertà. Rivela pori sulla faccia della vita, devastati, provati, una vita che scorre come una fiumana in profusione. 
Si imparano tante cose da questo tipo di letture, tante cose che prima ignoravo impunemente e che adesso mi sono entrate in testa. Quello che avevo davanti è stato un teatrino di burattini, ostico, musicale, solenne costruito mediante paesaggi bellissimi, comuni e visionari, una prosa acuta, sottile provocatrice e complessa, densa di pathos e grande spessore psicologico che sorprende per ogni cosa, ogni movimento, ogni gesto. I personaggi sono anime dannate ma pentite che si consumano lentamente come torce fiammeggianti, fino a spegnersi con un sibilo. L’atto del ribellarsi, il piacere di uccidere per vendetta, per rivendicazione, le cose divorate, annerite, diverse sono sinfonie discontinue, fiammeggianti, incendiare che fanno cadere tutti i cenci e le rovine carbonizzate di anni di storia. La vita come un immensa ribellione, senza costrutto, un’interiezione sonora e vuota. 
Così come il Fahrenheit di Ray Bradbury, Luce d’agosto è una sorta di ribellione sociale in cui sono messi a nudo parti dell’anima di chiunque e quella della società – incastrati perfettamente che si consumano nella quotidianità, nell’inutilità del tempo. Romanzo di rivolta complesso, dilaniante, straziante, malinconico, introspettivo che non raggiunge il nostro cuore, bensì la nostra testa. Come gesti impuri che valgono come atti di oscenità. Tortura letteraria e morale, un tributo profanato da atti impuri che rende ingiustificabile differenziare il prossimo per la razza, il sesso o la cultura.
Valutazione d’inchiostro: 4+

6 commenti:

  1. Altra lettura che ti invidio moltissimo!

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  2. 😊 güzel bir inceleme olmuş Gresi... Türkiye'den selamlar 😊

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  3. Ho sempre sentito parlare di questo autore come di uno scrittore complicato, ma la tua recensione mi invoglia ad avvicinarmici.

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    1. Faulkner è certamente un autore alquanto complicato, sia per trama sia per linguaggio, sopratutto per questo a dire il vero! Ma è un opera coinvolgente e bellissima, alquanto attuale e sorprendente ☺️☺️ mi è piaciuto davvero molto, e presto leggerò anche Mentre morivo ☺️☺️

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