Ogni romanzo è una fonte di
sostentamento. Basta lasciarsi andare. Darsi tempo, stare seduti fra le vecchie
mura della tua casa a osservare quelle figure di carta e inchiostro che si
appollaiarono sulle braccia, andare a vestire i panni di persone che non sono
propriamente in carne e ossa ma che ti accolgono come amici di lunga data. Ti
aiutano a snocciolare quesiti, questioni, a spulciare nel loro passato finchè
il bandolo della matassa – che può cominciare con una parola, un incontro – non
ti induce a varcare posti scialbi, insignificanti che alla fine non si rivelano
così pessimi da averti fatto scongiurare tutt’altra direzione.
Ho deciso di accogliere nuovamente
Banana Yoshimoto nel mio cantuccio personale semplicemente perché avevo bisogno
di capire se i suoi romanzi avrebbero fatto o meno al caso mio, e sebbene piano
piano sia stata coinvolta nella loro quotidianità queste due letture hanno
decretato la fine del nostro incontro. Hanno acceso la fiamma della mia
curiosità, ma niente di più. Dapprima confidando fosse alimentata
successivamente, come è successo in precedenza con altri romanzi, ma poi con la
consapevolezza che io e la sua autrice camminiamo su due binari nettamente
opposti. Ho desiderato conoscerla, e questo è tanto.
Titolo: Andromeda
Heights
Autore: Banana Yoshimoto
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 7, 00 €
N° di pagine: 100
Trama: Quando la nonna guaritrice decide di lasciare il Giappone, Shizukuishi si ritrova improvvisamente sola e deve abituarsi in fretta alla vita in città: uno spazio nuovo, incomprensibile e persino minaccioso. Porta sempre dentro di sé il ricordo della vita tra le sue amante montagne, in comunione perfetta con piante e animali, ripensa alle notti stellate e al verde brillante, alle mille manifestazioni della natura, agli sguardi delle persone che si avventuravano per quei sentieri impervi serbando nel cuore la speranza di una guarigione. Lontana dal suo ambiente, Shizukuishi cercherà una nuova famiglia, una casa in cui tornare, qualcuno da amare, una dimensione in cui poter essere se stessa. E un giardino pieno di cactus. Una storia di solidarietà e amicizia, di rispetto per la natura e per gli esseri umani. Piccoli gesti, percezioni sottili, silenziosi linguaggi: un romanzo delicatissimo e dai toni tenui che invita a sospendere per qualche ora l'incredulità e a tornare alla gioia tranquilla delle cose semplici.
Autore: Banana Yoshimoto
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 7, 00 €
N° di pagine: 100
Trama: Quando la nonna guaritrice decide di lasciare il Giappone, Shizukuishi si ritrova improvvisamente sola e deve abituarsi in fretta alla vita in città: uno spazio nuovo, incomprensibile e persino minaccioso. Porta sempre dentro di sé il ricordo della vita tra le sue amante montagne, in comunione perfetta con piante e animali, ripensa alle notti stellate e al verde brillante, alle mille manifestazioni della natura, agli sguardi delle persone che si avventuravano per quei sentieri impervi serbando nel cuore la speranza di una guarigione. Lontana dal suo ambiente, Shizukuishi cercherà una nuova famiglia, una casa in cui tornare, qualcuno da amare, una dimensione in cui poter essere se stessa. E un giardino pieno di cactus. Una storia di solidarietà e amicizia, di rispetto per la natura e per gli esseri umani. Piccoli gesti, percezioni sottili, silenziosi linguaggi: un romanzo delicatissimo e dai toni tenui che invita a sospendere per qualche ora l'incredulità e a tornare alla gioia tranquilla delle cose semplici.
La recensione:
Le persone
sperimentano la solitudine, urlano e strepitano di fronte al dolore e alle
prove della vita, si misurano con i sentimenti più diversi ma sarebbe
sufficiente aprire bene gli occhi per capire che siamo sempre protetti.
Tra me e la
Yoshimoto non si è creata nell'immediato una buona intesa. Non si era creata
quell'attrazione intensa e irresistibile, quel meccanismo indefinibile che a
volte si genera fra due persone che si incontrano per la prima volta, ma un
sentimento di dispiacere misto a sconforto. Come le rotaie di un treno che
avanzano parallele attraverso uno spazio buio, e a poco a poco vanno ad
avvicinarsi impercettibilmente. A mano a mano che i miei incontri con la
Yoshimoto si intensificavano, senza che me ne accorgessi visite inaspettate e
inattese nella luminosa città di Tokyo divenivano sempre più frequenti. Quando
me ne sono resa conto ho provato una sensazione davvero strana. Non mi sembrava
di aver letto niente di nuovo, nulla che mi inducesse a pensare di aver
incontrato una persona nuova. La Yoshimoto aveva intrapreso una nuova strada,
oppure ero io ad essere cambiata?
Ho sempre pensato
che sarebbe davvero interessante intavolare una conversazione con l'autrice,
discutere dei suoi romanzi, carpire gli innumerevoli segreti che si celano in
storie apparentemente semplici ma profonde. Penso che abbiamo tutti il
desiderio di rinfrescarci un po' lo spirito. E Andromeda Heights,
seppur breve e frettoloso, è stata quel genere di lettura in cui ho potuto
sottolineare tematiche particolarmente care all'autrice: l'amore, la vita, la
rinascita, la morte, in cui i libri sono un bellissimo supporto alla
sopravvivenza morale: alleviano i dolori alla temibile bestia della solitudine.
Su uno spazio indefinito, da qualche parte nella sua testa. In un posto né
caldo né freddo, né felice né infelice, come un flusso perpetuo o continuo.
E' sufficiente
possedere un corpo, un'anima, e non difetteremo di nulla. Siamo predisposti a
vedere sempre la stessa porzione di mondo, dunque ci troviamo. E se qualcuno ha
un diverso modo di percepire la realtà, quello rimane un suo problema.
Una ragazza
protetta, con lo sguardo fisso su un mondo che è così piccolo e insignificante
e rischiarato di una luce viva; un viaggio che avrà inizio in un luogo sospeso
nel quale si assapora l'esperienza di un'avventura diversa da quella della vita
della giovane protagonista nella quale mi sono imbarcata; la scoperta di una
realtà non proprio dissimile alla nostra e che ci fa acquisire un po' di quella
energia, quella forza di cui ci parla la Yoshimito. In un girotondo di
esperienze di una donna sola, ignara del mondo e della realtà circostante,
amante della natura e degli animali che mi ha condotta piuttosto lontana dai
propositi iniziali, una storia d'amore e di separazione, ma che senza questo
imprevedibile viaggio non avrei mai potuto conoscere.
Risucchiata da un
vortice colorato, è bastato un semplice gesto per poterla raggiungere. Un caldo
abbraccio. Una sentita pacca sulla spalla. La malinconica e romantica
Shizukuishi non è diventata parte della mia vita ma, in pochissime ore, è stata
protagonista di una serie di eventi che l'hanno catapultata in una realtà che
presto la risucchierà nel suo gesto impetuoso, a quel presentarmi l'ultimo
giorno di marzo alla soglia della sua vita, dipinta in diverse sfumature,
facendomi venire a tratti l'angoscia e lo sconforto al solo pensiero che l'uomo
è condannato a vivere in solitudine.
Guardandomi
attorno, vedendo il mondo così come lo ha descritto l'autrice, e facendo alcune
considerazioni ho letto Andromeda Heights
con la sensazione che questa storia, quest'ennesimo ritratto a sfondo
realistico mi avesse risucchiato senza nemmeno che io me ne accorgessi. Scrivo
questa recensione lontana ancora milioni di chilometri da dove mi trovavo
prima, in cui alla fine quello che resta è solamente un irritante senso di
abbandono a cui qualcuno mi ha costretto.
Queste alcune delle
considerazioni sulle quali ruota la storia di Andromeda Heights, con
le quali è stata concepita la storia di Shizukuishi che, come un viaggiatore
proveniente da una dimensione lontana anni luce, mi ha raccontato una storia
che sono certa è parte della vita dell'autrice. Nozioni di vita, perle di
saggezza estrapolate dal nulla, se non dalla stessa autrice, dalla sua
saggezza, dall'esperienze che sedimentano nel suo animo, come uno strumento in
cui si conosce la conoscenza di sé: la conoscenza della propria identità, del
proprio passato.
Una lettura che altri
non è che un tentativo di evasione. Un allontanamento dalla routine, un congedo
definitivo dalla stagione primaverile che ha spezzato in due il filo del
presente, fuggendo in una realtà completamente diversa da quella in cui vivo.
Un romanzo che non spicca per bellezza ne resterà immemore nella mia fervida
immaginazione, ma che oltrepassa quella barriera invalicabile
dell'insoddisfazione umana. Ci parla di sentimenti, di esperienze conoscitive,
dell'amore come un sentimento dolce, sensibile e toccante in cui ho potuto
appropriarmi del cielo di un'altra nel momento del suo più grande sconforto.
Non è uno scherzo,
è ciò che unisce due come noi, esclusi dalla società, che ci regala un luogo di
appartenenza.
Valutazione
d'inchiostro: 2
Titolo: Kitchen
Autore: Banana
Yoshimoto
Casa editrice:
Feltrinelli
Prezzo: 9€
N° di pagine: 156
Trama: Da quando la
nonna è morta, Mikage è sola al mondo. Le cucine che sogna continuamente
rappresentano il suo desiderio della famiglia che non ha. E non avendola,
decide di inventarsela scegliendosi i genitori nella cerchia delle proprie
amicizie. Il padre del suo amico Yuichi, per esempio, può diventare
tranquillamente sua madre. Un'immagine inedita e sorprendente del Giappone, con
temi e situazioni che ricordano quelli dei fumetti manga, rielaborati però
attraverso una lingua letteraria e al tempo stesso agile e spigliato.
La recensione:
Conservo in me una
sensazione indefinibile, che le parole potrebbero dissolvere. C'è ancora tanta
strada. Forse nel susseguirsi delle notti e dei risvegli che verranno, uno dopo
l'altro, anche questo momento diventerà un sogno.
La visione
malinconica di alcuni romanzi giapponesi mi ha sempre affascinato. Offre, anche
se non molto a dire il vero, un'idea delle condizioni fisiche o morali dei
protagonisti. E ti permette di non correre il rischio di dipingere, mediante
scrittura, un soggetto che alla fine del romanzo si rivelerà molto poco
appropriato. Ciononostante restare seduta più di qualche minuto ad accertarsi
che quello che ci troviamo davanti è esattamente quello che cercavamo, non
trascurando nulla, è sempre una sensazione molto bella ed emozionante. Come con
Il lago, in Kitchen ho avuto davanti un disegno che ha emanato
malinconia. Intriso di speranza, di felicità, distinguendo i contorni di quella
che era ancora un'immagine vaga. Una storia di alti e bassi, che ha brillato in
silenzio come se stesse per dissolversi nell'oscurità della sera.
Andando avanti
nella lettura, fra le vecchie mura di una casa malridotta, con la mente che
fluttuava senza alcuna stabilità, senza requie, in una confusa desolazione, ho
sottoposto la mia coscienza a degli esami, dubbi, perplessità, e pensavo...
alle moltitudini di esperienze che ci attraversano nella vita e di cui ci si
augura di poter evitare: l'abbandono, la solitudine. Alla possibilità di
rinunciare a un tetto sopra la testa e alle sue terribili conseguenze.
Lo scenario severo
e limpido in cui presto mi sono sentita a mio agio e che avevo avvertito così
intensamente già al tempo della prima fatica letteraria dell'autrice, fra la
sensazione di toccare e vedere con i propri occhi constatando quanto fosse
immenso il mondo e profonda l'oscurità e l'infinito fascino della solitudine,
tornò ad invadere i miei sensi, specie in quest'ultimo periodo che dalla landa
deserta della mia coscienza avevo intravisto come un alternativa: un
alternativa per constatare se quel qualcosa di forte e malinconico che celava
il suo aspetto fosse tangibile. Se l'opera ancora acerba dell'autrice fosse in
grado di appiccicarmi addosso, interpretandola nel modo più giusto ed entrando
in sintonia con la storia.
E' ovvio che un
romanzo riflette esattamente ogni espressione e arte dell'anima di chi l'ha
scritto, e Kitchen sebbene non perfetta è una compressione di sentimenti
che affioreranno solo molto dopo. Mi sono limitata ad andare avanti, su una
strada che ha tuttavia unito due binari i quali ignorano la possibilità di
potersi toccare, decidendo sul momento quali emozioni estrapolare. Era una
questione di sentimenti, non potevo comportarmi diversamente!
Sino a qualche mese
fa c'era solo Murakami - un autore che si limita a seguire il filo delle
emozioni quotidiane ad annotarle in una forma più perfetta ed onirica:
la scrittura -, ad essere piuttosto <<strano >>. Non avevo mai
visto nessuno suscitare così tanta protezione, quasi fosse un compagno segreto,
di notte, sul davanzale di una finestra che si affaccia su un mondo. Eppure con
la Yoshimoto è accaduto qualcosa di simile: ho passeggiato in sua compagnia
consapevole della mia naturale capacità di essere ciò che sono, senza una
particolare attenzione per il divenire, accettando di privarmi degli occhi e
lasciarmi condurre dal flusso incontenibile delle emozioni. Uno straordinario
viaggio romantico, sentimentale, tragico, drammatico in cui sono nata.
Cresciuta. Svanita.
Questa è stata
l'ennesima meravigliosa esperienza del mio stare <<lassù>>. Quello
che ho avuto davanti ai miei occhi, dinanzi alle tenebre del tempo, è il libro
della solitudine. Della maturità. Dell'amore. Nato lentamente dal bisogno di
rifugiarsi per non poter scomparire, che sedimenta nel cuore e affiora in
superficie. Così sensibile e sentimentale da scalfire persino l'anima dei più
coriacei; semplice come digitare il nostro nome sulla tastiera di un computer,
o guardare un terribile acquazzone farsi strada da una coltre di nubi e pioggia.
C'è stato qualcosa
di sacro, onnisciente, fra le sue pagine, in cui ho saputo cogliere
questa magia semplicemente osservando, interpretando modi o costumi, leggendo.
Delimitandone le forme, donando la capacità a chi legge di capire se stessi.
Con parole che sono state una scialuppa di salvataggio dinanzi a un mare in
tempesta. Con sfumature dalle tonalità più chiare a quelle più scure, che hanno
dato un senso ad ogni cosa. Interpretando il linguaggi segreto della vita.
Una storia intensa,
ma evanescente che nasconde l'oscurità più profonda. Una ragazza che nessuno
capisco fino in fondo in questo avverso universo. Una porta che si spalancherà
su diversi mondi, e che poi svanirà così com'è apparsa. Kitchen è un
romanzo che non parla solo di cucine, checché dice il titolo. Piuttosto è il
ricordo di un amore sopito dal tempo, che l'autrice evoca quando era una
giovane cameriera. Ricco di belle e toccanti perle di saggezza che, solo a
guardarlo, c'è da perdersi di meraviglia.
Quando io mi
innamoravo partivo sempre con un grande slancio, ma sentivo che avrei anche
potuto innamorarmi, a poco a poco, in conversazioni come quella, come quando le
stelle appaiono da qualche spiraglio di un cielo coperto di nuvole.
Valutazione
d'inchiostro: 3
Conosco solo il 2 di quest'autrice; ottime recensioni; grazie
RispondiEliminaKitchen è carino ☺️ te lo consiglio ☺️☺️
EliminaBu kitabı okumamıştım not aldım 😊 kalemine sağlık Gresi 😊 güzel bir gün seninle olsun ...
RispondiElimina☺️❤️
Elimina