venerdì, novembre 24, 2023

Gocce d'inchiostro: La bottega dell'antiquario - Charles Dickens

Ogni storia, ogni romanzo che leggo recano in me frammenti di vita passata, lontana, qualcosa che mi appartiene, e che entrano in relazione con personaggi che esistono solo nella mia testa. Conduco una vita normalissima, banalissima, ma quando si fanno certi incontri non ho nemmeno una vaga idea di cosa possa poi accadere.
In un primo momento avrei dedicato del tempo solo ed esclusivamente a Charles Dickens. Per qualche giorno, in alcuni anni della mia vita, l’ho fatto …. ed è stato splendido! E come perpetuando il ricordo di certi momenti, La bottega dell’antiquario fu quell’espediente che mi fece rivivere come un brivido sulla pelle come non succedeva da tempo. E sotto questo aspetto constatare come, il dolore, la sofferenza che in queste pagine sono calibrate dalla riconoscenza di aver accolto la gratitudine e la gioia, contemplati così come la contentezza di poter immedesimarsi in un mondo orripilante, possiede la presenza di fantasmi che silenziosamente si muovono ancora intorno a me.

Titolo: La bottega dell’antiquario
Autore: Charles Dickens
Casa editrice: Bur Rizzoli
Prezzo: 11 €
N° di pagine: 656
Trama: Ridotti in miseria dal mostruoso e malefico nano Quilp, un vecchio antiquario e la giovane nipote Nella lasciano la loro polverosa bottega di anticaglie e curiosità, e iniziano un picaresco pellegrinaggio per i docks e i sobborghi londinesi. La loro diventa un’autentica fuga costellata di incontri fortuiti e bizzarri: con un ammaestratore di cani, un burattinaio, la proprietaria di un museo ambulante delle cere. Come sottolinea la preziosa introduzione di Giorgio Manganelli, Dickens mette in scena una corte di strambi personaggi per svelarci le più nascoste verità dell’animo umano. Facendosi anche lui girovago in un mondo che non vuole architettare ma solo osservare, ci offre il suo romanzo più profondamente simbolico e grottesco.

La recensione:

Per un anima generosa e nobile, l’ingiustizia è in se stessa un offesa e la più intollerabile di tutte, la più tormentosa e più dura da sopportare che molte coscienze pure sono andate altrove a chiedere la resa dei conti, e molti cuori forti si sono spezzati proprio per questa ragione. Infatti la persuasione dei propri meriti non faceva che aggravare la sofferenza e renderla meno sopportabile.


Mi sono resa conto, nell’immediato, dell’annichilimento di queste pagine. Del mio sentirmi avvilita, giorno dopo giorno, quando finalmente dedicai del tempo a questo grande uomo, capitando nel momento giusto, constatando che di Charles Dickens non riesco ad essere completamente sazia, e che dopo questa lettura le mie TBR avranno come protagonista qualche altra lettura. Saranno riletture, romanzi che in passato ho già letto e vissuto … Ma chi se ne importa?!? Dovevo cogliere tutto questo come un piccolo bocciolo chiamato vita, sul ciglio della strada di un processo di crescita personale che mi sta portando lontano, ed io dovevo solo ascoltare. Perchè l’aura malinconica, sofferente, il tono tragico e il desiderio di scovare una felicità illusoria che non si otterrà mai, era un messaggio piuttosto chiaro. Altisonante, rivolto alle classi umili a cui Dickens dedicò anima e corpo, a sorti così ingiuste, abiette e crudeli. Sopravvivendo quasi sgomitando nel mezzo di uomini o donne di alto lignaggio, legati alla carne e al sangue, senza leghe d’argento o d’oro e pietre preziose. L’amore per la patria, che affonda le sue radici nell’amore per gli affetti, e il desiderio di << combattere >> per il paese.
Per un naturale senso del dovere, perché io stessa spesso in passato ho rivolto certe domande, una conversazione silenziosa fra me e la cittadella della mia coscienza, e mentre contemplavo tutto questo mi sono chiesta se Nella, questa povera creatura, figlia della terra e del cielo, potesse avere al fianco un Fato meno crudele di questo. Perché osservando il pellegrinaggio spirituale in cui è possibile riconoscersi, volgendo le spalle a crucci e affanni, ci si arrende ad allegorie fondate sul Cristianesimo. Esplicata in ogni luogo, in ogni simbolo disseminato in questo testo come riforma alla religione cristiana. Quell’uccellino dai colori sgargianti e accesi, allegoria del nulla che porta luce e allegria, miseria e assennatezza, che avrebbe portato luce, conforto e calore in uno scenario inalienabile e alienante. Un paesaggio circoscritto e gestoso, profondo e malinconico di chi sopravvive e vive in stenti e solitudine penetrando nel petto al punto di dargli quella sferzata di luce che silenziosamente si aspira di ottenere. Una pace sperata e mai trovata che desterà dalle nostre fantasticherie, ci trascinerà dalla miseria, getterà o prosterà in moti di impazienza, contraria a quell’idea di felicità che si rincorre come un moto perpetuo e indissolubile, quasi un improvviso calore sul cuore.
Che tristezza! Di Dickens ho già letto una decina di romanzi, ma non pensavo che questo romanzo fosse prototipo di sorprese e angosce insopprimibili. Colta da sentimenti contrastanti, indomabili, che in queste settimane hanno affiancato la mia avanzata lenta. La fretta di conoscere, una sete insaziabile di sapere e di confidare nel bel mezzo della morte, che inevitabilmente mi ha allontanato da questo mondo e dai suoi personaggi. Avvolti nell’anonimato perché non è qualcosa che ha ampio respiro, quanto forma che intacca le nostre coscienze. L’uomo era trascinato dell'inconoscibile, in una corrente di angosce senza freni dalla devozione per qualcosa che non esiste, che tuttavia li aiutano a restare in vita.
Nell’interno di questo scomodo e angosciante scenario, ho respirato, ho trattenuto il fiato, mi sono mossa in questo cigolante veicolo dietro una fiumara di personaggi, di figure che tuttavia non hanno una loro voce, a eccezione della piccola Nell, ho desiderato fossi presente come testimone, al silenzio, a quel momento di riscatto che avrebbe donato conforto e consapevolezza. Ma lo scenario che ho vissuto, specialmente nel finale, ha dato e conferito qualcosa che non mi aspettavo assolutamente e che altri non è che la dimostrazione che quei sogni, quelle paure fermentate dalla terra, le esalazioni di un mondo che ha in comune un rapporto ludico e determinante col proprio spirito, illusione malformata di vita proiettato sul palcoscenico artificiale in cui i viventi cessano di vivere o diventano attori. Nella combatterà inconsapevolmente tutto questo allontanandosi miseramente dalla tragicità di certi atti compiuti, agitata dalla paura dell’inconoscibile e della solitudine, scoprendo nelle parole e negli sguardi una disperata follia. Aspettando che la Provvidenza si ricordi di lei, così incompresa da tutti, ma non da me, Disapprovando qualunque intento maligno, non ci si aspettava certamente altro da tutto questo. Ma forse vi era un altro motivo: non era qualcosa che aveva a che fare con la moralità stessa, quanto del fraternizzare col prossimo motivi o assetti morali che avrebbero colpito inevitabilmente l’anima di chiunque, a prescindere dalla scorza di cui è dotato ogni lettore.
Sostenuta dal peso di un tesoro di conoscenze, fonti inesauribili di ricerca che esaltano e ci pongono un meraviglioso immaginario che ruota attorno a un grande autore, come Charles Dickens, ignoravo tutto questo, non avendo visto, non sapendo che la strada che avrei percorso mi avrebbe condotto chissà dove. In questo romanzo, in una bottega che tuttavia diviene allegoria nonché materia di ricordi, dramma, archivio di affetti, angosce, luogo del sognato ritorno. Simbolo di vite consumate e legate agli stessi personaggi, estraneo a qualunque forma di riscatto. Ma dotato di << vita >> poiché detentore di tracce mortificate, allegoriche ad oggetti grotteschi, a luoghi prevalentemente significativi non tuttavia fuggendo dalla stessa, quanto facendone parte. Londra appare così il fantasma di quelle canaglie che corrodono il mondo, orrori viscerali e predefiniti, non emettendo alcun suono ma esistendo, popolando in un cumulo di disgrazie, oggetti che alla sola vista accrescono una certa impotenza e disperazione.
Con un senso di avvilimento, così forte e ingestibile, nonostante la sua lettura sia stata conclusa una manciata di giorni fa, ripongo queste poche righe tirando fuori questa storia: eccola oramai sigillata nel mio cuore, proprio come era stata accolta repentinamente. I sentimenti che si dibattono nella mia gabbia toracica sono ancora cocenti, bruciano come una ferita ancora aperta. Non potevo dimenticare tutto questo, nè dimenticherò come mi sia sentita, e come mi sento, ora che la mia anima è ancora una dimora di trambusto per il divenire, Straordinario intreccio di cattiveria, affetti, malessere ma anche una meravigliosa opportunità per aver permesso di conoscere un angelo della pace come Nella, una piccola combattente che, con la sua bontà e il suo coraggio, dovrebbe essere da esempio per chiunque.

Valutazione d’inchiostro: 5

4 commenti:

  1. Libro interessante, ottima recensione, grazie

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  2. Io di Dickens ho letto solo il canto di Natale e mi è piaciuto molto.
    Non conoscevo questo libro, che mi sembra assai bizzarro per via dei suoi personaggi, però è sicuramente interessante da leggere.

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    1. Non è bizzarro, ma molto tragico. Se ami Dickens non puoi perdertelo 🙃🙃

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