giovedì, marzo 21, 2024

Gocce d'inchiostro: La meccanica degli spiriti - A J West

In qualche modo ho voluto tentare di inoltrarmi fra le pagine di questo testo, con gli altri lettori che prima di me avevano constatato la bellezza, ne avevano tessuto le lodi, ma non per arroganza. Semplicemente perchè anche io mi sono lasciata contagiare dall’aura misteriosa, quasi magnetica che pullulava da queste pagine, poichè discostare una cortina di illusioni e inganni non fu semplice: non potei constatare la sua essenza ne farmi sentire parte integrante di questa famiglia. Onestamente avevo creduto di incappare in qualcos’altro, ed io non ero nessuno per giudicare. Quanto leggere ciò che mi stava propinando il suo autore, fra il silenzio delle mie riflessioni, e comunque con poche possibilità di poter vivere sulla pelle qualcos’altro. Questa sensazione che ha scandito una manciata di giorni in sua compagnia, lasciando un segno come un tatuaggio. La mancata storia di un classico vittoriano che non ha sortito l’effetto desiderato quanto solo intrattenuto con non pochi sbadigli, quanto lentezza e una certa angoscia.



Titolo: La meccanica degli spiriti

Autore: A J West

Casa editrice: Neri Pozza

Prezzo: 18 € 

N° di pagine: 368

Trama: Belfast, 1914. Finita l’era vittoriana, Inghilterra e Irlanda sono scosse dai cambiamenti. L’inaffondabile Titanic è affondato ormai da due anni, e la morte che ha portato con sé ha alimentato la passione – diffusa specialmente nella classe media – per occultismo e spirisimo. Uomo di scienza ma tribolato da infiniti problemi economici, William Jackson Crawford fa parte proprio di quella stessa classe in ascesa. Ingegnere, professore al Municipal Technical Institute di Belfast, è certo che non appena terminerà di scrivere il suo nuovo libro il successo giungerà e, con quello, la fine dei problemi. A interrompere la sua tranquilla vita familiare, tuttavia, giunge la tragedia: la morte dell’unico figlio maschio spinge prima la moglie e poi William stesso nelle spire del circolo di Kathleen Goligher, giovane medium dagli straordinari poteri che impazza in città. Da uomo di scienza qual è, William non può mettere da parte lo scetticismo e la razionalità che accompagnano da sempre la sua esistenza, eppure non può neanche negare ciò che vede e sente: durante le seance, voci dall’oltretomba raccontano segreti mai svelati, riportando a galla traumi di un passato forse non così ben sepolto. Ben presto, dunque, la sua unica missione diventa provare la scientificità del soprannaturale: William Jackson Crawford diventerà l’ingegnere degli spiriti e il suo nome sarà ricordato per sempre. Quello che William non sa, però, è che sta per entrare in un gioco dove ingannati e ingannatori si scambiano continuamente di ruolo, fino a giungere a quella che potrebbe essere la fine… o forse solo un ultimo esperimento.

La recensione:

Avrei voluto scrivere qualcos’altro: avrei voluto esserne fagocitata a tal punto da riporre, ora che sono qui, seduta alla scrivania, dinanzi al mio computer, quelle poche righe che potessero soddisfarmi. Compiacermi, come desiderato. A Londra, nel salotto di casa mia, dai miei parenti in qualunque posto mi facesse sentire contenta, orgogliosa di essere qui, e se gli elementi che si sono allineati fossero stati più coordinati, magari si fossero riprodotti diversamente, non ci sarebbe stato niente di terribilmente innaturale, niente di inaccettabile.

Qualcosa tuttavia mi ha condotta qui, fra le pagine di La meccanica degli spiriti, che mi legò per qualche attimo alla famiglia che è rinchiusa in questo grembo apparentemente classico, che avevo seriamente pensato fosse così. Dotato di una parvenza classica, remota, questo testo aveva sortito una sentenza molto simile, ma come ogni cosa che avverrà altri non è che una pura illusione. Una mera speranza di ciò che avrebbe potuto essere, di ciò che sarebbe potuto accadere. L’uomo in bilico tra razionalità e irrazionalità, in La meccanica degli spiriti completamente cieco da qualcosa di irrimediabile che riassume bene lo strano rapporto che l’uomo ha col suo passato.

Protagonista di strani eventi, eventi in cui lo scorrere del tempo subì dei leggeri sfasamenti in cui è stato possibile vedere cose o persone che prima ignoravo volontariamente in maniera completamente diversa. Dita affusolate e fredde che stringono un corpo giovane e caldo e i miei occhi scivolavano avidi sulle pagine stracolme di mistero, proprio come le medesime volte in cui mi imbatto in romanzi come questo. E, adesso che ne parlo, ho come l'impressione che, col passare del tempo, certe situazioni diverranno ancor più frequenti. Con storie che toccano le corde più sensibili del nostro animo, entrando in noi lentamente, maturando silenziosamente, nutrendosi del nostro inconscio.

Da questi eventi si direbbe che mi integro alla storia perfettamente. Quello che vedo, sento, non appare distorto ma assume una sua forma. C'è molta nebbia e tanto freddo. Tanta sporcizia, sbuffi di vapore e smog, con una ridda di assassini e prostitute da sembrare, più che una storia di fantasmi, un indagine accurata dell'eclettico Sherlock Holmes. Un indagine che non ha mai fine, perché va oltre l'infinito, entro i limiti del possibile e del necessario. Qui dentro c'era qualcuno che protestava. Scalciava, impaziente e ossessivo. Ed io sapevo che avrei dovuto cogliere già prima questi atti.

I meandri bui e oscuri della storia mi compresero dentro di sé. E da qui riuscii a percepire le sue pulsazioni e il male che si celava al suo interno. In una semplice e apparentemente innocua villa, ero una parte della storia.

Risvegliandomi come da uno strano torpore, quasi di soprassalto, subito cercai di capire dove mi trovavo. La mia mente formulava un unico quesito: - In che razza di posto mi trovavo? - Eppure sapevo che era una domanda retorica. Prima ancora di formularla, sapevo già la risposta. L'antico maniero, che si ergeva maestoso dall'altura di una brughiera londinese, era la fibra di questa storia. Il seme di un piccolo germoglio che, giorno dopo giorno, ho visto appassire lentamente, l'appendice di un esistenza reale che non è mia. Un insieme di fatti, eventi, circostanze che stentano a riconoscere persino i personaggi e tuttavia, senza nemmeno accorgersene, sono diventati una parte del loro essere. Un piccolo tassello di un mosaico infranto. Talvolta accanto a me ci sono stati ospiti indesiderati e inaspettati. Ma in genere erano solo figure di contorno che, al levar del sole, scomparivano come invisibili volute di fumo. Con l'eterna vittoria del linguaggio sull'opacità delle cose, in compagnia di una protagonista forte e coraggiosa abbandonata tuttavia nell'immensità del cosmo.

Nella maggior parte dei casi, resto in disparte. E anche con questa storia è stato impossibile esserne travolti. Chiudendo la porta della mia stanza sul suo mondo, in una settimana intensa e frenetica, l'ho guardata scivolare lentamente in un abisso lungo e oscuro in cui è impossibile scorgerne la luce. Impavida come a serbare tutto il dolore del mondo, così silenziosa e quasi invisibile da trasmettere quasi un senso di pace, tranquillità, che stona con la storia in sé. Quello che ha visto William è esistito per davvero. Una tranquilla famiglia londinese, come tante altre. Qualche anno prima era avvenuta una tragedia. Un attimo che ha sconvolto le loro esistenze. Affogando nel dolore, non facendo più ritorno.

Che il romanzo di A J West non fosse una storia normale era piuttosto evidente. Così come era evidente che la sua escalation di stranezze stava per raggiungere il culmine, e che presto sarebbe stata inghiottita dal vortice del tempo. Tuttavia, seppur appaia semplice, non rappresenta quel caso a parte in cui l’idea stessa di malinconia, di desolazione, la sua linfa vitale evapora nel niente. Nel nulla, nell’illusione di qualcosa che avrebbe potuto esserci e non ci sarà mai. Un inizio e una fine, allusivo ma poco intrigante che ho visto come tracce di lotta, orme in cui ci si dispera a trovarne le origini, la sua essenza, il bandolo di una matassa ingarbugliata, in cui le risposte alle mie domande non sono state soddisfatte, l’incantesimo della lettura frantumato in un battito di ciglia.

Valutazione d’inchiostro: 2 e mezzo

2 commenti:

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