giovedì, dicembre 25, 2025

Gocce d'inchiostro: Racconti di Natale - Charles Dickens

La mia vita, delle volte, sembra somigli a un libro, una storia che comincia a pagina 1 e va avanti finchè l’eroe o l’eroina non muore a pagina 250 o 300, ma ora che il futuro immaginato stava cambiando, stava cambiando anche la sua interpretazione del tempo. Il tempo, mi rendo conto, non è per molti un grande alleato. Va sempre avanti, mai indietro, e siccome nei libri le storie si possono anche tornare indietro, la metafora del libro può anche stare in piedi. Ho accolto la lettura di questi romanzi checchè io non ne sapevo nemmeno l’esistenza. Di Dickens di cui ho già letto alcuni suoi romanzi, e altri autori, di cui sicuramente leggerò presto altro, non conoscevo affatto. Dunque, al limite, la vita mi aveva regalato queste belle sorprese. Molto simile alla struttura di altri romanzi classici che conosco, all'esperienze quotidiane che si vivono sulla pelle, giorno dopo giorno, ma ho comunque proceduto su una strada che, imperterrita, mi ha donato sensazioni, ho riscontrato forti emozioni, che non si aspettava che letture apparentemente semplici potessero essere piccole perle. Graziose ma preziose.


Titolo: Racconti di Natale

Autore: Charles Dickens

Casa editrice: Rizzoli Bur

Prezzo: 15 €

N° di pagine: 445

Trama: I racconti pubblicati in questa raccolta uscirono in un unico volume nel 1852: l'intento di Dickens era di scrivere delle fiabe per grandi e piccini, e la capacità dello scrittore di raccontare la tenerezza della famiglia e del focolare domestico nel giorno più gioioso dell'anno ha trasformato quei testi in capolavori universali e senza tempo. A partire dal celeberrimo "Canto di Natale" per proseguire poi con "Le campane", "Il grillo del focolare", "La lotta per la vita" e "Lo stregato e il patto col fantasma", Dickens dà voce in queste storie alla sua poetica fatta di attenzione per il quotidiano, per la vita umile e per le piccole cose di ogni giorno. E ancora oggi i racconti di Dickens continuano a infondere in noi tutta la dolcezza e la poesia del Natale, catturandoci e commuovendoci con il loro linguaggio semplice e carico di magia.

La recensione:


         Com’è duro invecchiare, morire e pensare che avremmo potuto consolarci e aiutarci l’un l’altro; com’è duro continuare per tutta la vita a volerci bene e a tormentarci separati l’uno dall’altro e a vederci l’un l’altro lavorare, mutare d’aspetto. Farci vecchi e grigi!


Il tempo sembrava muoversi in due direzioni perché ogni passo che ho compiuto è stato predominante, porta dietro di se un ricordo del passato, e anche se di questa storia non ne sapevo nemmeno l’esistenza ho accumulato una serie infinita di ricordi per sapere che il mondo intorno a me veniva plasmato di continuo dal mio mondo interiore, così come ogni altro lettore è plasmato con i ricordi della sua esistenza del mondo, e come tante altre lettrici anche io mi sono sentita collegata dallo spazio circoscritto di queste pagine che ho occupato e hanno occupato le protagoniste, gigantesche, dorate campane, la cui storia di cui furono protagoniste fu molto simile a quella del Canto di Natale, con la differenza che la si vive in modo diverso.

Cos’aveva di diverso tutto questo? E in che modo ha destato la mia attenzione? Innanzitutto, lo Scrooge che conosciamo qui è soppiantato dalla figura di un padre, che, assieme alla figlia, vivono di stenti, allegoria della stessa povertà, lontani dalle buone e generose azioni di uomini ricchi, un uomo completamente diverso dal tirchio Scrooge che vivono confidando nella prosperità dell’umanità, con la sua complessa e tormentata vita interiore concepiti forse come desiderio di crearsi un destino eroico, da cui in un modo o nella‘altro avremmo tratto insegnamento.

La solitudine, l’amore non ricambiato, la mancata compassione per queste povere vittime, lascia un segno indelebile sul cuore, nella profondità del nulla. Nel pellegrinaggio della sua vita si sono riversate in quel contenitore che è la sua anima, corrodendolo e annientandolo senza che questi se ne accorgesse. Avvolto da un manto di comprensione ma cinismo che ha le più svariate forme. Eppure, nel cammino impervio della sua vita, esaminerà a fondo ogni cosa, riconoscendo la natura del cuore umano, la bontà, un piccolo miracolo per il semplice fatto di aver dovuto capire quanto sia impensabile smettere di amare qualcuno. Alla ricerca di una via che porti alla redenzione e liberi dal pesante fardello della vita in grado di scaldare il suo freddo cuore in qualche notte, in maniera impercettibile e continua, che riempia il nostro animo.

Forse non esattamente una coincidenza, ma una volontà stessa del suo autore che, credo, abbia intenzionalmente voluto impartire una sorta di lezione affinché le colpe commesse non si ripetano ma << smaltite >> dalla redenzione e la comprensione. L’uomo fa ammenda delle azioni compiute, la memoria perpetua così nel tempo, nonostante i ricordi dolorosi del passato si scontrano col tormento, l’impossibilità di raggiungere o ottenere qualcosa di cui non si raggiungerà mai. Il cuore si dibatte fra le gabbie dell’impossibile invitandoci a guardarci dentro e osservare con gli occhi di un altro.

Questi racconti recano i segni di un epoca e si contrappone alla celebrazione della solidarietà cristiana a una realtà dolorosa e degradante. Come nel romanzo, Dickens traccia una mappa del malessere, segnala i guasti sull'altra faccia del mito del progresso. E non ritrae l'Inghilterra del progresso quanto i terribili anni della fame, della disoccupazione, del disordine sociale. Uno spaccato che altri autori hanno tentato di ravvicinare facendo appello alla comprensione, allo spirito filantropico. Scardinando ogni forma di benessere nella dilatazione del tempo, offrendo così allo sguardo di chi legge ma anche di chi vede un'interpretazione del mondo, dimostrando quel processo labile fra vero e apparente, la difficoltà di ciò che si ha.

Mentre ripongo queste poche righe, non riesco a fare a meno di pensare quanto di << terribile >> ci sia stato, cercando di non immaginare gruppi di gente umile, uomini poveri e soli radunarsi in luoghi appartati affinché la loro anima possa trovare ristoro, pace, sperando che quel Dio cui fanno tanto affidamento possa ascoltarli, almeno una volta, poi per un attimo il viso si trasforma in una smorfia di dispiacere, rammarico mentre nella mia testa si formava un’immagine: bambini morti su pagliericci logori, matrone impegnate ad allattare figli di cui non conoscono provenienza. Dopo una discreta esperienza con Charles Dickens ero consapevole di ciò che avrei riscontrato in queste pagine. Lo stregato, Il grillo del folcolare, Le campane però ha superato ogni previsione di bello e godibile, con qualcosa di somigliante al Canto di Natale che ogni anno amo ascoltare, prima che si concluda l’anno, che riecheggia ancora fra le stanze luminose del mio animo, lungo una vetrina di specchi di cui devo ancora riflettermi. Scivolandomi addosso, entrandoci, posizionandosi in un posticino speciale del mio cuore che qualunque persona sana di mente serberà gelosamente.

Valutazione d'inchiostro: 4

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