domenica, settembre 29, 2019

Gocce d'inchiostro: E i figli dopo di loro - Nicolas Mathieu

Non doveva essere così difficile approcciarsi ad un autore sconosciuto, pubblicato da una casa editrice sconosciuta, e raggiungere quello che è il suo cuore pulsante. Eppure non ebbi alcun momento di esitazione, né mi limitai a guardarmi intorno, quando aprii il Kobo, e decisi di immergermi totalmente in un altra epoca. L'indistinto pallore di una dolce storia d'amore luccicava nel buio. 
Se si osserva attentamente la copertina, infatti, l'immagine trasmessa è questa: una forte e passionale storia d'amore adolescenziale, intrappolata nel secolo delle convenzioni e delle moralità. O meglio, questa è stata l'immagine che a me ha trasmesso. Ed E i figli dopo di loro fece si che questa mia idea si trattenesse a lungo nei miei pensieri.
Quello che secondo l'autore doveva essere più vicino al concetto d'amore, in questo romanzo è dotato di un sottile incanto che fra sogno e realtà ci parla di quegli eroi che con la loro intelligenza, la loro determinazione, contrasteranno qualunque opposizione. Eroi che non sono più persone mature con alle spalle un discreto bagaglio di esperienze. Piuttosto piccoli uomini, maturi e caparbi per la loro età, impegnati nell'affanosa lotta contro la società.


Titolo: E i figli dopo di loro
Autore: Nicholas Mathieu
Casa editrice: Marsilio
Prezzo: 19€
N°di pagine: 477
Trama: Lorena, agosto 1992. Anthony ha quattordici anni, le spae larghe e una palpebra mezza chiusa che gli dà sempre un'aria imbronciata. Stephanie è la più bella della scuola, ma nella valle dimenticata da Dio in cui è cresciuta l'avvenenza serve a poco. Hacine è un pó più grande, ama le moto (soprattutto quelle prese agli altri) ed è ormai rassegnato all'idea di deludere il padre, arrivato in Francia dal Marocco sognandoll'integrazione. L'estate in cui i tre ragazzi si incontrano è quella del primo bacio, delle prime canne, dei Nirvana nelle orecchie e delle corse in BMX intorno al lago, della noia che si mescola alla rabbia e al desiderio di fuggire. Ma è anche un'estate torrida, in cui il vento caldo della globalizzazione ha già spazzato via buona parte dei posti di lavoro della regione lasciando le famiglie sul lastrico, impreparate ad affrontare la chiusura delle fabbriche e a immaginare un futuro diverso per se e i propri figli.

La recensione:
Certi miei pensieri talvolta si rivelano delle innocue stupidaggini, di gran lunga preferibili al silenzio, che tuttavia spesso mi permettono di ritirarmi dietro poemi di manifestazioni calorose. Quando vidi e conobbi questo romanzo, probabilmente avevo escluso il fatto che non si trattasse di una storia riguardante degli adolescenti. Tentando così di vedere oltre questi due innamorati che si baciavano delicatamente, seduti per terra, e mezzi nudi, non fui in grado di contemplare il nostro incontro. E di pensare che avrei potuto sentire sulla pelle i loro respiri, un'idea che ha accresciuto il mio interesse nei riguardi di questa lettura. In cima ai miei pensieri c'era la paura di restarne delusa, infilata in una piccola fessura, o sospesa fra due mondi, come un'ombra informe. I miei occhi, il battito del mio cuore, avrebbe così di lì a poco seguito e coinciso con quello dei personaggi per poi spingersi fra i meandri più oscuri delle loro menti. Il mio entusiasmo man mano raggiunse livelli necessari ed ero così esaltata da non poter in un primo momento capirlo fino in fondo: l'amore è piuttosto noto fra gli adolescenti, ma sconosciuti furono gli effetti o le situazioni che implicano costantemente il sesso. Digressioni morali e fisici che rivelano la personalità prettamente maschile del suo autore e che, dopo un centinaio di pagine, divengono inutili. Lontani dalla concezione di amore romantico ed eterno, ma utili nel scovare tutt'altro.
Io ho avvertito una certa curiosità, e al tempo stesso ho trasalito nel constatare diversi errori. Presto sarebbe stato tutto più chiaro, immerso in difficilissime ma sempre attuali contraddizioni che espugnano il Mal del Secolo: la voglia di ribellarsi, di lottare, di trascinare chiunque dal dolore, dalla mancata libertà in cui il popolo è intrappolato in classi che gli imprendiscono di integrarsi. Interagire col prossimo. In un groviglio di regole tacite, metodi coercitivi, ereditati dalle colonie, da classificazioni apparentemente naturali che ne garantiscono discipline, diversità fra umiliati. In uno squarcio di secolo discretamente illuminato, l'autore ci avvolge mediante i fili poco contorti di una storia che ha il sapore del vecchio che si mescola al nuovo, del passato, e che riassume quello che molti ogni tanto dimenticano. L'importanza di poter essere liberi, padroni del proprio destino. Non si trattano di semplici fantasticherie, ma la pura e cruda realtà che, in E i figli dopo di loro è tanto desiderata quanto ineluttabile. Nulla poteva contrapporsi fra il colonialismo, la supremazia, e le diversità razziali. Nemmeno un certo compimento morale.
Qualche pagina non hanno mancato infatti a rivelare come tali desideri soprafferanno qualunque cosa, come effetti scatenanti che innescano una sorta di dolore, di tristezza, sconcertati ad sperare semplicemente nella morte. Si continua ad avanzare domandosi angosciati se tornare indietro, oppure andare avanti. Perfino davanti a piccoli squarci di felicità decidere diviene difficile, nel tentativo di scegliere ed imboccare la strada meno difficile. Il romanzo di Matthew esplica questo concetto: l'impossibilità di trovare una via d'uscita. E pur quanto si viva pensando ad altro, facendo altro, è davvero impossibile non pensarci. L'attesa, il confidare in qualcosa di diverso, di migliore è una costante fra le pagine di questo bellissimo ritratto. E dal suo interno, solo grazie al mio starci, ho potuto vedere tutto così nitidamente.
Come se emersa da un luogo lontano, da un epoca in cui io stessa ho emesso il primo vagito, quello di E i figli dopo di loro è il racconto di una generazione che attraversa gruppi di adolescenti, gruppi di famiglie. L'ambiente descritto evidenzia la condizione degli stessi, centellinati su un paesaggio butterato da campi, immerso nel silenzio, desolato, arido, avvolto in forme di moralismo e fatalità in cui vi è impossibile trovare alcuna via d'uscita. 
Essere solidali, forti, unanimi è, in poche parole, l’emblema su cui ruota l'intero romanzo, onnipresente, insito in ogni forma o cosa che finisce per fare degli stessi personaggi figure recise dal tempo, da qualunque morale che li ha trascinati dalla spensierata dell'adolescenza in un soffio. 
Niente di così vero. Ci si può differenziare dal colore della pelle, dalla mentalità, ma agli occhi di Dio siamo tutti uguali. 
William Faulkner, nel suo bellissimo Luce d'agosto, evidenzia questa condizione. Nicholas Matthew, con una prosa più semplice e meno tagliente, non eguaglia l'arte dello scrittore americano ma non è da meno nel manifestare quel qualcosa che ripari gli errori del passato. 
Harem segreto che ci impedisce di sfuggire dalle trappole della vita, toccando le corde più sensibili del nostro animo, sentendoci più vicino, solidali, comprensivi con gli altri. Non trovando così nella lettura quel rifugio che ci dà protezione e garanzia, ma qualcosa che limita la libertà. E che nemmeno la vita in generale può aiutarci a scovare. 
Valutazione d’inchiostro: 4

8 commenti:

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