Ho sfilato questo volume dall'architettura di libri che possiedo in camera mia, nel giorno in cui decisi che il mio bagaglio culturale doveva essere completo. Mentre sistemavo e catalogavo ciò che ho letto e ancora no, mi resi conto dello stato di alcune letture: alcuni romanzi ho dovuto abbandonarli perché il loro non era stato il momento adatto. E per quanto ne potevo immaginare di propositi positivi all'orizzonte ce n'erano ben pochi. Così, sull'onda dell'impulso, decisi di sfilare unodi essi e completarne la lettura una volta per tutti. Talvolta le mie supposizioni non si rivelano così banali. Ma, in questi casi, il solo pensiero era quello di farmi un'idea di questo romanzo e della sua autrice e comprendere se tra di noi ci fosse o meno una certa sintonia. Sono così praticamente scappata dalla monotonia del giorno, immersa in un periodo storico dominato da etnie, gruppi e modelli razziali differenti, che si sono persi nello spazio siderale. Creando dal nulla un unico organismo, un caleidoscopio di specchi disordinati in cui tutto può succedere.
Proteggendosi dalla vita, dalle sue avversità, dalla verità prosaica delle cose materiali che, alla fine, si confonderanno con quella dei sogni.
Titolo: La casa degli spiriti
Autore: Isabel Allende
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 9,90 €
N°di pagine: 364
Trama: Una saga familiare del nostro secolo in cui si rispecchiano la storia e il destino di tutto un popolo, quello cileno, nei racconti delle donne di una importante e stravagante famiglia.
La recensione:
Pur non volendo farlo, mi portai come una zavorra questo libro nel corso degli anni e lo catalogai mentalmente come quel genere di letture ancora incomprensibili che non avevo portato a termine. Polvere, carta vecchia, il profumo di vecchio che si mescola al nuovo; niente che già non conoscevo, e che non ho voluto conoscere. Come diavolo non ha potuto insinuarsi in me, in questa forma conturbante, magnetica di creatura mitologica, essere celestiale che avrebbe potuto possedere un ché di speciale e luminoso? Di certo io, quando lo comprai e lo portai a casa, non avrei creduto che ciò che questa lettura mi avrebbe detto non sarebbe stato attinente ai miei gusti. Come pure altre letture in precedenza, amate e osannate da molti, incomprensibili per la sottoscritta. Erano così trascorsi anni da quant'è che La casa degli spiriti sonnecchiava sul mio scaffale, sterilmente semplice ma zeppo di mitologia e credenze particolari che, adesso, a distanza di ben cinque anni, mi sono ritrovata a non poter venerarne l'essenza - nemmeno per il bagaglio culturale e storico che si trascina dietro - ben sapendo di languire nell'avversione della sottoscritta.
Con tutto ciò non voglio di certo insinuare che La casa degli spiriti è un brutto libro. Una lettura pessima il cui messaggio non è intrinseco in una sua importanza. Assolutamente no! Ma non posso nemmeno tesserne le lodi poiché ha riesumato aspetti negativi che in passato mi avevano costretto ad abbandonarne la lettura e alimentato formule convenzionali di motivazioni per il suo essere 'così difficoltoso' e poco avvincente. Il problema di questa lettura, infatti, sta nel suo poco e mancato coinvolgimento. Rosà, Celine, Osvaldo, Estevan sono alcune delle figure che popolano questa mandria celtica, racchiudono un frammento di storia oramai perduto e prontamente esaltato dalla Allend, ma non si sbilanciano più di tanto. Sia dal punto di vista sentimentale, emotivo, sia da quello introspettivo, psicologico. Il lettore inoltre constata come, anche se sarebbe potuto esserci, in questo contesto si è sentito svagato. Ogni tanto persino con la testa confusa, distaccata, che manifestano quella chiara scissione fra presente e passato, il cui significato è racchiuso nelle situazioni individuali realmente accadute parecchi anni fa. Quello che sto cercando di dire, è che non ho mai riscontrato difficoltà a immedesimarmi, a immergermi in una storia, specialmente se questa tratta di una saga famigliare, come al contrario è avvenuto con il romanzo della Allend.
Come suonano inadeguate, brutte, la pesantezza di queste parole. Chi ha amato questo romanzo non credo ne comprenderà i motivi, ma per me è stata un'esperienza piacevole ma che non vorrò più vivere. So bene che può sembrare una esagerazione, ma il fascino misto a una buona dose di magia è oblio io purtroppo non l'ho riscontrati.
Non credo proprio che il problema sia stata l'autrice. Il problema sono stata io, che prediligo un altro genere di scrittura, un altra metodologia di racconto, sebbene il messaggio trasmesso è velato poiché nascosto dalle stesse figure. A cui non ci si può nemmeno affezionare che scompaiono nel bel mezzo del niente. Esaltati da alcuni momenti convenzionali, affamati di sete di giustizia e libertà.
Il concetto in sé di condanna è qualcosa che solitamente genera sensazioni sgradevoli, ma di calore, partecipazione, solidarietà in cui si può vedere e sentire tante cose, realizzate ed estrapolate dal nulla nella realizzazione di un progetto biografico, inquietante e deprimente che ha turbato persino la mia psiche. Conoscevo poco e niente della storia che l'autrice si porta dentro. Anche se questa narrata è la storia della sua famiglia, della sua nonna materna, e al di là di ogni congettura e parola, ben o male ho potuto vederla così com'è anche io.
Elemento piuttosto significativo dell'intero romanzo è certamente stato la caratterizzazione storica. La Allend dipinge un mondo in cui non vi è stato tanto difficile viverci, che ha accresciuto la mia curiosità sul popolo cileno, sui riti magici che aleggiavano tutt’attorno e alcune credenze e conclusioni che spesso recavano disgrazie. Sono infatti incastrati pezzi di vita di un epoca passata verso una prosa difficoltosa, discriminante, alienante, faringinosa dell’autrice che talvolta mi ha lasciata stupefatta. Talvolta indifferente da questi innumerevoli tormenti che sembravano non avere fine, seduta sempre nel mio letto o sulla mia poltrona preferita.
Racconto di una saga famigliare alienante ma sorprendente, frutto di un arte e di una fantasia così fertile e sontuosa il cui cuore pulsante è nascosto in molti ospiti, La casa degli spiriti è un nido solitario, gelido, oscurato dalla bellezza e più perduto per continui abbandoni e allontanamenti. In cui prevalgono toni drammatici, concitati, emotivi e che come ogni romanzo storico che si rispetti non diviene espansione semplicistica e visionaria di un mondo che non ci appartiene per i continui e ripetuti sballottolamenti, che richiamano costantemente il passato.
La percezione dell'aver perso tutto, il distacco costante dal mondo, un silenzio appartemente orrendo, folle, smanioso da cui si può cogliere qualcosa di significativo. Una generale malinconia che alla fine resta immutata.
Valutazione d’inchiostro: 3
Mi sorprende il tuo parere un po' freddo. Altro romanzo, questo, in lista da sempre. :)
RispondiEliminaSi, Mr Ink perché purtroppo, da come si evince dalla recensione, mi ha lasciato poco e niente questa lettura. E mi spiace perché non è malvagia, ma questa è stata la prova perfetta per farmi comprendere come fra me e la Allende non ci sia sintonia. Peccato!
EliminaOttima recensione, grazie mille
RispondiEliminaGrazie a te! 😊
EliminaCiao Gresi, tempo fa (ma davvero tanto!) avevo visto il film tratto da questo romanzo, peccato però che non ricordi quasi nulla! Mi piacerebbe leggermi il romanzo, ma al momento non è tra le mie priorità... peccato per il tuo parere non troppo entusiasta!
RispondiEliminaEh si, Ariel! Ti invito però a provarci. Magari a te piacerà 😊😊
EliminaCiao Gresi! Io invece ho amato profondamente questo libro,come anche i suoi due prequel "Ritratto in seppia" e "Figlia della fortuna". 😘
RispondiEliminaSono davvero contenta per te 😊😊
Elimina