C'è un romanzo di questa autrice, che quando ero un adolescente aveva disegnato con le sue matite colorate e sgargianti su un pezzo del mio cuore, un disegno che a distanza di anni serbo gelosamente. Sta ancora fisso nel centro del mio corpo, cozza ogni tanto col mio cuore, ma è insostituibile. Sebbene siano trascorsi dieci anni, quello che ha creato Diane Setterfield è un tipo di magia che perpetuerà negli anni. E continua ad essere così, nonostante l'imminente pubblicazione di una nuova fatica letteraria, che ho timidamente desiderato leggere perché la sinossi di questa nuova storia con la quale sarei rimasta in lieta compagnia, sul finire del mese di Ottobre, mi condusse in un luogo che ho amato quando ero bambina. Nel Medioevo, in cui fabula e narrativa danno vita ad un intreccio che conducono sull'orlo di una scoperta sconcertante, inspiegabile e che, dinanzi a gruppi di contadini e locandieri, mi affascinó tantissimo.
Titolo: C'era una volta un fiume
Autore: Diane Setterfield
Casa editrice: Mondadori
Prezzo: 22 €
N°di pagine: 516
Trama: In una notte buia nel pieno dell'inverno, in un'antica locanda sul Tamigi succede qualcosa di straordinario. Mentre i clienti abituali si raccontano storie per passare insieme le ore più buie, la porta si apre ed entra uno sconosciuto gravemente ferito. Tra le sue braccia c'è il corpo esanime di una bambina. Qualche ora dopo, la piccola si muove, fa un respiro e torna in vita. Si tratta di un miracolo? È successo qualcosa di magico? O la scienza può fornire una spiegazione? Le persone che abitano sulle rive del fiume applicano tutta la loro ingegnosità per risolvere l'enigma, ma col passare dei giorni il mistero non fa che approfondirsi. La piccola è muta e incapace di rispondere alle domande essenziali: chi è? Da dove viene? Il problema è che ben tre famiglie la reclamano come loro. Una giovane madre benestante è certa che si tratti della figlia scomparsa di due anni prima. Una famiglia di contadini che ha scoperto la relazione segreta di uno dei figli è pronta ad accogliere la nipotina. La domestica del pastore locale, umile e solitaria, vede nella bimba la sorella minore. Ma per quanto siano strazianti le perdite passate, questa bambina non può essere di tutti. Ogni famiglia ha i propri misteri e molti segreti dovranno essere svelati prima che la sua identità possa essere conosciuta. Al centro di questo romanzo è il Tamigi; un fiume capace di divorare i vivi e talvolta di restituire i morti.
La recensione:
All'insegna di un weekend tranquillo e sereno, un pomeriggio, Daniel Setterfield comparve nuovamente al mio cospetto, come l'apparizione di un nuovo avvento. Lei, autrice che amo molto e la cui lettura di uno dei miei romanzi preferiti risale a ben 10 anni fa. Questo nuovo romanzo è stato il contraccolpo che mi ha condotta nuovamente fra le sue braccia.... Ed eccomi qui. Dopo tre giorni, pronta a parlarvi di questa splendida fatica letteraria in cui ci sono stati franchi discorsi fra me e i personaggi, prima di tutto, poi tutto ciò che caratterizzano queste pagine. Leggere C'era una volta un fiume ha una copertina splendida, significativa, evocativa ed, sia per temi sia per contenuto, è anche più bella di quel che credevo. Le sue pagine sono corpose, il suo andamento sinuoso, fluido, ogni tanto arzigolato che non nasconde ammaliamento ma anche storpimento, introspezione, intensità. La sua anima è stata schietta, sincera, prorompente. Scava dentro di te come se fosse lì pronta a parlarti.
Diane Setterfield la ricordo con affetto per la forza, la tenacia che La tredicesima storia espugna per la letteratura, l'amore per i libri, ed ancora credo che sia così. La tredicesima storia era pieno di elogi per quegli autori che nel corso degli anni mi hanno permesso di amare così intensamente la letteratura, un estimatrice di parole, lettere e suoni. E vado pienamente fiera che la Mondadori continua ad elargirci in italiano le sue opere. C'era una volta un fiume è la sua ultima fatica letteraria, e narrandoci una storia che richiama agli antichi albori del Medioevo, strizza l'occhio alla bellezza di vecchie storie in cui fabula e prosa si intrecciano in un unico filone narrativo, è rinchiuso nell'eternità di una giornata. Nel momento in cui si ha l'avvento di una nuova venuta, un nuovo nascituro che genera scompiglio, sconcerto, e spazio e tempo si mescolano in un unico essere. La forza prorompente di un fiume, che scorre tranquillo e sereno, talvolta può subire dei leggeri sfasamenti. L'individuo è qui fortemente legato e influenzato da questo concetto, e formulando la sua importanza mediante un valido intreccio, in 500 pagine, è oggetto di diverse situazioni. Questa bambina che provoca scompiglio, è la punta di lancia alla resistenza di un concetto arzigolato di normalità a un'idea di destino che non tutti condividono e alle conseguenze della sua scoperta. Il tutto consolida nell'affannosa ricerca della verità, della propria identità, di farsi spazio in un mondo apparentemente normale ma difficile da interpretare che cela qualcosa di oscuro e inspiegabile. Metafora di libertà mancate, sopravvalutate.
Ciò di cui ci parla C'era una volta un fiume è solo nella misura in cui viene spiegata la natura conturbante dell'uomo, sempre pronto a compiere spietate aggressioni pur di mantenere iniqua le oppressive istituzioni della classe dominante. Non dunque una lettura semplice che mescola storia, fabula e romanzo, ma un atto di comprensione della realtà umana nel suo essere imperfetto. E ciò che ci porta il fiume è un espediente che dovrebbe aiutare a riflettere. Questa bambina non possiede nulla di anormale, sebbene il suo piccolo cuoricino aveva smesso di battere per qualche secondo. Ma fa parte dell'inizio di una serie di eventi che influenzeranno chiunque, assoggettiranno, invaderà il nostro animo al punto di divenire necessità. Luccicante come lo scintillio delle stelle, in perfetta armonia con le necessità e le aspirazioni di chi gli starà attorno.
La letteratura è un arma potente usata per arricchire gli animi. La Setterfield coglie l'occasione per parlarci di tali concetti con uno spirito, un energia che non sempre ha mantenuto viva la mia attenzione, ma lo analizza mediante l'osservazione attenta di un frammento di storia, fiabe celeberrime che mescolano sacro e profano, possibile e impossibile. Una storia dentro altre storie che consiglio a tutti di sentire come propria, perché restando lì, fra le sue pagine, il lettore potrà perpetuare mediante la parola alcuni valori che si credevano perduti, e anche la ragione per cui spesso siamo sommersi da un abbacinante oscurità che non dà alcuna via di scampo, poiché non completamente scevra da ciò che si considera più caro. Per lo stesso motivo, sono rimasta.. C'era una volta un fiume, all'inizio, sembrava protrarsi lungo il sentiero della logorroità per i continui cambi di narrazione, personaggi diversi, che tuttavia subiranno il medesimo effetto. L'avvento della scoperta della piccola si protrarrà per tutto il romanzo come movente di sorpresa, sconcerto di ogni personaggio, ma messi in un romanzo corposo come questo sarebbe stato più facile non farlo. Non seguire continuamente le stesse vicende di altri personaggi, avrebbe tediato sicuramente un pó meno, o, come sospettavo, avvinto maggiormente fra le sue pagine. E ben o male questo è stato l'unico 'danno' che subì dalla sua lettura. E la mia soddisfazione è alquanto evidente, dopotutto.
Un semplice gesto, prendere la mia piccola mano e stringerla in quella dell’autrice, mi ha trasmesso tutto ciò che avevo dimenticato qualche anno fa, ed io ho risposto cibando la mia anima con la lettura di un romanzo che non si è rivelato bellissimo come credevo, ma esaltante ed affascinante. Una piacevolissima sorpresa, inaspettata, che mi trascinò in mezzo a gruppi di locandieri, cavalieri, dame di compagnia, dottorandi.
Allegoria del percorso, del tunnel in cui sarà intrappolato l'individuo, una prigione da cui è impossibile scorgere la luce, guidati dalla voce carezzevole dell’autrice - abile cantastorie che ha riesumato questa storia dalle lande deserte del suo animo - è una storia a cui è stata donata la vita. Ha aperto una porta sull'anima, e ci ha invitato ad entrarci letteralmente dentro. Composto mediante una melodia meravigliosa che catapulta in un epoca in cui ho sempre desiderato viverci, inducendomi a provare quelle emozioni indefinibili che prendono quando leggo storie straordinarie come queste.
Diane Setterfield la ricordo con affetto per la forza, la tenacia che La tredicesima storia espugna per la letteratura, l'amore per i libri, ed ancora credo che sia così. La tredicesima storia era pieno di elogi per quegli autori che nel corso degli anni mi hanno permesso di amare così intensamente la letteratura, un estimatrice di parole, lettere e suoni. E vado pienamente fiera che la Mondadori continua ad elargirci in italiano le sue opere. C'era una volta un fiume è la sua ultima fatica letteraria, e narrandoci una storia che richiama agli antichi albori del Medioevo, strizza l'occhio alla bellezza di vecchie storie in cui fabula e prosa si intrecciano in un unico filone narrativo, è rinchiuso nell'eternità di una giornata. Nel momento in cui si ha l'avvento di una nuova venuta, un nuovo nascituro che genera scompiglio, sconcerto, e spazio e tempo si mescolano in un unico essere. La forza prorompente di un fiume, che scorre tranquillo e sereno, talvolta può subire dei leggeri sfasamenti. L'individuo è qui fortemente legato e influenzato da questo concetto, e formulando la sua importanza mediante un valido intreccio, in 500 pagine, è oggetto di diverse situazioni. Questa bambina che provoca scompiglio, è la punta di lancia alla resistenza di un concetto arzigolato di normalità a un'idea di destino che non tutti condividono e alle conseguenze della sua scoperta. Il tutto consolida nell'affannosa ricerca della verità, della propria identità, di farsi spazio in un mondo apparentemente normale ma difficile da interpretare che cela qualcosa di oscuro e inspiegabile. Metafora di libertà mancate, sopravvalutate.
Ciò di cui ci parla C'era una volta un fiume è solo nella misura in cui viene spiegata la natura conturbante dell'uomo, sempre pronto a compiere spietate aggressioni pur di mantenere iniqua le oppressive istituzioni della classe dominante. Non dunque una lettura semplice che mescola storia, fabula e romanzo, ma un atto di comprensione della realtà umana nel suo essere imperfetto. E ciò che ci porta il fiume è un espediente che dovrebbe aiutare a riflettere. Questa bambina non possiede nulla di anormale, sebbene il suo piccolo cuoricino aveva smesso di battere per qualche secondo. Ma fa parte dell'inizio di una serie di eventi che influenzeranno chiunque, assoggettiranno, invaderà il nostro animo al punto di divenire necessità. Luccicante come lo scintillio delle stelle, in perfetta armonia con le necessità e le aspirazioni di chi gli starà attorno.
La letteratura è un arma potente usata per arricchire gli animi. La Setterfield coglie l'occasione per parlarci di tali concetti con uno spirito, un energia che non sempre ha mantenuto viva la mia attenzione, ma lo analizza mediante l'osservazione attenta di un frammento di storia, fiabe celeberrime che mescolano sacro e profano, possibile e impossibile. Una storia dentro altre storie che consiglio a tutti di sentire come propria, perché restando lì, fra le sue pagine, il lettore potrà perpetuare mediante la parola alcuni valori che si credevano perduti, e anche la ragione per cui spesso siamo sommersi da un abbacinante oscurità che non dà alcuna via di scampo, poiché non completamente scevra da ciò che si considera più caro. Per lo stesso motivo, sono rimasta.. C'era una volta un fiume, all'inizio, sembrava protrarsi lungo il sentiero della logorroità per i continui cambi di narrazione, personaggi diversi, che tuttavia subiranno il medesimo effetto. L'avvento della scoperta della piccola si protrarrà per tutto il romanzo come movente di sorpresa, sconcerto di ogni personaggio, ma messi in un romanzo corposo come questo sarebbe stato più facile non farlo. Non seguire continuamente le stesse vicende di altri personaggi, avrebbe tediato sicuramente un pó meno, o, come sospettavo, avvinto maggiormente fra le sue pagine. E ben o male questo è stato l'unico 'danno' che subì dalla sua lettura. E la mia soddisfazione è alquanto evidente, dopotutto.
Un semplice gesto, prendere la mia piccola mano e stringerla in quella dell’autrice, mi ha trasmesso tutto ciò che avevo dimenticato qualche anno fa, ed io ho risposto cibando la mia anima con la lettura di un romanzo che non si è rivelato bellissimo come credevo, ma esaltante ed affascinante. Una piacevolissima sorpresa, inaspettata, che mi trascinò in mezzo a gruppi di locandieri, cavalieri, dame di compagnia, dottorandi.
Allegoria del percorso, del tunnel in cui sarà intrappolato l'individuo, una prigione da cui è impossibile scorgere la luce, guidati dalla voce carezzevole dell’autrice - abile cantastorie che ha riesumato questa storia dalle lande deserte del suo animo - è una storia a cui è stata donata la vita. Ha aperto una porta sull'anima, e ci ha invitato ad entrarci letteralmente dentro. Composto mediante una melodia meravigliosa che catapulta in un epoca in cui ho sempre desiderato viverci, inducendomi a provare quelle emozioni indefinibili che prendono quando leggo storie straordinarie come queste.
Valutazione d’inchiostro: 4
Ottima recensione, grazie mille
RispondiEliminaGrazie a te! ☺️☺️
EliminaOttima recensione 😊
RispondiEliminaGrazie! ☺️
EliminaDell'autrice avevo amato La tredicesima storia. Segno.
RispondiEliminaNe resterai piacevolmente colpito! ☺️☺️
EliminaDa te leggo sempre recensioni di libri mai sentiti prima... e mi ispirano sempre!
RispondiEliminaGrazie! Allora spero lo leggerai ☺️☺️
Eliminache bella recensione, mi hai incuriosita. Non conosco l'autrice, ma ora sono tentata
RispondiEliminaGrazie mille, Chiara! ☺️☺️ Della stessa autrice ho amato La tredicesima storia, e forse ti consiglierei di partire da qui ☺️☺️
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