giovedì, aprile 30, 2020

Gocce d'inchiostro: L'eleganza del riccio - Muriel Barbery

Anche io ho soggiornato in un piccolo quartiere francese per stare con Renèe e le sue concezioni filosofiche astruse ed evocative, e fu una sorpresa eccezionale ed incredibile, proprio per il messaggio intrinseco alla nostra esistenza, la forza di rituali che accrescono l’infrazione, parentesi magiche che gonfiano parentesi di commozione, nel quale il tempo è stato fecondato in maniera del tutto intensa. Si osserva così un mondo che ruggisce e si adorna, in cui scoppia la guerra e si tende a vivere sorgendo dalle stesse ceneri, nel mentre si agita la vita umana. Nel quale è stato davvero impossibile non farsi contagiare dal suo tono cinico, duro, quasi distaccato tipico di quei melodrammi malinconici, tragici dell’antica grecia, di individui solitari, incomprensibili, spesso autolesionisti.
La vita era già stata prestabilita, e una brillante riuscita non vale più di un fallimento. Sebbene ci si affanna a combattere pur di essere felici, come un inutile rincorsa dell’assurdo.






Titolo: L’eleganza del riccio
Autore: Muriel Barbery
Casa editrice: E/O
Prezzo: 9, 90 €
N° di pagine: 318
Trama: Siamo a Parigi in un elegante palazzo abitato da famiglie dell’alta borghesia. Dalla sua guardiola assiste allo scorrere di questa vita lussuosa vacuità la portinaia Renèe, che appare in tutto e per tutto conforme all’idea stessa della portinaia: grassa, sciatta, scorbutica e teledipendente. Invece, all’insaputa di tutti, Renèe è una coltissima autodidatta, che adora l’arte, la filosofia, la musica, la cultura giapponese. Poi c’è Paloma, la figlia di un ministro ottuso; dodicenne geniale, brillante e fin troppo lucida che, stanca di vivere, ha deciso di farla finita ( il 16 giugno, giorno del suo tredicesimo compleanno, per l’esattezza ). Fino ad allora continuerà a fingere di essere una ragazzina mediocre e imbevuta di sottocultura adolescenziale come tutte le altre. Due personaggi in incognito, quindi, diversi eppure accomunati dallo sguardo ironicamente disincantato, che ignari l’uno dell’impostura dell’altro si incontreranno grazie all’arrivodi monsieur Ozu, un ricco giapponese, il solo che saprà smascherare Renèe e il suo antico, doloroso segreto.




La recensione:

La gente crede di inseguire le stelle e finisce come un pesce rosso in una boccia. Mi chiedo se non sarebbe più semplice insegnare fin da subito ai bambini che la vita è assurda. Questo toglierebbe all’infanzia alcuni momenti felici, ma farebbe guadagnare un bel po’ di tempo all’adulto – senza contare che si eviterebbe almeno un trauma, quello della boccia.

Questo quarto mese dell’anno volge al termine con un viaggio in un posto non propriamente lontano da dove abito e finì in un appartamento lussuoso, sontuoso in un vicolo della capitale dell’amore, una manciata di pagine che mi condusse esclusivamente in un palazzo gigantesco nel quale trascorsi molto meno tempo di quel che credevo. Fra un viaggio e un altro si rischia quasi sempre di confondersi, lasciare dietro qualche strascico, qualche rimasuglio di storia precedente – così impossibile da staccare – nel quale spesso desidero protrarne il suo ricordo evitando qualunque romanzo possa non coincidere con la mia anima. E quasi sempre i suggerimenti non si rivelano i più adatti, fremente di riscontrarne fra le sue pagine quella magia riscontrata precedentemente. Ma la lettura de L’eleganza del riccio, che ho ignorato impunemente per due anni, è stata la parte più memorabile, più bella che mi ha concesso di conoscere la sua autrice e vedere, o, per meglio dire, toccare ciò che fece di questo romanzo un opera acclamatissima e tutt’ora ricordata. Ovviamente con << acclamato >> non giudico che si sia trattato di un giudizio avventato, ma perfino esageratamente insulso, perché quello che ho pensato e che continuo a congetturare è che L’eleganza del riccio dovrebbe essere una lettura obbligatoria, un opera la cui esperienza bisognerebbe vivere almeno una volta nella vita. Perché la sua è stata un esperienza a dir poco istruttiva, e ora che ho avuto anche io il privilegio di leggerlo, mi spiace solo di non averlo fatto prima.
Questo viaggio a Parigi fu del tutto inaspettato, ma anche voluto perché la situazione che stiamo vivendo stava già sfuggendomi un po’ di mano e i miei intenti di cibarmi di letture su letture aveva boicottato quella folle idea di smaltire ogni romanzo accumulato da mesi e mesi e sembrava non ci fosse niente e nessuno che mi avrebbe distolto dai miei intenti. Che dovessi così avventurarmi in lande desolate e sconosciute, in meno di tre giorni, dopo letture di svariato tipo, ho affrontato e intepretato il << magico >> mondo dell’autrice, circumnavigato da un folle cantastorie che ebbe il potere di trasformare la vita in un fiume cangiante, l’epopea di macchiette in bianco e nero in un posto confortevole e comprensibile si rivelò quell’unico spazio bianco che solo grazie all’arte potrà elevarci ad intepretare il linguaggio contorto della vita. Qualunque sfaccettatura, che essa sia pregna di passione o estetica, pur di dare un certo valore. E tornare al mio ovile cambiò completamente il mio atteggiamento nei riguardi di questa autrice, che era rimasta “relegata” scomodamente sul ripiano di una libreria fin troppo capiente, in compagnia di tanti altri autori già letti e amati intensamente. Abili cantastorie, schietti, spesso malinconici e depressi, che mi colpirono proprio per il loro essere tranquilli e disinvolti: scambiarsi facezie con altri compagni di penna senza alcuna faida visionaria che spesso incorre fra i più grandi autori, dai quali mi sono state rivolte numerose domande sul mio essere, sul mio modo di fare, che sfociano quasi sempre in vicende bellissime e indimenticabili. Ed ecco che qualche giorno dopo, anche L’eleganza del riccio si disperse nello spazio ristretto della mia camera, dimorò elegantemente, maestosamente, quasi impercettibilmente, in illusioni rocambolesche che decretano quell’eterna lotta del reale sul possibile.
Non so se definirmi innamorata, penso, mentre ripongo queste poche righe. Non so di preciso come mi senta, a qualche giorno di distanza dalla sua lettura, ma ho dichiarato una certa ammirazione a queste pagine, ancora una volta, e qualcosa mi dice che si tratta anche questa di una forma di amore. Non si sa come né perché, ma indubbiamente i pochi giorni trascorsi con Renèe e Paloma sono stati davvero bellissimi e indimenticabili.
Il riccio di cui ci parla l’autrice era in realtà la stessa protagonista, Renèe, che effettivamente la sua statura la fa apparire come un piccolo e tenero riccio, mentre si affannava ad osservare come ogni essere umano è immerso in una sorta di eterna malinconia, appiccicosa e penetrante, impossibile da ignorare, in cui non c’è posto per la poesia, l’amore, nel quale l’individuo dovrebbe essere grato per ciò che ha, sebbene grande estimatore di qualunque forma logica, sincera, schietta che denuncia qualunque forma o atto di vulnerabilità. Alimentato tuttavia dalla stessa forza delle passioni, sospese in un vuoto cosmico che ancora non fa sentire l’inuttabilità di certe battaglie. In viaggi dell’anima che attanagliano lo stomaco, nella loro inefferabilità, guidandoci inconsapevole ad imboccare strade che ci inducono a fermarci sui nostri passi, riflettere, e solo dopo giudicare cosa e chi ci circonda veramente.
Ed effettivamente è una visione pessimistica ma veritiera della maggior parte di quegli individui che cooperano, instaurano legami, ma solitari nel giudicare o criticare ciò che ha veramente importanza. Ora la vita avrebbe avuto più senso, o sembrava avesse acquistato una certa forma, ma l’interesse era soprattutto per ciò che si ritiene scontato o inutile per rivelarci la verità, saper andare al di là delle cose, dotato del candore di un bambino e del cinismo di un adulto che ha un chè di ammirevole, non si vergogna per essere diverso, così come non ammette di essere rimasto saldamente ancorato a idee, pensieri o nozioni da concezioni filosofiche relative al pensiero antico.
Ho conosciuto Renèe e Paloma nel momento in cui stavo cercando un altro posto dove vivere o trascorrere qualche giorno in più della mia esistenza. In altre parole, conosciute per combinazione, volere del destino, che non sarebbe mai successo se non avessi realizzato il proposito di smaltire qualunque lettura arretrata, e proseguire imperterrita in questo folle progetto. E ciò che ne conseguì fu qualcosa di estremamente sensazionale. Non una lettura emotiva ma razionale, che mi travolse con la forza e la potenza di un moto perpetuo e perenne. L’assurdo, l’irrazionale coincide con l’idea di essere, parti razionali di un tutto che osservano la vita, spesso lamentandosi su ciò che si ha e su ciò che si aspira ad avere, così apparentemente privi di passioni, desideri, amore, destinati a rimanere stupidi, brutti, sottomessi a quelle forme contorte o idee che lo edificano, lo innalzeranno verso trampolini di lancio dalle alture vertiginose, nonostante alterati dal processo naturale delle cose. Così ciechi dinanzi alle crudeltà, alla violenza, all’impossibilità di provare amore se non mediante un processo catartico.
Naturalmente tutto questo esplicato magnificamente mediante letteratura, quella nobile arte utile a mostrarci le innumerevoli occasioni perdute e mai più ritrovate che talvolta l’individuo si lascia sfuggire di mano. Quando prende consapevolezza del potere dei sogni, o, ancor più, quando si osserva la natura come quella fase in cui si assiste alla nascita di frasi o nozioni che sfuggono alla nostra volontà, è più facile imprimere su carta ciò che si aveva idea di sapere, cogliendo ed ottenendo. Traendo ispirazione dalla grandezza delle piccole cose, inseguendo nel cuore dell’essere quell’essenziale che adorna, riflette su fatti quotidiani, sgorga da cose comuni.
Nella mia coscienza ha provocato un certo turbamento, non fosse stato a un livello intimo decisamente minore a quello riscontrato con altri romanzi. Ma oggetto di sfogo, sia per la stessa Renèe sia per me, ponte di passaggio che ha collegato il mondo dominato dai suoi demoni interiori con quello dei sogni, delle speranze, delle illusioni, così ombreggiante ma attraente nel quale alla fine si rifugerà.
Tutto questo dopo nemmeno cinquanta pagine, consapevole di star contemplando il frammento di vita di una portinaia qualunque, una donna di mezza età inavvicinabile e scontrosa, in cui il suo processo di << rinascita >> affiorerà dal buio di un vasto fondale.
L’atmosfera malinconica, oppressiva, quasi soffocante, i colori vellutati ma color ruggine, lo sfarzo e quel sentore di inquietudine che aleggia tutt’intorno, il concetto di vita che evidenziano le sue pagine è intrinseco nel messaggio dietro al quale si nascondono ogni inimmaginabile pensiero, ogni stramba idea, che ti inducono a vivere in un tipo di illusione che ti sconvolge in quanto la percezione di desiderare ciò che bene per noi stessi non coincide con il processo crudele e meccanico della vita determinano il tipo di persona che siamo.
Romanzo che potrebbe rientrare nel sentimentalismo, nella vacuicità di certe emozioni in cui le protagoniste sono anime alla deriva che si trascinano quasi sempre nel fango, nella crudeltà, nell’indifferenza, come uno squarcio di luce che ne risalta le tenebre. Dipingendo la storia di una donna che, in un modo o nell’altro, abbiamo compreso tutti, che non si discosta dall’idea di tristezza o rammarico che suscitano le sue pagine, in quanto ogni forma di gioia o contentezza è un soffio di vento che a malapena si riesce ad avvertire.

Sarebbe meglio se potessimo condividere la nostra insicurezza, penetrare tutti insieme dentro noi stessi e dichiarare che la i fagiolini e la vitamina c, pur nutrendo l’animo, non salvano la vita e non sostentano lo spirito.


Valutazione d’inchiostro: 4+

12 commenti:

  1. Ciao! Ho letto questo libro qualche anno fa, ma purtroppo devo dire che ha deluso le mie aspettative... Tra me e le protagoniste purtroppo non è nata empatia!

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  2. Ciao Gresi, ho letto il libro molti anni fa e, purtroppo, ricordo che non mi aveva entusiasmata al cento per cento, però ammetto che mi piacerebbe rileggerlo, magari ora potrei cambiare idea...

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    1. A me, come hai visto, è piaciuto. Ma è una lettura non particolarmente semplice, e a mio avviso bisogna trovare anche il momento più adatto ☺️☺️

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  3. İlginç bir konuya sahip kitap 😊 teşekkürler paylaşım için Gresi 😊

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  4. Letto da ragazzino, in quarto quinto ginnasio. Me ne sono innamorato.
    Uno dei romanzi che più hanno segnato la mia adolescenza.

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  5. Onestamente questo è uno di quei libri che quando lo vedo penso che dovrei leggerlo, ma, allo stesso istante, non ne sono mai completamente convinta.
    Non so se lo leggerò mai, forse rimedierò il film

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    1. Come hai visto, a me è piaciuto. Ma bin nascondo che è una lettura non semplice e non adatta a tutti ☺️☺️☺️

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  6. Ciao Gresi. Ho letto questo libro tanti anni fa, più di dieci sicuramente. Lo ritengo uno dei miei preferiti e ricordo benissimo le forti emozioni che mi ha riservato il finale (sicuramente capirai cosa voglio dire).

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    1. Perfettamente! È stata una lettura che non dimenticherò tanto facilmente ☺️☺️

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