La lettura di romanzi e autori candidati al Premio
Strega segue questo romanzo di Emanuele Trevi, primo approccio con la sua
scrittura, incontrando così nella sua verve esclusivamente maschile, toni malinconici,
quasi intimistici, conformi ad attuare quella che altri non è che l’allegoria
di un autoritratto artistico che espugna il procedimento della personalità. Ogni
emozione, ogni perturbamento sono << forme >> di vita inespugnabili
che fungono da mere illusioni della realtà. Raccontano la vita di un uomo
comune, semplice, la cui inclinazione ad essere perennemente braccato da
espedienti esterni prosperano nel manierismo, nelle complicazioni, nell’incertezza
dei segni e dei significati in cui l’atto di rincorrere la felicità è qualcosa
che si avvicina all’irraggiungibile.
Filosofico e moralista in cui la vita è una forma di interpretazione sentimentale, quest’opera è una ricerca all’Unicità. Al raggiungimento della felicità, a come comprendere il mondo circostante, come rivelazione estetica, suprema, indirizzata all’essenza, interpretando il linguaggio delle parole come forme ambigue e vincolanti.
Filosofico e moralista in cui la vita è una forma di interpretazione sentimentale, quest’opera è una ricerca all’Unicità. Al raggiungimento della felicità, a come comprendere il mondo circostante, come rivelazione estetica, suprema, indirizzata all’essenza, interpretando il linguaggio delle parole come forme ambigue e vincolanti.
Titolo:
Due vite
Autore: Emanuele Trevi
Casa editrice: Neri Pozza
Prezzo: € 15
N° di pagine: 128
Trama: Così scrive Emanuele Trevi in un brano di questo libro che, all’apparenza, si presenta come il racconto di due vite, quella di Rocco Carbone e Pia Pera, scrittori prematuramente scomparsi qualche tempo fa e legati, durante la loro breve esistenza, da profonda amicizia. Trevi ne delinea le differenti nature: incline a infliggere colpi quella di Rocco Carbone per le Furie che lo braccavano senza tregua; inclina a riceverli quella di Pia Pera, per la sua anima prensibile e sensibile, così propensa alle illusioni. Ne ridisegna i tratti: la fisionomia spigolosa, i lineamenti marcati del primo; l’aspetto da incantevole signorina inglese della seconda, così seducente da non suggerire alcun rimpianto per la bellezza che le mancava. Ne mostra anche le differenti condotte: l’ossessione della semplificazione di Rocco Carbone, impigliato nel groviglio di segni generato dalle sue Furie; la timida sfrontatezza di Pia Pera, che negli anni della malattia, si muta in coraggio e pulizia interiore. Tuttavia, la distanza giusta, lo stile dell’unicità di questo libro non stanno nell’impossibile tentativo di restituire esistenze che gli anni trasformano in muri scrostati dal tempo e dalle intemperie. Stanno attorno a uno di quegli eventi ineffabili attorno a cui ruota la letteratura: l’amicizia. Nutrendo ossessioni diverse e inconciliabili, Rocco Carbone e Pia Pera appaiono, in queste pagine, come uniti da un legame fino all’ultimo trasparente e felice, quel legame che accade quando << Eros, quell’ozioso infame, non ci mette lo zampino >>.
Autore: Emanuele Trevi
Casa editrice: Neri Pozza
Prezzo: € 15
N° di pagine: 128
Trama: Così scrive Emanuele Trevi in un brano di questo libro che, all’apparenza, si presenta come il racconto di due vite, quella di Rocco Carbone e Pia Pera, scrittori prematuramente scomparsi qualche tempo fa e legati, durante la loro breve esistenza, da profonda amicizia. Trevi ne delinea le differenti nature: incline a infliggere colpi quella di Rocco Carbone per le Furie che lo braccavano senza tregua; inclina a riceverli quella di Pia Pera, per la sua anima prensibile e sensibile, così propensa alle illusioni. Ne ridisegna i tratti: la fisionomia spigolosa, i lineamenti marcati del primo; l’aspetto da incantevole signorina inglese della seconda, così seducente da non suggerire alcun rimpianto per la bellezza che le mancava. Ne mostra anche le differenti condotte: l’ossessione della semplificazione di Rocco Carbone, impigliato nel groviglio di segni generato dalle sue Furie; la timida sfrontatezza di Pia Pera, che negli anni della malattia, si muta in coraggio e pulizia interiore. Tuttavia, la distanza giusta, lo stile dell’unicità di questo libro non stanno nell’impossibile tentativo di restituire esistenze che gli anni trasformano in muri scrostati dal tempo e dalle intemperie. Stanno attorno a uno di quegli eventi ineffabili attorno a cui ruota la letteratura: l’amicizia. Nutrendo ossessioni diverse e inconciliabili, Rocco Carbone e Pia Pera appaiono, in queste pagine, come uniti da un legame fino all’ultimo trasparente e felice, quel legame che accade quando << Eros, quell’ozioso infame, non ci mette lo zampino >>.
La recensione:
Più ti avvicini ad un individuo, più assomiglia a quadro
impressionista o un muro scorticato del tempo e delle intemperie: diventa
insomma un coagulo di macchie insensate, di grumi, di tracce indecifrabili.
Non bisognerebbe mai
giudicare un romanzo dalle apparenze, da una copertina che dice tutto e niente,
né – come dicono i saggi indiani – cercare di ripetere quei momenti in cui a
causa di svariati pregiudizi mi sono lasciata scappare dalle mani diverse
opportunità. Se giudicassi tutto ciò che vedo, chi mi sta attorno non
equivalerebbe ad ottenere quei momenti di gioia che talvolta mi considero
fortunati ad avere. Ma diffidare, temporeggiare è uno dei miei più
grandi difetti – o pregi quel che si voglia -, e l’occasione di leggere per due
volte di fila un romanzo nostrano, quel battello a vapore di cui diniego quasi
sempre qualunque passaggio, fu irresistibile: potevo lasciar perdere, volgergli
le spalle e proiettarmi – come sempre del resto – nelle lande deserte della mia
comfort zone, ma come per scusarmi mi mise addosso una certa curiosità. Si trattava
semplicemente di leggere l’ennesimo candidato al Premio Strega, di cui non ho
mai nutrito alcun interesse se non da pochissimo tempo, celebrando così con
tutti gli onori il mio riapparire nel mondo odierno, quello italiano,
specializzato nei casi umani in attività divenute di gran moda fra i lettori:
la vita.
Quante volte, quante cose ho sentito dire su Emanuele Trevi, ma reduce dalla bellissima esperienza con Giulia Caminito, tutti insistevano che avrei dovuto dare una chance anche a questo giovane autore. Le descrizioni, poco accurate, una storia che è un richiamo all’amicizia, all’amore, il tutto immerso in un’atmosfera ovattata, quasi appiccicosa, che mi vide essere non sempre presente ma deliziata. Accogliere nel mio cantuccio personale quest’opera non è stata un’esperienza il cui ricordo serberò gelosamente, non tanto meno come quella vissuta con la Caminito, ma sostanzialmente con la stessa passione e il fervore che un lettore affamato di storie esplicano qualcosa il cui sistema regge su qualcosa fatto apposta per me.
Per giunta Emanuele Trevi scrive molto bene, oggi con i proiettori puntati addosso come finalista del Premio Strega, che scrisse questo romanzo come metodologia per curare chi legge dai dilemmi della vita, con una storia che dice tutto e niente, in una sorta di luogo di bellezza in cui osservare un quadro impressionista che incoraggia ad accettare l’insolito potere del Caso.
Nulla di trascendentale ma molto molto carino, lontano dai miei paradigmi di bellissimo e straordinario, ma che è stato un buon amico, un buon intrattenimento che include nello studio dei propri sogni, dei ricordi, dei legami indissolubili – considerati specialmente per coloro che non fanno più parte della nostra vita – una specie di cerimonia iniziatica di guarigione di cui solo il tempo potrà tenere saldo nella terraferma. Osservando attentamente il mondo sarà possibile scoprire ogni cosa, se stessi, non dimenticando per un istante l’esperienza attraverso i sogni, le speranze.
Quante volte, quante cose ho sentito dire su Emanuele Trevi, ma reduce dalla bellissima esperienza con Giulia Caminito, tutti insistevano che avrei dovuto dare una chance anche a questo giovane autore. Le descrizioni, poco accurate, una storia che è un richiamo all’amicizia, all’amore, il tutto immerso in un’atmosfera ovattata, quasi appiccicosa, che mi vide essere non sempre presente ma deliziata. Accogliere nel mio cantuccio personale quest’opera non è stata un’esperienza il cui ricordo serberò gelosamente, non tanto meno come quella vissuta con la Caminito, ma sostanzialmente con la stessa passione e il fervore che un lettore affamato di storie esplicano qualcosa il cui sistema regge su qualcosa fatto apposta per me.
Per giunta Emanuele Trevi scrive molto bene, oggi con i proiettori puntati addosso come finalista del Premio Strega, che scrisse questo romanzo come metodologia per curare chi legge dai dilemmi della vita, con una storia che dice tutto e niente, in una sorta di luogo di bellezza in cui osservare un quadro impressionista che incoraggia ad accettare l’insolito potere del Caso.
Nulla di trascendentale ma molto molto carino, lontano dai miei paradigmi di bellissimo e straordinario, ma che è stato un buon amico, un buon intrattenimento che include nello studio dei propri sogni, dei ricordi, dei legami indissolubili – considerati specialmente per coloro che non fanno più parte della nostra vita – una specie di cerimonia iniziatica di guarigione di cui solo il tempo potrà tenere saldo nella terraferma. Osservando attentamente il mondo sarà possibile scoprire ogni cosa, se stessi, non dimenticando per un istante l’esperienza attraverso i sogni, le speranze.
Valutazione d’inchiostro: 4
"Due vite" è tra le mie letture e sono molto curiosa di leggere il modo in cui lo scrittore affronta il ricordo dei suoi due amici e il dolore per la loro perdita. E' il primo libro di Trevi che leggo e mi aspetto una lettura coinvolgente e commovente :)
RispondiEliminaSpero allora possa piacerti 🥰
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