lunedì, giugno 28, 2021

Una porta tra le parole: Sweet Tooth

La visione di Smooth tooth fu una bellissima scoperta: una grande, bella rivisitazione del nostro tempo, in chiave fantastico, fatta in qualche mese durante il periodo più tragico della pandemia da Covid 19, con un mondo decimato dall’ansia, le paure, i timori di non saper come affrontare questa minaccia sconosciuta e incombente. Una pandemia generale, famiglie attanagliate dal dolore, dai rimorsi, dalla solitudine; una nicchia insomma in cui ho potuto rifugiarmi dalla monotonia generale in cui mi sono  sentita parte a condividere la storia del protagonista, Gus, un ragazzino speciale ma molto dolce. Lo si osserva dal primo momento in cui Dio l’ha accolto in questo triste mondo, valicando ogni sua fase, fin quando raggiunti il periodo della prima adolescenza assistere ad una vera e propria svolta, fra ostacoli e impedimenti vari, ci impone a non poter fare nient’altro che assisterlo in questo lungo e impervio cammino non facendo nient’altro che stare su un parapetto e guardare l’orizzonte affinchè il povero Gus ottenesse ciò che più desidera. Ritrovare la sua mamma.

Ho viaggiato ai bordi di una storia il cui sentore è parecchio simile a quello di altri romanzi, in mezzo a boscaglie e sterpaglie coperti d’edera e biancospino; natura e destino sembravano fatti di un unico colore. Lo spettacolo di questi ultimi bagliori di luce su un mondo molto simile al nostro avevano qualcosa di fatalista e, affacciato su vari fronti, a  godersi la commovente storia di un ragazzino orfano che è scivolata dinanzi ai miei occhi, assieme ad altri passeggeri o telespettatori, ragazzini lasciati soli nelle mani del caso il cui silenzio sovrasta persino le nostre orecchie. Un silenzio così assordante impossibile da ignorare.
E molto presto fui travolta dalla risacca disomogenea del tempo. Poi dallo stesso Gus, dal suo essere bambino speciale in balia delle sorti di un destino crudele e nefasto. Che particolarità cela Gus? Non sarà di certo questa recensione a rivelarvelo, ma il mio più caloroso invito a conoscerlo e scoprirlo in ogni sua sfumatura. E che sfumature! 

Certo, non così eclatante e indimenticabile di quel che si crede ma che non riesce a scomparire dalle stanze polverose della mia coscienza perché non è possibile renderne effettivamente l’idea. Così funziona il mondo di questo golosone, così funziona il mondo circostante che così ci toglie qualunque piacere. Finiremo per essere asserviti a lui? Può darsi. Niente da dire o da poter fare. Se non combattere pur di sopravvivere, restare in vita, scostare quel sudario di dubbi e incertezze che offuscano le nostre certezze, senza dover aspettare alcun miracolo. Solo un misero atto di comprensione, quando si scoprirà che siamo tutti figli dello stesso Dio e che non ha importanza se ci distinguiamo dal sesso o dal colore della pelle, o da qualunque malformazione fisica; quando si  comprenderà come siamo tutti sotto lo stesso cielo, ben che venga la libertà.
Il potere assoluto di poter essere chi siamo senza aver paura di mostrarci al mondo, con ansia, frustrazione, gioie che vanno e vengono come l’andamento delle onde, a cui ci si aggrappa alla vita come una prova d’amore. Persino per chi non la sopporta più, che non vede alcuna ragione per andare avanti, che si sente soffocare, facendo a meno di qualunque cosa.

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