L’uomo,
l'individuo di sesso maschile, nei romanzi classici di letteratura russa ha
propositi tutti suoi e, se espansive di emozioni, etichettate come seccatrici e
avventuriere. Io, che sono un’emancipatrice incallita, ho notato invece che nel
capolavoro di Turgenev vi erano strani modi di porsi; ho notato tutto quello
che accadde in Russia. E se l'orgoglio era talmente utile per valorizzare
alcune categorie della condizione umana, la letteratura e i libri un mezzo
primordiale per vivere. Una luce accecante che molti non riescono, o, non
vogliono sopportare. Incatenati a non poter seguire un sentimento, una passione
onesta come una bellezza indefinibile che circondava l'aura tetra di ogni
figura, in una terra ancora veduta e sentita in modo imperfetto, che mi si è
stesa dinanzi come una terra promessa in cui il paradigma della moralità non
può essere confortato da un sapere senza fine. Quella dei Padri e figli fu
quel genere di storia che divorai in una manciata di giorni, nonostante la mole
piuttosto esile e che, rievocando la libertà sopita di tempi andati, trova
compenso nel carattere forte e determinato e nello splendore dei suoi ideali
letterari dove la sua natura stessa sembrava arcaica come la rude architettura
di un palazzo. Il freddo spirare dei suoi corteggiatori, non poté non avvolgere
le mie membra stanche finché il colore intenso di una nuova storia non avesse
schiarito le stanze buie della mia anima. Non avrei potuto comportarmi
diversamente: questo era senz'altro vero. Ma questo mio girovagare fra esperienze
di vita di due uomini che inconsapevolmente rincorrono la libertà, sotto
diversi punti di vista, atipici ed originale sotto altri, impulsivi, quasi
repentini e brutali, come chi in una stanza affollata e calda avrebbe potuto
servirsi di una fiala dall'acuto profumo nascosto in un fazzoletto. Ed io non ho
potuto fare nient’altro che leggere, e fin quando non comprerò qualcos’altro
dell’autore, ritenermi soddisfatta.
Titolo: Padri e figli
Autore: Ivan Turgenev
Casa editrice: Bur Rizzoli
Prezzo: 10 €
N° di pagine: 304
Trama: Quando nella casa di campagna di Nikolaj Kirsanov arriva il figlio Arkadij con l'amico Evgenij Bazarov, si delinea subito il conflitto tra vecchie e nuove generazioni. Evgenij è un giovane medico, fiducioso solo nelle scienze sperimentali, un nichilista, lo definisce l'autore, con un termine che avrebbe poi avuto grande fortuna. Le sue idee turbano Kirsanov e irritano suo fratello, lo scettico Pavel. In una città vicina i due incontrano la bella vedova Anna Odincova di cui Bazarov si innamora, ma da cui è rifiutato. Dopo un duello con Pavel, Evgenij contrae, durante un'autopsia, un'infezione che non vuole curare e muore assistito da Anna, con pietà, ma senza amore.
Autore: Ivan Turgenev
Casa editrice: Bur Rizzoli
Prezzo: 10 €
N° di pagine: 304
Trama: Quando nella casa di campagna di Nikolaj Kirsanov arriva il figlio Arkadij con l'amico Evgenij Bazarov, si delinea subito il conflitto tra vecchie e nuove generazioni. Evgenij è un giovane medico, fiducioso solo nelle scienze sperimentali, un nichilista, lo definisce l'autore, con un termine che avrebbe poi avuto grande fortuna. Le sue idee turbano Kirsanov e irritano suo fratello, lo scettico Pavel. In una città vicina i due incontrano la bella vedova Anna Odincova di cui Bazarov si innamora, ma da cui è rifiutato. Dopo un duello con Pavel, Evgenij contrae, durante un'autopsia, un'infezione che non vuole curare e muore assistito da Anna, con pietà, ma senza amore.
La recensione:
Qualunque appassionato, peccaminoso, ribelle cuore si
celi in una tomba, i fiori che vi crescono su ci guardano placidi
coi loro occhi
innocenti: non del solo eterno
riposo essi ci parlano, di
quel grande riposo dell’“indifferente” natura; essi parlano altresì d’un’eterna
riconciliazione e d’una vita infinita.
Avrei
dovuto provarci. In fondo cosa avevo da perdere? Ma fu un problema, fin quando
la fine del 2022 mi indusse a fiondarmi in libreria e, nel giro di qualche ora,
acquistare compulsivamente un numero discreto di letture che avrei portato a
casa. Fra questi, il romanzo di Ivan Turgenev fu quel genere di scoperta il cui
significato è racchiuso in un’unica frase: magnetico. Si, perché sin dal primo
momento in cui capì che questo sarebbe stato un buon modo per conoscere ed
esplorare nuovi autori, soprattutto classici, - i miei trascorsi finora circoscritti
a un unico obiettivo possibile, quello cioè di smaltire la mia pila della
vergogna,- dovevo scegliere in fretta, perché cincischiare a leggere o meno un
romanzo di questo tipo come se fosse un oggetto d’attrazione fin troppo
prezioso senza arte né parte avrebbe ingiustamente spento quell’aura di solenne
magnificenza che generalmente trasmettono queste letture, perciò scartando
mentalmente qualunque sentimento di diffidenza ridussi la scelta di non leggerlo
a quella di accaparrarmene una copia, pensando che una volta a casa,
comodamente seduta, col silenzio delle mie riflessioni, non ci sarebbero stati
indugi, perché prima o poi io e il suo autore avremmo dovuto conoscerci, una
penna che avrebbe promesso molto più di quel che credevo.
Era inutile
fingere di non aver nutrito emozioni sconcertanti, contrastanti in queste
pagine, nella fattispecie uno stretto cordoglio di tensioni fra forze opposte
che inducevano l’uomo ad annullarsi completamente, garanzia di progresso
politico e sociale. Quasi una landa desolata, arida, mista a una discreta dose
di malinconia e sofferenza che riflettono l’anima dell’autore, forme insite in
esperienze personali. E mentre si districava ai miei occhi tutto ciò,
ancheggiando dietro due uomini dall’aura fascinosa e magnetica, freddi e
distaccati, l’interesse che era sorto all’acquisto crebbe vertiginosamente, al
punto che non fu così difficile entrare a far parte di una storia che sotto
certi aspetti mi ricordo Anime morte di Gogol, e che piacere immenso
sapere di essere abbastanza incuriosita dal tema trattato da esaminare pagina
dopo pagina quasi stessi leggendo un trattato filosofico. Un’indagine
letteraria che, con molta dignità, esplica come sia difficile scovare alcun
fondamento, in quanto l’uomo deve essere saldo come una roccia dal momento in
cui si costruisce.
Padri e figli, infatti, non afferra bene le regole che successivamente Dostoevskij
e Nietzsche esplicheranno così bene nei loro trattati filosofici e letterari, ma
privatore di ideologie esplica l’idea di come l’individuo non può non credere a
niente perché alla fine siamo tutti soggetti alle stesse leggi, nonostante le
religioni o le ideologie a cui crediamo. I dogmi, i paradigmi che il secolo
inculcò erano così energici da non potersi nascondere dietro a una corazza di
indifferenza, ma ponendosi in una netta distinzione fra mondo antico e mondo
moderno mediante letteratura si rispecchia la concreta naturalezza esistenziale
che deve adeguare le proprie strutture all’interno del macchinoso meccanismo
dialettico e sociale della realtà. La fatica, l’incomprensione di dover
lasciare le proprie origini e sorvolare altri luoghi pur di esaltare la propria
identità, l’adesione della Russia ad abbracciare un sistema aristocratico che
induce il popolo ad essere decimato in anime, rinchiusi in piccoli agglomerati
terreni, la sensazione di non essere mai abbastanza quanto nulli non potendo
accettare né disprezzare ciò che è dato quanto raggiungere obiettivi,
combattendo sino alla morte, ma così passivi da non goder più di tanto degli
obiettivi raggiunti, la letteratura come inestimabile tesoro, talvolta che
serba oggetti preziosi mai visti, perché lascia dietro di se una scia di
profumo di vita. Poco tempo fa mi ero beata nel sguazzare impunemente nel cuore
caldo e ardente di Puskin, con la testa zeppa di pensieri insulsi ma il cuore
sussultante e fervido. La letteratura classica mi piace tantissimo. Sono convinta, che ogni romanzo sia in attesa del suo
momento. Dicono più di quel che crediamo, giungono in momenti particolari della
tua vita che, in una manciata di minuti, potrebbero mutarla. Padri e
figli giunse inaspettatamente, in questo primo mese dell’anno, trascinandomi
addosso una strisciante angoscia, opprimendomi l’anima e il cuore poiché zeppo
di difficoltà economiche, sociali in cui emergono guazzabugli vari, tentativi
inutili con impercettibile peculiarità. La vettura che mi condusse dinanzi a tutto ciò fu una
carrozza di media misura, dorata, placcata in oro, con a bordo signorotti di
modi e origini nobili, la cui unica ambizione è quella di carpire fra le loro
piccole mani gruppi di anime che altri non sono che comparse in un quadro
imperfetto, misere, putrescente, rozzo, squallido turbato da alcuni echi o
rimasugli del passato, metafora di una sorta di scossone dell’anima, dello
spirito, poiché incarnazione di un'unica utopia di fratellanza, unione, il
tutto indirizzato dal Clero e dalla gleba. Nient’altro che contadini,
agricoltori, aratori dilaniati dal potere assoluto di signorotti, lord,
baronetti che risultano vivi al censimento, allo scambio di svariati gruppi
terrieri. Fantasma vivente di una Russia satira ma tendenzialmente amara in cui
la realtà, il dramma, l’assetto politico e sociale prevale su ogni cosa, è
proiettato su due diverse dimensioni temporali di cui giorno dopo giorno
acquistano intensità, splendore, per la dissolutezza, lo squallore in cui sono
incastrati, nella fredda monotonia del tutto, così desiderosi di una
riscossione dell’anima e saldo da risultare fastidioso e ben piantato. Con
questa denuncia l’autore si premurò ad evidenziare il << male >>
del secolo, rifiutandosi a modificare alcunchè, piuttosto esprimendo qualunque
assetto sociale. Nell’anticamera dell’Inferno, l’uomo è colui che avrebbe
abbracciato la nobile arte del nichilismo, guarendo così ogni male inflitto.
L’anima colma di aspirazione, coraggio ribollisse affondando le sue radici in
qualunque intento pragmatico.Per quel che
essenzialmente conta era l’assetto di un utopia pacifista da cui la stessa
Russia avrebbe dovuto trarne vantaggio. Si, la pace. Non solo spirituale bensì
fra rapporti coniugali, sociali. Negli ambienti più abietti, più famigliari, il
cui culto sta lentamente sprofondando in incontenibili sagome di fallacità. Ha
un chè di straordinario tutto questo, quando la carrozza su cui viaggiai fu
travolto da onde di malessere e lerciume, Bazarov era nato per attenersi a
certe << mansioni >> e questa era la sua avvenuta sino a quando non
sarebbe morto. Nel trambusto generale, però, la sua interezza scivolerà nel
momento in cui comprenderà la natura di tutto ciò, ma soprattutto come ognuno
di noi è conforme all’anima di Bazarov poiché siamo esseri senzienti, ma
egoisti e talvolta crudeli.
In un complicato ricamo di lettere e parole, in un
sudario di sporcizia e putrescenza che cade in un’aria essenzialmente umile
tipica delle classi più basse, situata alla periferia di una grande
città, Padri e figli così come la letteratura russa, in
generale, ha funto da santuario magico in cui rifugiarmi, perdermi, a
bordo di una carrozza nelle campagne bucoliche di una San Pietroburgo dei primi
anni dell’Ottocento. Imbattuta in figure curiose, particolari, eccentriche che
arrivano da qualche girone sconosciuto dell’Inferno, tutti per vedere la stessa
cosa. Marea umana di conseguenze, avvenimenti, specialmente quando giunsero nel
luogo dove evidentemente ero atterrata con un certo fascino.
Valutazione d’inchiostro: 4
Interessante ma temo non faccia per me; grazie per la recensione
RispondiEliminaA te 🤗 se ti incuriosisce ti consiglierei di concedergli un'opportunità
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