venerdì, settembre 29, 2023

Gocce d'inchiostro: Eccomi - Jonathan Safran Foer

Dai miei precedenti incontri con l’autore spingiamoci al presente, più di due o tre anni dopo la mia separazione da Ogni cosa è illuminata. Ritrovarmi in mutate condizioni, invece che stabile e preda a sentimenti che reinventino qualcosa che ha a che fare col passato, vediamo una donna seduta sulla sua poltrona preferita a leggere un romanzo che aspettava di essere letto da tantissimo tempo. Come dai tempi in cui dalla vita avevo ancora tanto da imparare; invece, di Eccomi avevo progettato ogni cosa. Per il periodo di crescita personale intrapreso, qualche tempo fa, compresi come l’approccio fu diverso ma migliore di quel che credevo, che mostrò nient’altro che una sorta di doveroso rispetto non solo al suo autore ma anche a ciò che stavo leggendo, in cui ogni cosa tendeva a subire forme ritualizzate in cui ogni contatto umano avrebbe superato ogni distanza. Questo romanzo non esprime niente di così indimenticabile o trascendentale che non abbia mai visto in passato, ma evidenzia come il timore di essere o sentirsi inadeguata cozza col desiderio di essere liberi. Liberi di spiccare da questa landa desolata, dalla nuda terra delle rivolte, delle ribellioni, che coincide con l’abilità o definizione di essere sostanza. Raccogliendo gesti eclatanti che sono disgraziatamente racchiusi nell’illusione di essi.


Titolo: Eccomi

Autore: Jonathan Safran Foer

Casa editrice: Guanda

Prezzo: 19 €

N° di pagine: 672

Trama: Ambientata a Washington durante quattro, convulse settimane, "Eccomi" è la storia di una famiglia in crisi. Mentre Jacob, Julia e i loro tre figli sono costretti a confrontarsi con la distanza tra la vita che desiderano e quella che si trovano a vivere, arrivano da Israele alcuni parenti in visita. I tradimenti coniugali veri o presunti, le frustrazioni professionali, le ribellioni adolescenziali e le domande esistenziali dei figli, i pensieri suicidi del nonno, la malattia del cane: tutto per Jacob e Julia rimane come sospeso quando un forte terremoto colpisce il Medio Oriente, innescando una serie di reazioni a catena che portano all'invasione dello stato di Israele. Di fronte a questo scenario inatteso, tutti sono costretti a confrontarsi con scelte a cui non erano preparati, e a interrogarsi sul significato della parola casa.


La recensione:

 

Non cercate e non aspettatevi miracoli. Non ci sono miracoli. Non più. E non ci sono rimedi per le ferite che feriscono di più. C’è solo la medicina di credere nel dolore dell’altro e di esserci.

 

Il mio progetto di leggere ogni romanzo di Jonathan Safran Foer, al momento, finisce qui, e non perché l’autore o i suoi romanzi non mi piacciono quanto perché sono diminuite le scorte di lettura scritte o pubblicate dall’autore, perché non mi concessi nemmeno un secondo di più di quello che impiegai a scegliere di divorarne ogni romanzo dopo l’altro. Questo romanzo era stato visto, dalla me del passato, come una sfida che avrei dovuto affrontare in futuro. Quando sarei stata più matura, più consapevole, più forte – forse anche più vecchia! -. In ogni modo, avendo inizio proprio in questo periodo la realizzazione di progetti che continuo a portare avanti a testa alta, non ebbi che da trascorrere alcuni pomeriggi in compagnia dell’autore per trovare la stessa persona che avevo affettuosamente apprezzato qualche anno fa.

Delle quasi settecento pagine che costellano questa lettura, io ne avrei depennato almeno la metà che erano rimaste intrappolate nella monotonia, nella ripetitiva, in divagazioni personali e non che ne hanno accresciuto il tono greve seppur personalmente non credo intenzionale, per ricompensare lo stesso individuo a fastidi o sorprese che spesso incorrono in una famiglia. Quanti ne ho consumato di romanzi che esprimono tutto questo, ma da cui ne sono susseguiti periodi di tempo in cui il processo di assimilazione è stato molto più lungo del romanzo in se!

Non giudico il romanzo di Foer la lettura insopportabile o indigesta che qualche altro ha giudicato prima di me, ma consegnata alle sue mani non credevo di incappare in un romanzo di apparenza che evidenzia o attribuisce una certa enfasi solo alla pace ma anche ad altri valori che sono in noi, e che dovremmo prendere atto soprattutto in relazione al mondo circostante. Checché esse siano di sesso o razze diverse. La vita è un processo molto più piccolo di quel che si crede, quasi una culla in cui anime alla deriva fluttuano in un cosmo gigantesco e dispersivo da cui però si desidera una certa libertà. Sprazzi di felicità che disgraziatamente non sono altro che prodotti artificiali che bisogna saper soppesare ne come qualcosa di distante dal mondo esterno. Il passato era una piaga incolmabile che non si può ricordare e che si ripercuote nel presente.

Fra una delle mie librerie un bel romanzo dalla copertina dai colori sgargianti e accesi spiccava attorno a figli di carta di cui conosco perfettamente, e altri per me ancora sconosciuti: storie di uomini o donne, bambini e vecchi, che si tengono per mano, premurosi e gentili ad offrirmi sempre un caldo abbraccio. Alcune di queste storie hanno fatto la loro parte; un dettaglio, un luogo o semplicemente un ricordo, immobile dinanzi alle soglie del tempo, mi aveva completamente fagocitata e resa quella che sono adesso.

Fra queste storie, il romanzo di Foer era stato messo in risalto, come espediente pubblicitario, una semplice ma acuta trama realizzata a tavolino e il segreto che celavano le sue pagine. Come altri lettori, quasi senza nemmeno pensarci, anch'io mi sono diretta fra i meandri di effervescente caso editoriale, qualche anno dopo che sollevò un polverone di entusiasmo o di critiche – a seconda delle svariate suole di pensiero o di preferenze dei lettori - girovagando da un posto a un altro, da una recensione a un'altra, affinché il mio interesse o la mia curiosità non cessassero. L'odore del nuovo che si mescola al vecchio, il sacro e il profano, l'amore per la letteratura e la buona scrittura si mischiavano alle zaffate dolciastre di un legame amoroso - abbastanza prevedibile, e poco sconcertante -, fra una coppia. Sul rumoreggiare giocoso degli amanti, la voce dell’autore si levava fra mille dubbi, ansie e perplessità, suonando e dirigendo il tutto con una certa maestria e perdizione, come fosse lui stesso incastrato da questa melodia in onore del ricordo di rievocare il passato: quello personale dell’autore. Poco lontano, ma la cui figura era avvolta nel frastuono di una guerra che recise la popolazione israeliana e dall’altra parte del mondo una famiglia tradizionale era accucciata in un angolo, osservava il proprio destino sciogliersi come nodi di una indistricabile matassa.

Suoni, luci, odori, immagini: il mondo come esattamente lo conosciamo in un'altra prospettiva. In Eccomi c'è stato tutto quello che avevo immaginato. Qualcosa di profondamente autentico, vero ma privo di forza che non ho potuto avvertire così bene e che mi ha impedito di rendermi solidale con i personaggi. Poteva essere altrimenti?

Aver letto questo romanzo mi ha conferito strane sensazioni, così come mi ha particolarmente colpito l’idea di essere come diffusione di verbo da parte del Creatore ad Adamo, il modo per come è stato raccontato in queste pagine ma da cui ho colto molto poco. L’uomo percorre cammini spesso accidentati, in cerca di una saggezza perduta; è inutile aspettarsi granché o qualche colpo di scena perché non si trovano soluzioni ai problemi della vita di tutti i giorni, o una medicina per i malanni moderni. Non c'è alcuna scorciatoia. L'unica strada è quella dell'essere se stessi, nonché artefici del proprio destino.

Eccomi spicca con la sua voce con un romanzo pulito ma non privo di difetti, dinanzi a un pubblico interdetto, curioso, fan sfegatato di un autore del calibro come Foer, e alla fine, sebbene senza aspettarsi niente, trasmise un messaggio che non mi ha colpita come credevo ma ricevuto quelle attenzioni in cui credevo di riscontrare da un romanzo come questo. Eccomi è la storia della sua vita, e se anche indifferente agli attacchi esterni, l'equilibrio mentale da cui dipesero il delirio, la follia, il rapimento estatico questa storia penso ha per l'autore un valore sacro! Questo è stato il suo mondo, con i suoi trucchi, le sue sfumature.

Seduta dinanzi alla mia postazione preferita, vedo Eccomi come esattamente è: una straordinaria suggestione individuale, un invito a scandagliare nel passato ma senza una guida particolare, incarnati in forme distorte di intenzionalità in un mondo suddiviso in forme razziali.

La modernità, la quotidianità risuonano in una cascata infinita di perdita, fallimenti, aspirazioni, legami amorosi o famigliari, in un perpetuo silenzio. Eccomi non è solo il racconto di un ricordo, piuttosto una sorta di viaggio interiore in cui inevitabilmente ci induce a guardarsi dentro. In una pioggia di scintille che via via si acquietano, in un improvviso bagliore arancione dinanzi l'oscurità. Una luce momentanea che rimane negli occhi per tutta la durata della sua lettura, ma che poi svanisce così com'è apparsa.

Quella di Eccomi è una storia che non possiede nulla di speciale, ne di maestoso checché sostengono le recensioni o le critiche delle testate giornalistiche. Eppure, è un romanzo in cui inevitabilmente ci si sente coinvolti. Scava un solco profondo nell'anima di chi legge, rendendolo spettatore di vicende che avrebbe potuto vivere in prima persona.

Valutazione d’inchiostro: 3 e mezzo

2 commenti:

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