La frenesia del quotidiano, gli innumerevoli impegni, e, soprattutto, le innumerevoli letture, le sfide che giorno dopo giorno abbraccio, mi hanno visto e mi vedono in cima al raggiungimento di obiettivi, progetti che scandagliano la mia vita di lettrice. Certamente si tratta di progetti di lettura che ambisco, che mi piace realizzare e che, nel momento in cui ci vado, prendo consapevolezza di ogni cosa. Ogni conseguenza, ogni espediente mi induca a perderci qualche minuto o una manciata di giorni. Questi sono assetti del mio essere lettrice in cui mi ritrovo quasi sempre, in un’oasi di pace, di ordine e di pulizia, con pile vertiginose di libri ancora da leggere, liste di autori ancora da conoscere e scoprire. E godo di tutto questo poiché rappresenta la linfa vitale della mia esistenza. Questa lettura tuttavia non era prevista, così come non era previsto il mio stare qui, tra queste pagine, in un’atmosfera fumosa, ottenebrante e oppressiva avvolta nel buio e intrappolata nel tempo. E proprio di tempo, di parole è la linfa vitale di questa storia, il cui respiro si è unito al mio, ogni cosa sembrava si dilatasse e restringe, in un tenero oblio, davanti a una piacevole imperturbabilità come distacco dal mondo, forma archetipa di abbandono. Restando tuttavia sospeso in un marasma di parole, che in un momento particolare hanno funto da scialuppa di salvataggio, assimilando la poesia, scivolando nel sogno e nell’illusione, ma in forme di puro sconforto ma coinvolgimento emotivo reso ai limiti dell’estremo.
Titolo: Il peso delle parole
Autore: Pascal Mercier
Casa editrice: Fazi
Prezzo: 20 €
N° di pagine: 588
Trama: Sin dalla sua infanzia, Simon Leyland è affascinato dalle lingue. A dispetto dei suoi genitori, diventa un traduttore e persegue con determinazione il suo obiettivo di imparare tutte le lingue parlate nel Mediterraneo. Da Londra segue la moglie Livia a Trieste, dove lei ha ereditato una casa editrice. In questa città di importanti letterati crede di aver trovato il luogo ideale per il suo lavoro, finché un errore medico non lo porta fuori rotta. Tuttavia, questa apparente catastrofe si rivela un punto di svolta e un'opportunità per reinventare ancora una volta completamente la sua vita.
La recensione:
La vita diventa il grande tema senza che ci sia bisogno di spenderci delle parole. Per questo non ci sentiamo soltanto toccati dalla poesia, ma in quell’esperienza siamo come entro uno spazio protetto, più dimorati in noi stessi che in un’altra dimensione o occasione.
Sostanzialmente questo romanzo si poggia su una trama alquanto deboluccia. Un uomo qualunque, a metà del suo percorso di vita, scopre qualcosa da cui dipenderà il suo destino, il suo futuro. Dovette cioè iniziare un viaggio, un viaggio che lo trascina dalla Francia alla Lombardia, sull’altura di un’isola immaginaria da cui forse non sarebbe più tornato indietro. Cammina su questo sentiero insidioso con in sottofondo il fragore di un mondo che trascina nel baratro della distruzione, ma anche su quest’isola immaginaria di cui facevo cenno prima la magia si diffonderà, stabilendo così un certo rapporto fra anime. Un collegamento in cui gli oscuri echi del passato si scontrarono col presente, viaggiando verso un arcipelago di parole in cui ci si scopre più intraprendenti, più ambiziosi di quanto lo fosse.
Avrei voluto chiedergli subito, se certe riflessioni dipendessero esclusivamente dal fatto, che la vita gli aveva riservato un brutto scherzo o semplicemente perché, in quest’isola immaginaria in cui vi scoverà rifugio, questo fosse l’unico espediente per stabilire un rapporto con la vita; generalmente mi affascinano un sacco testi di questo tipo.
Pascal Mercier era una voce già nota, per quanto mi riguarda, poiché ci conobbimo quattro anni fa mediante una lettura che, all’epoca mi affascinò moltissimo, e secondo la situazione tipica di quel tempo, praticamente trascinata in quest’isola di cui ho parlato: le parole erano un buon surrogato per intraprendere questo viaggio e chi sarebbe stato più intraprendente avrebbe potuto pescare più pesci. E, felice, tornare a casa, alla vita di tutti i giorni, godendo al pensiero di quei giorni trascorsi, e quel che ne ho ricavato.
L’esperienza di lettura di questo testo sarebbe potuto essere molto simile a quella che a quel tempo vissi con Treno di notte per Lisbona, dicendo che parlando ancora di parole avrebbe potuto colpire dritto al cuore. Mi ha colpito, ma non al cuore quanto all’anima, ma non nel modo che avevo immaginato… E la magia? Questa bella espressione di vita cui spesso ci aggrappiamo pur di donare lucentezza e gioia alla vita, che fine aveva fatto?
La vera magia qui era del tutto inesistente, e nel caso chi decidesse di approcciarsi a questo testo deve essere consapevole che le parole di cui questo testo è caratterizzato, quelle parole che mi avevano scelto, hanno cioè scandagliato il mio se in congiunzione col suo, erano collegate ad un senso del proibito in cui il tempo si dilatava, la trama di esperienze vissute minacciavano di scontrarsi, raccontarsi, comprimersi e fondersi in un mondo indistinto e cristallizzato nel nulla, conferiscono un chè di avventato, illusorio, una messinscena orchestrata da un abile marionettista che tira i fili di una trama ordita con plauso e raffinatezza.
Eppure per comprendere affondo, è necessario togliersi ogni maschera, e osservare bene. Il mondo qui era pregno di magia, ma era un tipo di magia non visibile ad ogni occhio umano, quanto detentore delle vite che erano racchiuse nel palmo di una piccola grande mano.
Pascal Marcier è un filosofo eclettico che fece della filosofia un archetipo di vita, una propensione alla stessa mediante cui sarebbe stato possibile capire ogni cosa, specialmente il pensiero e il modo in cui ci approcciamo in relazione con gli altri. Quando lo conobbi, da brava lettrice, pensai che la magia fosse superstizione e che in questo contesto non c'entrava assolutamente niente. Ma la sua lettura, la durata della mia permanenza fra le sue pagine, mi ha permesso ad averne rispetto. Ora ne tengo atto; quando ero completamente immersa non ne fui del tutto consapevole, e se non rischio di essere fraintesa, ora posso dire che mi sono sbagliata. Perché la magia è racchiusa in parole che altri non sono che forme di rivolta che esprimono la mancanza di sapere. I libri, la letteratura, fonte inesauribile di sostentamento per ogni lettore, concreta testimonianza del presente alla realtà, una realtà in cui si può ottenere in scacco l’angoscia che ha fatto irruzione nel sonno. E il tempo, fautore di sogni ed eventi che rievocano qualcosa di lontano, passato, continuano ad affascinare mediante innumerevoli riflessioni, al forte impatto della conoscenza con un sé quasi astruso dalla realtà. La solitudine diviene così forma intricata all’anima, ai sentimenti, specialmente quando la vita lentamente sembra accorciarsi e in cui il desiderio di esserne completamente liberi è più forte di qualunque altra cosa, e il lirismo, la precisione che si avverte stanziarsi nell’immobilità del tempo svincolando nella sequenzialità di ogni cosa, così preziosa e importante.
Cittadina di un universo mentale e testimone scrupolosa di ricordi vaghi, ma attanaglianti e di certo spessore, ho ascoltato questa storia come se proveniente da un sogno, introdotto nella mia vita come qualcosa di celato e segreto. Promesse d’identità e complicità sono l’unico balsamo per comprendere affondo la realtà, i ricordi sono gli unici espedienti per cui ho accettato di pagare a una somma esorbitante il viaggio quasi infinito di un uomo che crede che, riuscendo a nascondere a tutti la sua mancata coscienziosità, potrà essere compreso, grazie anche alla possibilità di rifugiarsi in un mondo ancora inesplorato e quasi incomprensibile ottenendo ciò che più desidera: comprendere se stesso. Instancabile viaggiatore condannato a ricordare questo momento, perché a quel punto è già perduto e la sua anima ha ormai un prezzo.
Sono stata contagiata dal tono malinconico, quasi tragico nel momento d’iniziazione alla vita drammatica e infelice propiziata da Simon e tutto così estremamente profondo, delicato, dolce, impregnato di quella assurda solennità tipica dei romanzi classici o greci con la quale la fugacità di un misero atto di redenzione investiva inevitabilmente anche l’atto più insignificante. Come schegge di vetro che mettono a nudo ogni personaggio, soprattutto lo stesso Simon il luogo in cui si snodano le vicende sembra come avvolto da un alone di mistero, “suspense”, in cui si << combatte >> anelando il riscatto, redimendo la propria anima.
Oggetto d’attrazione nonché terreno ideale per l’indagine accurata del rapporto fra esistenza e la sua rappresentazione fra letteratura e vita, quello di Pascal Mercier è un vaso di Pandora che contiene verità fondamentali che pochi individui sono in grado di comprendere. Inclinazione adatta a rievocare sensazioni corporee, rispolverando zone che si credevano perdute o dimenticate.
Valutazione d’inchiostro: 4 -
Temo non faccia per me; grazie comunque della recensione
RispondiEliminaA te 😊😊
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