domenica, luglio 08, 2018

Una voce fra le soglie del tempo: Dino Buzzati

Sapevo che quando sarebbe sopraggiunto luglio, l'ottavo giorno del mese, questa sarebbe stata l'occasione per parlarvi di un autore italiano le cui opere pian piano desidero trarne ricchezza.
Non ci sarebbe nulla da dire, nulla da utilizzare per realizzare una presentazione di senso compiuto. Eppure, presentarsi a un autore di così grande fama proprio come Buzzati è un'impresa. Si avverte uno strano smarrimento, si prova quasi soggezione. Il suo nome, la sua carriera stilistica, tutto quello cui un tempo si servì per gridare a gran voce ciò che teneva saldamente ancorato, pian piano stanno diventando << miei >>. Non riesco ancora a riconoscermi completamente in questo pezzo d'identità. Ebbene, mi ci sento intrappolata. Un amore, Il deserto dei tartari, erano divenuti parte della mia vita che avevo vissuto, la vita di cui ho scritto chilometriche ed entusiastiche recensioni, ma si tratta anche di pezzi di vita che mi hanno fatto deprimere, rattristire, ma anche gioire e sorridere. E adesso, sedermi dinanzi alla scrivania, lasciandomi tutto alle spalle per parlarvi del suo autore e della sua produzione artistica è un vero sollievo.
Dino Buzzati è sempre stata quella figura letteraria il cui genere si intrinseca in diverse direzioni. La fiaba si sposa con l'angoscia, la paura con la morte, la magia e il mistero con la ricerca dell'assoluto e la trascendenza, per poi sfociare in una disperata attesa di agognare un riscatto da un'esistenza mediocre. Protagonista indiscusso, il destino, onnipotente e imperscrutabile, spesso beffardo, che è diverso da tutto ciò che credevamo di aver letto o pensavamo di conoscere.
Mezzo di trasporto, parole che, messe di traverso, in una corrente di un fiume, incastrate e composte perfettamente, prendono alla sprovvista e inducono a nutrire strani desideri. Qualcosa privo di senso e distorto che poi, quasi senza rendercene conto, acquisisce una certa importanza. Smania di libertà, ribellione, gusto rabbioso di umiliarsi e buttarsi via, tanto amore, tanti sogni infranti, speranze, illusioni che piombano addosso, ho scoperto la bellezza di tutti questi sentimenti vivendoli in prima persona. In trame lente, estremamente calde, incarnate in personaggi ambiziosi o sfrontati, nella degradazione degli animi e delle cose, fra suoni, voci, luci equivoci, nella frenetica desolazione del secolo.
Quando si decide di leggere Buzzati non si può fare a meno di provare quel che si prova quando si è completamente assuefatti da tante cose: un disperato bisogno di amare, un patimento totale e compatto, una confusione dei sensi. Spaventosa precipitazione in cui è davvero impossibile scorgere persino ciò che ci circonda, come sensazioni strane e particolari, dovuti da una specie di appetito e inquietudine, provenienti chissà dove.
Sequela di esperienze di vita: questo il tema di cui si usufruì Buzzati, che segnarono la sua vita di giovane e ambizioso giornalista, con dentro un adorato e impossibile sogno. L'anima risplende degli antichi incanti e di un sollievo indescrivibile che si spande in tutto il corpo, in cui la voce dello stesso Buzzati si conserva ancora intatta. Mediante disinteressati gesti di bellezza, come un innocente uccellino lontano da ogni bruttura, prosperando nella monotonia, nel sentimento, negli stati d'animo. Ma innaffiati di lacrime, parole, promesse, scene di vita che fanno pensare che da qualche parte c'è un piccolo spazio nel mondo in cui c'è un paradiso per gli esseri umani. Non più sottoposti alle leggi della società, liberi da ogni cosa. Forse persino dinSapevo che quando sarebbe sopraggiunto luglio, l'ottavo giorno del mese, questa sarebbe stata l'occasione per parlarvi di un autore italiano le cui opere pian piano desidero trarne ricchezza.
Non ci sarebbe nulla da dire, nulla da utilizzare per realizzare una presentazione di senso compiuto. Eppure, presentarsi a un autore di così grande fama proprio come Buzzati è un'impresa. Si avverte uno strano smarrimento, si prova quasi soggezione. Il suo nome, la sua carriera stilistica, tutto quello cui un tempo si servì per gridare a gran voce ciò che teneva saldamente ancorato, pian piano stanno diventando << miei >>. Non riesco ancora a riconoscermi completamente in questo pezzo d'identità. Ebbene, mi ci sento intrappolata. Un amore, Il deserto dei tartari, erano divenuti parte della mia vita che avevo vissuto, la vita di cui ho scritto chilometriche ed entusiastiche recensioni, ma si tratta anche di pezzi di vita che mi hanno fatto deprimere, rattristire, ma anche gioire e sorridere. E adesso, sedermi dinanzi alla scrivania, lasciandomi tutto alle spalle per parlarvi del suo autore e della sua produzione artistica è un vero sollievo.
Dino Buzzati è sempre stata quella figura letteraria il cui genere si intrinseca in diverse direzioni. La fiaba si sposa con l'angoscia, la paura con la morte, la magia e il mistero con la ricerca dell'assoluto e la trascendenza, per poi sfociare in una disperata attesa di agognare un riscatto da un'esistenza mediocre. Protagonista indiscusso, il destino, onnipotente e imperscrutabile, spesso beffardo, che è diverso da tutto ciò che credevamo di aver letto o pensavamo di conoscere.
Mezzo di trasporto, parole che, messe di traverso, in una corrente di un fiume, incastrate e composte perfettamente, prendono alla sprovvista e inducono a nutrire strani desideri. Qualcosa privo di senso e distorto che poi, quasi senza rendercene conto, acquisisce una certa importanza. Smania di libertà, ribellione, gusto rabbioso di umiliarsi e buttarsi via, tanto amore, tanti sogni infranti, speranze, illusioni che piombano addosso, ho scoperto la bellezza di tutti questi sentimenti vivendoli in prima persona. In trame lente, estremamente calde, incarnate in personaggi ambiziosi o sfrontati, nella degradazione degli animi e delle cose, fra suoni, voci, luci equivoci, nella frenetica desolazione del secolo.
Quando si decide di leggere Buzzati non si può fare a meno di provare quel che si prova quando si è completamente assuefatti da tante cose: un disperato bisogno di amare, un patimento totale e compatto, una confusione dei sensi. Spaventosa precipitazione in cui è davvero impossibile scorgere persino ciò che ci circonda, come sensazioni strane e particolari, dovuti da una specie di appetito e inquietudine, provenienti chissà dove.
Sequela di esperienze di vita: questo il tema di cui si usufruì Buzzati, che segnarono la sua vita di giovane e ambizioso giornalista, con dentro un adorato e impossibile sogno. L'anima risplende degli antichi incanti e di un sollievo indescrivibile che si spande in tutto il corpo, in cui la voce dello stesso Buzzati si conserva ancora intatta. Mediante disinteressati gesti di bellezza, come un innocente uccellino lontano da ogni bruttura, prosperando nella monotonia, nel sentimento, negli stati d'animo. Ma innaffiati di lacrime, parole, promesse, scene di vita che fanno pensare che da qualche parte c'è un piccolo spazio nel mondo in cui c'è un paradiso per gli esseri umani. Non più sottoposti alle leggi della società, liberi da ogni cosa. Forse persino dinanzi alla morte.

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