Questo
primo mese dell’anno è stato protagonista di numerosi eventi. Testimone di
spericolate ed improvvisate avventure, ma soprattutto di nuove ordinanze e
restrinzioni che mi hanno costretta a restare a casa. Questi giorni, dunque, li
ho vissuti sopravvivendo alla noia, alla monotonia, mediante letture che non
compievo da un sacco di tempo. Romanzi appena pubblicati o che attendono sullo
scaffale da un sacco di tempo, che mi autorizzò ad accrescere il mio
incommensurabile amore per la letteratura. Non nego però che amo la letteratura
inglese, quella classica, e quando mi imbatto nelle opere di autori italiani la
mia fronte si increspa perché dubbiosa di scovare l’ennesimo buco nell’acqua.
Ma
ora che ripongo queste poche righe, mi sorprendo stravolta, sconvolta, smarrita
per essere finita fra le maglie di una storia che ha toccato punti salienti
della mia giovane anima. Il temuto, magnifico seguito di un romanzo che
francamente non conoscevo, prima di adesso, il cui abbraccio è
stato inevitabile perché tutt’altro paio di maniche rispetto ad altre storie di
autori nostrani, tanto che sul momento pensai non fosse all’altezza, ma questo
tuffo in un mondo di cui confido di poter esplorare nuovamente, le cronache di
vita di una donna il cui nome non ci verrà mai rivelato, nel tempo mi indurrà a
tornarci e scrivere qualcosa al riguardo che fosse degno di nota, solo una sfilza
di pensieri o squarci di ricordi di cui il tempo confido possa farmi dono.
Titolo:
Borgo sud
Autore:
Donatella Di Pietroantonio
Casa
editrice: Einaudi
Prezzo:
18 €
N°
di pagine: 168
Trama:
E’ il momento più buio della notte, quello che precede l’alba, quando Adriana
tempesta alla porta con un neonato tra le braccia. Non si vedevano da un po’, e
sua sorella nemmeno sapeva che lei aspettasse un figlio. Ma da chi sta
scappando? E’ davvero in pericolo? Adriana porta sempre uno scompiglio vitale,
impudente, ma soprattutto una spinta risoluta a guardare in faccia la verità. Anche
quella più scomoda, o troppo amara. Così tutt’a un tratto le stanze si
riempiono di voci, di dubbi, di domande. Entrando nell’appartamento della
sorella e di suo marito. Adtiana, arruffata e in fuga, apparente portatrice di
disordine, indicherà la crepa su cui poggia quel matrimonio: le assenze di
Piero, la sua tenerezza, la sua eleganza distaccata, assumono piano piano una valenza
tutta diversa. Anni dopo, una telefonata improvvisa costringe la narratrice di
questa storia a partire di corsa dalla città francese in cui ha deciso di
vivere. Inizia una notte interminabile di viaggio – in cui mettere insieme i
ricordi -, che la riporterà a Pescara, e precisamente a Borgo Sud, la zona
marinara della città. È lì, in quel microcosmo così impenetrabile eppure così
accogliente, con le sue leggi indiscutibili e la sua gente ospitale e rude, che
potrà scoprire cos’è realmente successo, e forse fare pace col passato.
La recensione:
Non è che non sia in grado
di prestare fiducia agli autori nostrani o lasciarmi andare o andare in
orbita, ma con gli autori nostrani o
emergenti ho quasi sempre bisogno di una spinta, uno squarcio di luce nel bel mezzo
del nulla, e adesso che sono reduce da questa separazione, la mia prima
conciliazione con Donatella Di Pietrantonio e la mia prima esperienza di starci
nel suo mondo, non riesco più a scindere l’idea di essere ciò che è stato
necessario per essere con lei. Borgo Sud era un passo avanti a L’arminuta,
di cui io francamente non ne conoscevo nemmeno l’esistenza, vita quotidiana
intrecciata a ricordi, nozioni, promesse mai mantenute che mi concesse la
possibilità di osservare la letteratura italiana, quella cioè odierna, con
altri occhi, di stare piacevolmente in sua compagnia, comprendendo così di non
poter quasi sempre dare per scontato nessuna di queste possibilità, perché certi
pregiudizi mi rendo conto non mi aiutano anzi restringono un certo spazio
rispetto ad altri, che la storia che l’autrice si porta dentro, così soffocante
ed intima, mi ha resa coinvolta, solidale a qualunque forma di pressione
emotiva, poiché il tuffo che ho fatto sott’acqua mi ha indotta non solo a
trattenere il fiato ma ad osservare ciò che avevo dinanzi con altri occhi. Forse
si è trattato di un sogno, un miraggio che scovandomi mi ha avvilupato in una
maglia di attimi sfuggenti, che disorientano, distraggono ma la cui luce
rassicura. A volte mi è sembrato di essere entrata fin troppo dentro, o di non
aver mai avuto possibilità di conoscerla imparando ad amarla nel modo giusto, perché
la verità è che essendo un seguito mi ha dato l’impressione che mancasse un
pezzo, un tassello ma pronta ad attraversare questa tempesta emotiva con questa
Arminuta e la sua stramba storia. Mi rendo conto che si tratta di pensieri
eccessivi, ma non riesco a zittire la vocina interiore del mio cuore. Sono rimasta
impigliata, e questa lettura in un certo senso è stato quel giusto antidoto
utile a scacciare la noia e la tristezza.
Non ci sarebbe nient’altro da dire. Quando si legge questa tipologia di romanzi l’idea non è di essere esclusivamente intrattenuta ma di amarlo, o perlomeno apprezzarlo, e solitamente ce la metto tutta per cogliere stati d’animo che rispondono ai muti ed incauti sussulti del mio cuore, sottili indicazioni che parlano molto più del normale, preferendo acquattarsi nel cuore della notte per ricordarci di chiedere se il tempo con cui trattenersi forse troppo poco o troppo eccessivo. Alla fine la decisione è sempre quella più adatta, concerne al mio animo perché solo così mi sento più libera e felice quando sono io a decidere, complice intrepida che ha viaggiato in svariati luoghi in patrie palludose e putrescenti.
In genere finisco per amare queste letture dalle prime pagine, spesso addirittura dallo stile dell’autore. È una soluzione sensata, secondo me, che mi aiuta a comprendere cosa faccia o meno per me, che dopo qualche momento o lettura insoddisfacente prende fuoco come un meteorite, acquattandosi in qualche angolo remoto del mio cuore. Ma per squarciare il velo della monotonia, non solo certi viaggi improvvisi si rivelano splendidi ma accrescono il mio amore per la lettura. Ed ecco che con la Di Pietrantonio si è stabilita un’intimità spirituale troppo breve per essere intensa che a volte mi è sembrato di conoscere questa donna forte e coraggiosa, avvolta nelle maglie del tempo, che ha adempiuto a ruoli che sotto certi punti di vista sono stati scomodi, ma conformi all’epoca narrata. Così fondamentale ascoltarla, seguire i suoi gesti a piccoli passi, prestare molta attenzione a ciò che la sua bocca non aveva espresso quanto il suo cuore, perché a volte ho interpretato male i segnali maturando pensieri sbagliati, come afferrarla e poi sfuggirmi, in quanto in tutto ciò che ha fatto ci ha messo il cuore ma non si ribellava mai e lasciava fare perché intimidita dal dubbio e dalle delusioni. Mi sono così sottomessa a questi pensieri con una specie di coinvolgimento passivo, quasi meccanico, che era peggio del non esserci, e quando mi accorsi di ciò mi indusse a capire che era il vero intento dell’autrice. Uomini e donne sono diversi, e per comprenderli a fondo bisogna fare più attenzione e imparare a pensare e sentire come lei, il che tollerare certi comportamenti e certe scelte.
Mi rendo conto di aver sopravvalutato tutto ciò. Il gran ruggito del tempo, la presenza costante di affetti o legami talmente profondi impossibile da scindere, scavano una via di fuga quasi come un appello silenzioso che possa rievocare il ricordo di una promessa. La magia di un sogno. Dubbi dell’anima, in particolare, se le sue idee legate alla terra, all’attacamento figliare e famigliare fossero così salde come dice, in cui ci si domanda se valga o meno la pena di combattere il << sistema >> quando il sistema non sarebbe mai cambiato, se lottare per migliorare le cose le avrebbe peggiorate a causa di tutti quelli che sarebbero insorti contro chi lotta per migliorarsi, ma anche dubbi su se stessa, sulle possibilità che la vita ci fa dono, picocle cose da donna che l’hanno tormentata sino alla fine che convinsero me, che sono donna, ma credo anche il più coriaceo dei lettori, ad adeguarsi a questa visione distorta e artificiale della femminilità allo scopo di alimentare la grande macchina della Vita che funziona suscitando il desiderio di cose di cui la gente forse non ha bisogno. Tutto questo da una ragazza come l’Arminuta, avvolta nel mistero, nascosta dietro una corazza impenetrabile, che finì per mettere in discussione ogni cosa. Qualunque forma di libertà mancata, cosa è giusto o non è giusto fare specie quando ci sono poche possiiblità?
Uno squarcio nel tessuto del tempo che ho percorso in un pomeriggio inalberando momenti di vuoto in segno di rievocazione del ricordo contro tutto, che è appoggiato su posizioni di vita che invitano a guardarsi dentro, aderiscono alla nostra pelle come una patina invisibile, fatalista e moralista attraverso il quale abbracciamo questo mondo come una condizione cui non si può fare a meno.
Non ci sarebbe nient’altro da dire. Quando si legge questa tipologia di romanzi l’idea non è di essere esclusivamente intrattenuta ma di amarlo, o perlomeno apprezzarlo, e solitamente ce la metto tutta per cogliere stati d’animo che rispondono ai muti ed incauti sussulti del mio cuore, sottili indicazioni che parlano molto più del normale, preferendo acquattarsi nel cuore della notte per ricordarci di chiedere se il tempo con cui trattenersi forse troppo poco o troppo eccessivo. Alla fine la decisione è sempre quella più adatta, concerne al mio animo perché solo così mi sento più libera e felice quando sono io a decidere, complice intrepida che ha viaggiato in svariati luoghi in patrie palludose e putrescenti.
In genere finisco per amare queste letture dalle prime pagine, spesso addirittura dallo stile dell’autore. È una soluzione sensata, secondo me, che mi aiuta a comprendere cosa faccia o meno per me, che dopo qualche momento o lettura insoddisfacente prende fuoco come un meteorite, acquattandosi in qualche angolo remoto del mio cuore. Ma per squarciare il velo della monotonia, non solo certi viaggi improvvisi si rivelano splendidi ma accrescono il mio amore per la lettura. Ed ecco che con la Di Pietrantonio si è stabilita un’intimità spirituale troppo breve per essere intensa che a volte mi è sembrato di conoscere questa donna forte e coraggiosa, avvolta nelle maglie del tempo, che ha adempiuto a ruoli che sotto certi punti di vista sono stati scomodi, ma conformi all’epoca narrata. Così fondamentale ascoltarla, seguire i suoi gesti a piccoli passi, prestare molta attenzione a ciò che la sua bocca non aveva espresso quanto il suo cuore, perché a volte ho interpretato male i segnali maturando pensieri sbagliati, come afferrarla e poi sfuggirmi, in quanto in tutto ciò che ha fatto ci ha messo il cuore ma non si ribellava mai e lasciava fare perché intimidita dal dubbio e dalle delusioni. Mi sono così sottomessa a questi pensieri con una specie di coinvolgimento passivo, quasi meccanico, che era peggio del non esserci, e quando mi accorsi di ciò mi indusse a capire che era il vero intento dell’autrice. Uomini e donne sono diversi, e per comprenderli a fondo bisogna fare più attenzione e imparare a pensare e sentire come lei, il che tollerare certi comportamenti e certe scelte.
Mi rendo conto di aver sopravvalutato tutto ciò. Il gran ruggito del tempo, la presenza costante di affetti o legami talmente profondi impossibile da scindere, scavano una via di fuga quasi come un appello silenzioso che possa rievocare il ricordo di una promessa. La magia di un sogno. Dubbi dell’anima, in particolare, se le sue idee legate alla terra, all’attacamento figliare e famigliare fossero così salde come dice, in cui ci si domanda se valga o meno la pena di combattere il << sistema >> quando il sistema non sarebbe mai cambiato, se lottare per migliorare le cose le avrebbe peggiorate a causa di tutti quelli che sarebbero insorti contro chi lotta per migliorarsi, ma anche dubbi su se stessa, sulle possibilità che la vita ci fa dono, picocle cose da donna che l’hanno tormentata sino alla fine che convinsero me, che sono donna, ma credo anche il più coriaceo dei lettori, ad adeguarsi a questa visione distorta e artificiale della femminilità allo scopo di alimentare la grande macchina della Vita che funziona suscitando il desiderio di cose di cui la gente forse non ha bisogno. Tutto questo da una ragazza come l’Arminuta, avvolta nel mistero, nascosta dietro una corazza impenetrabile, che finì per mettere in discussione ogni cosa. Qualunque forma di libertà mancata, cosa è giusto o non è giusto fare specie quando ci sono poche possiiblità?
Uno squarcio nel tessuto del tempo che ho percorso in un pomeriggio inalberando momenti di vuoto in segno di rievocazione del ricordo contro tutto, che è appoggiato su posizioni di vita che invitano a guardarsi dentro, aderiscono alla nostra pelle come una patina invisibile, fatalista e moralista attraverso il quale abbracciamo questo mondo come una condizione cui non si può fare a meno.
Valutazione d’inchiostro: 4
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