A volte si rimanda la lettura, l’approccio a un dato romanzo a data da destinarsi. Quando mi cimento a leggere un romanzo, sia il suo autore conosciuto sia sconosciuto, mi trovo in una situazione di precaria incertezza. L’arte della lettura è di per se entusiasmante, appassionante, ma quasi sempre mi lascio surclassare, influenzare da pregiudizi o dubbi che sembrano poi un’ottima motivazione per aver procrastinato quella lettura per così tanto tempo. Perché non solo il pensiero in sé tiene in vita forme di magia, spiritualità che fungono da contrappeso a certi aspetti negativi o insulsi ma la maggior parte delle volte mi aiutano a tenermi dentro, ad inghiottire qualunque remora e giudicare solo a fine lettura. E come succede quasi sempre, anche con questo romanzo è avvenuta la medesima situazione. Eppure certe storie ti aiutano a riflettere, a fare i conti con il tuo cervello guadagnandoci nient’altro che un posto d’onore fra le letture memorabili o dimenticabili, e anche se con David Grossman il mio rapporto sia stato alquanto altalenante finì per guadagnarsi il posto d’onore del << libri da leggere almeno una volta nella vita >>. E così, ora che tutto è finito, ho trascorso due giornate intere a scervellarmi, a districare questa matassa contorta di sentimenti, cuore ed emozioni. Il risultato? Nulla che i sentimenti possano trafugare da un mondo quasi onirico, essenzialmente piatto da cui è possibile scorgere squarci di anime appassionate ma irrefrenabili, inafferabili che possano appagarsi l’uno con l’altro.
Titolo: Che tu sia per me il
coltello
Autore: David Grossman
Casa editrice: Oscar Mondadori
Prezzo: 12 €
N° di pagine: 330
Trama: In un gruppo di persone,
un uomo vede una donna sconosciuta che con un gesto quasi impercettibile sembra
volersi isolare dagli altri. Commosso, Yair le scrive, proponendole un rapporto
profondo, aperto, libero da qualsiasi vincolo, ma esclusivamente epistolare.
Più che una proposta è un'implorazione e Myriam ne resta colpita, forse
sedotta. Un mondo privato si crea così fra loro, ognuno dei due offre all'altro
ciò che mai avrebbe osato dare a qualcuno, e in questo processo di svelamento
Yair e Myriam scoprono l'importanza dell'immaginazione nei rapporti umani e la
sensualità che si nasconde nelle parole. Finché Yair si rende conto che le
lettere di quella donna stanno aprendo un varco dentro di lui, gli chiedono con
imperiosa delicatezza una svolta nella sua vita interiore. Il risultato è un
romanzo avvolgente e "impudico" che ci mostra quanta strada bisogna
percorrere per vincere la paura e arrivare a toccare liberamente, con pienezza,
l'anima (e il corpo) di un altro essere umano.
La recensione:
Perché rinunciare a qualcosa? Perché rinunciare a tutto? Voglio tutto con te, perché solo con te posso volere tutto. Perché forse solo attraverso questo prodigo "tutto" ci verrà svelato, a poco a poco, l'essenza particolare che può crearsi tra me e te, ma mai oltre due persone.
Certi romanzi, volontariamente o involontariamente,
divengono pensieri fissi, come un appuntamento che è impossibile rimandare, un
progetto che deve realizzarsi nell’immediato, insieme a un manipolo di
possibilità che il Fato – così crudele ed egoista – non intralcia il suo
percorso, perché nel momento in cui matura l’idea di approcciarsi, avviarsi, l’isolamento
ristoratore del regime odierno individuale e personale si riduce spesso a una
specie di solitudine affannosa. I primi giorni di gennaio mi videro in compagnia
di due figure, che avevo affiancato qualche tempo fa, ma il cui ricordo era
svanito alla luce morente di un crepuscolo. Questo periodo iniziale in cui ci
si sente inorgogliti, desiderosi di valicare mondi inesplorati in cui mi
vengono presentate tante cose, osservo minuziosamente ciò che mi circonda, in questo
caso non me ne piacque nessuno, forse una minuscola parte di quanto trapela da
queste pagine, la forza di sentimenti forti e prorompenti, che in un modo o
nell’altro hanno avviato quel proposito di smaltire quelle letture che
languivano sullo scaffale da troppo tempo. Scelgo, fra le tante possibilità,
quale lettura animerà le mie giornate: leggere Che tu sia per me il coltello,
prendere appunti, non potersi far cullare da un motivetto intenso,
dolorosamente sentito ma proiettato in un silenzio prolungato, quasi assordante
a cui non si riesce ad aggrapparsi a niente, se non una manciata di idee folli
che prosperano nell’oscurità della notte e svaniscono alla luce del giorno. Il tutto
smercato con vicende commoventi che inducono a moti di compassione e tenerezza.
Ma, personalmente, mai romanzo epistolare come questo
mi ha indotta ad avanzare a fatica nei meandri di una storia che avrebbe potuto rivelarsi
piacevole, anche quando l’elemento su cui ruota l’intero romanzo è
essenzialmente banale, e quando le pagine scorrevano sotto il mio occhio vigile
la solitudine era ancora lì ad attendermi. Il forte senso di inadeguatezza, il
sollievo momentaneo che risulta poi spiccio e squallido, reticolo ingarbugliato
di elementi che nonostante l’effetto scatenante, la ricchezza di elementi
letterari, è privo di logica. Ho avuto come l’impressione di leggere qualcosa
di assolutamente grezzo, ridicolo, banale il cui unico scopo è quello di
evidenziare l’amore e il momento in cui due persone tendenzialmente sconosciute
<< condividono >> il propagarsi di tanto amore. Anche quando, ho
cercato di alleare cose cui confidavo parlassero, che aspettarono sotto l’ombra
di essere chiamate ed evocate, prima che il fuoco della vita se le prenda e le
ammotulisca.
La mia anima avrebbe potuto struggersi, anche quando ha
rievocato quei momenti in cui hanno tremato, si sono stretti l’uno all’altro. All’inizio
non avevo capito cosa stessi leggendo: ho cercato una storia che potesse fare
al caso mio, una reazione alle mie corse spericolate e notturne fra anfratti
bui, paradossi ( segni che alimentassero la mia anima attraverso una manciata
di parole, sparse qua e là ), ma gli occhi hanno cominciato a impigliarsi in irrazionali
dichiarazioni d’amore, trame di una storia che non ha veramente una sua storia
e altri accessori di quello che avrebbe potuto essere tendenzialmente romantico.
Perché l’amore che ritrae David Grossman, quello semplice, quell’ottenebrante
desiderio di cadare, variopinto d’immagini su una nuda parete bianca, è si
colorato, acceso, talvolta persino esuberante, che mette a nudo l’anima di chi
legge e di chi scrive, ma non disvela l’oscurità. Non si discosta da quella
patina di malinconia, inadeguatezza, quel senso di inadeguatezza che avrebbero
potuto accrescerne la sua aura, checchè quell’inezione di verità che snaturasse
la sua vera e propria essenza, dinanzi agli occhi del tempo.
Il brivido freddo del dubbio, che mi aveva colta
impreparata, mi ha reso vulnerabile al mondo in cui si sono aggirati liberi. Impossibilitata
ad essere irretita e sedotta dalla magia della storia. Da alcun incauto
sussulto del cuore, in una manciata di parole, con così tanto sentimentalismo
che contrasta con piccoli segreti, rituali sussurrati nel cuore della notte,
Che tu sia per me il coltello è il pianto trattenuto di chi lo ha scritto. Un pianto
irrefrenabile misto a una serie di lamenti che non interpreta solo il
linguaggio dell’amore, privato e intimo, ma quell’infinità di sensazioni che
non hanno anticipato il piacere di leggere l’ennesima storia d’amore. Si perché
sono altre le storie d’amore che mi danno alla testa. Nonostante,
paradossalmente, quello dell’autore sia stato un gesto di seduzione originale,
drammatico, passionale, tragico lanciato come una confessione sussurrata dalla
soglia morale della nostra insoddisfazione. Ed è da qui che deriva il mio
giudizio, il mio sentirmi insoddisfatta che non ha colto nient’altro che la
pazienza di un ossessione che non ha avuto sfogo ed effetto.
Ma, personalmente, mai romanzo epistolare come questo mi ha indotta ad avanzare a fatica nei meandri di una storia che avrebbe potuto rivelarsi piacevole, anche quando l’elemento su cui ruota l’intero romanzo è essenzialmente banale, e quando le pagine scorrevano sotto il mio occhio vigile la solitudine era ancora lì ad attendermi. Il forte senso di inadeguatezza, il sollievo momentaneo che risulta poi spiccio e squallido, reticolo ingarbugliato di elementi che nonostante l’effetto scatenante, la ricchezza di elementi letterari, è privo di logica. Ho avuto come l’impressione di leggere qualcosa di assolutamente grezzo, ridicolo, banale il cui unico scopo è quello di evidenziare l’amore e il momento in cui due persone tendenzialmente sconosciute << condividono >> il propagarsi di tanto amore. Anche quando, ho cercato di alleare cose cui confidavo parlassero, che aspettarono sotto l’ombra di essere chiamate ed evocate, prima che il fuoco della vita se le prenda e le ammotulisca.
La mia anima avrebbe potuto struggersi, anche quando ha rievocato quei momenti in cui hanno tremato, si sono stretti l’uno all’altro. All’inizio non avevo capito cosa stessi leggendo: ho cercato una storia che potesse fare al caso mio, una reazione alle mie corse spericolate e notturne fra anfratti bui, paradossi ( segni che alimentassero la mia anima attraverso una manciata di parole, sparse qua e là ), ma gli occhi hanno cominciato a impigliarsi in irrazionali dichiarazioni d’amore, trame di una storia che non ha veramente una sua storia e altri accessori di quello che avrebbe potuto essere tendenzialmente romantico. Perché l’amore che ritrae David Grossman, quello semplice, quell’ottenebrante desiderio di cadare, variopinto d’immagini su una nuda parete bianca, è si colorato, acceso, talvolta persino esuberante, che mette a nudo l’anima di chi legge e di chi scrive, ma non disvela l’oscurità. Non si discosta da quella patina di malinconia, inadeguatezza, quel senso di inadeguatezza che avrebbero potuto accrescerne la sua aura, checchè quell’inezione di verità che snaturasse la sua vera e propria essenza, dinanzi agli occhi del tempo.
Il brivido freddo del dubbio, che mi aveva colta impreparata, mi ha reso vulnerabile al mondo in cui si sono aggirati liberi. Impossibilitata ad essere irretita e sedotta dalla magia della storia. Da alcun incauto sussulto del cuore, in una manciata di parole, con così tanto sentimentalismo che contrasta con piccoli segreti, rituali sussurrati nel cuore della notte, Che tu sia per me il coltello è il pianto trattenuto di chi lo ha scritto. Un pianto irrefrenabile misto a una serie di lamenti che non interpreta solo il linguaggio dell’amore, privato e intimo, ma quell’infinità di sensazioni che non hanno anticipato il piacere di leggere l’ennesima storia d’amore. Si perché sono altre le storie d’amore che mi danno alla testa. Nonostante, paradossalmente, quello dell’autore sia stato un gesto di seduzione originale, drammatico, passionale, tragico lanciato come una confessione sussurrata dalla soglia morale della nostra insoddisfazione. Ed è da qui che deriva il mio giudizio, il mio sentirmi insoddisfatta che non ha colto nient’altro che la pazienza di un ossessione che non ha avuto sfogo ed effetto.
Voglio svegliarmi ma non
separarmi da te. E se mi sveglierò, non sarò con te come lo sono ora.
Valutazione d’inchiostro: 2
Ciao Gresi, di Grossman ho letto tempo fa "Qualcuno con cui correre" e ricordo che mi era piaciuto. Questo romanzo non l'ho letto ma non ho sentito pareri molto positivi...
RispondiEliminaSi, a molti è piaciuto. Ma è questione di gusti ☺️☺️
EliminaChe recensione...wow! È nsempre un peccato quando un libro non entra nelle proprie corde, ma il bello è anche questo. Non conosco questo libro, e nemmeno l'autore, non mi invoglia alla lettura nemmeno la cover... Grazie per questa tua opinione, ne farò tesoro.
RispondiEliminaGrazie ☺️❤️❤️
EliminaOttima recensione, grazie
RispondiEliminaA te ❤️❤️
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