È stato davvero strano inaugurare l'anno con la
lettura di un classico, quando la maggior parte dei lettori auspica ad un tipo
di lettura fuori da questi schemi, ma sono letture queste che fortificano il
mio animo, e quando mi imbatto nei classici non ci penso due volte a fiondarmi
fra le sue pagine, sapendo che ciò avrebbe comportato una certa ricchezza di
temi e argomentazioni varie. Una decina sarebbe stato il numero che avrei letto
questo mese, e che ostinata mi premuro a portare a termine, tutti però provenienti
da scaffali colmi, colorati il cui irrimediabile eco sovrastò persino i miei
pensieri. Fu così che la giovane Anne reclamò la mia attenzione sapendo che la
sua sarebbe stata una chiamata che avrebbe funto da beneficio dell'anima,
destabilizzante e un po'tragica, così relegata e messa da parte a discapito
delle altre sorelle, che al minimo segnale di magnificenza sporse intorno a me
creando un bellissimo effetto di colori. Il ritratto di una giovane donna e il
suo desiderio di essere integrata nel mondo degli altri, concentrato su mariti
buffoni e inappaganti ed indifferenti a tutto ciò li circondava, e lei così
orgogliosa da salvaguardare la sua integrità nell'essere prodotta come essere
finito in un mondo infinito cui è possibile scorgere la luce. Tematiche queste
che possono sembrare banalissime, instantanee di vita quotidiana che una volta
riposte in un cassetto non persistono nella memoria, non potendo fare a meno di
tornare col pensiero a mesi di lento vagabondare fin quando non è stata scovata
la salvezza.
La Bronte scova nella sua mente, nel suo intimo un che
di supremo e solenne che converge con gli idiomi del cattolicesimo e delle
antiche orazioni classiche. E ritrae una divinità imperfetta e mortale soggetta
ai malumori e alle continue confusioni che affliggono tutti gli esseri umani, nel
quale si venera l'unica cosa che non ci deluda per il resto della vita.
Malgrado i dispiaceri, ma dotato di un forte e naturale disincanto in cui
l'amore, il sentimento, l'emozioni non avrebbero mai cessato di esistere.
Titolo: La signora di Wildfell Hall
Autore: Anne Bronte
Casa editrice: Neri Pozza
Prezzo: 16
N° di pagine: 390
Trama: Chi è l'affascinate signora
nerovestita che si è installata nella decrepita, isolata residenza di Wildfell
Hall? Quella donna sola, che vive con un bambino e un'anziana domestica, sarà
davvero la giovane vedova che dice di essere? Helen Graham è estremamente
riservata e il suo passato è avvolto in un fitto mistero. Fa il possibile per
ridurre al minimo i contatti con i suoi vicini, a costo di apparire scostante e
ombrosa, e trascorre le giornate dipingendo e prendendosi cura - fin troppo
amorevolmente, dice qualcuno - del piccolo Arthur. Ma Gilbert Markham, giovane
gentiluomo di campagna tutto dedito ai suoi terreni e al corteggiamento di
fanciulle tanto graziose quanto superficiali, è subito punto da una viva
curiosità per quella donna che lo tratta con insolita freddezza. Il
comportamento schivo di Helen suscita presto voci e pettegolezzi maligni e lo
stesso Gilbert, che pure è riuscito a stringere una bella e intensa amicizia
con lei, è portato a sospettare. Solo quando la donna gli consegnerà il proprio
diario emergeranno i dettagli del disastroso passato che si è lasciata alle
spalle.
La recensione: Bella e misteriosa, la bella Helen mi sorprese
fissarla, sorridere e salutarla con un cenno, che aveva richiamato la mia
attenzione malgrado le innumerevoli letture, una gran schiera di autori
conosciuti le cui opere reclamano la mia attenzione da tantissimo tempo.
Stipati in un angolo angusto della mia libreria, colorata e variopinta che
sembrano più interessati a chiacchierare fra loro che essere letti, ma questa
era l'ennesimo nonché secondo viaggio con Anne Bronte, anche se per mio gusto
personale, non migliore del bellissimo Agnes Grey, conoscendo già l'autrice, il
suo stile, la sua verve, le sofisticate ipocrisie del cuore umano che i poeti
romantici misero sempre in discussione, e se il giovane protagonista di questa
storia non fosse stato animato o dominato da un certo fascino nei suoi
riguardi, seguito da una conoscenza vera e profonda, miss Helen sarebbe rimasta
avvolta nel mistero, perché questo sarebbe stato il suo momento, e l'intento
dell'autrice è che il lettore fosse concentrato su di lei, inchiodati al punto
da essere ridotti in stato di muta soggezione, io relegata in un angolo
ammaliata e incuriosita di ciò che i miei occhi avrebbero visto.
A metà di una narrazione un po' lenta e tendenzialmente
introspettiva, ho visto questa giovane donna fendere la folla stingendo fra le
mani pagine malconce di diario. Venne nella mia direzione, avanzando
imperterrita verso la sua lussuosa residenza malgrado le malevoli voci che
intralciarono la sua reputazione, e quando fummo abbastanza vicini vidi che
sorrideva, questa donna serbava parecchio dolore. Non essendo poi così distante
da altri romanzi del genere, La signora di Wildfell Hall non
ha lasciato un segno profondo del suo passaggio, che è piuttosto semplice, e
che aveva come protagonista un frammento di vita delle autrici, che in un
momento imprecisato della sua vita condusse una vita sgretolata e dissoluta.
Da lettrice, non ho mai compreso come mai le donne
anelassero questo tipo di libertà, che ai giorni nostri è più che normale, ma
sul finire del 1800 la mentalità individuale era piuttosto ristretta, e una
donna londinese benestante e garbata deponeva male ai membri appartenenti al
suo rango rivendicando ogni diritto. Si esportavano virtù, vizi, idiomi che
avevano una certa importanza, affinché un matrimonio ben riuscito comportasse
una buona rendita sociale. Trasformando così una semplice donna vittoriana in
una giovane donna perbene e realizzata. Ma in tutto ciò, la libertà, la
necessità di essere se stessi erano due elementi essenzialmente opposti?
La signora di Wildfell Hall evidenzia
come tutti questi fatti distinguono i tratti di una donna, ma come ella non è
solo bella e straordinaria ma, se volenterosa, dotata di un cervello che la
porti lontano. Un effetto devastante che ha sempre sortito un certo scalpore,
una donna che non avrebbe occupato semplicemente uno spazio ma dominarlo,
possederlo per intero, come successe alla giovane Helen.
Guardarla negli occhi mi indusse a vederla sotto una
nuova luce, una persona coraggiosa che fu sin da sempre relegata nell'ombra, la
cui conoscenza ebbe un effetto devastante.
A dispetto dell'ingenua Agnes, Helen è sempre stata un
po' distaccata. Non per la situazione in se, quanto da ciò che ella mi narró.
Piuttosto simile ad altre sue eroine, armonioso, lineare, intimo e
introspettivo ma poco emozionante e coinvolgente che non mi ha messo a mio agio
nell'immediato, ma dopo una manciata di pagine. Condotta nelle campagne rurali
di una bella villa inglese, così disperata e razionale ma guidata da un forte
senso di solitudine, forza e coraggio di nutrire moti di compassione e
comprensione. Un incubo da cui sembra non ci sia niente da fare, da cui sembra
impossibile riflettere: solo la comprensione, il turbamento era possibile,
quella torbida spirale del dolore.
Eppure la fiamma del sentimento, così vero e profondo,
è andato al di là di ogni cosa. Dopo aver annaspato in pozzi integri di fango e
marciume, abbandonata allo spirito di visioni che sovrastano, infervorano per
la loro semplice armoniosa natura, fanno vibrare il cuore di una melodia o un
tipo di esaltazione che turba.
Ed è così che ho fatto delle vicende della giovane
Helen qualcosa di mio, nel quale la bontà d'animo, i forti dogmi Cristiani, il
desiderio di scovare una strada anche quando sembra non ce ne sia, la forza e
il coraggio assalirono qualunque fattore esterno.
Romanzo che cerca la pace nell'esilio, la felicità
effimera nel piacere, la scrittura come unico scoglio a cui aggrapparsi, mi ha
coinvolta ma non così tanto. Profondamente relegato in piacevolissimi momenti
di compagnia di una giovane donna, che nonostante il temperamento malinconico,
si è attenuata e trovato il coraggio per affrontare ogni cosa.
Valutazione d'inchiostro: 4 -
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