Oggi è giovedì, ed io attendo impazientemente le
ferie. La mia mente, che in questi giorni è stata beata dalla compagnia di
piccole creature, da queste figure di carta e inchiostro che improvvisamente
hanno preso vita, in questo periodo galleggiano quietamente in una piscina di serenità
e splendore. Sembra che il tempo e lo spazio si siano fermati. O meglio, nel
luogo in cui sono sprofondata in questi giorni, è stato un luogo in cui ho
dovuto trattenere il fiato, sperando che il tempo non si accorga della mia
esistenza.
Attraversando un lungo corridoio dopo la porta
principale, vi è una piccola stanza, un piccolo santuario, dove riposano
quietamente amici silenziosi e di lunga data. Dimentico completamente chi sono.
Divento uno spazio bianco. Subito alcune visioni mi affiorano alla mente. Anche
questa volta, io e Albert Cohen abbiamo diviso questo tipo di visioni.
E' una tempesta malinconica, struggente e
simbolica, ma ha lacerato le mie carni come mille rasoi. Sangue caldo e rosso è
scorso nelle mie mani.
Uscita da
questa storia non sono stata più la stessa da che sono entrata. Ed esprimendo i
miei sentimenti, che vacillano fra la gioia incontenibile e il desiderio
incessante di condivisione, come le stelle e gli alberi che hanno seguito ogni
mia mossa o movimento, ho per l’ennesima volta vissuto e respirato fra le
stanze buie e polverose di questa splendida fiaba. Consapevole di ciò che ho
visto e sentito, assalita da una violenta frenesia che mi ha indotta a osannare
ancor di più le valorose gesta di Ariane e Solal.
Titolo: Bella del signore
Autore: Albert Cohen
Casa editrice: Bur
Prezzo: 11, 50 €
N° di pagine: 8oo
Trama: Ariane e Solal, lei nobile di nascita, lui
altissimo dirigente della Società delle Nazioni, entrambi alteri ma irrequieti,
si incontrano, si amano e fuggono via alla ricerca di una passione assoluta ed
esteticamente perfetta. La perfezione formale, però, non esiste, l’amore a poco
a poco si illanguidisce e viene sostituito dalla noia, fino alle estreme
conseguenze.
La
recensione:
<<
Ti vidi per la prima volta e subito ti amai, nobile fra l’ignobile apparsa, tu
e io, e nessun altro nella ressa degli arrivisti e dei cupidi d’importanza, noi
due soli in esilio, tu come me solo e triste come me e per disprezzo tacita. >>
Si
può amare un romanzo prima ancora di averlo letto? Si può provare struggimento,
dolore, sofferenza per l'amore di due anime inquiete che, a lettura terminata,
mi accorgo di come hanno lasciato dietro di loro uno spazio vuoto che aveva la
forma di una persona? Mi sono sempre considerata un'inguaribile romantica e,
nella mia prolifica carriera di lettrice, ho sempre avuto un debole per le
storie d'amore. Quella forza potente che spinge gli uomini a continuare ad
andare avanti ogni giorno, forte, avvolgente, sconvolgente ma anche
rassicurante, capace di renderci felici anche solo per qualche attimo.
Qualunque sussulto del cuore, anche se incauto, suicida o masochista capace di
trasmetterci quella magica sensazione di cadere nel vuoto, o la divina
imprudenza di perdere completamente la nostra volontà.
A
dire il vero, non dovrebbe essere così. E' anormale. Sbagliato, tutto questo.
Eppure è una felicità imprecisa, tanto che quando riesco a sentirla sulla pelle
mi domando se sia tangibile o meno. Vera come due satelliti nelle vuote tenebre
del cosmo. Qualcosa di trascendentale che riesce a far vibrare il vuoto. Una
pallida ombra. Così vera al punto di non riuscire a distinguere la realtà dalla
finzione, e a non impedirmi di ricordare gli episodi più belli.
Leggendo
Bella del Signore di Alberth Cohen,
questo è quello che ho provato dal primo momento in cui i miei occhi color
cioccolato si sono posati su quel titolo inusuale, quel faccione da bambola e
quegli occhi azzurri in attesa di un rimprovero. Fascino. Curiosità. Un caso
fantasmagorico di voci e volti, di creature le cui voci si intrecciano e si
sovrappongono in unica personale catena.
La
mia prima lettura francese, profanata di tradimento, zeppa di distrazioni
amorose e realistiche, che si ammanta di uno stile ipnotico che richiama alla
mente gli antichi poemi omerici, e che penetra nel lettore al punto tale
d'immergerlo in uno stato fra il fascino e l'oblio. Il mio primissimo incontro
con un autore francese. La prima sensazione. La prima storia d'amore che è
stata raccontata da tanti, ma che Cohen riesuma col suo tocco spiccatamente
magico/comico e tragico le cui descrizioni, che riavvicinano la psicologia
maschile e femminile, sono crudelmente sincere in quanto ciò che è descritto è
descritto attraverso gli strumenti della letteratura: l'essere umano definito
in senso universale. Il cui mondo che lo circonda è zeppo di meschinità,
ipocrisia, cattiveria, che rivelano l'intento dell'autore di esaminare, con
profondità e tenerezza, un tema piuttosto importante nella produzione
coheniana: il senso della vita.
Leggendolo
tutto d'un fiato per la terza volta, nonostante il tempo scorra ininterrotto e,
delle volte, ci costringa a dimenticare cose che non vorremmo mai dimenticare -
immagini, episodi che ci avvolgono quasi come una seconda pelle -, ho
riscontrato quella profonda e assurda solennità di cui è impregnato e di cui,
due anni fa, come un meraviglioso compagno di viaggio, aveva disegnato la sua
orbita. Assistere alle meravigliose ed esilaranti impennate amorose del
donnaiolo Solal, vivere in prima persona il loro splendido ma tormentato amore,
trovarsi in un luogo che conoscevo solo per sentito dire è stata la prova che
questo tipo di storia non ero ancora riuscita a dimenticarla del tutto. I miei
ricordi nei riguardi di questo straordinario romanzo, le sue indimenticabili
immagini sono ancora saldamente legati al mondo della mia adolescenza e,
ritratto umano terribilmente realistico e coinvolgente di protagonisti
intrappolati nel lungo limbo delle convenzioni sociali, che incorrono
esclusivamente l'ideale dell'uomo forte, virile e spericolato,
differententissimo dagli archetipi contradditori e intercambiabili, è rosso
sangue che scorre. Una dimensione in cui è semplicissimo riconoscersi,
assistendo alla nascita di una passione indescrivibile, illusoria e allo stesso
tempo terrificante, che se ne sta sospesa nell'avverso universo come luminose
stelle, e che scopre i due amanti perdutamente insaziabili dei peccati tatuati
sulla loro pelle. Presi nell'anima e nel corpo. Così brillanti di lucentezza,
inteneriti e bramosi di vegliare sul sonno di uno sconosciuto che prima
osservavano con pietà, ma che adesso rappresenta la vita.
E'
una storia ambiziosa in cui sembra quasi impossibile distinguere la finzione
dalla realtà, che prende vita pian piano come la costruzione di un origami.
Reca il presagio di una lenta sofferenza capace di logorare dall'interno lo
spirito delle persone. E suscita nel lettore un empatia naturale, risvegliando
zone assopite nel fondo della sua coscienza. Una storia che ha un ché di tragico
e solenne, come un valoroso eroe tornato nella sua amata terra, che ci parla di
menzogne, follia. E che ci permette di seguire attentamente le vicende di
Ariane e Solal e la loro ingarbugliata storia che, da sempre desiderata, li ha
tramutati in animali. A comporre una musica che varchi i cancelli celesti del
Paradiso, depurandoli a tal punto di privarli persino della loro anima e
permettendogli di assaporare senza rimorso le gioie del corpo. Sedotti nella
gioia crudele del cuore, angeli dall'anima immortale legati da un amore che
sconfina oltre il tempo.
Dal
ritmo lento e sincopato, fa sorgere le riflessioni più profonde dell'animo
umano. Si camuffa tra le mura di un mondo ombroso e sentimentale. Descrive
situazioni inverosimili e sorprendenti che conducono il lettore a immergersi in
profondità del proprio inconscio. Ritratto di figure contrite e appassionate
che avvertono la presenza di una nuova realtà, che avrebbe colmato quel senso
d'incompletezza delle loro esistenze, nonché richiamo costante alla tangibilità
di un sogno tranquillo ma emozionante, intrigante, profondo, benefico, giunto
dopo una sfilza di letture di vario genere. Dove l'amore funge da bisogno
primordiale di appartenenza, in cui l'uno non riesce a vivere senza l'altro. E
che, nel momento del loro ricongiungimento, si fondono salvando le loro anime da un mondo di tenebre
e oscurità.
Bella del Signore
è un inno all'amore, alle ossessioni e alle possessioni dei due amanti,
violenti come scariche elettrice. Capaci di renderci prigionieri dei loro
stessi peccati, costantemente punteggiato da riferimenti scespiriani che ne
accentuano il tono elegiaco. Il titolo è una sorta di omaggio alla bella Ariane
che, fiera di essere l'amata del suo Solal, come una tragica eroina, si sente
condannata dalla commedia della nobiltà, per il suo pietoso bisogno di essere
distinta. Un quadro raffinato che non lo fa sembrare un romanzo, piuttosto una
proiezione in cui si provano gioie e sofferenze.
Sciorina
continuamente descrizioni dettagliate che, spesso e volentieri, inducono al
tedio e alla noia, è costruito mediante dialoghi incessanti che fungono quasi
come monologhi interiori dei protagonisti, in cui è quasi sempre in atto una
contrapposizione della persona la cui risposta è data dalla stessa anima, ma
cattura l'attenzione per la sensualità che si respira fra le sue pagine e in
cui diviene sempre più forte l'esigenza dell'autore di esplorare la zona dei
sentimenti.
Leggendolo
con passione ha riaperto ferite che pensavo avessi rimarginato del tutto. Ho avuto
come l'impressione che divenisse qualcosa di potente, e che si espandesse oltre
la realtà, come se alle impennate amorose di Ariane e Solal avessi assistito in
prima persona. E, nel corso di due intensissime settimane, con il giovane
navigatore che vegliava su di me e la sua sapienza mi regalava la conoscenza
della passione amorosa, ho sentite mie le avventure di questi due amanti che,
come un solco profondo, hanno lasciato una traccia del loro passaggio.
Valutazione
d’inchiostro: 5
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