Ed ora che il mio desiderio si è avverato, ho
conosciuto la Arden, non desidero nient’altro che proseguire imperterrita lungo
questo cammino. Intontita dai numerosi eventi, meravigliata nell’aver esplorato
un mondo assolutamente incantevole e fiabesco.
Titolo: L’orso e l’usignolo
Autore: Katherine Arden
Casa editrice: Fanucci
Prezzo: 18 €
N° di pagine: 304
Trama: In uno sperduto
villaggio ai confini della tundra russa, l’inverno dura la maggior parte dell’anno
e i cumuli di neve crescono più alti delle case. Ma a Vasilisa e ai suoi
fratelli Kolja e Alesa tutto questo piace, perché adorano stare riuniti accanto
al fuoco ascoltando le fiabe della balia Dunja. Vasja ama soprattutto la storia
del re dell’inverno, il demone dagli occhi blu che tutti temono ma che a lei
non fa alcuna paura. Vasilisa, infatti, non è una bambina come le altre, può “vedere”
e comunicare con gli spiriti della casa e della natura. Il suo, però,è un dono
pericoloso che si guarda bene dal rivelare finchè la sua matrigna e un prete da
poco giunto nel villaggio, proibendo i culti tradizionali, compromettono gli
equilibri dell’intera comunità: le colture non danno più frutti, il freddo si
fa insopportabile, le persone vengono attaccate da strane creature e la vita di
tutti è in pericolo. Vasilisa è l’unica che può salvare il villaggio dal Male,
ma per farlo deve entrare nel mondo degli antichi racconti, inoltrarsi nel
bosco e affrontare la più grande minaccia di sempre; l’ Orso, lo spaventoso dio
che si nutre della paura degli uomini.
La recensione:
Ricordo con quanto impegno
avevo cercato questo romanzo. Due volte? Tre volte? La versione digitale era al
momento quella che desideravo maggiormente. Il mese di agosto fu quel mese in
cui mi decisi di cimentarmi nell’ennesima lettura per ragazzi, e che a tutti
gli effetti avrebbe dovuto incantarmi. Ciò l’ho ricavato e constatato da ciò
che la sua autrice mi ha sussurrato dolcemente all’orecchio. Non c’era niente
di particolarmente scandaloso che indicasse un certo riserbo nei suo riguardi,
eppure negli ultimi tempi il fantasy è stato quel ponte di comunicazione che mi
ha indotta a giudicarlo diversamente. Un mondo distorto, magico, ambientato
nella bellissima e gelida Russia. La fabula che si intreccia a vicende di vita
odierne, mondane. Una specie di beneficio per l’anima, dolce ma allo stesso
tempo amaro, che ho divorato nel giro di qualche giorno. Ho accolto la storia
di Vasilja nel mio cantuccio personale con un entusiasmo che ho riversato con
gli anni ad altri romanzi del genere. E questo di per se è stata una cosa
positivissima. Ancora non so cosa o chi sia stato, ma quando ho deciso di
sfondarne la porta, varcare la soglia di questo straordinario mondo, per me è
stata pura e vera estasi. Ci sono stati momenti, durante il corso della sua
lettura, in cui mi sono sentita attanagliata dal freddo abbraccio di una storia
che effettivamente non dice niente di nuovo, ma è metafora di estirpazione di
qualunque forma maligna, che pone intrinsicalmente le sue radici in quelle
famigliari. La lotta incessante fra Bene e Male incarnati in storie, leggende,
elementi folcloristici che sono anche portatori di disgrazie.
Ecco cosa storie di questo tipo
inducono a fare. Una ragazza dal destino incerto, le cui sorti sono soffocate
dalle gesta di un Fato crudele ed egoista, pronta a contrastare ogni cosa,
straordinariamente folle e coraggiosa ad abbattere qualunque avversità. La sua,
infatti, è il racconto di un viaggio che ebbe luogo sul finire di un mese
afosissimo, conturbante, disturbante, esuberante, quando si ammainò la bandiera
della normalità a mezza asta e le usuali attività procedevano spedite il loro
corso. Affascinata dai connotati presenti nel romanzo della Arden, del concetto
di favola che si intreccia alla normalità, alle tradizioni, a qualunque forma
di etnia presente, nel quale mi sono riconosciuta. Per quasi tutto il processo
di lettura mi sono riconosciuta nel temperamento ribelle, coraggioso, forte, a
tratti selvaggio di Vasja, sentendomi bene per una manciata di giorni. Perché lei,
come me, ha conosciuto il dolore come forma sofisticata di crescita, e se
adesso non ci pensa due volte ad affrontare il prossimo credo sia più che
naturale! Come mai è proprio lei la << predestinata >> a dover
ordinare i diversi elementi, mentre la sua famiglia avanza in uno stato di vero
e proprio marciume, sinceramente non lo so. So solo che osservando il tutto,
credo che Vasja abbia subito fin troppe sciagure per poter aggiungervi dell’altro.
Eppure quella de L’orso e l’usignolo è il primo atto di
tre rappresentazioni letterarie che gira, e confido girerà, nel mio
personalissimo universo per ancora qualche tempo. In mia compagnia, Vasja è
stata quella guida perfetta per ascoltare quella che nient’altro è che il
simbolo di forti origini russe, estirpato da leggende o previsioni. Un opera
ammaliante, avvolgente dal ritmo lento e sincopato che evidenzia come la vita è
quel processo contorto, spesso crudele, che è spesso bestia di svariate
motivazioni. Provocazioni che coinvolsero un numero spropositato di personaggi,
figure che rappresentano esattamente la diffidenza, l’inconsapevolezza di ciò
che si fa superficialmente.
Una lettura a dir poco
bellissima che come i romanzi di formazione che mi piacciono tanto o i
classici, non mi ha lasciato in pace nemmeno per un istante. Un richiamo
costante al passato, alle tradizioni russe che non pretende niente di
eccezionale sennonchè ottenere la salvezza interiore mediante sforzi sovraumani
per non saltare alla gola, strozzarci, quasi abatterci. Forme di vita incisive
su un muro di visioni, simboli, contorsioni dell’anima da cui la stessa Vaja si
è impegnata a difendersi, proteggersi, dando persino la vita pur di rispettare
il suo impegno. Nulla che potesse dunque esprimere onoreficienze, cerimonie,
ammirazioni. Quella descritta dalla Arden l’ho letta come una sorta di sinfonia
che il tempo e lo spazio mi ha lasciato, inconsapevolmente. Ed io non ho potuto
fare a meno di leggerla. Ascoltarla. Intepretarla. Nonostante ci sono voluti
alcuni anni per andarci, i cui ricordi sono incisi sulla lavagna della mia
coscienza. E lì resteranno, per tanto tempo.
Sopravvissuta dinanzi a quelle
avversità che volevano contrastare il nostro incontro e alla paura di non poter
essere compatibili, ho vissuto questo romanzo con rimpianto: il suo processo di
lettura doveva accadere tanto tempo prima, sebbene la catena degli eventi che
ha determinato il nostro incontro mi ha costretta ad accettarne la sorte. L’orso e l’usignolo, infatti, è quel
romanzo d’iniziazione talmente bello e indimenticabile che ci restituisce una
storia folcloristica, esoterica e che collima elementi di mistero e magia. Una lettura
che mi ha donato un infinità di sensazioni altalenanti, che come un dolce
richiamo ha attirato la mia attenzione, sullo sfondo di una Russia fredda e
gelida turbata dalle forti vicissitudini di uomini incappucciati o spettri
inquieti.
Inno alle tradizioni, alle
leggende, alle favole, alle storie sussurrate nel cuore della notte, nonché continua
ricerca di scovare una via di salvezza in un marasma di oscurità, L’orso e l’usignolo
è un avvicendarsi di elementi gioiosi, avventurosi, dal ritmo lento e
sincopato, nonché rivisitazione della cultura russa che nella sua semplicità
cela del potenziale.
Valutazione d’inchiostro: 4 e mezzo
Non conosco, ottima recensione; grazie
RispondiEliminaUn bel romanzo 😊😊
Eliminane sento parlare benissimo di questi libri, sono curiosa
RispondiEliminaDavvero bello! :)
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