Con
l’adeguarmi agli incauti sussulti del mio cuore e il dar retta al mio istinto
non transigendo ne sforando per alcun motivo, avevo voluto aggiungere a questa
lista una storia come questa al mio percorso letterario, non un momento d’esitazione
per voltargli le spalle. Perché se ogni tanto mi << lascio andare
>> a qualcosa di non premeditato è la prova che tutto è scritto, la vita
non sempre ci permette di seguire certi schemi, certi progetti. Altrimenti il
brivido della vita sarebbe assente. Non prevalerebbe su niente e nessuno.
In una settimana di ferie, l’ultima purtroppo, ho letto questo bel romanzo facendo però attenzione a non immaginare qualcosa di più di quel che vi avrei trovato fra le sue pagine, alle poche e accativanti recensioni che casualmente atterrano fortuitamente attorno a me, ogni volta chiedendomi se quest’ennesimo viaggio possa o meno fare al caso mio. No. Quel poco di << malvagio >> che ho scorto fra le sue pagine è il suo essere perennemente malinconico, desideroso di trasmettere una certa tenerezza quasi un moto violento e repentino in cui si desidera scovare la verità. E perché non provarci anche io? Perché non tenersi stretta o dentro, qualsivoglia, la storia che l’autrice si tenne dentro, non come mezzo per comprendere il suo mondo o il mio, ma come semplice mezzo per evadere dalla realtà. Perché, nonostante l’importanza e la veridicità di certe tematiche non trascende alcun limite a causa dell’andamento un po’ lento e sincopato, il suo essere già visto in un mondo oramai quasi privo di originalità. Ma se non ci fossi stata non sarei stata spettatrice che avrebbe fatto di questa storia il suo cantuccio personale per qualche giorno? Involontariamente, la mia anima non smise di fare incontrollate capriole. Del resto, talvolta, si ha bisogno anche di questo tipo di storie.
In una settimana di ferie, l’ultima purtroppo, ho letto questo bel romanzo facendo però attenzione a non immaginare qualcosa di più di quel che vi avrei trovato fra le sue pagine, alle poche e accativanti recensioni che casualmente atterrano fortuitamente attorno a me, ogni volta chiedendomi se quest’ennesimo viaggio possa o meno fare al caso mio. No. Quel poco di << malvagio >> che ho scorto fra le sue pagine è il suo essere perennemente malinconico, desideroso di trasmettere una certa tenerezza quasi un moto violento e repentino in cui si desidera scovare la verità. E perché non provarci anche io? Perché non tenersi stretta o dentro, qualsivoglia, la storia che l’autrice si tenne dentro, non come mezzo per comprendere il suo mondo o il mio, ma come semplice mezzo per evadere dalla realtà. Perché, nonostante l’importanza e la veridicità di certe tematiche non trascende alcun limite a causa dell’andamento un po’ lento e sincopato, il suo essere già visto in un mondo oramai quasi privo di originalità. Ma se non ci fossi stata non sarei stata spettatrice che avrebbe fatto di questa storia il suo cantuccio personale per qualche giorno? Involontariamente, la mia anima non smise di fare incontrollate capriole. Del resto, talvolta, si ha bisogno anche di questo tipo di storie.
Titolo:
La confessione
Autore: Jessie Burthon
Casa editrice: La nave di Teseo
Prezzo: 20 €
N° di pagine: 526
Trama: Londra, 1980. In un pomeriggio d’inverno ad Hampstead Heat, Elise Morceau, che fa la maschera a teatro e ha tutta la bellezza dei vent’anni, incontra Constance Holden, detta Connie, e ne rimane stregata. Connie è una scrittrice di successo, arrogante e seducente in egual misura, con un romanzo in procinto di diventare un film a Hollywood. Le due donne si innamorano e stringono un rapporto che velocemente scivola verso l’ossessione e la reciproca dipendenza. Connie convince Elise a seguirla a Los Angeles, ma, se la prima è elettrizzata dall’eccitazione di un nuovo mondo dove tutti mentono pur di diventare una stella, l’altra vi annaspa, esasperata dagli umori della sua compagna con cui si susseguono rotture e riappacificazioni, e dalla falsità di quell’ambiente competitivo e irreale. Così Elise prende una decisione impulsiva, che cambierà la sua vita per sempre: sparisce nel nulla, senza lasciare tracce. Trent’anni dopo, una giovane donna di nome Rose decide di mettersi alla ricerca di sua madre, scomparsa quando era ancora una bambina. Bussa così alla porta dell’ultima persona che l’ha incontrata, una scrittrice ormai anziana che vive reclusa dopo essersi ritirata dalla vita pubblica al picco della sua fama, e da cui Rose è determinata a ottenere una confessione: Constance Holden.
Autore: Jessie Burthon
Casa editrice: La nave di Teseo
Prezzo: 20 €
N° di pagine: 526
Trama: Londra, 1980. In un pomeriggio d’inverno ad Hampstead Heat, Elise Morceau, che fa la maschera a teatro e ha tutta la bellezza dei vent’anni, incontra Constance Holden, detta Connie, e ne rimane stregata. Connie è una scrittrice di successo, arrogante e seducente in egual misura, con un romanzo in procinto di diventare un film a Hollywood. Le due donne si innamorano e stringono un rapporto che velocemente scivola verso l’ossessione e la reciproca dipendenza. Connie convince Elise a seguirla a Los Angeles, ma, se la prima è elettrizzata dall’eccitazione di un nuovo mondo dove tutti mentono pur di diventare una stella, l’altra vi annaspa, esasperata dagli umori della sua compagna con cui si susseguono rotture e riappacificazioni, e dalla falsità di quell’ambiente competitivo e irreale. Così Elise prende una decisione impulsiva, che cambierà la sua vita per sempre: sparisce nel nulla, senza lasciare tracce. Trent’anni dopo, una giovane donna di nome Rose decide di mettersi alla ricerca di sua madre, scomparsa quando era ancora una bambina. Bussa così alla porta dell’ultima persona che l’ha incontrata, una scrittrice ormai anziana che vive reclusa dopo essersi ritirata dalla vita pubblica al picco della sua fama, e da cui Rose è determinata a ottenere una confessione: Constance Holden.
La recensione:
Quando leggo prendo sempre
molto sul serio ciò che leggo. Che dire? È ovvio che tutti i rivoluzionari,
i positivisti hanno visto in questi
momenti, in vari e sporadici attimi, la diffamazione all’incredulità, gli
sfruttatori ai pazienti, e spesso mettono in gioco gente – esattamente come me –
per << liberarla >> dal dubbio delle incertezze. Ma perché scrivo
questo? Chi mi dice che ciò sia vero? Semplice, non lo so. Faccio delle mie
personalissime esperienze esempi di vita, lezioni di buon senso, pur con la
follia o l’intelligenza che mi contraddistingue. Forse anche in questo c’è un
senso.
Jessie Burthon, già approdata nel mio salotto virtuale qualche anno fa, tirò fuori dal suo bagaglio culturale un frammento di vita, un pezzo di tela colorata, una specie di piccola, finissima lamina con la storia di due donne apparentemente forti ma fragilissime che gentilmente mi è stata concessa. Era un piccolo gioiello, un fiore piccolissimo, particolare che dovevo proteggere. Ma effettivamente non era questo il mio compito. Eppure leggendo La confessione mi sono sentita così: perennemente vigile, in balia di sentimenti contrastanti in situazioni in cui lo stato d’animo è surclassato da emozioni violente, che stravolgono quella parvenza di normalità. Una specie di profezia a ciò che sarebbe stato.
In un certo senso anche io mi sono sentita legata a questa storia, al potere di questo delicato fiore ogni volta che mi trovavo dinanzi a Rose. Trentacinquenne, donna che come la bellissima Frida cadde continuamente a pezzi. Accettò qualunque cosa senza combattere, rifugiandosi nell’arte, nella bellezza di immagini che ci tengono in stretto contatto col passato. Del resto scrivere, scovare la verità è un piccolo gesto che l’avrebbe tenuta in vita. E il modo per cui tenta di farlo non è questo un catalizzatore? Non gli fece ricordare, ogni volta che gli era possibile, il suo passato, la sua cara e perduta madre, l’impegno che aveva preso per non << importunare altra gente>>?
Fra passato e presente ho viaggiato in tempeste emotive che si annunciarono come un cielo zeppo di nuvoli grigi e minacciose. Nulla di estremamente rilevante tanto che, quando ho chiuso il romanzo e lo riposi al suo posto, ricordo solamente gli aspetti più salienti della storia. Partecipe di situazioni o eventi che, solo al termine della lettura, avrei avvertito come miei. Ed in un certo senso con La confessione è accaduto esattamente questo.
Ogni tanto mi piace leggere di storie che vanno alla ricerca di altre storie. Mi pongo una serie di domande, ed interpreto in maniera diversa le cose,- intere, sane e creative - con parole che molto probabilmente hanno aiutato nel momento del bisogno. Guarito. Rinvigorito. Come mazzi di carte che si rimescolano, nozioni sbiadite di quasi una vita che, prima o poi, tornano cristallini come il rintocco di una campana.
Saranno almeno cinque anni che tormento senza posa il mio spirito. Me ne rendo conto quando, fra le vecchie mura della mia stanza, nel silenzio delle mie riflessioni, mi capita di essere protagonista di strane sensazioni. Sensazioni in cui lo scorrere del tempo subisce dei leggeri sfasamenti o in cui riesco a non vedere cose o persone che prima non avrei ignorato per niente al mondo. Penso derivi dal fatto che ogni romanzo sprigioni una sua luce, e che non sempre riesce a raggiungere il cuore di una lettrice avida di storie.
Il romanzo della Burton è un romanzo che combina arte e affetti. Un quadro prettamente realistico che parla di qualcosa che è estremamente nebuloso, come una macchia su uno straccio di lino: amore e redenzione. Parole che, così opache nella semplicità delle cose, silenziose e luminose, dicono più di quel che tacciano. E, sussurrate nel tempo davanti agli occhi del mondo, rispecchiano l'idea dell'amore o del desiderio dell'uomo di poter scovare la libertà. Ignorando cieli immensi, sfuggendo da quella bucolica prigione, che lentamente accumula strati di polvere.
Questi sono i desideri repressi di una ragazza sola, ingenua e un po' bigotta che, dalla finestra virtuale della sua vita, osserva con gli occhi di una bambina tutto ciò che la circonda. Questa è la storia di La confessione. Una proiezione astrale di una giovane donna, uno spaccato di vita coinvolgente ed originale che combina il piacere di sfruttare la condizione femminile. Coinvolgente, avvincente, il cui richiamo è stato inconsueto e particolare. Lucido e sentimentale in minima parte, disgraziatamente per me. Non troppo elaborato, quasi spontaneo, cullata da una bel romanzo a cui è stata intessuta una trama realistica basata esclusivamente su esperienze di vita che ho potuto vivere in prima persona,
Opera che non nasconde un certo fascino, in cui non vi ho trovato nozioni e concetti particolari ma che mi ha particolarmente colpita per la capacità dell’autrice di aver tessuto una trama affascinante, abile nell'intreccio ma povera di emotività. Scevra di passione, fremiti di autoaffermazione dell'anima, rabbia o follia. La sua voce arriva dritto nei cuori di chi legge e, pronunciando quelle giuste parole capaci d'infondere vita persino alle cose inanimate, esamina i burattini di questo teatro allestito dalle sue parole. Narrando la vita di Rose quasi come fosse sua. Sciatta, imprecisa, imperfetta, destinata a divenire massima di vita, istinto e carne. Schiava dinanzi agli occhi del mondo, conseguenza dello spirito a spegnersi come una candela.
Jessie Burthon, già approdata nel mio salotto virtuale qualche anno fa, tirò fuori dal suo bagaglio culturale un frammento di vita, un pezzo di tela colorata, una specie di piccola, finissima lamina con la storia di due donne apparentemente forti ma fragilissime che gentilmente mi è stata concessa. Era un piccolo gioiello, un fiore piccolissimo, particolare che dovevo proteggere. Ma effettivamente non era questo il mio compito. Eppure leggendo La confessione mi sono sentita così: perennemente vigile, in balia di sentimenti contrastanti in situazioni in cui lo stato d’animo è surclassato da emozioni violente, che stravolgono quella parvenza di normalità. Una specie di profezia a ciò che sarebbe stato.
In un certo senso anche io mi sono sentita legata a questa storia, al potere di questo delicato fiore ogni volta che mi trovavo dinanzi a Rose. Trentacinquenne, donna che come la bellissima Frida cadde continuamente a pezzi. Accettò qualunque cosa senza combattere, rifugiandosi nell’arte, nella bellezza di immagini che ci tengono in stretto contatto col passato. Del resto scrivere, scovare la verità è un piccolo gesto che l’avrebbe tenuta in vita. E il modo per cui tenta di farlo non è questo un catalizzatore? Non gli fece ricordare, ogni volta che gli era possibile, il suo passato, la sua cara e perduta madre, l’impegno che aveva preso per non << importunare altra gente>>?
Fra passato e presente ho viaggiato in tempeste emotive che si annunciarono come un cielo zeppo di nuvoli grigi e minacciose. Nulla di estremamente rilevante tanto che, quando ho chiuso il romanzo e lo riposi al suo posto, ricordo solamente gli aspetti più salienti della storia. Partecipe di situazioni o eventi che, solo al termine della lettura, avrei avvertito come miei. Ed in un certo senso con La confessione è accaduto esattamente questo.
Ogni tanto mi piace leggere di storie che vanno alla ricerca di altre storie. Mi pongo una serie di domande, ed interpreto in maniera diversa le cose,- intere, sane e creative - con parole che molto probabilmente hanno aiutato nel momento del bisogno. Guarito. Rinvigorito. Come mazzi di carte che si rimescolano, nozioni sbiadite di quasi una vita che, prima o poi, tornano cristallini come il rintocco di una campana.
Saranno almeno cinque anni che tormento senza posa il mio spirito. Me ne rendo conto quando, fra le vecchie mura della mia stanza, nel silenzio delle mie riflessioni, mi capita di essere protagonista di strane sensazioni. Sensazioni in cui lo scorrere del tempo subisce dei leggeri sfasamenti o in cui riesco a non vedere cose o persone che prima non avrei ignorato per niente al mondo. Penso derivi dal fatto che ogni romanzo sprigioni una sua luce, e che non sempre riesce a raggiungere il cuore di una lettrice avida di storie.
Il romanzo della Burton è un romanzo che combina arte e affetti. Un quadro prettamente realistico che parla di qualcosa che è estremamente nebuloso, come una macchia su uno straccio di lino: amore e redenzione. Parole che, così opache nella semplicità delle cose, silenziose e luminose, dicono più di quel che tacciano. E, sussurrate nel tempo davanti agli occhi del mondo, rispecchiano l'idea dell'amore o del desiderio dell'uomo di poter scovare la libertà. Ignorando cieli immensi, sfuggendo da quella bucolica prigione, che lentamente accumula strati di polvere.
Questi sono i desideri repressi di una ragazza sola, ingenua e un po' bigotta che, dalla finestra virtuale della sua vita, osserva con gli occhi di una bambina tutto ciò che la circonda. Questa è la storia di La confessione. Una proiezione astrale di una giovane donna, uno spaccato di vita coinvolgente ed originale che combina il piacere di sfruttare la condizione femminile. Coinvolgente, avvincente, il cui richiamo è stato inconsueto e particolare. Lucido e sentimentale in minima parte, disgraziatamente per me. Non troppo elaborato, quasi spontaneo, cullata da una bel romanzo a cui è stata intessuta una trama realistica basata esclusivamente su esperienze di vita che ho potuto vivere in prima persona,
Opera che non nasconde un certo fascino, in cui non vi ho trovato nozioni e concetti particolari ma che mi ha particolarmente colpita per la capacità dell’autrice di aver tessuto una trama affascinante, abile nell'intreccio ma povera di emotività. Scevra di passione, fremiti di autoaffermazione dell'anima, rabbia o follia. La sua voce arriva dritto nei cuori di chi legge e, pronunciando quelle giuste parole capaci d'infondere vita persino alle cose inanimate, esamina i burattini di questo teatro allestito dalle sue parole. Narrando la vita di Rose quasi come fosse sua. Sciatta, imprecisa, imperfetta, destinata a divenire massima di vita, istinto e carne. Schiava dinanzi agli occhi del mondo, conseguenza dello spirito a spegnersi come una candela.
Valutazione d’inchiostro: 4
Interessante, ottima recensione, grazie
RispondiEliminaA te 🤗❤️
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