Guardo la fila di romanzi
che compongono gli scaffali della mia libreria. Recentemente ho messo ordine.
Ho scelto di porre una selezione di autori, opere a cui tengo particolarmente e
predisporla in una sezione che mi permetta di tenerli sempre d’occhio. Fra
questa folla, sbadatamente, non tengo mai conto ad un’altra questione. La
lettrice curiosa e avida di storie che c’è in me, non ama cibarsi solo di
romanzi la cui consistenza è bianca e profumata. Deve anche fare i conti col
fatto che, nel secolo in cui vivo, la tecnologia si è largamente evoluta e il
libro non è solo più una composizione di fogli ma anche un file rinchiuso in
una finestra virtuale. Quello della carta è un tipo di amore che dubito cesserà
mai di farmi palpitare il cuore, eppure non nascondo che nella sua piccolezza
anche gli ebook mi hanno aiutato. Egregiamente. Considero importanti i romanzi
digitali in quanto ti permettono di capire se l’opera per cui sei proiettata
merita di essere acquistata e portata a casa, senza il timore di incappare in
assurde delusioni il cui tempo e il costo sfruttato potevano essere sfruttati
per altro. Da quant’è che presi la prima bastonata, ho sempre fatto così e
recentemente un’opera di un autore ottocentesco si impose fra me e il mio
cerchio personale con una certa irruenza. Il suo gusto, la sua etica non
avevano mai combaciato così bene come in questo momento. Forse non è stata una
gran bella idea gettarsi a capofitto fra i meandri di una storia di cui prima
non conoscevo nemmeno l’esistenza. E fu così che mi misi in coda assieme a
tanti altri prima di me, con tratto leggero ma guardingo, e osservare il
selciato di una storia la cui gioia dell’eccitazione e del movimento è
palpabile. Poiché mi sono state aperte le porte del sentimento, la compassione
che aspira in maniera coscienziosa sugli albori di chi osserva il mondo così
com’è ma in profondità.
La recensione:
Non è il dolore pensato, immaginato che ci colpisce e ci
annienta; solo quello che l’anima ha visto con sguardo compassionevole ci
sconvolge.
Nella settimana di ferie che coincise con la lettura di questo romanzo, ho letto e divorato queste pagine come se animate di volontà propria, i cui temi frullano ancora nella mia testa: le conseguenze a lungo termine della << riconciliazione >> fra un uomo e una donna e il suo non dar peso ad osservare il mondo con occhi di un uomo. Con l’aiuto del suo autore di origine tedesca, ho compreso a fondo questo messaggio. Non dovremmo abbandonarci alle illusioni, a ciò che potrebbe essere. Piuttosto se fosse chiamato dovrebbe accorrere sotto le barriere solo per il desiderio di fuggire da se stesso. L’opposizione del singolo contro un organizzazione che esige un certo coraggio è un fattore che, negli scontri bellici, portano a galla paure in cui l’estraneità, il razzismo, il coraggio di difendersi dal prossimo prevalgono. Spiccare il volo da un altura, forse fin troppo alta persino per le nostre fragili membra, in cui non bisogna rinunciare alla felicità perché si è infelici è una massima dell’intera produzione zweighiana. Altrove, più in là, qualche altro rantola, perisce nel proprio letto, dietro il basamento di alcune cose nascondono la misura e la fame che la fatica non alleggerisce. Poiché infiacchiti dal tormento.
Il quadro che ne ricavai fu abbastanza affascinante. L’aver << usato >> il flusso di coscienza come elemento a cui si dà più importanza alla forma in cui non vi è ne spazio e ne tempo, né all’oblio o alla dimenticanza è alquanto attinente ad altri romanzi del secolo che intimorivano solo per il loro stare sul mondo. Sopraffatti da una minaccia più grande che possa annientarci del tutto. Ciò era descritto a briglia sciolta, così come il flusso di pensieri del protagonista, la cui presenza crebbe in me a poco a poco e con una sua logica che non corrisponde a quella che mi ero aspettata. I giovani soldati tedeschi, quelli imberbi e appena arruolati, spesso facevano ritorno nella loro patria influenzati da un amore impossibile e irraggiungibile. L’autore visse un’esperienza alquanto simile, e L’impazienza del cuore fu il risultato. Zweig infatti aveva creduto che una volta scritta questa storia se ne potesse liberare del tutto pur di dare conforto e pace alla sua anima tormentata, per resistere a forme imprescindibili di compassione che in un certo senso avrebbero messo a tacere quella vocina interiore della sua coscienza. Ed io stessa ho potuto riconoscere tutto ciò da forme intrinseche di vita dominate da forme di compassione che ti avrebbero indotto a liberarti dalla sventura, allontanare il dolore dalla propria anima. Se non districato apre qualcosa dentro di noi suscitando una febbre misteriosa a cui non vi è alcuna cura.
E' stato impossibile ignorare l'intensità dei tumultuosi sentimenti di due giovani, che quasi come un ossessione morbosa, in ogni passo, in ogni momento della loro vita non hanno smesso di esistere se non grazie alla persona amata. In un epoca che non è più la nostra, si aggirano in silenzio dentro fortezze sguarnite e, come unico segno di vita, in languidi esercizi di pianoforte nella penombra del pomeriggio.
Ricordo la tristezza della paura, il silenzio che attornia il paese come un brutto presagio. Amori lenti e difficili, spesso turbati da orribili presagi, e il corso del tempo che scorre ininterrotto.
L’impazienza del cuore ha allietato pomeriggi estremamente tediosi. Mi ha trasmesso fascino e curiosità, in un cataclisma amoroso che non si è concluso nemmeno mezzo secolo dopo. Interessante e affascinante come una questione di vita e di morte, potente come dominio di supremazia e ribellione.
L'ennesima lettura tedesca di cui non conoscevo nemmeno l’esistenza, zeppa di distrazioni amorose e realistiche, che si ammanta di uno stile ipnotico che richiama alla mente gli antichi poemi omerici, e che penetra nel cuore del lettore come un eco perduto nella brezza fresca di un fiume, nel ricordo dell'amata. L'incontro con un vecchio amico di lunga data. Una storia d'amore che è un valzer che è stato composto in alcuni anni, emblema di complicità contrastata. Parole sussurrate, lacrime appena versate e un'ispirazione così intensa da risvegliare, col suo brusio, persino i morti. Una storia che ho riesumato in qualche stanza remota della mia memoria riassumendo la trama della vita di queste anime come una serie di eventi occasionali.
Leggendolo in una manciata di giorni, nonostante il tempo mi abbia costretto a dimenticare cose che non avrei voluto dimenticare - immagini, scene di vita che hanno nutrito il mio cuore come nettare di vita -, muovendomi furtiva nelle tenebre, non ho trovato tra le sue pagine quell'amore forte e potente cui mi ero immaginata. Ed non l'avvertì nemmeno quando giunsi alla conclusione della storia, riscontrandoli esclusivamente in gesti o azioni quotidiane. Un tempio segreto in cui, nonostante tutto, ho potuto contemplarne le meraviglie e di cui mi ero completamente assuefatta, perché stregata da questa distorta concezione d'amore.
Una storia intrappolata nella ruggine della memoria, tanta denigrata quanto temuta, che prevale nel ricordo dell'amore dei due amanti.
Una storia che ha un ché di tragico e solenne, come un valoroso eroe tornato nella sua amata terra, che ci parla di menzogne, follia. E che ci permette di seguire attentamente le vicende dei protagonisti che, in una manciata di pagine, erano divenute anime erranti.
Giorno e notte, che tu vegli o dorma, c’è adesso nel mondo un
essere ardente e sveglio che ti aspetta, che ti sogna.
Valutazione d’inchiostro: 4
Non conosco, bella recensione, grazie
RispondiEliminaA te 🤗❤️
EliminaAnch'io come te ho letto tanto, e ormai poche storie mi sconvolgono ma la lettura fa parte di noi e si leggerà sempre. E ogni tanto qualche perla spunta...
RispondiEliminaCome sempre le tue recensioni sono poesia. <3
Grazie mille 🤗❤️
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