Una cosa che mi
affascina della letteratura orientale sono i monologhi interiori cui si
sottopongono quasi sempre i protagonisti, la cui voce è quella dell’autore o
dell’autrice, sforzandoci di capire se al di sopra di questa voce ci possa
essere qualcosa che ci aiuti a comprenderne i meccanismi, la mentalità, il
funzionamento portando alla luce le poche cose di cui sapremo, gli anni
difficili, la condizione di inerzia cui si sentono, le innumerevoli prove a cui
saranno sottoposti per sopravvivere. L’aura perenne di disagio, di estraneità
passando da una fase di comprensione all’altra, mai del tutto compresa
effettivamente, il mondo come universo inesplorato che con i suoi meccanismi
avrebbe viziato ad un nuovo assetto mentale e spirituale alla scoperta del vero
io e la costruzione del suo << straordinario >> destino. Nel
caso di Seni e uova, una generale malinconia avvolse il tutto come una
coperta troppo pesante. In un cielo infinito in cui si estendono un mare di
ricordi nostalgici, un futuro invisibile da cui un mare di nuvoloni fluttuanti
filtrano però le luci calde della speranza. Perché questa lettura, nel suo
piccolo, parlando di isolamento e distacco, esplica come la donna sia
continuamente soggetta ad una vita stantia, priva di colore, ma da cui è
possibile scorgere un barlume di felicità. In una realtà non tanto illusoria ma
vera e tangibile, di cui noi stessi spesso non diamo alcun peso ma arricchisce
il nostro pensiero di acute riflessioni.
Dostoeviskiano e fortemente desideroso di una
svolta positiva, anche quando ogni forma di felicità sembra essere svanita, un
opera che è una composizione realistica in cui ognuno di noi può rispecchiarsi,
specialmente le donne, che pone irrimediabili interrogativi su cosa voglia dire
essere donna, madre, mettere al mondo un figlio, come una continua attesa
nell’attesa.
Titolo:
Seni e uova
Autore: Mieko Kawakami
Casa editrice: EO
Prezzo: 19, 50 €
N° di pagine: 615
Trama: Mescolando fine umorismo a un'avvincente profondità emotiva, Mieko Kawakami è oggi una delle scrittrici più importanti e più vendute del Giappone. Seni e uova racconta i viaggi intimi di tre donne mentre affrontano costumi oppressivi, incertezze sulla strada da intraprendere per trovare il benessere e la possibilità di scegliere il proprio futuro liberamente. Makiko va a Tōkyō alla ricerca di una clinica in cui possa mettere delle protesi al seno a prezzi accessibili. È accompagnata da sua figlia Midoriko, che non le parla da sei mesi, incapace di accettare i cambiamenti del suo corpo di adolescente e sconvolta dal desiderio della madre di modificare il proprio seno volontariamente. Dieci anni dopo, Natsu, sorella minore di Mikiko e scrittrice affermata, ritorna nella sua Ōsaka. È ossessionata dall'idea di invecchiare da sola e inizia il percorso per diventare madre, in una clinica specializzata, e si scontra con i pregiudizi della società giapponese e i problemi legali e fisici legati alla fecondazione assistita.
Autore: Mieko Kawakami
Casa editrice: EO
Prezzo: 19, 50 €
N° di pagine: 615
Trama: Mescolando fine umorismo a un'avvincente profondità emotiva, Mieko Kawakami è oggi una delle scrittrici più importanti e più vendute del Giappone. Seni e uova racconta i viaggi intimi di tre donne mentre affrontano costumi oppressivi, incertezze sulla strada da intraprendere per trovare il benessere e la possibilità di scegliere il proprio futuro liberamente. Makiko va a Tōkyō alla ricerca di una clinica in cui possa mettere delle protesi al seno a prezzi accessibili. È accompagnata da sua figlia Midoriko, che non le parla da sei mesi, incapace di accettare i cambiamenti del suo corpo di adolescente e sconvolta dal desiderio della madre di modificare il proprio seno volontariamente. Dieci anni dopo, Natsu, sorella minore di Mikiko e scrittrice affermata, ritorna nella sua Ōsaka. È ossessionata dall'idea di invecchiare da sola e inizia il percorso per diventare madre, in una clinica specializzata, e si scontra con i pregiudizi della società giapponese e i problemi legali e fisici legati alla fecondazione assistita.
La
recensione:
Perché
esisto? Che ci faccio rinchiusa in questo involucro? In fin dei conti, per il
semplice fatto di essere venuti al mondo, dobbiamo respirare, mangiare e
guadagnarci da vivere.
Niente di tutto ciò
era mai stato scritto in letteratura giapponese, o perlomeno io non avevo
ancora letto, che spiegasse cosa voglia dire essere madre in un’epoca come la
nostra, mettere su un figlio checchè sia stato generato da tuo marito, dal tuo
compagno, da un donatore anonimo, né come mai la protagonista abbracci questo
assetto filosofico, fosse diventata una necessità, qualcosa di così gretto ma
naturale che inducesse a riflessioni spontanee, profonde. Personalmente non mi
era mai capitato di leggere qualcosa riguardante la maternità, l’inseminazione
artificiale, e ciò che esplicano queste pagine è qualcosa di potente,
disarmante che proiettato in una posizione scomoda, per me perfettamente
intenso e godibilissimo.
Non mi sono mai espressa da dove deriva questo forse desiderio di condivisione dell’autrice di mettere nero su bianco un’esperienza come quella dell’avere un figlio. Me lo sto chiedendo adesso, che ripongo queste poche righe, inoltrata nell’anima di questo romanzo, in cerca di qualcosa di cui non so dare un nome, certa che la sua lettura avrebbe celato una marea di significati. Né la differenza fra chi è già diventata mamma e chi ancora non lo è diviene così tangibile da ridurre la sua validità, la sua concretezza, il suo essere importante e sensazionale del mondo, conoscendo i limiti di un argomento ancora inconoscibile ma traendo svariati esempi, io che mi incuriosisco per qualunque argomento viene trattato in letteratura. In questo caso un lavoro artigianale modellato con cura, che mi ha donato delle piacevoli sensazioni, bei momenti in sua compagnia, che depositano i guadagni di un dramma intenso, confidenziale poiché ho avuto come l’impressione di guardarsi allo specchio di cui la stessa scrittura è un buon modo per esprimere ciò che si ha dentro. Qualunque assetto caratterizza la nostra anima, alternata da due voci diverse, detenendo il potere di conferire vita.
Le affettuose premature per un nascituro, il suo concepimento, l’incosciente noncuranza per l’avvenire di una creatura che abbia i tuoi stessi occhi, le tue stesse labbra, il sacrificio di sviscerare qualunque entità maligna che potrebbe sovrastarci a tal punto da distinguerci dal sesso maschile affinchè possano raggiungere la felicità. La felicità, infatti, pur quanto assetto delicato da cui è facilmente auspicabile la dolcezza e il conforto, deriva da anni di riflessioni profonde che sconvolgono da dentro, divorano le nostre viscere con estrema cura, come se predisposte a una lenta agonia.
Mi è sembrato di avvertire una certa malinconia. Non proprio concerne alla tipica tristezza shakesperiana, bensì qualcosa che è stato piuttosto vicino. Si. Una certa drammaticità che nel corso della lettura ha sedimentato nel mio animo.
Per me è facile capire la solitudine. C'è stato un tempo in cui io e la solitudine eravamo fidate compagne di viaggio, amiche che non si separavano per nulla al mondo. Una situazione questa in cui nemmeno i miei figli d'inchiostro, i miei amati libri, potevano trarne beneficio. Datemi un pomeriggio freddo ma mite, una coperta morbida e accogliente, una tazza fumante e un buon libro e questo è il mio angolo di paradiso. O, quantomeno, quello che mi piace definire luogo di pace. Ristoro, serenità e spensieratezza in cui il mondo acquisisce una sua importanza; i colori si fanno più evidenti e marcati. I libri, così come la scrittura, hanno sempre funto come espediente per combattere gli assalti esterni. Ecco forse da cosa deriva questo mio strambo interesse per il romanzo della Kawakami, le sconosciute motivazioni per cui mi hanno indotta a lasciarvi un segno del mio passaggio, o, nel finale, l'emissione di un tacito lamento! Com'è assurda talvolta la vita! Com'è stato strano il mio incontro con Mieko Kawakami e sua figlia d'inchiostro, Makiko. Spuntata dal nulla un banalissimo giorno di metà marzo, senza un ma né un perché, cornice di una melodia che non ha effettivamente una sua collocazione, seppur il romanzo si premura a tenerci ancorate a quelle note che rivelano una parte fragile e precaria della sua anima.
E così che ho conosciuto Makiko. All'esordio diciottenne, all'epilogo donna matura, con la sensazione che il fragile legame che prima o poi si sarebbe instaurato si sarebbe rafforzato man mano procedevo con la lettura, unendo così la mia voce a quella baritonale dell'autrice come un frammento che sarebbe svanito per sempre. Disseminato nel vento come le ultime foglie di un albero invernale.
Ostinata e curiosa ogni volta che mi imbattevo in qualcosa che non mi entusiasmava, la voce di Makiko rispuntava dal nulla quando meno me l'aspettavo. Si fa una certa fatica a restare concentrati; me ne sono accorta mentre proseguivo spedita e coglievo nozioni che avrei dovuto già cogliere. Come un canto indistinto e privo di significato, con ansie e preoccupazioni smorzate da una realtà illusoria, in un momento di quiete spirituale, Seni e uova si levò al di sopra dei miei pensieri. Non producendo quel meraviglioso suono che avevo creduto, bensì un mero gocciolio di una pozzanghera umana che lentamente era scesa e scivolata nelle grondaie coriacee di chiunque. Se così dovessi paragonare o descrivere il romanzo della Kawakami, ecco la mia spiegazione.
Avevo osservato la sua copertina tentando di comprenderla. Vedevo una sfera fumosa posto su uno sfondo rosato, nient'altro. Ma poi ne colsi una traccia della sua esistenza. Dietro a questa sfera si nascondeva una vita, le vicissitudini di una ragazza dal sapore insipido, privo di vivacità e musicalità. Non una ragazza che in poche pagine era divenuta "umana", bensì la voce di uno spettro dalle tonalità discordanti, atonali.
Seni e uova è un romanzo in cui il silenzio, la solitudine, la compassione, il dramma, sono categorici. Inzuppato di note che hanno una loro collocazione fissa, e che si sono ravvivate nel momento in cui la protagonista comincerà a parlare. Il titolo infatti allude a delle fasi della vita su cui si sbilancia Makiko. Da un lato il suo ardente desiderio di essere mamma e il guazzabuglio di motivi che la spingono ad essere tale. Dall’altro le motivazioni per cui è importante un’inseminazione artificiale come modo d’esprimere la propria individualità, la propria libertà. Spingendoci a comprendere chi siamo effettivamente e per quale motivo siamo su questa terra. Appare quasi assurdo aver inseguito una felicità vana, illusoria, inconsistente quasi come l'intera storia, e fare il possibile pur di non convincersi che quanto avevo letto era solo il pallido riflesso di ciò che avrebbe potuto esserci. Poi i pensieri avevano preso vita, e a quel punto non potevo più tirarmi indietro: Makiko mi aveva scelto.
Quella della Kawakami è quel genere di storia che sortisce un chè di ammaliante, quasi ipnotico, sin dalle prime pagine. Una storia lenta, densa ma non priva di emozioni o di fondamento logico che, dopo una settantina di pagine, mi aveva contagiata del tutto rendendomi comprensiva. La speranza che fra le sue pagine ci fosse un chè di profondo, tangibile, evaporò al sole nel momento in cui le parole che fuoriuscirono dalla bocca di Makiko cozzarono nel mio petto, soffocarono la mia gola. Assaporando ogni cosa con una certa rilevanza, apprezzando tuttavia il coraggio dell'autrice di averci parlato di se stessa.
Seni e uova è una storia stanziata in mezzo al nulla avvolta in una cortina di solitudine e insoddisfazione, in cui persino l'amore che Makiko incorre è vero, riesce ad avvolgerci nel suo abbraccio caldo. Elegante artificio sconosciuto del disordine grazioso e indistinto della natura di una donna comune, una lettura particolare che non consiglio spassionatamente a chi non è avvezzo a questa tipologia di romanzi quelli che nel loro piccolo fungono da espedienti per osservare il lato positivo delle cose, risucchiati dal grigiore e da nefandezze, osservando il mondo sotto svariate sfumature. Se si esclude la piattezza di alcune situazioni, si può accogliere Seni e uova come se si aspetta giungere qualcosa che tuttavia non ha una sua forma. La si accoglie tra le proprie braccia e, quando se ne riterrà opportuno, lasciarla al suo destino.
Non mi sono mai espressa da dove deriva questo forse desiderio di condivisione dell’autrice di mettere nero su bianco un’esperienza come quella dell’avere un figlio. Me lo sto chiedendo adesso, che ripongo queste poche righe, inoltrata nell’anima di questo romanzo, in cerca di qualcosa di cui non so dare un nome, certa che la sua lettura avrebbe celato una marea di significati. Né la differenza fra chi è già diventata mamma e chi ancora non lo è diviene così tangibile da ridurre la sua validità, la sua concretezza, il suo essere importante e sensazionale del mondo, conoscendo i limiti di un argomento ancora inconoscibile ma traendo svariati esempi, io che mi incuriosisco per qualunque argomento viene trattato in letteratura. In questo caso un lavoro artigianale modellato con cura, che mi ha donato delle piacevoli sensazioni, bei momenti in sua compagnia, che depositano i guadagni di un dramma intenso, confidenziale poiché ho avuto come l’impressione di guardarsi allo specchio di cui la stessa scrittura è un buon modo per esprimere ciò che si ha dentro. Qualunque assetto caratterizza la nostra anima, alternata da due voci diverse, detenendo il potere di conferire vita.
Le affettuose premature per un nascituro, il suo concepimento, l’incosciente noncuranza per l’avvenire di una creatura che abbia i tuoi stessi occhi, le tue stesse labbra, il sacrificio di sviscerare qualunque entità maligna che potrebbe sovrastarci a tal punto da distinguerci dal sesso maschile affinchè possano raggiungere la felicità. La felicità, infatti, pur quanto assetto delicato da cui è facilmente auspicabile la dolcezza e il conforto, deriva da anni di riflessioni profonde che sconvolgono da dentro, divorano le nostre viscere con estrema cura, come se predisposte a una lenta agonia.
Mi è sembrato di avvertire una certa malinconia. Non proprio concerne alla tipica tristezza shakesperiana, bensì qualcosa che è stato piuttosto vicino. Si. Una certa drammaticità che nel corso della lettura ha sedimentato nel mio animo.
Per me è facile capire la solitudine. C'è stato un tempo in cui io e la solitudine eravamo fidate compagne di viaggio, amiche che non si separavano per nulla al mondo. Una situazione questa in cui nemmeno i miei figli d'inchiostro, i miei amati libri, potevano trarne beneficio. Datemi un pomeriggio freddo ma mite, una coperta morbida e accogliente, una tazza fumante e un buon libro e questo è il mio angolo di paradiso. O, quantomeno, quello che mi piace definire luogo di pace. Ristoro, serenità e spensieratezza in cui il mondo acquisisce una sua importanza; i colori si fanno più evidenti e marcati. I libri, così come la scrittura, hanno sempre funto come espediente per combattere gli assalti esterni. Ecco forse da cosa deriva questo mio strambo interesse per il romanzo della Kawakami, le sconosciute motivazioni per cui mi hanno indotta a lasciarvi un segno del mio passaggio, o, nel finale, l'emissione di un tacito lamento! Com'è assurda talvolta la vita! Com'è stato strano il mio incontro con Mieko Kawakami e sua figlia d'inchiostro, Makiko. Spuntata dal nulla un banalissimo giorno di metà marzo, senza un ma né un perché, cornice di una melodia che non ha effettivamente una sua collocazione, seppur il romanzo si premura a tenerci ancorate a quelle note che rivelano una parte fragile e precaria della sua anima.
E così che ho conosciuto Makiko. All'esordio diciottenne, all'epilogo donna matura, con la sensazione che il fragile legame che prima o poi si sarebbe instaurato si sarebbe rafforzato man mano procedevo con la lettura, unendo così la mia voce a quella baritonale dell'autrice come un frammento che sarebbe svanito per sempre. Disseminato nel vento come le ultime foglie di un albero invernale.
Ostinata e curiosa ogni volta che mi imbattevo in qualcosa che non mi entusiasmava, la voce di Makiko rispuntava dal nulla quando meno me l'aspettavo. Si fa una certa fatica a restare concentrati; me ne sono accorta mentre proseguivo spedita e coglievo nozioni che avrei dovuto già cogliere. Come un canto indistinto e privo di significato, con ansie e preoccupazioni smorzate da una realtà illusoria, in un momento di quiete spirituale, Seni e uova si levò al di sopra dei miei pensieri. Non producendo quel meraviglioso suono che avevo creduto, bensì un mero gocciolio di una pozzanghera umana che lentamente era scesa e scivolata nelle grondaie coriacee di chiunque. Se così dovessi paragonare o descrivere il romanzo della Kawakami, ecco la mia spiegazione.
Avevo osservato la sua copertina tentando di comprenderla. Vedevo una sfera fumosa posto su uno sfondo rosato, nient'altro. Ma poi ne colsi una traccia della sua esistenza. Dietro a questa sfera si nascondeva una vita, le vicissitudini di una ragazza dal sapore insipido, privo di vivacità e musicalità. Non una ragazza che in poche pagine era divenuta "umana", bensì la voce di uno spettro dalle tonalità discordanti, atonali.
Seni e uova è un romanzo in cui il silenzio, la solitudine, la compassione, il dramma, sono categorici. Inzuppato di note che hanno una loro collocazione fissa, e che si sono ravvivate nel momento in cui la protagonista comincerà a parlare. Il titolo infatti allude a delle fasi della vita su cui si sbilancia Makiko. Da un lato il suo ardente desiderio di essere mamma e il guazzabuglio di motivi che la spingono ad essere tale. Dall’altro le motivazioni per cui è importante un’inseminazione artificiale come modo d’esprimere la propria individualità, la propria libertà. Spingendoci a comprendere chi siamo effettivamente e per quale motivo siamo su questa terra. Appare quasi assurdo aver inseguito una felicità vana, illusoria, inconsistente quasi come l'intera storia, e fare il possibile pur di non convincersi che quanto avevo letto era solo il pallido riflesso di ciò che avrebbe potuto esserci. Poi i pensieri avevano preso vita, e a quel punto non potevo più tirarmi indietro: Makiko mi aveva scelto.
Quella della Kawakami è quel genere di storia che sortisce un chè di ammaliante, quasi ipnotico, sin dalle prime pagine. Una storia lenta, densa ma non priva di emozioni o di fondamento logico che, dopo una settantina di pagine, mi aveva contagiata del tutto rendendomi comprensiva. La speranza che fra le sue pagine ci fosse un chè di profondo, tangibile, evaporò al sole nel momento in cui le parole che fuoriuscirono dalla bocca di Makiko cozzarono nel mio petto, soffocarono la mia gola. Assaporando ogni cosa con una certa rilevanza, apprezzando tuttavia il coraggio dell'autrice di averci parlato di se stessa.
Seni e uova è una storia stanziata in mezzo al nulla avvolta in una cortina di solitudine e insoddisfazione, in cui persino l'amore che Makiko incorre è vero, riesce ad avvolgerci nel suo abbraccio caldo. Elegante artificio sconosciuto del disordine grazioso e indistinto della natura di una donna comune, una lettura particolare che non consiglio spassionatamente a chi non è avvezzo a questa tipologia di romanzi quelli che nel loro piccolo fungono da espedienti per osservare il lato positivo delle cose, risucchiati dal grigiore e da nefandezze, osservando il mondo sotto svariate sfumature. Se si esclude la piattezza di alcune situazioni, si può accogliere Seni e uova come se si aspetta giungere qualcosa che tuttavia non ha una sua forma. La si accoglie tra le proprie braccia e, quando se ne riterrà opportuno, lasciarla al suo destino.
Valutazione d’inchiostro: 4
Libro interessante, ottima recensione
RispondiEliminaGrazie :)
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