Le mie tre librerie contano oltre un centinaio di libri, e
arricchire ogni mensola con un volume diverso checchè esso sia troppo grosso o
troppo piccolo, vedere le coste voluminose e colorate di ognuno di loro mi
rende a dir poco felicissima. Da sempre ospito autori di ogni sesso o razza,
popolazione in stile borghese, o di grandi lavoratori, o ancor più signorotti
dai frac lucidi e ben stirati, cosa che sembrano rendere i miei viaggi quasi
tutti monocromi, monotoni quasi privi di fascino, ma non per me il cui fascino
persiste e persisterà ancora per qualche tempo. Oltre di questi romanzi sono
stati acquistati, arraffati con slancio, impulsività, gioia e emozioni che non
sempre hanno risposto alla mia anima semplice e appassionata.
C’era la ricerca inarrestabile per la
felicità, il lavoro come fonte di sostentamento, l’amore come mezzo di
rivisitazione in chiave grottesca e malinconica di ciò che è una realtà
distorta, inappagante. Ci sono stati tanti romanzi che sono rimasti lì dove
sono, altri invece che credevo di dover disfarmi in pochissimo tempo e invece
ho osservato con calma di chi osserva e si chiede se vi sarà nuovamente
occasione di riviverli come la prima volta. Con un guazzabuglio di sensazioni,
emozioni che mi tengo ancora dentro e che in un momento imprecisato della mia
vita hanno aperto uno squarcio sul mondo.
Il
libro della vita di un uomo le cui gesta hanno fatto storia, e che poi
giunge irrimediabilmente alla fine, alla pagina più preziosa d'ogni cosa sacra.
Ove ogni cosa si compirà e che io ho lasciati si compisse.
Titolo: Limonov
Autore: Emmanuel Carrère
Casa editrice: Adelphi
Prezzo: 13 €
N° di pagine: 356
Trama: Limonov non è un personaggio inventato. Esiste davvero: " è stato
teppista in Ucraina, idolo dell'underground sovietico, barbone e poi domestico
di un miliardario a Manhattan, scrittore alla moda a Parigi, soldato sperduto
nei Balcani; e adesso, nell'immenso bordello del dopo comunismo, vecchio capo
carismatico di un partito di giovani desperados. Lui si vede come un eroe, ma
lo si può considerare anche una carogna: io sospendo il giudizio" si legge
nelle prime pagine di questo libro. E se Carrère ha deciso di scriverlo è
perché ha pensato " che la sua vita romanzesca e spericolata raccontasse
qualcosa, non solamente di lui, Limonov, non solamente della Russia, ma della
storia di noi tutti dopo la fine della seconda guerra mondiale". La vita
di Eduard Limonov, però, è inanzittutto un romanzo di avventure: al tempo
stesso avvincente, nero, scandaloso, scapigliato, amaro, sorprendente, e
irresistibile. Perché Carrère riesce a fare di lui un personaggio a volte
commovente, a volte ripugnante - a volte perfino accattivante. Ma mai,
assolutamente mai, mediocre. Che si trascini gonfio di alcol sui marciapiedi di
New York dopo essere stato piantato dall'amatissima moglie o si lasci
invischiare nei più grotteschi salotti parigini, che vada ad arruolarsi nelle milizie
filoserbe o approfitti della reclusione in un campo di lavoro per temprare il
"duro metallo di cui è fatta la sua anima", Limonov vive ciascuna di
queste esperienze fino in fondo …
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Un surreale viaggio onirico che oscilla
fra il possibile e il necessario, in cui i sogni e le fantasie oscillano come
un pendolo in equilibrio precario. Non il più emozionante dei romanzi, ma zeppo
di una catena di eventi che tracciano il personale destino di un uomo che si
riversa continuamente su stesso, impedendoci di soffermarci, anche solo per un
istante, per capirne il significato. Affiorato dalle tenebre e in poco tempo
riassorbito dalle stesse.
Titolo: Epepe
Autore: Ferenc Karinthy
Casa editrice: Adelphi
Prezzo: 13 €
N° di pagine: 217
Trama: Ci sono libri che hanno la prodigiosa, temibile capacità di dare,
semplicemente, corpo agli incubi. “Epepe” è uno di questi. Inutile, dopo averlo
letto, tentare di scacciarlo dalla mente: vi resterà annidato, che lo vogliate
o no. Immaginate di finire, per un beffardo disguido, in una labirintica città
di cui ignorate nome e posizione geografica, dove si agita giorno e notte una
folla oceanica, aninima e minacciosa. Immaginate di ritrovarvi senza documenti,
senza denaro e punti di riferimento. Immaginate che gli abitanti di questa
sterminata metropoli parlino una lingua impenetrabile, con un alfabeto
vagamente simile alle rune gotiche e ai caratteri cuneiformi dei Sumeri – e
immaginate che nessuno comprenda né la vostra né le lingue più diffuse. Se
anche riuscite a immaginare tutto questo, non avrete che una pallida idea
dell’angoscia e della rabbiosa frustazione di Budai, il protagonista di
“Epepe”. Perché Budai, eminente linguista specializzato in ricerche
etimologiche, ha famigliarità con decine di idiomi diversi, doti logiche
affinate da anni di lavoro scientifico e una caparbietà senza uguali. Eppure,
il solo essere umano disposto a confrontarlo, benchè non lo capisca, pare sia
la bionda ragazza che manovra l’ascensore di un hotel: una ragazza che si
chiama Epepe, ma forse anche – chi può dirlo? – Bebe o Tetete.
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Un inno all'amore, alle ossessioni e alle
possessioni di due amanti, violenti come scariche elettriche. E, prigioniera
dei loro stessi peccati, ho letto questa storia come se fossi stata condannata
dalla commedia umana per il pietoso bisogno di essere amati, confortati.
Realizzando così alla fine un quadro raffinato, semplice ma estremamente
solenne e drammatico, che non lo fa sembrare un romanzo piuttosto una
proiezione in cui si provano gioie e sofferenze.
Titolo: La camera azzurra
Autore: Georges Simenon
Casa editrice: Adelphi
Prezzo: 11 €
N° di pagine: 153
Trama: "Sei così bello" gli aveva detto un giorno Andrèe "che mi
piacerebbe fare l'amore con te davanti a tutti …". Quella volta Tony aveva
avuto un sorriso da maschio soddisfatto: perché era ancora soltanto un gioco,
perché mai nessuna donna gli aveva dato più piacere di lei. Solo quando il
marito di Andrèe era morto in circostanze non del tutto chiare, e Tony aveva
ricevuto da lei il primo di quei brevi, sinistri biglietti anonimi, solo allora
aveva capito, e aveva cominciato ad avere paura.
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Una tematica piuttosto peccaminosa,
moderna, incurabile, in una struttura a specchio è la testimonianza diretta
delle problematiche che attanagliano l’individuo in relazione con altri
individui. Il tutto in un capolavoro assolutamente indimenticabile, nonché
frammento etico e biblico in cui ognuno di noi può rispecchiarsi, in cui
l’individuo è quella massa informe, compatta, solidificato in un unico
recipiente. A suo << agio >> nel farsi sopraffare dagli istinti,
con l’idea di possedere tutto e tutti facendolo sentire più grande di quel che
è. Poiché l’uomo è dominato e dominatore. Può fare quel che vuole, ma tenere
poi conto delle conseguenze. Qualunque esse siano. Combattendo affinchè esse svaniscano,
sebbene gli svariati tentativi di trincerarsi dietro solide barriere che
avrebbero abbattuto la forza devastante del peccato.
Titolo: Anima
Autore: Wajdi Mouawad
Casa editrice: Fazi
Prezzo: 18, 50 €
N° di pagine: 505
Trama: Una donna assassinata in una casa vuota, distesa in una pozza di sangue
nel buio del salotto. Unico testimone, il gatto. È questa la scena
agghiacciante che Wahhch Debch si trova davanti una sera, tornando dal lavoro.
Quella casa è la sua, quella donna è sua moglie. Accecato dal dolore, assetato
di vendetta ma soprattutto in cerca di risposte, l’uomo parte alla caccia dei
killer. Nel disperato tentativo di trovare una spiegazione al male, sprofonda
nelle viscere di un mondo a sé stante, che vive appena sotto la pelle del mondo
civile, abbandonato a mafie e traffici di ogni sorta, governato da leggi
proprie. È un’esplorazione della natura umana nei suoi lati più oscuri, quella
compiuta da Wahhch, un viaggio che lo porterà dalle gelide riserve indigene del
Quebec, dove le più orribili bassezze si mescolano alla bellezza della
cosmologia indiana, fino al Libano, dov’è sepolto il suo tragico segreto, un
episodio brutale dell’infanzia che gli ha cambiato per sempre la vita.
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Uno dei rari casi in cui il retelling di una figura
mitologica non è ritratta in chiave romanzesca e che nel romanzo appaiono
distintamente, pregevolmente, perché saggio ampiamente vissuto di una figura
incompresa e, per molti, inosservabile.
Titolo: La canzone di Achille
Autore: Madeleine
Miller
Casa editrice:
Feltrinelli
Prezzo: 11 €
N° di pagine: 382
Trama: Dimenticate
Troia, gli scenari di guerra, i duelli, il sangue, la morte. Dimenticate la
violenza e le stragi, la crudeltà e l’orrore. E seguite invece il cammino di
due giovani, prima amici, poi amanti e infine anche compagni d’armi – due
giovani splendidi per gioventù e bellezza, destinati a concludere la loro vita
sulla pianura troiana e a rimanere uniti per sempre con le ceneri mischiate in
una sola, preziosissima urna.
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Una tela straordinaria e stupefacente che
ritrae situazioni del tutto realistiche, e che prende vita in un soffio e ci
divora da dentro. Un vertiginoso labirinto in cui mi è stato impossibile
contenere l'eccitazione per la lettura. Un gioco continuo di adrenalina
letteraria che il narratore, inconsapevolmente e senza sosta, ha iniettato
nelle vene.
Autore: Joel Dicker
Casa editrice: Bompiani
Prezzo: 9,90 €
N° di pagine: 772
Trama: Estate 1975. Nola Kellergan, una ragazzina di 15 anni, scompare misteriosamente nella tranquilla cittadina di Aurora, New Hampshire. Le ricerche della polizia non danno alcun esito. Primavera 2008, New York. Marcus Goldman, giovane scrittore di successo, sta vivendo uno dei rischi del suo mestiere: è bloccato, non riesce a scrivere una sola riga del romanzo che da lì a poco dovrebbe consegnare al suo editore. Ma qualcosa di imprevisto accade nella sua vita: il suo amico e professore universitario Harry Quebert, uno degli scrittori più stimati d'America, viene accusato di avere ucciso la giovane Nola Kellergan. Il cadavere della ragazza viene infatti ritrovato nel giardino della villa dello scrittore, a Goose Cove, poco fuori Aurora, sulle rive dell'oceano. Convinto dell'innocenza di Harry Quebert, Marcus Goldman abbandona tutto e va nel New Hampshire per condurre la sua personale inchiesta. Marcus, dopo oltre trent'anni deve dare risposta a una domanda: chi ha ucciso Nola Kellergan? E, naturalmente, deve scrivere un romanzo di grande successo.
L’aura ardente che sprigionano queste
pagine, la <<freddezza >> con cui ci si affaccia al mondo, rendono
il tutto un quadro brillante, visionario, affascinante e introspettivo che si
muove mediante i gesti impulsivi di anime affini ma solitarie,
irrimediabilmente insoddisfatte.
Titolo: Un tram chiamato Desiderio
Autore: Tennessee Williams
Casa editrice: Einaudi
Prezzo: 11 €
N° di pagine: 117
Trama: Un tram che si chiama Desiderio è il capolavoro di Tennessee Williams; e
la storia che racconta è raccontata a far parte dell’immaginario di ognuno di
noi. Blanche DuBois bussa alla porta della sorella Stella, a New Orleans. Sono
le due eredi di una famiglia di proprietari terrieri del Sud da tempo decaduta.
Blanche però non ha mai smesso di vivere in quel passato ormai svanito, e a
casa della sorella si scontra con la prosaica realtà dell’America delle città,
delle strade, dei quartieri popolari. In particolare si scontra con il marito
di Stella, Stanley Kowalski, immigrato di origini polacche: bello, brutale e
dalla prorompente sessualità. E in questo scontro tra due mondi, tra disgusto,
odio e feroce attrazione, non potrà che essere lei a farsi del male.
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Oggetto d’attrazzione nonché terreno ideale per l’indagine
accurata del rapporto fra esistenza e la sua rappresentazione fra letteratura e vita, quello di Pascal mercier è un
vaso di Pandora che contiene verità fondamentali che pochi individui sono in
grado di comprendere. Inclinazione adatta a rievocare sensazioni corporee,
rispolverando zone che si credevano perdute o dimenticate.
Titolo: Treno di notte
per Lisbona
Autore: Pascal Mercier
Casa editrice: Oscar Mondadori
Prezzo: 14 €
N° di pagine: 430
Trama: Voleva davvero buttarsi giù dal ponte la donna trattenuta una mattina da
Raimund Gregorius, insegnante svizzero di latino, greco ed ebraico? Gregorius
non sa nulla della donna se non che era portoghese. La mattina dopo, complice
la scoperta in una libreria antiquata del libro di un enigmatico scrittore
lusitano, l’altrimenti prevedibilissimo professore prende un treno diretto a
Lisbona, dove spera di rintracciare l’autore. Da questo momento decolla una
vicenda che costringerà Gregorius a confrontarsi con le contraddizioni degli
affetti e gli orrori della Storia in un modo che mai avrebbe potuto immaginare
nella sua rassicurante Berna.
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Complesso perfetto di paure, angosce e
disagi. L’idea però era quella proveniente dall’insoddisfazione, da quella
parvenza di malinconia che trasudano queste pagine, proiettata in un mondo che
è sempre più corrotto e decadente, si avvia verso una grande catastrofe.
Titolo: Le intermittenze della morte
Autore: Josè Saramago
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 9, 50 €
N° di pagine: 220
Trama: Un paese senza nome, 31 dicembre, scocca la mezzanotte. E arriva
l’eternità, nella forma più semplice e quindi più inaspettata: nessuno muore
più. La gioia è grande, la massima angoscia dell’umanità sembra sgominata per
sempre. Ma non è tutto così semplice: chi sulla morte faceva affari per esempio
perde la sua fonte di reddito. E cosa ne sarà della chiesa, ora che non c’è più
uno spauracchio e non serve più nessuna resurrezione? I problemi come si vede,
sono tanti e complessi. Ma la morte, con fattezze di donna, segue i suoi
imprendibili ragionamenti: dopo sette mesi annuncia, con una lettera scritta a
mano, affidata a una busta viola e diretta ai media, che sta per riprendere il
suo usuale lavoro, fedele all’impegno di rinnovamento dell’umanità che la vede
da sempre protagonista. Da lì in poi le lettere viola partono con cadenza
regolare e raggiungono i loro sfortunati ( o fortunati? ) destinatari che
tornano a morire come si conviene. Ma un violoncellista, dopo che la lettera a
cui indirizzata è stata rinviata al mittente per tre volte, costringe la morte
a bussare alla sua porta per consegnarla di persona.
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Il mondo diviene un esperienza
interpretativa esaminata prevalentemente mediante concetti filosofici o morali.
Divenire un tutt’uno con una marionetta che si esprime mediante confessioni
dell’anima, romanzo molto dolce e significativo di straordinaria intensità
narrativa in cui ogni cosa, se illuminata da Dio o dalla fede, ha una sua
importanza.
Titolo:
Gilead
Autore: Maryland Robinson
Casa editrice: Einaudi
Prezzo: 12 €
N° di pagine: 257
Trama: Il reverendo John Ames sarà morto quando suo figlio aprirà la lettera
che gli sta scrivendo. Siamo nel 1956, John ha 76 anni e sente che la fine è
prossima. Dieci anni prima ha incontrato l’attuale signora Ames, molto più
giovane di lui. La donna aveva sofferto molto: il pastore se ne innamorò e in
lui la ragazza ha trovato conforto e assistenza. Ora sembra proprio che siano
felici, sotto ogni punto di vista. Il vecchio padre sente che il figlio di sei
anni non potrà mai veramente conoscere la sua gente. A Gilead, Iowa, la città
che non ha mai lasciato, Ames inizia così a scrivere una specie di testamento,
la storia della sua famiglia. Racconta di suo nonno, un uomo impegnato nelle
lotte contro la schiavitù, del padre pacifista durante la guerra di Secessione.
E poi si chiede: cosa ho imparato io da tutti voi?
Ho letto solo La canzone di Achille; ottimo post, grazie
RispondiEliminaA te 🤗
EliminaAnche io ho avuto la stessa esperienza con La verità sul caso Harry Quebert, non avrei immaginato che mi sarebbe piaciuto così tanto!
RispondiEliminaGià, nemmeno io
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