Ogni romanzo è in attesa del proprio
momento. E A Lupita piaceva stirare è
stata quel genere di storia che, tentandomi, catturando immediatamente la mia
attenzione, non ha dovuto aspettare nemmeno un attimo per ritagliarsi un
piccolo spazio nella casella virtuale del mio e reader.
Gli svariati rimandi e la scarsa
attitudine ad approcciarmi a questa opera, mi costrinsero a rimandare la
lettura a data di destinarsi. E avendo poco tempo a disposizione, ciononostante
sentii che avrei potuto divorare questa storia inserendomi come il personaggio
di un osservatore nascosto.
Riuscivo a vedere me stessa nell'atto di
precipitarmi subito in camera, davanti a un blocco di carta a righe e con in
mano la penna stilografica. Scrivere di lei e, solo al termine, constatato
quanta bellezza o delusione si celasse al suo interno. Scintillante come
fulgide stelle, con banchi di nuvole nere che fuggono verso l'orizzonte.
Titolo: A Lupita piaceva stirare
Autore: Laura Esquivel
Casa editrice: Garzanti
Prezzo: 16,90€
N° di pagine: 191
Trama: Fuori, Città del Messico splende
delle luci della notte e il rumore della città si leva alto. Lupita non vuole
sentire. Ha chiuso tutte le finestre, ha abbassato tutte le tende. Vuole stare
sola e cercare di non pensare. E l'unico modo in cui riesce a farlo è stirare.
Il gorgogliare dell'acqua che si scalda, il vapore denso che offusca la vista,
il profumo dei panni puliti che si intensifica nell'aria hanno il potere di
calmarla. Perché le ricordano sua madre e la felicità di quando era bambina. Ma
quei tempi sono ormai lontani, Lupita è diventata una poliziotta e oggi ha
fallito nel compito che le era stato affidato, proteggere un politico durante
un trasferimento. Le sue mani tremano ancora e questo la riporta a una notte di
tanti anni prima, quando la sua vita si è interrotta. Perché Lupita è una donna
spezzata e il suo cuore è chiuso in un nodo di dolore che nasconde un segreto
del suo passato che non può dimenticare. Ma adesso la sua vita è in pericolo,
perché durante la missione Lupita ha visto qualcosa che non doveva vedere. Per
salvarsi deve indagare e trovare i reali colpevoli, anche se questo rischia di
riaprire le ferite del suo cuore. Ma solo così, forse, potrà riaffacciarsi alla
vita e all'amore..
La
recensione:
Per circa due giorni nel giro di un fine settimana
soleggiato ma noioso, uscì dal mio cantuccio personale e, guardandomi attorno,
sentii una voce sconosciuta fra gli scaffali della mia libreria. Mi guardai
attorno, colsi l'immagine di ognuno di loro e, confusa, feci ritorno alla mia
strapiena libreria per un chiarimento.
C'era Anna Karenina la cui storia dal taglio elegante
e sofisticato, stando al mio scrupoloso giudizio, conferiva una certa severità
di classe. Solal e Ariane, protagonisti di una proiezione infinita di gioie e
dolori, il cui tocco di invulnerabilità
veniva esaltato dalle numerose impennate amorose di queste anime contrite ma
dannate. Varie inclinazioni del capo per cogliere questa voce diversa nel
trittico di carta e inchiostro mi rassicurarono sul fatto che si trattava della
voce di una giovane donna, una donna forte che tuttavia non vuole essere
ricordata nemmeno dalla memoria dell'acqua. Piuttosto sprofondare sottoterra,
per rimanerci fin quando non si dimenticheranno di lei. La sorpresi lì, ai
bordi dell'anima di una storia che altri non è che le cronache di vita di una
giovane poliziotta spagnola. In attesa in cucina a svolgere le veci di sua mamma:
stirare, ricamare, lavare, bere, ed io nel frattempo l'aspettavo
silenziosamente. Aspettavo che la sua anima, dal passato così turbolento e
insidioso, arrivasse a toccare le corde più sensibili del mio cuore. Il tempo
necessario per rifugiarmi fra le pagine di un caso editoriale che rievocasse le
magiche atmosfere coheliane , o mi facesse perdere completamente il senso del
tempo. Boliviani che suonavano in piazza, una protagonista sola e insoddisfatta
che vaga come un anima in pena in un posto in cui non regna la pace e la
tranquillità. Ed io che, stregata dal bagliore lucente di questa storia, che
come un'indescrivibile sensazione di benessere mostrava la propria eternità,
seguivo febbrilmente ogni sua mossa. Lupita che proiettava la sua malinconia
fino al mio cuore caldo rinchiuso nella cassa toracica, dove si dilatava e
contraeva ogniqualvolta si imbarcava in uno dei suoi misteriosi comportamenti.
Ma lo sguardo circospetto di Lupita mentre mi
inoltravo nel dedalo di parole che aspettavano sotto l'ombra di essere chiamate
ed evocate mi rivelò l'immagine di una donna che io onestamente non ho
conosciuto. Una donna eccentrica, bizzarra, con una sfilza di dubbi,
perplessità, tormenti, il cui animo ingrigito mi fece venire in mente certi
insetti chiusi in scatole di fiammiferi. Tipo le tarme. Questa era Lupita
coniugata al presente, quarantenne, in gramaglie figliali. Sola nel tragitto
dei pianeti nel silenzio e nell'oscurità della notte.
Ero scettica, perché so quanto siano instabili i
pensieri di una ex alcolista. I suoi pensieri erano costantemente rivolti verso
l'unica cosa che aveva avuto senso: suo figlio. Il suo sole. E sul fatto che
doveva assolutamente rialzarsi, indossare la sua divisa e combattere contro i
suoi demoni. L'atto dello stirare l'avrebbe aiutata a dimenticare?
Pur quanto mi costi un certo sforzo crederlo, la
storia di Lupita era stata quel genere di storia che mi colse del tutto
impreparata. Le parole scorrevano dalla punta di una penna invisibile su un
foglio evocando all'orecchio la voce della protagonista. Penderono dalla mie
braccia e indugiarono sulla mia testa: finestrelle aperte su un mondo che
avrebbero potuto offrire allo sguardo lo sfavillante spettacolo di un mondo
completamente sconosciuto ai miei occhi.
In ogni capitolo erano conservate scatole con dentro
racchiuse tante nozioni. Scatole che contenevano dettagli, particolari su
Lupita e sulla sua burrascosa vita. Scatole non del tutto piene che il lettore
in un certo senso non sa cosa farsene, e che avrebbero potuto arricchire lo
scenario. Dalla mia prospettiva, evocativo ma distante, vago e poco limpido in
cui non ho potuto vedere cosa circondava la stessa Lupita. Un sogno breve e
senza senso, incompleto, ma che ha tanto di quelle atmosfere magiche spagnole,
che in una rapida discesa mi ha condotta alla vita di questa donna che sta
oramai appassendo nella quiete mattutina. Fra il fragore delle macchine, in una
dimora dai contorni sfocati, su uno sfondo oscuro come la notte e poco
rassicurante di una divinità che non riesce a placare tutta la superficie,
prima della sua inevitabile decadenza.
Salutarla ha sortito uno strano effetto. Non che
mancassero i difetti, le discrepanze, ma a soddisfarmi ben poco in modo quasi
irrimediabile è stato l'essermi sentita poco partecipe alla storia che si porta
dentro l'autrice. Quando giunsi a Città del Messico, dopo una sfilza di letture
di svariato genere, avvertii la presenza di una nuova realtà che presto sarebbe
potuta diventare mia. Colmando quel senso d'incompletezza della mia esistenza,
come un eco, un sussurro che avrebbe reclamato la mia attenzione, spazzando
completamente via la storia della mia vita.
Una melodia triste, ingannevole come un gruppo di
uccelli freddi e sconosciuti che volano nei cieli di pietra e di bronzo, fredda
e poco emozionante, che riesuma ricordi che sembrano essere stati cancellati
dalla memoria dell'uomo con la magia, il dolore e il sangue. Inghiottita dal
silenzio, dal nulla, costringendo il lettore a sorbire una promessa famigliare
trascinata dalla corrente e persa chissà dove.
A Lupita
piaceva stirare è, a modo suo, un
romanzo semplice e profondo che tuttavia non è stato in grado di soddisfarmi
come avrei voluto. Poco emozionante, introspettivo, a tratti algido a tratti
tragico, è una fitta di sensi di colpa che quasi inducono al pianto, al
perdono. Una complessa scenografia di una donna e la sua repentina salvezza in cui,
alla fine, il bello della sua lettura sta nella bellezza di scorgere dal fuoco
del cuore umano un'infinità di cuori luminosi. Volatili amorosi che
appartengono ad ogni bacio, ogni atto d'amore o poesia.
Valutazione
d'inchiostro: 2 e mezzo
bellissima recensione...mi sono persa tra le parole :))
RispondiEliminaGrazie mille, Frances! Sei sempre gentilissima :)
Elimina