mercoledì, marzo 07, 2018

Una goccia, mille parole: Mi sa che fuori è primavera - Concita De Gregorio

Come avevo previsto, le mie letture in questo periodo sono stimolate dalle sfide letterarie a cui sto partecipando, mentre io lo sono dagli innumerevoli titoli che potrei leggere al riguardo, ed è solo perché mi piace vivere una realtà differente alla mia affinché il potere inebriante della scrittura, la magia mal celata nei libri, possano comprendere il mio entusiasmo. Questa ennesima recensione, questa lettera a dir il vero, forse un po' drammatica, sul primo romanzo di Concita De Gregorio che leggo, sono la controparte delle mie pagine stravaganti sul suo romanzo.
La De Gregorio ha scritto della sua solitudine come qualcosa di destabilizzante, atroce, usando il linguaggio del cuore e dei nervi, sperimentando cosa significa avere e allo stesso tempo lasciarsi scappare l'amore profondo dei figli, carne, sangue, muscoli che le sono appartenuti e che adesso, alla soglia della vecchiaia, si è lasciata sfuggire come sabbia fine sul palmo di una mano.




Titolo: Mi sa che fuori è primavera
Autore: Concita De Gregorio
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 13 €
N° di pagine: 122
Trama: Ferite d'oro. Quando un oggetto di valore si rompe, in Giappone, lo si ripara con oro liquido. E' un'antica tecnica che mostra e non nasconde le fratture. Le esibisce come un pregio: cicatrici dorate, segno orgoglioso di rinascita. Anche per le persone è così. Chi ha sofferto è prezioso, la fragilità può trasformarsi in forza. La tecnica che salda i pezzi, negli esseri umani, si chiama amore. Questa è la storia di Irina, che ha combattuto una battaglia e l'ha vinta. Una donna che non dimentica il passato, al contrario: lo ricorda, lo porta al petto come un fiore. Irina ha una vita serena, ordinata. Un marito, due figlie gemelle. E' italiana, vive in Svizzera, lavora come avvocato. Un giorno qualcosa si incrina. Il matrimonio finisce, senza traumi apparenti. In un fine settimana qualsiasi Mathias, il padre delle bambine, porta via Alessia e Livia. Spariscono. Qualche giorno dopo l'uomo si uccide. Delle bambine non c'è più nessuna traccia.
Una goccia, mille parole:
Cara Irina,
trovo a stento le parole. Ho cercato di mettermi nei tuoi panni, però mi è impossibile. Mi dispiace.
Dovrei schiarirmi le idee, sedermi al computer, e tenere a bada quelle emozioni che mi si sono agitate dentro, perché il giorno in cui mi rivelasti tutto questo cambiò ogni cosa … ed io che cosa ho fatto? Nulla, se non stare a guardare. O, per meglio dire, sentire. Sono rimasta qui seduta a leggerti. So che avrei dovuto essere più emozionata all'idea di leggerti, però immagino che una punta di dispiacere sia più che normale. Non che abbia dubitato nemmeno per un secondo della mia scelta … L'intera faccenda tuttavia mi ha resa un po' inquieta, pensierosa, unanime. C'è da dire che, non avendo ancora figli, non so cosa voglia dire perderli. Non ho idea di cosa significhino parole come "abbandono", "allontanamento", quando io di tutto questo non conosco nemmeno il significato, si fa per dire, presa come sono da una vita frenetica e un po' ingarbugliata e dalle conversazioni che solitamente avvengono - fitte fitte, a bassa voce - con i miei scrittori preferiti.
Non so bene cosa mi abbia spinto a trovarmi qui, seduta dinanzi al pc, a scriverti tutto questo: so soltanto che nel momento in cui le nostre anime entrarono a contatto parteciparono tutti i miei "conoscenti" … e forse persino qualcosa che non conoscevo nemmeno. Probabilmente una certa drammaticità, mista a una buona dose di rabbia e apprensione e la quantità di dolore, mancanza di affetto che non mi sono stati distribuiti ne quelli che potrò ricevere a lettura conclusa. La donna è un esemplare vivente davvero inusuale: forte, ma allo stesso tempo fragile; bella ed avvenente, agghindata e stretta in drammi da cui riesce a piluccare molto poco. Parti della vita che vengono annaffiate ripetutamente da litri e litri di una bevanda sconosciuta, che nella maggior parte dei casi causa malessere, l'unica cosa di cui farebbe anche a meno, ma costellate ogni tanto da una serie di colori dalle mille sfumature da far disperare qualsiasi pittore. Questo praticamente il ciclo della vita.
E non ho potuto fare a meno di pensare a te, cara Irina, nella tua stanza, seduta accanto al caminetto, che ti fai bastare quelle piccole gioie che ogni tanto ti riserva la vita, dopo tanto dolore e sofferenze. Devo ammettere che mi ha rattristato tutto questo: tutta questa solitudine, tutto questo dramma, mentre io e le mie preoccupazioni vagavamo su un altro fronte; se mi chiedessero il motivo per cui la tua storia mi ha colpita così tanto non penso ci sia risposta. Se mi chiedessero cosa ho ottenuto, risponderei: "Molto poco, a dire il vero!" Senza alcuna esitazione.
Ma allora perché mi trovo qui a scriverti, ti domanderai? Mi sono catapultata fra le braccia della tua storia navigando da una zona a un'altra, da un cuore a un altro, in attesa che tu potessi parlarmi, in attesa di una tua lettera. E in pochissimo tempo mi sono resa conto di quanto questo fosse stucchevole: per quanto lontano io possa aver fuggito, le cattive notizie ti trovano comunque.
Ed è stato quindi troppo difficile, per me, rimanere seduta nella mia poltrona preferita, con le mani in mano. Cosa avrei dovuto fare? Costruire una nuova realtà in cui avrei dovuto viverci? Come un edificio moderno in pietra con l'intonaco e la pavimentazione nuova. Accludo un piccolo abbozzo di ciò che sento; lascerò che siano le parole ad esprimermi: non ce la faccio a tenermi tutto dentro!
Mi chiedi dunque cosa mi abbia spinto a trovarmi qui. L'ennesima sfida indetta su Facebook, naturalmente. Da amante della lettura e della buona letteratura, non riesco a saziarmi di libri. Trascorro ore e ore seduta a leggere nella mia poltrona preferita, o sul mio morbido letto, a girovagare fa i borghi di qualche strada rurale, o fra i cuori di personaggi che poi finiscono per raccontarsi. A un certo punto la tua storia ho cominciato a portarla nel mio grembo, pur di ricevere in cambio nient'altro che qualcosa che potesse mettere a posto una parte della mia anima, ed io non ho potuto fare a meno di esserne contagiata. In ogni momento, durante il corso della lettura, non ho mai avuto la sensazione fossi rimasta sola, e sapevo che presto questa quotidiana routine avrebbe cessato di esserci. Prima o poi avrei dovuto accomiatarmi da te, decidere se continuare a stare in tua compagnia o su un nuovo traghetto che sta per salpare, provando una felicità che non provavo da tempo. Lo so; questo è ciò che accade alla fine di ogni romanzo. Alla fine di ogni storia. Eppure io non sono un tipo che resta a guardare mentre il traghetto parte, mi porta lontana da te. E forse questo è il nostro saluto definitivo, forse questo è quel giusto commiato predestinato. Forse la scelta più giusta. E tu sai già qual è.
Con gratitudine e amicizia
La tua sognatrice d'inchiostro

4 commenti:

  1. O_O questa tua lettera mi ha lasciata senza parole... un libro così si deve leggere e penso di farlo presto.

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