Per curare le ferite
inferte ad un cuore fragile, ma algido, si nutre sempre un forte senso di
protezione. Si è consapevoli che l’approccio brucia certi modi cavallereschi,
ma alla fine i risultati ci sono. Ci sono, e ci sono sempre ogni qualvolta
leggo romanzi i cui protagonisti, o la stessa anima del romanzo, è così tetra e
gelida, quasi difficile da comprendere. La Ragazza che si cura con le parole
non rinuncia alla sua ossessione. E, in un certo momento della sua vita, va
alla ricerca sotto mentite spoglie di donne o uomini la cui vita è stata
sconvolta o recisa da eventi o fatti traumatici. Alla fine ci riesco veramente.
Ed i romanzi in questo caso sono solo espedienti. Mi si pongono con modi
gentili, eleganti, quasi raffinati e rispecchiano la cronaca di tutte le
assurde e ridicole illusioni, cosicchè quando faranno ammenda dei propri errori
potranno rendersi conto di ciò.
Le peggiori paure mi
è piaciuto sin dal primo momento in cui lo vidi. Secondo me, Alexandra, la
protagonista, era veramente pazza. E se inizialmente ciò fosse un’impressione,
successivamente divenne una certezza. E la sua autrice, orchestrerà
personalmente una vicenda, fortemente predisposta al dramma e al tragico, in
cui si avverte un certo desiderio di rinascita, rinnegando la morte o qualunque
evento infausto.
Un’ammirevole consapevolezza
di ciò che riportano queste pagine, che la sua autrice ha scelto proprio per
uso e scopo personale. Analogamente, sfruttando al massimo quello che si ha con
una certa apatia, un certo stoicismo, abbracciando tali concetti come se
fossero semplici abitudini. Ed architettando un giallo / noir che ritrae
perfettamente i cosidetti ambienti “british”, nel cuore pulsante di anime
dannate che non possono non essere tali decifrando il ruolo che essi stessi
svolgono.
Titolo: Le peggiori paure
Autore: Fay Weldon
Casa editrice: Fazi
Prezzo: 16 €
N° di pagine: 422
Trama: Alexandra Ludd, attrice e donna
affermata, è appena rimasta vedova. Il marito Ned, un critico teatrale molto in
vista, è morto inaspettatamente a causa di un infarto nella loro bella casa di
campagna, mentre lei si trovava a Londra. Fino a quel momento il rapporto tra i
due sembrava felice e privo di ombre, e ora Alexandra è sconvolta, ma una serie
di strani dettagli la obbliga a porsi delle domande: accenni di indizi e mezze
parole nel giro di pochi giorni si concretizzano in una verità che sovverte
ogni sua convinzione di quanto donna, madre e artista. Una rivelazione dopo l’altra,
la protagonista giunge alla definitiva presa di coscienza; le sue amicizie
erano false, tutte le sue peggiori paure avevano un fondamento. Ned aveva una
vita parallela di cui lei era totalmente all’oscuro.
La recensione:
Il dolore accompagna la perdita
– è il bastone della natura – così come la gioia accompagna la nascita – è la
carota della natura.
Non
importandogli più nulla di quello che sarebbe accaduto, Alexandra Ludd non si
sorprese quando le solide e fatiscenti mura delle sua splendida villa accolsero
un manipolo di anime erranti: amici, conoscenti, famigliari. Né si sorprese,
chiusa in doveroso silenzio nella camera matrimoniale che sino a qualche giorno
fa condivideva col suo amato Ned, che anche il suo dolore non subentrasse su
ogni cosa. Ma fui io a sorprendermi maggiormente nel trovarmi dinanzi ad una
protagonista così algida e stoica, quasi del tutto indifferente alla morte
prematura del suo compagno. Il luogo era stato evacuato totalmente, e ora che
la morte era sopraggiunta sembrava non contare più niente. Ognuna identica a
tutte le altre: qualunque bellezza, qualunque occasione smorzata dalla luce
tremolante di un nefasto episodio. Io non ne fui particolarmente impressionata.
Alexandra Ludd era sfinita, e quella da cui si proteggeva era una corazza di
freddo e stolto cinismo che l’avrebbe curata e aiutata da qualunque malanno.
La
sua storia, entrò in una delle stanze luminose del mio animo medinate il quadro
impressionistico di una donna dal viso seminascosto da un guanto rosso. Aveva
una certa aura di magnetismo, una secca ironia che tuttavia mi ha coinvolta sin
da subito, ostile ad aprirsi ad un mondo di cui francamente non gliene importa
nulla. C’era anche un secondo elemento, che prevalse e spiccò in questo marasma
di sentimenti forti, sensazioni istintive, facili ad atti di pura e semplice
follia, che dava uno squarcio sulla sua anima. Dovetti tirare un respiro
profondo, prendere la mia agenda personale, e riporre i miei pensieri nero su
bianco. Le peggiori paure si
sarebbero spogliate solo molto dopo, lentamente, coprendo momentaneamente quei
buchi che avrebbero potuto passare inosservati ma poi sfaciandosi uno per uno
nel momento in cui i protagonisti avvertono l’esigenza di vivere un’esistenza
completamente diversa a quella attuale: prima Ned, poi Lucy, e alla fine la
stessa Alexandra; atti dopo atti, come una sorta di propaganda che ci induce a
sporgerci ed interrogarci sul ruolo che l’individuo occupa nella società. Quale
condizione è riservata ad una moglie amorevole ma desiderosa di affetto, che si
trincera dietro finte maschere e falsi miti? L’autrice ci parla esattamente di
questo, e ci dice come ciò sia alquanto difficile. Specialmente nel momento in
cui il sacrificio o il dolore di una perdita si fa strada nel nostro cuore come
un male incurabile.
Quando
vi arrivai non sapevo quanto tempo sarebbe trascorso, ne se il mio soggiorno
sarebbe stato accogliente o meno: se per Alexandra la morte improvvisa del
marito aveva sconvolto il suo universo personale, dovevo assolutamente
comprenderne i motivi. Eppure quello di Fay Wherton non sembrava un giallo né l’ennesimo
caso investigativo in salsa christiana. Forse erano semplici supposizioni, ma
ciò che vidi fu qualcosa che mi diede non pochi sospetti. Chissà cosa avrei
dovuto aspettarmi, se fossi giunta qualche secondo prima della morte di Ned! L’aria
malinconica, quasi greve, che si respira fra le sue pagine gridò “subdolo” sin
dal primo momento in cui ci misi piede. E persino adesso che ripongo queste
poche righe, sono consapevole di come sia rimasto appiccicato un pezzo della
mia anima: una sorta di solco profondo che tante altre letture, proprio come
questa, hanno colmato. L’aria malsana, mista a quella del pianto, dei sospiri
frammentari, si unificava a quella di artiste ricche e vanitose, che insediati
nel passato, intimoriti da qualunque forma di supremazia o anarchia, spiccano
in questo splendido quadro come anime dannate alla deriva che tuttavia hanno un
cuore pulsante e che desiderano allontanarsi da questo mondo triste e crudele.
Il
modo <<inglese >> in cui l’autrice parla di loro mi colpì
irrimediabilmente, poiché specchio di un qualcosa che ci sovrasta e che non si
può fare a meno di osservare. Sotto certi punti di vista, un romanzo classico poiché
richiama costantemente il passato e che mediante una sorta di viaggio
spirituale cinge una vita che ci accompegnerà per ben quattrocento pagine. Sotto
altri, fotometraggi che conquistano nella loro semplicità, e non certamente l’opera
più bella che abbia mai letto, ma, per quanto mi riguarda, ammirevole. In cui
ho scorto le speranze e le illusioni di giovani uomini o donne svanire come
fiati di vapore nell’atmosfera, attaccati all’anima di chi legge e poi lasciati
al Caso.
Forse piangiamo i morti perché non
possono più vedere le cose famigliari. Moriamo tutti. E’ un sistema terribile:
farci prima credere alla possibilità della permanenza e poi strapparcela via di
colpo.
Valutazione d’inchiostro: 4+
Interessante, ottima recensione, grazie
RispondiEliminaGrazie a te! ☺️☺️☺️
EliminaFelice che ti sia piaciuto! Io purtroppo l'ho trovato bruttino, già dato in scambio :(
RispondiEliminaAh, peccato ☺️ ma I gusti sono gusti ☺️☺️☺️
EliminaSembra un libro un pochino duro... la mia idea è anche sostenuta dalla citazione finale! Però non so
RispondiEliminaPoi mi dirai ☺️☺️
EliminaChe bella recensione!
RispondiEliminaGrazie! ❤️😘
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