Sono trascorse quasi due
settimane da quando in questo romanzo - corposo, ma emozionante e di
bell'aspetto - ho riscontrato solamente sensazioni piacevolissime. Tutto ebbe
inizio con un'incontro casuale e fortuito che, a distanza di poco tempo, ha
completamento rovesciato il mio universo personale. Ero certa che, nonostante i
miei pomeriggi fossero quasi sempre all'insegna del tedio e della
monotonia, Notre Dame mi avrebbe tenuto compagnia per un bel
po' di tempo. E con una felicità imprecisata, che come un buco nel cielo filtra
la luce nell'infinito, ho coltivato nel cuore la speranza che potesse piacermi.
Adesso che ho terminato di
leggere di Frollo, Esmeralda, Gringoire, un sorriso smagliante spunta repentino
sul mio viso. Sotto un cielo contaminato di inizio marzo che ha tremato da solo
sotto un manto di quiete, riporto queste poche righe confidando di poter
strappare qualche sorriso e magari regalare qualche sensazione. Invasa da un
marasma di parole che hanno offerto al mio sguardo curioso l'aspetto di una
tempesta repentina che si è riversata in ogni istante nello squallido angolo
della mia esistenza.
Titolo: Notre Dame de Paris
Autore: Victor Hugo
Casa editrice: Oscar Draghi
Prezzo: 25 €
N° di pagine: 512
Trama: L'arcidiacono di Notre
Dame, Claude Frollo, si innamora della celebre danzatrice zingara Esmeralda.
Incarica perciò il grottesco campanaro della cattedrale, il gobbo Quasimodo, di
rapirla. Ma il capitano Phoebus de Chateaupers la trae in salvo e conquista il
suo amore. Frollo uccide Phoebus facendo ricadere su Esmeralda la colpa del
delitto. Quasimodo intanto, commosso da una atto di gentilezza di lei, diventa
quasi un suo schiavo e la conduce a Notre Dame per proteggerla. Dopo una serie
di peripezie, Esmeralda verrà catturata e fatta impiccare sotto gli occhi di
Frollo, che osserva impassibile l'esecuzione. Quasimodo, disperato, ucciderà Frollo
e poi, con il cadavere della donna fra le braccia, si lascerà morire a sua
volta.
La recensione:
- Oh, l'amore! É essere due e non
essere che una persona sola. Un uomo e una donna che si fondono in un angelo. È
il cielo.
La bella cattedrale di Notre Dame
divenne celebre nella meravigliosa Parigi del XV secolo, all'angolo fra la Corte
dei Miracoli e la chiave della Porte- Rouge. Il giorno in cui mi recai in
questo mondo visionario, Notre Dame era illuminata dal livido chiarore di un
giorno di gennaio. Invasa da una folla variopinta e rumorosa che andava alla
deriva lungo i muri. Mettendomi comoda, accavallando metaforicamente le gambe
in una tribuna della Francia del secolo.
Venerabili figure, ammantate
d'ermellino, di velluto, di porpora, in un silenzio greve, degno, basso, fra
mille bisbigli o sussurri circondarono la mia avanzata lenta. Sulla soglia di
una storia che perpetuerà nel tempo in cui echeggerà il nome di questo
bellissimo monumento: la cattedrale. Si sarebbe detto che un filo invisibile e
magico avesse attirato improvvisamente il mio sguardo rivolto alla sala così
gremita di fiamminghi. Niente avrebbe potuto ridestarmi da quest'incantesimo. I
miei occhi restavano fissi lì, e chiunque avrebbe impedito questa mia avanzata;
voci, parole, suoni sarebbero stati motivi di allontanamento.
Per una visitatrice come me
autori del calibro come Victor Hugo sono l'incontro obbligato con la
letteratura medievale e la prima impressione è stata meravigliosa. Come ogni
cosa, anche la bella Parigi di cui ci parla Hugo ha avuto un suo modo di
presentarsi, di farsi vedere al suo meglio. Quello di Hugo la cattedrale di
Notre Dame. Lo specchio che riflette l'anima di chiunque, rappresentazione
unanime iniziata con acclamazione; eterno flusso e riflusso del consenso
popolare. Lettori di ogni razza e età arrivano e risiedono lì e in verità non
ci sarebbe bisogno di vedere altro, perché la cattedrale è il concentrato di
tutto quel che il romanzo di Hugo ha da far vedere di sé: la sua efficienza, la
sua sporcizia, il suo disordine, il suo essere più grande di quel che già è, di
inutilità e di miseria.
Fra sapori agri e amari, il fragore di gente umile, attanagliata dal freddo,
dalla paura, dall’ansia,creati da un eccesso folle di misantropia. Ma il tempo
è creatore e architettore, mentre il popolo muratore. E Hugo evidenzia questo
rapporto, così maestoso e contorto per le armonie sprigionate dal suo magnifico
insieme, da un gobbo goffo ma che a me ha intenerito, da cui ci si rifugia dal
nuovo, dalle nuove regole, da innovazioni – come la stampa, la macchina da
scrivere – che potrebbero raddrizzare il mondo ma cambiare espressione. Soggetta
ad essere evidenziata da un marasma di anime, suddivise in quattro allegorie,
che versano a gran fiumi svariate metafore. Con vigore, coraggio, agilità che
stonano con quelli imposti dalla bellezza, facilmente riscontrabili persino
nella musica.
Io, data la mia condizione di
lettrice avida e curiosa, non potevo esimermi da questo viaggio e, come tanti
altri visitatori in precedenza, lavoratori frustrati con la calvizie
incipiente, medici stressati dai ritmi frenetici e agitati, arrivai nella splendida
Parigi del XV secolo da un portale segreto: le pagine di un libro, da un
accozzaglia di frasi e parole che lasciano un segno del loro passaggio. E' da
lì che, all'inizio di gennaio del 1482, arrivarono anche gli egiziani. E, in
particolare, lei: Esmeralda. Avvicinata da tutti, creatura così tanto bella che
Dio l'avrebbe preferita alla Vergine e l'avrebbe scelta per madre e avrebbe
voluto nascere da lei se lei fosse esistita. Voluttuosa, dispensatrice
inconscia di passioni. La cui immagine brucia nella testa di chiunque,
tenebrosa e crudele come il cerchio nero che perseguita a lungo la vista
dell'imprudente che ha fissato a lungo il sole. Non c'era niente da fare. I
parigini non potevano evitare di essere sedotti, semplicemente guardandola.
Allo stesso modo io non potei evitare di farmi sedurre dalla sua bellezza
andando a vederla, ascoltarla, con la sua fidata compagna, con i piedi nudi e
un manto di capelli color ebano, dalla parte sbagliata e impreparata dalla sua
bellezza.
Come una bambina persa da mille
immagini di gioia, di grazia e tenerezza, che si affollano attorno alla
cittadella della mia coscienza, divenendo e trasformandosi in qualcosa di
meraviglioso, la storia della bella Esmeralda è divenuta ricca di magnificenza.
Strumento di grazia che ha colmato il mio cuore di un assurda felicità.
Pulsazione del cuore che vibra di una forza profonda e sensibile, ma
accarezzata da un angelo e pizzicata da un diavolo. Notre Dame mi si è
presentata come quel posto che avevo immaginato: rumorosa, animata, viva. Con
imponenti e grosse colonne da cui mi sono circondata, come un enorme zampa che
ha percorso il suolo col suo frenetico passo. In un marasma di febbre e follia
giunti a un livello così alto d'intensità che il mondo esterno pareva una
specie di visibile, palpabile, spaventosa apocalisse.
Tutto questo non è stato altro
che una visione splendida sulla quale il reale si è alternato al fantastico. Su
una finestra che lascia intravedere attraverso le sue maglie rotte un pezzo di cielo
e una luna coricata in lontananza su un guanciale di soffici nubi, così potente
e appariscente. Umile e modesto per fama di far ingelosire la Venere di
Botticelli. Di queste fattispecie ne ho letto davvero poco, e indossando un
mantello che mi ha donato sicurezza e - credo - rispettabilità ho fatto perdere
volutamente le mie tracce in un imbuto di pietra in cui sono confluiti tutti
gli aspetti geografici, politici e morali di un paese. Tutto ciò che è linfa,
tutto ciò che è anima di una nazione, che filtra incessantemente ammassandosi
goccia a goccia, secolo per secolo.
Cerchio magico per chiunque
decida di avventurarsi, per poi sparire in minuscoli pezzettini, in questa
meravigliosa avventura. Fiumana di vizi, mendicanti, poesia, romanticismo in
cui la filosofia è massima di vita per molti. Rifugio o medicazione dell'anima
di uomini soli, danneggiati e contriti. L'uomo si vede bisognoso d'affetto, in
quanto la vita senza tenerezza e senza amore altri non è che un ingranaggio
arido, crogiolante, stridulo. In una miscela disomogenea di uomini, donne,
bestie, età, sesso, salute, malattia, confusione e sovrapposizione in un unico
tutto.
Ho avuto come l'impressione di
vivere in un nuovo mondo, ignoto, inaudito, deforme, strisciante, brulicante,
fantastico. Un fumo nero si era diffuso fra me, i personaggi e gli oggetti,
intravisti nella bruma incoerente di un incubo, nelle tenebre dei sogni che
fanno vacillare ogni contorno, aggrinzire ogni forma, dilatando le cose come
chimere e gli uomini come fantasmi.
La realtà aveva conferito un
immagine completamente diversa, urtando i miei occhi, demolendo pezzo dopo
pezzo tutto lo spaventoso romanticismo di cui credevo di essere circondata. Era
melma quella che toccavano le suole delle mie scarpe, erano ladri la gente che
mi affiancava, che non rischiava l'anima ma la vita. Un gigante a mille teste e
mille braccia si era fissato in una forma eterna, visibile, palpabile. Con
parole che sono state messe di traverso, nella corrente di un fiume
inarrestabile e impetuoso, raggruppandosi, combinandosi, amalgamandosi,
scendendo, salendo, rovinando al suolo, ammassandosi nel cielo.
Ho letto questa storia in un
principale momento della mia vita. Sino a tre anni fa, non conoscevo il
significato della parola amore. Ingenua, romantica e sognatrice un tempo.
Incontri inaspettati talvolta possono davvero cambiare la nostra vita, persino
un banale romanzo come questo: mi ha rinvigorito, donato una gioia
incontenibile che è trapelata da ogni dove, padrona di un destino di cui non ne
conoscevo nemmeno l'esistenza. Quasimodo ed Esmeralda. Figure cupe e infelici
che mi hanno fatto risplendere di luce. Fatto fiorire con melodie, cadenze
inattese, frasi semplici cosparse di note taglienti e sibilanti, in cui
predomina l'armonia, in morbide ondulazioni d'ottave.
C'è stato in tutto questo un non
so ché di particolarmente vertiginoso, potente ed inebriante dal quale è stato
davvero difficile concepirne un'idea precisa. Adesso che ho terminato il
romanzo, mi domando: che ne ha fatto il tempo, che ne hanno fatto gli uomini di
questa meraviglia? La storia del gobbo Quasimodo e della bella Esmeralda
risuonerà nelle mie orecchie per tanto tempo, sulla soglia di un epoca che si
sta avviando verso la distruzione. Una tempesta emotiva, visiva che alla fine è
solo un rumoreggiare che alita dolcemente sul nostro collo. Contemplazione
estatica con la quale il lettore vede i suoi più reconditi desideri realizzarsi
nel silenzio di un vasto uditorio. Viaggiatrice, osservatrice, esploratrice che
ha ascoltato ogni singola parola di questa storia, persa nel bel mezzo della
folla nascosta dagli sguardi furtivi di gente curiosa e avida.
Non guardare la faccia,
fanciulla. Guarda il cuore.
Il cuore di un bel giovane è
spesso deforme. Vi sono cuori ove l'amore non si conserva.
Valutazione d'inchiostro: 5
Concordo su tutto! Se ti va di sapere cosa ne penso, anche io qualche mese fa ho letto e recensito sto bel mattoncino; grazie della recensione
RispondiEliminaGrazie a te! ☺️☺️
EliminaChe dire, prima o poi troverò il coraggio di iniziare questo romanzo! La trama, l'ambientazione, le premesse e i personaggi: non c'è un elemento che non mi attiri!
RispondiEliminaMagari approfitterò proprio della pubblicazione di questa bellissima edizione della Mondadori per decidermi e avere l'ultima spinta necessaria 🙈
Ti assicuro che non te ne pentirai! ❤️📖
EliminaGresi una recensione bellissima, che mi ha fatto quasi fatto amare di più questo romanzo. Non che a me non sia piaciuto per nulla ma non è stato il mio classico preferito, diciamo così :)
RispondiEliminaGrazie mille, Francy! Credo che ognuno di noi ha un proprio classico preferito, e la cosa buffa è che non per tutti certi libri sono capolavori o letture imperdibili :)
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