martedì, giugno 08, 2021

Gocce d'inchiostro: Veronica e il diavolo. Storia di un esorcismo a Roma - Fernanda Alfieri

Di romanzi storici che detengono il tema della possessione non avevo mai letto niente. Ora che mi sono approcciata a Fernanda Alfieri credo proprio che approfondirò certi suoi argomenti con la lettura di altri romanzi, anche se oramai è divenuto un rito quello di celebrare e salutare argomentazioni e tematiche a me sconosciute che in niente mi affascinano moltissimo; partecipo all’iniziazione di sortire quella determinata lettura senza dare peso a niente e nessuno. Recito una parte senza sapere né come né perché. Un arcobaleno dai colori impazziti.
Recentemente, affascinata da tale tema, mi recai fra le vecchie mura della capitale italiana, nel 1830, interessata a seguire passo dopo passo quali sarebbero state le modalità di sopravvivenza di una ragazza posseduta dal diavolo. Una di quelle rare occasioni in cui il sentimento prevale sulla ragione, e che fra le pagine del romanzo dell’autrice ho acquisito una notevole conoscenza di questa natura: le sue ricerche mi condussero fra le braccia di gesuiti e frati che impelagati nell’affannosa ricerca di rivelare verità sconcertanti e cocenti lasciano le loro abituali quotidianità per urbanizzarsi nell’estirpare questo male assoluto rivelando dalle maglie dell’oblio la più cocente verità. Molti studiosi sono morti tramandando segreti che nessun giovane ha mai veramente appreso. Dopotutto il sapere serve anche a questo, quando si crede di vedere ciò che abbiamo dinanzi ai nostri occhi ma che in realtà non vediamo. Fernanda Alfieri se ne fece un cruccio, e scomparendo dal mondo odierno, estrapolò quelle giuste conoscenze che strada facendo si sono perse; la cultura a questo proposito è un bellissimo trampolino di lancio. Osservando il tutto come se avesse deciso di trapiantare il suo tempo come un albero in modo che attecchisca bene, tagliarlo finemente affinchè il legno di cui è costituito possa essere intagliato.

Titolo: Veronica e il diavolo. Storia di un esorcismo a Roma
Autore: Fernanda Alfieri
Casa editrice: Einaudi
Prezzo: 21 €
N° di pagine: 376
Trama: E’ il 23 dicembre 1834 quando due gesuiti bussano a una porta di via Sant’Anna. Sono stati chiamati al capezzale di una giovane donna << ritenuta ossessa >>, Veronica Hamerani, per liberarla dagli assalti del demonio. Inizia così questa vicenda inquietante, di cui la storica Fernanda Alfieri compie un’accuratissima ricostruzione partendo dal ritrovamento di un manoscritto nell’Archivio generale della Compagnia di Gesù. È il diario che gli esorcisti hanno tenuto durante i mesi in cui si è protratto il rito: non solo è un racconto disturbante, in cui il “diavolo”, tra violenti improperi e battute in romanesco, prende direttamente la parola, ma è anche la testimonianza straordinariamente viva delle tensioni di un’epoca. Da una parte lo sguardo della Chiesa, la convinzione che il Maligno abbia preso possesso del corpo della ragazza e la volontà di riportarlo, quel corpo, sotto il proprio controllo; dall’altra quello della medicina che vede le convulsioni di Veronica come una malattia curabile, l’isteria. Dall’anziano padre Kohlmann, che aveva attraversato i continenti, fuggendo dalla Francia in Rivoluzione e approdando, attraverso l’impero russo, negli Stati Uniti, e ogni volta vedendo il mondo, il suo mondo di antico regime, distrutto da un tempo presente ingovernabile; al giovane malinconico padre Manera, il più colto e dubbioso ( e se la ragazza stesse solo fingendo? ) E poi i medici, la famiglia, il Vaticano, la Roma papalina, tesa tra la superstizione e la modernità, fra la chiusura e il cosmopolitismo. Tutti sguardi e volontà di controllo che si stringono intorno al corpo di Veronica. Lo scrutano, lo misurano, lo interpretano. Lo zittiscono.


La recensione:

 

L’essere umano così com’è, nella sua nuda sensibilità pronta ad agitarsi, per un nulla e farsi catturare da un mondo pieno di tentazioni, nel regno dei cieli non può entrare.

 

Nei giorni che seguirono la lettura di questo romanzo ho cercato di dimenticare qualunque forma di possessione e ossessione e di occuparmi di altro.
Non mi considero una lettrice facilmente influenzabile, ma il romanzo di Fernanda Alfieri, fra le tante immagini che affiorano incontrollate nella mia mente nei momenti di distensione, domina quella di una ragazza comune che si dimena come un ossessa, sghignazza, sogghigna, distesa in un letto come un orribile pena di morte per chi è stato castigato dal dio del male. E si pensa nell’immediato a ciò che può essere capitato a questa ragazza, quando il Diavolo l’accolse nel suo grembo repentinamente in un giorno qualunque, che un po’ per curiosità, un po’ per castigare i suoi << fedeli >> si avvicinò al mondo terreno finendo nella trappola che fra le pagine di questo romanzo conduce all’isteria.
Nella letteratura italiana odierna le arti della possessione e dell’ossessione sono elementi che si comprano nel vasto mercato delle conoscenze perché è un ingrediente della cultura popolare, come il pane per ognuno di noi. Mediante studi, archivi e conoscenze varie si scovano un mucchio di cose, come fece la Alfieri, che appassionata di storie e di scienze, nel trascrivere la storia di questa sfortunata ragazza promugnò quei giusti ingredienti che un lettore poco avvezzo a questo tipo di letture può farsi condannare a morte. Quanti lettori, a volte senza saperlo, rischiano viaggiando da un luogo ad un altro, valicando confini inesplorabili, rischiando persino la loro stessa vita.
Certo che ognuno di noi ha diritto a leggere ciò che gli pare e piace, ma di Veronica e il diavolo c’è da dire che si tratta di quella giustizia sommaria che mi sembra ingiusto imporre a un lettore ingenuo e imberbe. L’esorcismo, le possessioni, i riti satanici, specie quelli veri, micidiali spiritualmente, alcove di paure e timori vari, sono oggi una delle forme più archetipe del mondo; è un mondo a se stante che è tenuto mediante i fili invisibili di individui che affrontano il Male di petto, stabilendo ciò che è giusto e ciò che è sbagliato di cui l’autrice attinge come se pescando da un arcipelago di sopravvissuti. Ogni dato o informazione è un naufrago che galleggia nel grande mare del dimenticatoio dell’andata perduta e mai ritrovata. In un alternarsi fra stralci di diario e il contesto storico e politico e le riflessioni personali dell’autrice, in un itinerario letterario le cui parti convergono in vicende che ricostruiscono una storia rimasta per secoli imprigionata in un documento custodito in un archivio. Il corpo di Veronica e la presenza del Diavolo sono forme di vita attraverso cui l’autrice si premura a ricostruire la conquista di Roma, che per i gesuiti era una lotta incessante ma vana in cui prevale lo spirito dell’autrice e il suo desiderio di porre ogni cosa alla luce. Nulla resta sepolto. Prima o poi vedrà la luce.
Elaborare da un testo storico una storia come questa fu quel posto giusto in cui decisi di risiedere, per una manciata di giorni, affinchè le mie conoscenze fossero ampliate. Qui la possessione è un male assoluto impossibile da estirpare, il Diavolo alberga in noi per destare potere, smuovere gli animi di chi possiede un’anima pura, pronta ad accettarsi ad ogni stimolo esterno, avvolti nel dolore e nel sacrificio. Il suo destino è disgraziatamente appeso a un filo, ma nel 1837 gli esorcismi erano l’unico rimedio. Un tipo di ingiustizia che avrà effetti devastanti e che condannerà questa povera Veronica a morte certa.
L’impossibilità di non poter combattere, la ricerca vana alla felicità, alla redenzione, sono alcuni degli elementi che hanno fatto breccia nel mio cuore e schiarito le idee su qualcosa che, onostante i miei insegnanti me ne avessero fatto cenno fra le mura scolastiche, nel romanzo dell’Alfieri sono circondati da una luce più accecante e oscura. Ridotto a uno stato particolarmente discutibile, pronto ad accogliere nel suo grembo qualunque forza, elemento, sacrificio che il Maligno le sottrae e che detiene nel palmo delle sue mani.
Veronica e il diavolo fu quel contrappreso che mi indusse a comprendere come da certe letture è possibile cogliere una serie di allegorie alle regole o alle convenzioni sociali attraverso cui molti non vedono una via d’uscita. Surreale, crudele in cui conta esplicare la verità, qualunque forma di vita che conferisca un fondamento, e che grazie alla presenza di Dio, è necessario comprendere quale direzione prendere, quale strada percorrere affinchè l’anima non si senta più fuori posto, poiché percursore di menzogne e falsità insinuate nell’Avversario. Discernere osservando ciò che sta sul fondo affinchè è possibile scorgere la distinzione fra Bene e Male, non è qualcosa che scaccia definitivamente il Maligno ma apre la mente a nuovi idiomi e nuove tipologie.
Sarà stato atroce << vivere >> tutto questo. L’uomo moderno sa cosa va incontro, non si stupisce delle ambiguità della vita, delle ripercussioni che certe battaglie, certi assetti si sposano nelle sue vite. Specie se immerso in una specie di immobilità dell’anima, di solitudine che ci impedisce di non tormentarci di certi frangenti, ignorare certe agitazioni e sventure che scovino forme di fuga, in cui l’ignoranza, l’ignoto svanisce dal baratro in cui siamo sprofondati. La Alfieri ci impartisce la lezione di studiare i limiti del Male mediante la veridicità di fatti accaduti tantissimo tempo fa, non collocandolo nel settore dei romanzi storici ma anche in quello dei saggi affichè scovi quella giusta forma di vita che possa soddisfarci, beneficiarci, eremiti alla comprensione e alla contemplazione. Piegati in due da forze superiori, surclassati dall’esigenza di tollerarsi e aiutarsi reciprocamente sorgendo come eroi.
Complesso perché composto come un poema religioso, filosofico e moralista, pone particolari distinzioni fra intelligenza e mediocrità, in cui le anime di questi poveri flagellanti non riescono ad opporsi ad alcunchè. Figurarsi al Diavolo!
Un piccolo grande tesoro di immaginazione letteraria che spicca il volo verso un orizzonte irraggiungibile, covo di paure e di forme di inquietudini varie. Accresciuto dalla densità di uno stile a tratti inconsueto, a cui ci si appassiona con un certo coinvolgimento emotivo.
 
Ogni cosa esiste per servire Dio, e così anche loro. Nessun essere umano su questa terra appartiene a se stesso. Noi siamo tutti in catene, e, per primo, il Cristo che adoriamo?
 

Valutazione d’inchiostro: 4

6 commenti:

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