domenica, giugno 06, 2021

Gocce d'inchiostro: Trilogia della nebbia e Marina - Carlos Ruiz Zafon

I romanzi di Zafon sono comparsi in questo salotto virtuale, fra i meandri di un piccolo angolo di Paradiso mancato, con una certa frequenza, in questi ultimi tempi, non dicendo nulla di quel che è stato già detto, ma non mi sorprende affatto. Molto di ciò che sono, di quel che scrivo, lo devo in buona parte a Carlos Ruiz Zafon; il suo incommensurabile amore per la letteratura lo devo a lui, e qualcosa che l’umanità ha imparato ad amare con l’irrimediabilità del Caso. La sua scomparsa prematura ha lasciato dietro a se un solco profondo che non potrà rimarginarsi tanto facilmente, almeno per quanto mi riguarda, e ad ogni nuovo anno decido di accogliere l’esperienza di tornare nella Barcellona degli anni ’40 per riscoprirlo ancora una volta. E così, ecco spiegato i motivi per cui almeno una volta l’anno, non rifiuto questa bellissima esperienza. Quest’oggi è toccato non uno bensì quattro romanzi, rivestiti questa volta in questa bellissima copertina, dai toni sgargianti e seducenti, ma mai distanti dalla magia, dal potere dei sogni, dell’amore per i libri e la letteratura che tengono in ordine il mondo. La cosa che più mi piace delle riletture è quella di ritornare in posti che ho amato intensamente. Da lontano, non penseresti ne ora ne mai che a distanza di qualche tempo o di anni potremmo tornare a visitare quei luoghi che, in un modo o nell’altro, hanno lasciato un segno del loro passaggio. Poi ti ritrovi dinanzi a una casa vecchia e scricchiolante, di un ragazzino amante dei libri e della buona scrittura, di un segreto sussurrato dinanzi alle soglie del tempo, un correlaio di personaggi dilaniati da un passato insopprimibile su cui si sono affacciati anime dannate che vagano lungo la riva dell’assurdo. Forse non particolarmente visibili, ma che tengono su un meccanismo sofisticato e bellissimo che è un incanto. Un arabesco di parole, immagini, suoni che una volta sedimentato nella nostra anima non svanirà tanto facilmente.

Titolo: Trilogia della nebbia
Autore: Carlos Ruiz Zafon
Casa editrice: Oscar Mondadori Vault
Prezzo: € 25
N° di pagine: 468
Trama: Una casa sulla costa atlantica spagnola; la misteriosa India; un faro in Normandia. Sono gli scenari dei primi tre romanzi dell’autore dell’autore de L’ombra del vento, destinati a un pubblico di giovani di adulti, riuniti in questo volume secondo le intenzioni dell’autore. Atmosfere gotiche, trame mozzafiato e personaggi che si imprimono indelebili nella memoria dei lettori.

La recensione:

 

In un mondo di luci e ombre, ciascuno di noi doveva trovare la propria strada.

 

E' in un piccolo e un po' tetro paesino sulla costa spagnola che avrà inizio questa storia.
E' appena calata la sera, e quanti ricordano la morte di Armand Sauvelle giurano che un lampo purpureo abbia attraversato la volta celeste, tracciando una scia di cenere ardente che poi si perse all'orizzonte.
E' in una fredda mattina d'inverno in cui, con i vetri di una stanza d'ospedale fredda e anonima, ricoperti da una sottile patina di ghiaccio, il ricco e vezzoso mercantiere esalò l'ultimo respiro. Si spense in silenzio, quasi con un sospiro, abbandonando la moglie Simone e i suoi due figli ai numerosi debiti che lo accompagnarono nei suoi ultimi viaggi.
Era l'inizio della vertiginosa discesa dei Sauvelle nel mondo reale. La fine di un epoca in cui ci si poteva permettere abiti impeccabili e sontuosi o scuole raffinate e di prestigio. Da ogni angolo spuntavano nuovi documenti, fatture da pagare firmate da Armand, una nuova cambiale non pagata, un nuovo buco nero senza fondo in cui questa disgraziata famiglia sembrava essere precipitata. Così oscuro e profondo impossibile da scorgerne persino uno spiraglio di luce. In quest'ambiente infinito di luoghi e persone, con il tempo scandito dal regolare tic tac dell'orologio della vita e della morte e in sottofondo, vecchi suoni e vecchie voci, strani automi che sembrano avere vita propria, un uomo gentile e dall'aria affabile sarà colui che permetterà alla famiglia Sauvelle di risollevarsi dal fastidioso fardello delle responsabilità del poco dignitoso Armand. Indirizzarli lungo l'ignoto, ma risollevarli a tal punto di riuscire ad appagarli del tutto...
Ci sono molti autori per il quale il mondo della finzione rappresenta un'occasione per scalare montagne invisibili e descrivere gli infiniti regni della fantasia. Ci sono molti miei autori preferiti che, lontani da me da lingue o luoghi diversi, in tanti momenti della mia vita, ho sempre considerato come amici di lunga data. Scialuppe di salvataggio dinanzi a un mare in tempesta. Lo spiraglio di luce che illumina un intero mondo di tenebre e ombre. Il cui incontro / scontro avvenne, qualche anno fa, in un labirinto che odorava di carta vecchia, polvere e magia. Tra pile di libri disposte in lunghe file, ancora da leggere e vivere.
Inerpicarsi dunque sulla ripida salita di una gigantesca tenuta chiamata Cravenmoore, leggere la storia di una famiglia sfortunata e di un uomo: la cui figura è un ombra proiettata sul grigio cemento che fanno sorgere le riflessioni più intense sull'animo oscuro dell'uomo, di cuori infranti e strani e macabri eventi è stato davvero bello ed entusiasmante. Insieme, sembravano avere un piano. Come se contenessero una forza vitale che non può essere rinchiusa nel senso comune, afferrando il mio cuore senza mollare la presa, e trasudando una vitalità eccessiva molto più delle innumerevoli persone senza volto che spesso incontro per strada.
Questa mia visita inaspettata a Cravenmoore, con le sue antiche rovine che si intravedono oltre gli alberi del bosco, come sentinelle avvolte nell'oscurità, insieme con il sole che entra dalla finestra e l'odore di chiuso della stanza, mi evocò una sensazione famigliare: la nostalgia delle mie spericolate immersioni nel mondo zafoniano durante il liceo, quando quest'autore spagnolo era ancora per me una figura avvolta nel mistero. Uno dei tanti in una sfilata di figure pubbliche che fa parte di un paesaggio confuso a cui non prestavo particolare attenzione, nonostante sia sempre stato li.
Quella di Le luci di settembre è la più bella celebrazione del racconto gotico odierno che, nella sua semplicità e ordinarietà disarmante, cela del potenziale. E' come sognare ad occhi aperti, tornare bambini e trovarsi davanti alla cancellata di questo impotente maniero. In meno di un giorno non ero più sdraiata comodamente sul mio comodissimo letto. Ovviamente, ero ancora li, circondata dalle vecchie mura della mia stanza, ma in un certo senso non c'ero più. Ero molto lontana, in un oscuro e severo castello spagnolo, con una famiglia, il loro ingombrante padre e le rivelazioni scottanti di un uomo solo e incompreso che nei primissimi giorni di luglio all'insegna del tedio e della quiete sentì come miei.
Le loro voci, uscendo dal romanzo, risuonavano nella luce accecante della mia camera. Presero vita nel momento in cui il ricco Armand esalò l'ultimo respiro. Durante il corso della lettura mi sembravano così famigliari, perché di lui e di questa stramba storia, che si ammanta di gotico e un pizzico di malinconia, si avvale di un linguaggio semplice, impeccabile e scorrevole, zeppo di minuziose e dettagliate descrizioni, avevo letto alcuni anni fa. Ragione per cui leggere la loro storia è stato come rivedere vecchi amici.
Racconto di uomini forti e allo stesso tempo fragili, timorosi del senso della vita e del tempo, che non sanno cosa aspettarsi dal futuro, trascinante, gotico e piuttosto semplice, Le luci di settembre non è solo un affresco per gli amanti del romanzo gotico. Piuttosto un affascinante intreccio di segreti, follia, passione, amori e misteri, ma anche un piccolo miracolo per il semplice fatto di aver permesso sia a Lazarus sia ai protagonisti di quest'affascinante storia, di trovare la propria identità. Cercare una strada, quando non avevano la certezza di arrivare a una meta.

Valutazione d’inchiostro: 4

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Dovevamo ancora imparare che il Diavolo ha creato la gioventù per farci commettere i nostri errori e che Dio ha istituito la maturità e la vecchiaia per consentirci di pagarne il prezzo.

 

Ho tanti migliori amici io, qui, con me, nella mia stanza. In una sfilata di figure pubbliche che fanno parte di un paesaggio confuso a cui non si presta particolare attenzione, portano alla luce storie che hanno dentro di sé. Quasi sempre sanno trovare le parole giuste per raccontarmele e quasi sempre compongono melodie particolari, che scivolano nei ricordi luminosi della mia infanzia.
Su uno spazio conosciuto, in una schiera di anime perdute che entrano nella lotteria della narrativa, Zafon ed io ci scontrammo in una cattedrale che odorava di carta appena stampata. All'alba, in una città che era sprofondata nel silenzio, e che trasmetteva un piacevole senso di famigliarità. Non si era spezzato in due il filo dei ricordi. Quei ricordi che tengono ancora intatto il legame straordinario che si era instaurato tra me e Zafon parecchi anni fa. E, ad ogni nuova lettura, fatto sperare di poter tornare nella bellissima Barcellona degli anni '50 in cui avrei volontariamente fatto perdere le mie tracce. Una città semplice, come tante altre, ma che per me ha sempre suscitato un certo fascino.
Giunto da noi dopo sedici anni dalla prima stesura, Il palazzo della mezzanotte, è un altro tassello che compone il ciclo di romanzi che s'intrecciano nell'universo letterario di Zafon. Dopo L'ombra del vento e Il gioco dell'angelo, Marina e Le luci di settembre, di primo acchito, Il palazzo della mezzanotte è da considerarsi come un libro per ragazzi. Leggendolo tutto d'un fiato per la prima volta, a quattro anni di distanza dalla sua ultima lettura, tuttavia, ho intuito come si tratti di un racconto che trascenda qualsiasi limite di età e che esplora avventura, mistero e magia in un unico e sconcertante scenario, realizzato magistralmente.
Ne Il palazzo della mezzanotte ho scoperto uno Zafon giovane, un autore di grande portata che, tra fantasiose metafore e sconcertanti atmosfere - che rifiutano di perdersi nella corrente del tempo - era lo stesso che conosco adesso. Nulla è lasciato al caso e, fra le sue pagine, è possibile avvertire misteri e segreti inconfessabili di una famiglia, di una Barcellona sempre più gotica e sempre più amata. Un quadro raffinato in cui si parla di personaggi oscuri e maledetti che, così come la letteratura, riescono a dar voce a chi non ha voce. Le loro sensazioni sono come una variazione dell'aria. Condensano la luce. Fanno vibrare il vuoto.
L'intreccio spedito e limpido come acqua, spedisce dritto in una Calcutta che ha un ché di spettrale. Custode di un lato oscuro di storie che hanno del macabro, e che sopravvivono nella memoria delle generazioni come una cronaca del passato. E' quel luogo dove tutti noi abbiamo vissuto e avuto sedici anni. Anche se per qualche oretta, per qualche giorno. Dove lo spirito del Palazzo resterà vivo fino a che lo saranno anche i suoi personaggi.
Si dipana fra le vecchie mura di una sinistra cattedrale divorata dalle fiamme, sotto il manto scarlatto del crepuscolo. Dimora preferita di fantasmi e apparizioni. Ed è narrata da un giovane che ha dovuto imparare a vivere col timore che questa storia andasse perduta per sempre. In mancanza di un cantastorie, che molti anni fa lo avevano unito e separato dai suoi amici. Giovani libri in bianco, sulle cui pagine sono stati scritti i primi capitoli di una storia che non avrà mai fine. Scritti da penne poco scrupolose, al momento di un epilogo oscuro e lontano dai loro sogni e dalle loro aspettative.
Trovarsi dinanzi a un treno venuto dal passato, ascoltare storie di vecchie ma coraggiose donne è stata la prova che storie di questo genere riescono ancora a mantenere il loro smalto. Quest'ennesimo romanzo a sfondo adolescenziale è ancora saldamente legato al mondo dell'infanzia e, ritratto umano terribilmente coinvolgente di protagonisti soli e incompresi, è un cuore che batte in cui è possibile riconoscere noi stessi. Una parte della nostra anima. Un meraviglioso compagno di viaggio che, in soli 300 pagine, ha disegnato la sua orbita.

Valutazione d’inchiostro: 4

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Sentiva che, per la prima volta nella vita, il tempo scorreva più in fretta di quanto lui desiderasse e che non poteva più rifugiarsi nel sogno degli anni trascorsi.


Quand'è stata la prima volta che ho incontrato Zafon?
Questa frase, così com'è posta, nasce ogniqualvolta leggo uno dei suoi straordinari romanzi. Opere macchiate col sangue, zeppe di distrazioni magiche e fantastiche, che si ammanta di uno stile ipnotico che penetra nel lettore al punto tale d'immergerlo in uno stato fra il fascino e l'oblio.
Ad ogni modo, quand'è che incontrai il mio idolo letterario? Suppongo sia stato qualche anno fa, in una libreria: in un santuario che odorava di carta vecchia, polvere e magia. Ai miei occhi, però, stabilire una data precisa al nostro incontro, non fa la minima differenza. Io e Zafon siamo come due entità indivisibili e uguali. Suppongo che, se avessi una macchina del tempo, tornerei indietro a quegli anni, non avendo alcun ripensamento a reinterpretare le sue opere.
Eppure continuo con perseveranza il mio percorso con lui. Divoro avidamente ogni sua opera, vivo con maggior intensità, e constato come le sue opere riescono a donarmi felicità.
Quella felicità che, nei miei ricordi, lascia molto a desiderare. E' una felicità imprecisa, tanto che quando riesco a sentirla sulla pelle mi domando se sia tangibile o meno. Vera come due satelliti nelle vuote tenebre del cosmo.
In ogni caso, questa è la verità. La mia felicità è spesso vaga. Ricordo di essermi sentita felice, confondendo la realtà con la fantasia, scambiando qualche volta ciò che ha provato qualche altro e quello che ho provato io. La testimonianza? Di tutti gli anni in cui ho letto tutti i romanzi di quest'autore, gli episodi che riesco a ricordare sono soltanto due. Una Barcellona oscura e tenebrosa; personaggi che si rispecchiano perfettamente nei personaggi, imprigionati in un pozzo oscuro che riesce a catturare tutto ciò che li circonda.
La prima cosa che avvertii fu l'odore della magia che era sparsa tra le pagine, e quello dell'avventura che impregnava il naso come un odore acre. Poi una scena nitida. Una famiglia attorniata nel salotto di casa che, lontana dal peso dal fantasma invisibile della guerra che avvolge il futuro come un manto di tenebre, decide di trasferirsi sulla costa, in una casa accanto alla spiaggia di un piccolo villaggio sulle rive dell'Atlantico. Pare un sussurro in una nuda parete, un mormorio lontano impossibile da distinguere persino le parole. Persino la voce narrante ha la parvenza di un illusione. Una chimera che, solo più tardi, riuscì a vivere.
Un amico, un bambino che smise di essere bambino, il giorno in cui s'inoltrò lungo la riva di un viaggio verso una meta sconosciuta che, rimanendomi vicino, mi raccontò entusiasta, cosa avevo visto: un giardino disseminato di statue orribili, una sorella preda di sogni inquietanti, una scatola vecchia di film che sembrano aprire una finestra sul passato. Ancor oggi non so il motivo per cui abbia sentito l'esigenza di confidarsi. Probabilmente sognavo. Sognavo che mentre leggevo, a un certo punto venivo catapultata in un epoca che avevo visto solo per sentito dire. Protagonista di fantasie scritte in una biografia che nessuno ha mai vissuto veramente. Nell'unico posto in cui avrei potuto vedere ogni mattina la luce azzurrina e accecante che saliva al cielo come fiati di vapore magici e trasparenti.
Tuttavia, nonostante siano passati due anni dalla mia ultima visita, ogni tanto queste parole tornano a frullarmi per la mente.
Ed è proprio in questi momenti che mi metto a pensare alla mia esistenza tanto essere umano quanto lettrice e alla strada che percorsi all'epoca.
Come ne Il palazzo della mezzanotte, nel Principe della nebbia ho rivisto uno Zafon giovane che, nonostante tutto, non riesce a nascondere quel marchio letterario che lo contraddistingue: fantasiose metafore e sconcertanti atmosfere che rifiutano di perdersi nei recessi più reconditi della mente. Non esistono casi fantasmagorici di voci e volti, di creature le cui azioni si intrecciano o si sovrappongono per tessere la catena di eventi che determinano il loro destino e, fra le sue pagine, così vive e pulsanti, è possibile avvertire misteri e segreti inconfessabili di una famiglia, di una Barcellona sempre più gotica e sempre più amata. Un quadro raffinato in cui si parla di personaggi oscuri e maledetti che, così come la letteratura, riescono a dar voce a chi non ha voce. Le loro sensazioni sono come una variazione dell'aria. Condensano la luce. Fanno vibrare il vuoto.
L'intreccio spedito e limpido come acqua, spedisce dritto fra le braccia di una famiglia timorosa del tempo e della vita. Riesumano un lato oscuro di storie che hanno del macabro, che sopravvivono nella memoria delle generazioni come una cronaca del passato. E ci catapultano in un luogo dove tutti noi abbiamo, in un modo o nell'altro, lasciato una traccia del nostro passaggio.
Fra vecchi lupi di mare, sotto un cielo limpido e luminoso, la storia ci dà la possibilità di ascoltare storie di uomini vecchi ma coraggiosi, per nulla timorosi della vita o della morte.
Allo stesso modo di Marina, rimane ancora saldamente legato al mondo dell'infanzia e, ritratto umano terribilmente coinvolgente di protagonisti soli e incompresi, lascia dietro di se uno spazio vuoto che ha la forma di una persona. Qualcosa di più di semplici statue di marmo.

Valutazione d’inchiostro: 4

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Titolo: Marina
Autore: Carlos Ruif Zafon
Casa editrice: Mondadori
Prezzo: 13 €
N° di pagine: 310
Trama: Barcellona, fine degli anni Settanta. Oscar Drai è un giovane studente che trascorre i faticosi anni della sua adolescenza in un cupo collegio. Di tanto in tanto ama allontanarsi dalle soffocanti mura del convitto per perdersi nel dedalo di vie, ville e palazzi di quartieri che trasudano a ogni angolo storia e mistero. In una di queste fughe il giovane si lascia rapire da una musica che lo porta fino alle finestre di una casa. All'interno, su un tavolo, un antico grammofono suona un'ammaliante canzone; accanto, un vecchio orologio da taschino dal quadrante scheggiato. Oscar, senza sapersi spiegare il perché, sottrae l'oggetto e scappa. Qualche giorno dopo torna per restituire il maltolto e incontra la giovane Marina e il suo enigmatico padre, il pittore Germàn. Il suo innato amore per il mistero si intreccerà da quel momento ai segreti inconfessabili del passato di una famiglia e di una Barcellona sempre più gotica e sempre più amata, che lo spingeranno verso l'irrevocabile fine della sua adolescenza.


 La recensione:

 

<< A volte le cose più reali succedono solo nell'immaginazione. Ricordiamo solo quello che non è mai accaduto.>>

 

Era da un bel po' che avrei voluto parlarvi di Marina, ma non riuscivo a ritagliare il tempo adatto per farlo, non c'era verso, così ogni volta lasciavo perdere. Tanto nessuna frase, espressione o gesto, neanche il più solerte, avrebbe mai potuto esprimere completamente quello che mi si agita dentro. Quando la incontrai, la prima volta, lei si confidò come se stesse parlando con una vecchia amica, ed io custodì ogni cosa come un dolce scherzo che la natura aveva inventato per custodire segreti. Però l'altro giorno un episodio banalissimo, il desiderio di condivisione col prossimo e l'ebbrezza di un sentimento bellissimo che non provavo sulla mia pelle da tempo, me la fecero ricordare di colpo. Come una folata di vento, Marina ha spalancato una porta su un mondo la cui aura lucente ha avuto la stessa vivida e vivace bellezza dei sogni.
Dovrei spiegare, innanzitutto, le motivazioni che esplicano il mio amore incommensurabile nei riguardi di questa storia. Il che non significa che io mi trovi ora in una situazione particolarmente semplice. Al contrario, la situazione in sé credo sia piuttosto complessa, e anche il percorso che mi ci ha portato. Ho tracciato una linea invisibile su un foglio bianco, come un gesto semplicissimo. Eppure se cerco di spiegare per filo e per segno quali sentimenti siano scaturiti dall'ennesima lettura di Marina, amici lettori, non so perché ma le parole non mi vengono. La mia testa si riempie di materia bianca, come quella di un pupazzo di neve. E come fare, a questo punto, a seconda del caso, raccontare qualcosa a qualcuno in maniera semplice senza rischiare di cadere nel banale? Forse dovrei affidarmi alle sorti del mio piccolo cuore. Dovrei ascoltare la melodia che sprigionano le sue corde invisibili, quando involontariamente sono state toccate. Ho già sprecato un mucchio di parole, nel tentativo di scrivere questa recensione, col risultato che un momento fa ho fatto questa scoperta. Così, repentinamente, col sordo procedere degli attimi, mentre tutto il resto perdeva significato.
Mi sono trovata in un posto "favoloso", che se dovessi descrivere ogni singolo personaggio anche quello più insignificante si rivelerebbe piccolo, semplice e indispensabile. Le persone come me amano sguazzare in certi tipi di terreni, delimitandone i contorni o scrutando inavvertitamente tutto ciò a cui un tempo non avevo dato peso. Anche se non la vedo, non ho smesso di pensare alla fumosa Barcellona degli anni '40 per un singolo momento. A quelle storie ricche di suspense, misteri o segreti sopiti dal tempo, comparsi d'improvviso in una lontana notte d'inverno di qualche anno fa. Un bel giorno Zafon e i suoi splendidi personaggi si sono infilati come un tasso nelle stanze buie e polverose del mio animo, e ne è rimasto con una vasta gamma di tesori. Se non ne fossi stata personalmente testimone, a ripensarci, ora non mi sembrerebbe nemmeno vero. Nel momento in cui sono stata folgorata da vecchie e polverose storie abitate da orripilanti mostri dalle fattezze umane ho pensato che racconti di questo tipo ti marchiano dentro. E non a caso i romanzi di Zafon hanno un significato profondo, incomprensibile per molti. Altrimenti perché l'immagine di Marina sarebbe comparsa così, di punto in bianco?
E' da qui che ha inizio questa storia. E' bastato un semplice "incontro" purché le cose cambiassero. A farmi scorgere la luce dinanzi all'oscurità, a esaltare valori come la lealtà, la sincerità, l'amicizia e l'amore, nell'intreccio di vite di svariati personaggi. Era l'epoca delle prime esperienze, delle prime cotte, delle prime delusioni. Era l'epoca in cui L'ombra del vento mi aveva insegnato che la lettura può farmi vivere con maggiore intensità. Può donarmi felicità, cercando di interpretare il suo linguaggio particolare e capire come, un romanzo considerato insignificante per molti, abbia, invece, cambiato la mia vita. Volevo assolutamente sapere che impressione avrebbe fatto, che sensazione avrebbe trasmesso, questo mio indescrivibile desiderio. Non si trovano storie così, nella vita di tutti i giorni. Anche di questo, di ciò che ho provato, di ciò che mi è successo una volta giunta lì, prima o poi verrà fuori con calma (non sono affatto sicura se le parole potranno trascendere qualunque emozione).
In un teatro di azioni del passato di alcuni personaggi misteriosi e imperscrutabili dall'animo tormentato, accumunati dall'insaziabile sete della lettura, Marina è un racconto che trascende qualsiasi limite d'età e che esplora avventura, mistero e magia in un unico e sconcertante scenario, realizzato magistralmente. Un opera che, se dovessi attribuirgli un aggettivo, penso che "indefinibile" sia la parola più appropriata. Difficile da classificare in cui ogni lettore di ogni età, continua a scoprire qualcosa di nuovo fra le sue pagine e accedere così alla soffitta dell'anima di cui ci parla Oscar. Una storia che intreccia mistero e segreti inconfessabili di una famiglia; una Barcellona sempre più gotica e sempre più amata; un quadro raffinato in cui si parla di personaggi oscuri e maledetti che, così come la letteratura, riescono a dar voce a chi non ha voce.
Gioco di luci e ombre, serie di sfumature dalle tonalità più chiare a quelle più scure o viceversa, ritratto umano terribilmente coinvolgente di protagonisti soli e incompresi, Marina è per me un po' di tutto questo. Pagine bianche che vivono, pulsano, in cui possiamo riconoscere un pezzo di noi stessi, rivelare i nostri segreti, tanto gelosamente custoditi.
 
La natura è come un bambino che gioca con le nostre vite. Quando si stanca dei suoi giocattoli rotti li abbandona e li sostituisce con altri. Tocca a noi raccogliere i pezzi e rimetterli insieme.
 

Valutazione d'inchiostro: 5

6 commenti:

  1. Marina amato tanto. Quanti pianti.

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  2. Ciao Gresi, ho iniziato a leggere da poco i romanzi di Zafon, ma sono sempre più curiosa di conoscere ciò che scrive... buona domenica :-)

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  3. Ciao, questa trilogia mi manca, vedro di recuperare al piu presto; ottima recensione; grazie

    RispondiElimina

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