lunedì, maggio 08, 2023

Gocce d'inchiostro: La bibliotecaria di New York - Victoria Christopher Murray e Marie Benedict

Le storie ambientate sul finire dell’Ottocento, gli inizi del Novecento sono quel tipo di storie che, le accolgo sempre con un certo entusiasmo, e non appena divengono parte del mio cantuccio personale, mi impediscono di tornare indietro. Alla mia vecchia e banalissima vita, divenendo quasi imperativi categorici che, alla fine, spediscono dritto dritto a qualcosa di irremovibile. Impossibile tornare indietro. Con questo romanzo, con questa lettura, disgraziatamente non è stato così, e i propositi che non soddisfacesse completamente il mio spirito c’erano tutti: episodi di vita frenetici e un po' banalotti, una trama che richiama un periodo e un personaggio pubblico e storico di cui non si conosce principio, fondamento, niente che un polpettone potrebbe indurre a contrarre una bella indigestione. L’avrei sicuramente depennato, dopo aver riportato queste poche righe, e non perché sia scritto male o sia illeggile. Semplicemente a me non è piaciuto, e credo sia dovuto dal tipo di lettore che si è: l’anima non completamente evanescente né che si sia sposata col mio spirito. E ammesso che fossi stata in sua compagnia per qualche tempo, sono comunque contenta di averlo letto: se non avessi fatto esperienza ora non mi troverei qui, a giudicare, a parlare di lui. Ed in questo modo a superare anche questo ennesimo scoglio senza però avvertire il bruciore intenso della delusione.

Titolo: La bibliotecaria di New York
Autore: Victoria Christopher Murray e Marie Benedict
Casa editrice: Newton Compton
Prezzo: 9, 90 €
N° di pagine: 384
Trama: A soli vent’anni, Belle da Costa Greene viene assunta da J.P. Morgan, uno dei più ricchi finanzieri al mondo, per curare la collezione di manoscritti, libri rari e opere d’arte di proprietà del magnate. In poco tempo Belle diventa un punto di riferimento dell’alta società newyorkese e una delle figure più influenti nel mondo dell’arte e della cultura. Organizza mostre ed eventi mondani, è in contatto diretto con commercianti, case d’asta e studiosi sia in America che in Europa. Il suo gusto è considerato impeccabile. Ma Belle ha un segreto, che deve proteggere a tutti i costi: non è nata Belle da Costa Greene, ma Belle Marion Greener. È la figlia di Richard Greener, il primo nero laureato a Harvard, distintosi come attivista per la difesa dei diritti civili degli afroamericani. Il colore della pelle di Belle, quindi, non è legato – come tutti credono – alle sue origini portoghesi, ma africane. Negli Stati Uniti del primo Novecento, ancora profondamente razzisti, anche una donna potente e affermata come Belle sarà costretta a custodire il suo segreto, per continuare a fare quello che ama. **Bestseller del New York Times tra i migliori libri dell’anno del Washington Post La vera storia di Belle da Costa Greene, bibliotecaria personale di J.P. Morgan, e del suo inconfessabile segreto.** «Un libro straordinario: riesce a essere allo stesso tempo un appassionante romanzo storico e una lucidissima analisi sul razzismo. Una lettura imprescindibile.» Pam Jenoff «Una storia meravigliosa. Il segreto di Belle e il suo coraggio sapranno commuovervi ed emozionarvi. I miei complimenti a queste due autrici fantastiche.» Fiona Davis «Un giusto tributo al coraggio di Belle, al suo feroce desiderio di proteggere la famiglia e alla sua lotta per essere la donna che non le era permesso essere. » Natasha Lester Marie Benedict è un'avvocato con oltre dieci anni di esperienza in due dei più importanti studi legali degli Stati Uniti. Proprio il suo lavoro, che le ha fatto conoscere storie di donne spesso rimaste segrete, ha fatto nascere in lei la passione per la scrittura. Victoria Christopher Murray è autrice di oltre trenta romanzi di successo. È nata nel Queens, si è specializzata in disturbi della comunicazione alla Hampton University e ha conseguito un MBA alla New York University.

La recensione:

Il bello di certe letture, perché il bello bisogna saperlo vedere anche quando non c’è o non esiste, è che parlano di libri, anche se di libri qui, disgraziatamente, se ne parla molto poco. Impercettibile, quasi inesistente, il cui interesse che avevo riservato a queste pagine, evaporò completamente dopo le prime battiture, non soppiantò nemmeno l’idea che si sarebbe trattato di una storia che esplica l’amore per la letteratura….. che assurdità! Più che altro sugli aspetti esteriori della vita di una celebre bibliotecaria, Belle Green, che, in vita, dovette nascondere il suo essere di colore. Adesso che ho concluso questa lettura e le mie idee al riguardo sono piuttosto chiare, comprendo i motivi per cui ho esitato parecchio, prima di abbracciare questa ennesima sfida di lettura che, diciamocelo, non mi avrebbe indotta a leggere questo polpettone. Forse l’esperienza mi ha resa fin troppo coriacea, anni di letture intense e << difficili >> mi hanno indotta ad accrescere la mia diffidenza al riguardo, ma… si legge per arricchirsi, per dilettare l’anima, acquietare lo spirito, no? Non per storcere continuamente il muso, sentirsi frustati, sbadigliare continuamente e constatare di leggere l’ennesima soap romantica, una di quelle che Canale 5 trasmette nel pomeriggio. E quando voglio essere stupita chiedo tanto da un romanzo ( in genere i romanzi che amo leggere non ho bisogno di chiedere. Mi è dato senza che io me ne accorga) e cedo così all’impulso di colmare la curiosità, di concedere occasioni, di far esperienza senza poi pentirmene. Perché, francamente, alla fine, non me ne pento mai. Voglio dire, come avrei potuto giudicare, alla fine, senza che avessi letto?
Continuo così per la mia strada e scrivo recensioni che forse hanno un senso logico, solo per me stessa. Ma così << parlo >>, così esprimo ciò che provo, specialmente quando la mia anima è in balia di sentimenti irreprensibili. Frustrazione, delusione, inappagamento. E frequentare questo tipo di salotti non mi ritrova entusiasta, affamata di sapere. Quasi un’estranea, un viaggiatore di passaggio che presto o tardi sa che deve volgere i suoi interessi presso altri orizzonti,
Bella Green era una figura sconosciuta, prima che iniziassi a leggere di lei, la cui carriera fu offuscata dal suo desiderio di celare la sua identità, la sua condizione di essere di colore, ma elemento davvero essenziale nonché materiale storico davvero importante per costruire un rilievo architettonico le cui basi disgraziatamente sono state fin troppo fragili, quasi di cartapesta. Ricco di immagini di vita comune in cui la stessa letteratura non ha una sua voce, né piccolo ritratto in miniatura che ha avuto bisogno di grandi elementi per essere sorretti, né sospiro, respiri eccessivi, quel brivido di sentirsi amati, accettati. Gli sforzi di leggere e sfornare un’opera che mi ha procurato una certa indigestione combinò il temibile desiderio di lasciare in bianco ogni cosa e il senso di frustrazione di non poter giudicare se non quando fossi giunta sino alla fine. È questo uno dei miei principi fondamentali di quando leggo un romanzo, checché esso sia di piacevole o spiacevole lettura. Ma collaudato in un caos farfugliante e farraginoso, in nozioni che non hanno un vero fondamento e che messi insieme sono un frastuono altisonante di futilità. Forse le stesse parole che mi sono ronzate in testa come uno sciame di api impazzito, solidificando qualunque pregiudizio, qualunque diffidenza, facendo si che il mondo non apparisse così diverso da come lo conosco. Ci sono stati momenti in cui sembrava che questo mondo imperfetto stesse cadendo a pezzi, che si stesse mandando alle ortiche qualunque intento o possibilità di vita e che l’orrore di certi << sacrifici >> sarebbe evaporato oscurando tutto e ciò dipeso dall’irrefrenabile conversazione fra il mio corpo e la mia anima.
In ogni caso, sono felice per come sia andata e sebbene colmo di sensazioni negative, che mi hanno aiutato a vincere la parsimoniosa necessità di scrivere, riporre nero su bianco tutto ciò che mi passa per la testa, che mi ha preso alla gola all’improvviso, proditoriamente, sgorgando da una melodia, da una lettura che non ha suscitato niente, né innescato ricordi, dai colori annacquati, da atteggiamenti non sempre gentili che avrebbero potuto essere al passo di quelli ritratti nel bellissimo romanzo di Jane Austen. Perché La bibliotecaria di New York è la mera parvenza di un classico come quelli che mi piace tanto leggere, in cui ho riscontrato solo sensazioni spiacevoli. Non ha valicato la barriera del possibile, non mi ha fatto cadere a pezzi, ma affermandosi esattamente per quello che è: un passatempo, per riempire qualche ora del nostro tempo, e che dimenticheremo facilmente. 

Valutazione d’inchiostro: 2

2 commenti:

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