giovedì, febbraio 08, 2024

Nel folto della macchia: romanzi che ho abbandonato

Generalmente non abbandono mai un libro. Seguo assiduamente un credo religioso, professo quasi una fede, sussurro una preghiera silenziosa fra me e la mia coscienza che non mi distolga dai miei obiettivi quanto mi aiuti a raggiungerli. Come saprete, sono una lettrice che legge quasi tutti i generi letterari presenti in circolazione e che non rinnega mai l’ennesima occasione ad un autore o ad un’autrice che in passato mi ha delusa. Il 2023 è stato un anno ricco di sorprese, progetti, sfide letterarie che mi hanno messo alla prova, e soprattutto indotta a guardarmi dentro.

La maggior parte di queste letture hanno dato una sferzata di novità al mio bagaglio culturale, altre, invece, sono state cocenti delusioni. O, per meglio dire, non sono stati compagni ideali con cui spendere il mio tempo. Perciò, in un momento imprecisato della mia vita, io e queste letture ci siamo lasciati. Con alcuni in modo del tutto gentile, comprensivo, con altri no. Bruscamente, quasi violento. E poiché penso che dietro ogni bellezza si celi una certa bruttezza, ecco quei romanzi - fortunatamente pochi - che ho abbandonato e che non credo accoglierò più nel mio cantuccio personale. Perlomeno, non adesso.

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Certe letture ti trascinano lentamente e piacevolmente, in una manciata di giorni o qualche ora, chiacchiere e fiumi di parole a quantità, che a loro modo vogliono mostrarci sempre qualcosa. E questo qualcosa è stato piacevole, ma nulla di eclatante.
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Uno stretto legame, un certo magnetismo in cui sono messe in evidenza le relazioni che si intersecano fra persone, prevalentemente nulle, quasi evanescenti, da cui le funzioni più banali dipendono dalla vita stessa.
🌺🌺🌺🌺🌺 Si parla di donne forti, ma alla fine, sono solo lamentose. Passive, quasi vittime e in balia di uomini forti ed egocentrici, e che non donano niente di più quel che dà la quarta di copertina. L’assetto storico parecchio assente, lento e prolisso in cui la felicità è una strada che nessuno può intraprendere.


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Piacevole ma distante, vago e poco limpido in cui non ho potuto scorgere chiaramente quale fosse il vero bandolo della matassa. Alla fine, Henry, cosa comprenderà da tutto questo? Come un sogno breve e senza senso, quasi incompleto e ripetitivo, che ha tanto di quelle atmosfere prettamente adolescenziali di John Green e che, in un vortice confuso di gesti, frasi e parole, mi ha condotta alla vita di questo piccolo uomo che lentamente sta appassendo nella quiete mattutina. Fra il fragore del mondo, in un luogo dai contorni sfocati, su uno sfondo concreto e usuale.





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Squarcio di vita di un uomo qualunque, che conferisce un'idea piuttosto chiara del passato in quanto si amalga perfettamente al presente, in un carosello di immagini ed episodi che si riversano sotto cieli grigi di rammarico, ricordi o memorie perdute, niente di impossibile da sradicare ne di inaspettatamente bello ed intenso che mi ha attesa lì, invisibile, maturando in queste pagine, pronto ad esplodere, un processo a ritroso di cui la mente si aggrappa mediante l'oblio, l'arte imprescindibile delle parole, con il suo vasto corredo di illusioni, esortazioni, moti invisibili del cuore umano.





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Nel capiente buco dell’invisibile, una litania che non è stata realizzata in un momento imprecisato della mia vita, smorzando qualunque tensione, qualunque preoccupazione, qualunque ostilità, e in cui non ho potuto avvertir la bellezza di tutto questo.

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Romanzo che è incarnazione dell’eterno ritorno, del tempo circolare, del desiderio di amare il prossimo, il proprio destino, l’arte, in cui aleggia un forte senso di sconforto, quasi tragicità che sedimenta nel cuore di chi legge, ma non lascia un segno indelebile del suo passaggio.


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Il senso di smarrimento prevale su quello personale.
C’è stato qualcosa in queste pagine che mi ha indotta a divorare le pagine come se animate da volontà propria, rientrando nella categoria del giallo miscelato al noir e allo young adult, che ha piantato in me il seme della curiosità proprio per il suo essere intraprendente e a tratti imprevedibile, che, ora che ci penso, rivela in parte il temperamento dei protagonisti, francamente mi ha fatto lo stesso effetto di quando incontri qualcuno per strada e saluti solo per educazione.

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Romanzo che altri non è che  uno scenario in cui non si assisterà nient'altro che alla crescita di una famiglia. Dove la letteratura e l'allegria sono due facce di una stessa medaglia, e che la si vive come se perennemente immersi in una baraonda solida e inespugnabile. E per me, del tutto distaccata.

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Una storia antica, limpida come il mare che galleggia su un isola come una piccola conchiglia. La natura, il suo eco riecheggia in forme altisonanti che coincidono in ordini rigorosi e severe.














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Una mancata saga famigliare che tuttavia intreccia tre storie diverse e lontanissime, e che fra immagini simboliche, realistiche è una specie di rete connessa che avrebbe dovuto produrre un suono. Quello dell’amore per la patria, le fondamenta di un popolo di cui non sapevo l’esistenza ma che, a lungo andare, stancano. Atrofizzano i sensi, smorzano quel pizzico di magia che avevo scorto al principio. 🌺🌺🌺🌺🌺
Un romanzo che tenta di fuggire dal grigiore della vita, ma restando intrappolato. Moderno e tendenzialmente sofisticato, pilastro dal quale si diramano svariate tematiche e che, come la sceneggiatura di un copione, è quel cantuccio idilliaco dal quale è possibile attingere sogni, speranze perdute. Qui ha pervaso un forte odore di magia, di tempo sospeso, oggetti smarriti e poi ritrovati, che denotano un certo desiderio di poter lasciare un pezzo di sé stessi, un segno del nostro passaggio su un mondo che forse non sa nemmeno della nostra esistenza.

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