Anche io non ho potuto fare a meno di sentirmi attratta, proprio così. Avrei dovuto esserne consapevole che quella della Beer altri non fosse che una storia semplice, che avrei bevuto in una manciata di ore, e che seppur non avesse niente di sconcertante da confessarmi, non mi indusse a perdere tempo. Chi approda in questi salotti virtuali deve essere consapevole che circolano perlopiù classici, romanzi di narrativa contemporanea, e letture di questo stampo non compaiono quasi mai semplicemente perché non attraenti. Non prendono il disturbo nemmeno ad avvicinarsi, perché consapevole che io me ne allontanerei. Cos’è accaduto con questo testo? Forse avrei dovuto starci lontano? Chi può dirlo! Ma se non l’avessi letto, ora non sarei qui a parlarvene! Perchè La collezionista di libri, seppur alla fine si è rivelata esattamente quello che mi aspettavo, ovvero una storia semplice la cui protagonista è continuamente afflitta da sensi di colpa, affaticata dal grave peso di un passato insopportabile e insopprimibile e dall’impossibilità di uscire da una bolla privata che, come prigioniera in una larva, l’avrebbero fatta maturare e mutare in una splendida farfalla. Ma, una volta che ero dentro, c’erano così tanti libri che avrebbero fatto invidia persino alla piccola libreria della mia città, in attesa di essere accarezzati, letti, vissuti che, soddisfatta, avrei letto volentieri se non fosse stato che, per quattrocento pagine, la voce della sua protagonista ha surclassato la mia coscienza. Mi ha inondata di una malinconia, un forte senso di insoddisfazione che francamente non mi ha appartenuto né avrebbe dovuto appartenere, invadendomi con l’irruenza di un abbraccio. Un abbraccio il cui tepore è stato evanescente, proprio come la sua anima.
Titolo: La collezionista di libri
Autore: Elisabeth Beer
Casa editrice: Sperlyng & Kupfker
Prezzo: 18, 90 €
Trama: Sarah va a caccia di libri, ma non solo. Colleziona mappe, ama i manoscritti e le vecchie carte geografiche, e si trova decisamente più a suo agio con le pagine stampate che con le persone. Dalla morte della zia Amalia, che ha cresciuto lei e sua sorella, Sarah vive da sola nella sua villa circondata da un rigoglioso giardino in fiore e da tantissimi volumi antichi. Infatti, ha deciso di portare avanti la passione della zia, rilegando libri e prendendosi cura della sua sterminata biblioteca, con l'unica compagnia delle sue amate tartarughe Bonnie e Clyde. Ma tutto cambia improvvisamente quando Benjamin, un giovane bibliotecario della British Library, bussa alla sua porta: ha bisogno di aiuto per rintracciare un'antica mappa stradale romana, un incarico che la zia Amalia aveva accettato poco prima di morire, ma che non era riuscita a portare a termine. Così Sarah decide di partire con Ben all'avventura a bordo della sua vecchia auto, in compagnia delle due tartarughe, alcuni atlanti polverosi e tantissime domande in cerca di una risposta. Inizia un viaggio che li porterà in Francia e in Inghilterra, nell'incredibile mondo dei libri da collezione e delle mappe smarrite, e sulle tracce del passato di Amalia. Un viaggio che forse cambierà per sempre le loro vite.
I libri contengono le storie di tutti noi e di tutti quelli che devono ancora venire, e occuparsi dei libri è un compito importante.
Fra l’andare e venire di gruppi di anime apparentemente tutti uguali mi pongo spesso domande e quasi sempre ottengo delle risposte. Non sempre queste risposte mi soddisfano, appagano la mia sete di curiosità, che, in ogni caso, diviene sempre più forte, nel momento in cui mi è rivelato << il cuore pulsante >>. Ci tengo tantissimo, quando leggo, a comprendere. Leggo, non perché conduco uno stile di vita monotono e piatto: la mia vita non ha bisogno di sferzate di novità per essere attiva, frenetica e produttiva, molto più di quel che è. Ma non mi piace leggere << superficialmente >>, con gli occhi che scorrono fra queste pagine senza che possa attribuirgli un senso. Non che mi facessi un’idea sbagliata e così alla fine perdo più tempo di quel che credo: una storia, checchè essa possa essere di facile lettura o meno, alla fine, deve lasciare un segno del suo passaggio. Il segno di chi l’ha letto e nutrito sentimenti forti o contrastanti, tiepidi ma deliberatori che, alla fine, in un modo o nell’altro, mi inducono a sedermi dinanzi al mio computer e mettere giù qualche idea.
Anche con La collezionista di libri non ho potuto fare a meno di prendere appunti, nonostante la sua anima - così pura e semplice - fosse chiara, visibile al primo sguardo. La scrittura, l’interpretazione di testi che fungono da medicina per l’anima nonchè alternativa di soppiantare un passato inavvicinabile, inconcepibile i cui ricordi, ancora freschi, pongono una visione diversa di un mondo e della vita, di ognuno di noi.
Sarah sapeva che aveva appena vissuto un periodaccio terribile con l’anima in subbuglio, dopo la morte della sua cara e amata zia, e che questa visione di malinconia, quasi inadempimento ad un sé che non avrà mai una vera e propria maturazione, quella del mondo e della vita, non era più così bella come sarebbe potuto essere. Così estranea e inadeguata ad adempiere un processo di crescita che, nel bene o nel male, la tuteleranno a non ripetere alcuni << errori >> fondamentali.
Piccoli libriccini, pagine bianche in cui sono riportate pensieri, follie, emozioni travolgenti e inespugnabili, possono a volte insegnare tante cose. Il mio amore per la letteratura si è intensificato negli anni a tal punto da conciliare tale amore come una sorta di stile di vita: senza i libri la mia anima sarebbe priva di consistenza. Inutile. Opaca come un vetro rotto e sporco e di solito il mio tempo libero lo trascorro a leggere, cibarmi di opere di autori conosciuti e non che danno colore, senso a tutto questo. Fu così che, quando seppi della pubblicazione di questo romanzo, non ci pensai due volte a entrare nell’androne gigantesco di un salotto zeppo di libri e gettare ombre complesse e incrociate sul pavimento di legno scricchiolante, e me ne stetti lì, assieme alla protagonista, a bocca aperta, ad osservare gigantesche pile di romanzi che forse non leggerò mai. Rassegnata, non sono così ingenua a credere che da qui a quanto starò in vita potrò leggere tutti i romanzi esistenti sulla faccia della terra. Si può leggere che è un arte straordinaria e meravigliosa. E poi si può vivere di libri, che è quello per cui do un senso a ogni cosa, giorno dopo giorno. Leggo di tutto, a volte cose inutili altre volte importanti e difficili. Quella di questa lettura è una tematica piuttosto cara alla me lettrice, ai lettori, agli amanti della carta. Ed estrapolare da una finestra virtuale dall’aria luminosa e vaporosa, ascoltando la voce gracchiante del suo autore risuonare nelle pareti della mia coscienza, è un brivido di piacere che attraversò il mio corpo e non se ne andò tanto facilmente. Nemmeno ora che ripongo queste poche righe. Nemmeno ora che constato come effettivamente ho letto storie più belle che parlano di libri, di affetti o legami perduti, che hanno lasciato un segno profondo nella sabbia del tempo. Lì sono rimaste e mai più evaporate. Ma mi affascina sempre essere condotta in questi tipi di luoghi, attratta come da una calamita e godo così tanto di tutto questo non per il piacere in sé, quanto per la felicità che comportano certi momenti.
Uscire da questa storia non mi ha trasformata o cambiata. Ma è stato come vivere nella vita di tutti giorni, sulla riva dell’insoddisfazione ne indimenticabile, che ho seguito con ogni mossa, vivendo e respirando. Una ragazza, una nipote, appena orfana di affetti, quasi priva di vita, ispirandosi alla sua esperienza personale di letteratura, compose una musica semplice che non vanno al di là della concretezza, ne in un certo senso trova un posto dentro di lui. Non dentro di me, che non si è sentita legata all’anima della sua storia, nemmeno coinvolta da Sarah e da ciò che dovrà affrontare, che solo alla fine - o forse no? - darà sfogo alle emozioni che inconsapevolmente ha cercato, ha rincorso. Un assetto romantico di comprendere se stessi. Si fluttua in una piscina di incertezza, al confine della nostra coscienza, con in sottofondo l’inesorabile fragore del mondo. Rappresentazione di due realtà opposte: luce e ombra, speranza e disperazione, riso e tristezza, fiducia e solitudine, opera che evoca qualcosa di speciale. Un altro tempo, un altro luogo, o una particolare dimensione della mente in cui io non ho potuto perdermi completamente. Poichè si arriverà a un punto in cui non si sa più cosa sia vero o sbagliato. Ci si perderà nel labirinto del tempo, dei ricordi di cui è prigioniera e, vagando in una grande casa che è una specie di labirinto, cercherà quella stanza particolare dove passato e futuro formano una corda ininterrotta e infinita. Uno spazio in cui è sospeso un codice che nessuno ha mai saputo decifrare, un accordo che nessuno ha mai ascoltato.
Valutazione d’inchiostro: 2 e mezzo
Dal titolo sembrava promettente; ma il voto basso mi scoraggia.. Grazie comunque per la recensione
RispondiEliminaNon ne sconsiglio del tutto la lettura, ma a me ha deluso un pò :)
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