Ho trascorso delle piacevoli ore in compagnia di un romanzo, l’unico scritto da questa autrice, e tornata da un luogo in cui amo vivere: il passato. Della mia vecchia vita è possibile scorgere episodi in cui il passato si lega al presente, e le storie che leggo infatti suggeriscono che invece di allontanarmi da questo passato di cui faccio cenno, ci sguazzo impunemente. Questo romanzo racconta di una generazione passata che coincide con frammenti biografici di una donna, che personalmente non conoscevo. Questa Sonata d’inverno, infatti, fu l’unico romanzo scritto in cui l’inverno del titolo è cristallizzato nell’immobilità, nell’inquietudine in cui si avverte un forte senso di attesa, ridestando forme di tragedia tipiche della produzione tolstojana e una specie di tragedia infinitesimale. Il tutto immerso in un’atmosfera quieta, profondamente intima e cupa in cui lo stato d’animo si accorda a quello musicale di ogni cosa. E, limitato e assoluto, piccolo capolavoro in cui l’amaro senso di disappartenenza e l’incapacità rovinosa di adattarsi nella vita è resa più acuta con l’incanto di scapestrati membri appartenenti al Bloomsbury group, non risvegliando forme assopite dal nulla quanto soggetto a immutamenti.
Titolo: Sonata d’inverno
Autore: Dorothy Edwards
Casa editrice: Fazi
Prezzo: 17 €
N° di pagine: 176
Trama: In un piccolo villaggio della campagna inglese che sa di Jane Austen quanto di Čechov, mentre l’inverno imbianca il paesaggio si dipanano le vicende sentimentali e sociali di una piccola comunità: due sorelle corteggiate a intermittenza, un cugino che non sa cosa fare di sé, una ragazzina ribelle che cerca di evadere da un contesto familiare soffocante, e il forestiero Arnold Nettle, giovane e cagionevole musicista trasferitosi in campagna per fuggire l’inverno cittadino. Le lunghe serate trascorrono tra goffe conversazioni ed esibizioni musicali che sono le sole ad animare la calma che avvolge il paese. Tutti, in cuor loro, aspirano a qualche indefinito mutamento, sperano in un attimo epifanico che possa imprimere alla vita un corso più deciso, ma la voce dei protagonisti rimane in gola, così come il rumore dei passi si perde nel silenzio ovattato dell’inverno.
La solitudine della condizione umana è la grande protagonista di questa storia, tratteggiata con pochi tocchi delicati, simili a quelli che animano le corde del violoncello suonato nelle buie sere invernali.
La recensione:
Quella sensazione che le persone dicono di avvertire davanti a un cielo stellato, di come il nostro mondo sia solo uno fra milioni di mondi, e di come noi, davanti a tale moltitudine, siamo creature senza alcuna importanza.
Sulle storie che trattano il tema del tempo, della disuguaglianza sociale e la chirurgia stilistica con la quale i loro autori riportano storie che sembrano prive di vita quanto sono il ritratto della stessa,nel classico caso dei classici, so più o meno tutto quello che c’è da sapere. Una quindicina di anni prima mi innamorai perdutamente della letteratura classica mediante un testo che molti lettori detestano e hanno detestato, ero stata per quasi un mese in una brughiera misteriosa ma affascinante in un deliquio amoroso perennemente in bilico fra bene e male, alle calcagna di un uomo burbero e una donna egoista, genesi di un percorso di crescita letteraria che inconsapevolmente avevo intrapreso. Avevo letto di loro, li avevo conosciuti mediante la lettura dell'ennesimo fantasy che leggevo, al tempo, parlando con chiunque della zona purchè mi conducessero da loro, nella fatiscente ma spettrale dimora di Wuthering Heights, e la conclusione a cui ero giunta era quella comune a gran parte dei lettori che avevano amato questo grande classico: Catherine e Heathcliff, seppur recisi dalla morte, la loro storia, il loro crudele sentimento d’amore perpetuerà nel tempo, persino nella memoria di chi è morto, e la << bellezza >> in queste pagine è frutto di un certo fascino per il gotico e l’amore per il passato che, a soli diciassette anni, mi avvicinava come un magnete a questo splendido universo.
Anche io alla fine caddi nelle mani di Catherine e Heathcliff. Ma questa è un’altra storia …. Ciò che ho visto in Sonata d’inverno, quindi, dai miei occhi tolti dalla orbita di altri lettori che hanno giudicato giustamente e malamente il romanzo e riposto in un angolino del mio cuore ( un altro classico di magia classica in cui l’ambiente circostante si sposa con i sentimenti), lo stato d’animo, l’emozioni che si concentrarono con i risultati e gli obiettivi che si desiderano ottenere: avevo colto questa eterna seduzione di una malinconia eterna, avulsa da un profondo senso di aspettativa in cui sembra di poter avvertire una supplica disperata che genera una specie di magia. Un’illusione così realistica che aveva sortito un certo effetto anche in me.
Durante il periodo in cui ho così intrapreso questo viaggio successe questo. Le protagoniste di questo dramma desideravano scoprire, nell’immobilità di un paesaggio sterile, un forte senso di scoperta del proprio sé, come allegoria alle virtù cristiane, calate nel contesto leggendario di re Artù e i cui elementi quali, la santità, la temperanza, la castità, l’amicizia, la giustizia, la cortesia nonché l’epicità della gloria di una nazione sfiancata dagli innumerevoli scontri bellici, compongono un quadro armonioso, elegante ma triste che richiama la produzione tolstojana e l’impossibilità di comunicare col prossimo o di assimilarsi in un luogo. Sentimenti di cui la Edwards fu protagonista in quanto non potè non cogliere l'occasione di una frattura interiore per imporre un cambiamento alla propria rigida esistenza, la costruzione letargica dentro un universo paralizzato adottando la forma di una sonata, imprimendo nel suo testo un ritmo esclusivamente musicale grazie alla variazione di immagini, sequenze o ricordi e uno stile moderno o naif, che quasi denuda anzichè spoglia, raffreddando ogni cosa tesa ad increspatura e brividi.
L’uomo dovrebbe pensare con reverenza e con gioia per raggiungere i suoi obiettivi. Può riversare le sue ambizioni dal sogno, dalla fantasia ma deve essere consapevole che li raggiungerà solo se realistiche, intaccate e attaccate dalla memoria. Decostruendo quelle gerarchie sociali e di genere che descrivono un villaggio gallese in inverno e l’emarginazione delle donne nel periodo delle due guerre.
Valutazione d’inchiostro: 4 e mezzo
Non conosco, ottima recensione, grazie
RispondiEliminaA te 🤗🤗🤗
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