mercoledì, ottobre 23, 2024

Gocce d'inchiostro: Psycho - Robert Bloch

Ad affascinarmi è stata l’aura di mistero, ammaliamento che suscitarono le sue pagine. Non la brutalità, né l’intelligenza se non la furbizia che è stata usata per scrivere questo romanzo. Stare sulle proprie, ma alle sue regole. Come un ente supremo e dominante, mi ha controllato sin dal primo momento in cui decisi di imbarcarmi in questa storia. Ma cosa avrebbe detto Robert Bloch se avesse saputo che in Psycho mi sono sentita coinvolta, molto più di quel che credevo? Lo scrittore che ha visto la seconda guerra mondiale, ha ideato la storia che si portò dentro ignaro che nel XXI secolo questo tipo di storie avrebbero sortito un effetto completamente poco attitudinale. Scovando un posto speciale nei meandri della letteratura americana, nel descrivere l’allegoria di una forma violenta e suprema che predomina e subentra su ogni cosa dividendo in passi rituali, concentrazione e autocontrollo. Il ritmo serrato sfocia nel turbamento, nell’apprensione che alla fine sfumano con la consapevolezza che la scrittura è spesso un buon surrogato contro i rimedi del cuore e dell’anima. Lasciando inebetiti.Privi di parole. E senza alcuna prova tangibile, che tuttavia si consuma in brutte sensazioni che non ci lasceranno mai. Sorvegliando la mente, lì, cercando di darci bella posta.

Titolo: Psycho

Autore: Robert Bloch

Casa editrice: Bompiani

Prezzo: 14 €

N° di pagine: 192

Trama: Norman Bates vuole molto bene a sua madre, il problema è che la donna è morta da più di vent'anni, o almeno questo è quello che pensa la gente nella tranquilla cittadina di Fairvale, in California. Norman vive con la madre nella casa vicino all'albergo di famiglia, il Bates Motel, lungo il vecchio tracciato dell'autostrada, oggi in disuso. Una sera si presenta alla reception una giovane donna, Mary, ladra per amore: l'incontro turba i pensieri di Norman, ma la madre veglia su di lui, decisa a proteggerlo con il suo coltello da macellaio. Un grande romanzo che ha ispirato un film leggendario, un viaggio da brivido nella mente di un uomo, e tra le ombre della sua identità.

La recensione:

Spicca impetuosa, inarrestabile il flusso della paura, e sfocia in duecento pagine di dialoghi e riflessioni che hanno una certa importanza, affascinano nell’aspetto e nel concepimento che la scrittura sia completamente fagocitata dalla realtà. Dà ampio spazio ai ricordi e al passato, al concetto di vita filiale e attuale. Con la mia agenda preferita, ho seguito le vicende di un uomo comune, Norman Bates, quasi incapace di raccapezzarmi dove l’autore volesse andare a parare, nell’articolazione di parole che sconcertano, per descrivere gesti vandalici, violenti di cui gli stessi personaggi sono e rimarranno per sempre imprigionati. Poiché dotato di una mente logica e organizzata, in cui sopravvivere è un’infezione all’ego, contratta chissà dove, che ci permetterà di crescere assieme. L’atto del comprendere, a questo proposito ha poca importanza, un epiteto maliziosamente razziale.

Accogliere Norman Bates nel mio cantuccio personale non è stato propriamente facile. Leggere di un uomo attanagliato costantemente da una sete di potere inviolabile, irraggiungibile, sopravvalutata e inconsapevole, che impedisce di capacitarsi fra due mondi a confronto, molto simile fra loro, a eccezione della violenza, dei timori e delle paure che occupano una posizione principale e sostanziale, amplifica la vita di questa marionetta in un confronto o scontro che sfocerà poi a grave collisione. Poiché, sin dal primo momento che lo conobbi, fui sicura che non si sarebbe comportato più << garbatamente>> di quel che credevo e che i suoi problemi li aveva sorpreso in moti di rabbia, crudeltà, conducendomi al punto in cui non riuscì ad articolare parola, criticare la sua condotta o criticarne gli interessi anche solo per parlarne.

Quando mi regalarono una copia un po’ sgualcita di Psycho, non potei credere che un semplice e normalissimo uomo di oltre cinquant’anni avesse dipinto un quadro estremamente moralista, fatalista che rievoca continuamente il passato, i ricordi, la loro abbondante intimità, la coscienza in sé, arrancando o avanzando in un mondo completamente devastante, timoroso dagli uomini, come un reietto abbandonato dalla propria specie. Soggetto a brusche sferzate di ansia e paura, intrappolato in una zona grigia che soffoca, schiavizza all’immaginazione. Intimidendo coloro che hanno osato criticare i loro pregiudizi, non potendo più rendere insulsa una storia che è dentro la stessa storia che colpisce, se non nell’immediato ma lentamente, che ha minacciato la sua egemonia, il suo stare nel mondo, ripescando, dai più profondi recessi della memoria, alcuni candidati alla sottomissione, al rinnegamento, alla ribellione, alla violenza che è il prototipo dell’impotenza individuale tipica del secolo: Norman Bates avrebbe potuto, a pieno titolo, definirsi quell’individuo maltrattato ma chi legge sa che non è così. E Psycho infatti, è la raccolta di informazioni allucinanti, frettolose e vaste della vita di un uomo che in un brusco e orripilante momento, ci limita all’esecuzione di colpe che via via diverranno sempre più ampie: in lui e nel resto dei personaggi ho scovato infatti stranieri nella notte che valutano e conoscono, osservando e studiando,facendo di ogni azione o forma di << ribellione >>, nel desiderio di vivere, mediante scrittura, o lettura, frammenti di una vita necessaria e indispensabile.

E niente e nessuno potrà fermare tutto questo. Nessuno avrebbe potuto impedire ciò. Sebbene non sempre sia stata capace di scrollarmelo di dosso, Robert Bloch ha enfatizzato privandoci di ogni autorità di intrusione. Attraverso Psycho restituisce ed elargisce un immagine speculare dell’uomo, il suo modo di comportarsi nel pensarlo o concepire in relazione col prossimo. Ma, allo stesso tempo, mascherando abilmente e poi svelando al mondo chi è questa figura, così devastato dalla vita. Non sono stata così ingenua da non capirlo, ma nemmeno tanto crudele da trarne soddisfazione.

Articolata così in frasi spontaneamente esplosive, che dal momento in cui si intraprende questo viaggio ribollì di sdegno al pensiero di quanto la vita sia spesso ingiusta e malvagia, ho letto Psycho sorpresa di come l’autore abbia trasformato in un trastullo esseri umani sofferenti come lo stesso Norman solo per consentire a questi di vendicarsi. Era questo il vero e proprio messaggio? Attenuare una certa forza aggressiva e rabbiosa all’inclinazione della paura come surrogato per vivere con più serenità non sottovaluta tuttavia il suo essere predominante e folle. Ad un certo punto della lettura, non mi importava nient’altro che di “mascherare” Norman.

Psycho è pregno di quell’idealismo più sfrenato che abbia mai prodotto la coscienza mediante letteratura. Irretita, quasi priva di anima, mi sono scagliata contro un così ignobile atto, immaginando che ci sarebbe stata una via di salvezza senza speranza come quella di quest’uomo rendendolo scevro di qualunque umana considerazione Non potendo esserci, per chi legge, l’illusione più grande di questa: perdere completamente il senno. In un marasma di parole che ci informa sin da subito di gesti sconsiderati e folli, che in mano ad un uomo sapiente, incuriosito del tema trattato trasformò questa colossale opera come espediente di compromissione di ogni cosa, persino me stessa, rovinandomi completamente.

Valutazione d’inchiostro: 4 e mezzo

4 commenti:

  1. Sinceramente non credo faccia per me; grazie per la recensione

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  2. Ciao Gresi, ho letto questo libro moltissimi anni fa, perchè il film mi era piaciuto molto, sebbene ci siano delle diversità ;-)

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