Capitano dei momenti in cui improbabilmente mi trovo in luoghi, in compagnia di figure che razionalmente, in un momento imprecisato della mia vita, non avrei mai prestato attenzione. Una Londra fumosa, grigia e ovattata, due fanciulle che si apprestano ad affacciarsi sul palcoscenico artificiale della vita con nient’altro l’insano desiderio di risolvere qualunque problema il tempo, il mondo circostante gli propina, ritrovandosi poi l’una nell’altra cercando di fuggire da qualunque contrarietà. Se certi romanzi l’avessi letti in un momento in cui di tempo a disposizione non ne avrei avuto, quello cioè fondamentale per poter alternare questa lettura con altri romanzi, non credo che avrei potuto portarne a termine la lettura con costanza e concentrazione come invece è accaduto.
Perché, seppur scritti bene, uno spaccato politico e sociale dell’epoca che c’è stata in cui si assapora la debole incolore emozione delle cose, la disgressione di ogni cosa, l’orrore di un mondo circostante completamente diverso da quello attuale, tante pagine di troppo appaiono sprecate, fin troppo eccessive, quasi incomprensibili poiché entità piccolissima che non riesce a implodere in un unico splendido agglomerato. Ma solo in forme di persistente abnegazione, frustrazione, sentimenti contrastanti proiettati in un mondo di cui l’autore lo impreziosisce di magia e lirismo, quasi un magnifico apice di apoteosi giunto troppo in fretta. Sospeso in una grande e dorata isola in cui l’intimità, i gesti del cuore stonano con il grigiore di cui è inzuppato ogni cosa.
Requisito fondamentale di questo romanzo l’assetto economico che confluiscono nel realizzare e idealizzare quella disamina utile ad esprimere qualunque intento di evasione, differenti nel tempo e nello spazio.
Per me, il solo pensiero di metterci piede mi bastò per rivivere, cogliere la bellezza di implicito che ho colto nella bellezza di un tumulto trascinante, discordante, angosciante, che mi ha permesso di comprendere Catherine in ogni sua sfaccettatura. Lei, che stramazzavo a tentoni per terra, lei stessa a subire ingiustizie, umiliazioni, a versare calde lacrime per qualcuno che non avrebbe forse meritato, non era la storia d’amore per eccellenza, ma è stata quella storia giunta al momento giusto.
Comprendo perfettamente i motivi per cui James è ricordato calorosamente. Non nego che anche io sono una sua grande amante, poiché impossibilitata a comprendere per quale motivo uno avesse voglia di avventurarsi su un terreno incerto come quello dell’instabilità, che sembra una follia delirante, l’ineluttabile discesa nel pietoso, nel disgusto, nel fallimento e nella delusione, ma anche perché, essendo stato scritto in un epoca parecchio lontana alla nostra, è stato consacrato e tuttora ricordato come quel pilastro della letteratura vittoriana che volente o nolente ricorderemo per sempre. Chi ce l’avrebbe fatta con le proprie forze, la propria pazienza, avrebbe scansato le innumerevoli occasioni in cui un sentimento come questo doveva sfociare in qualcosa di meno dannoso e gravoso, umiliandosi e perdendo fiducia in se stessa struggendosi per un uomo così pusillanime e restio alla sensibilità o alla comprensione. Non credo però che l’amore fra due giovani amanti sia perfetto, e non credo ci sia niente di male ad amare qualcosa di così imperfetto che disgraziatamente non sarà mai perfetto, ma la cui anima – così lucente e scintillante come avverse stelle – sarebbe rimasta, si sarebbe mantenuta là dove le nostre anime riposeranno eternamente. Nel bene o nel male, in monologhi o dialoghi che vertono quasi sempre nell’egoismo, nella proclamazione del loro impetuoso amore.
Di Henry James mi innamorai a prima lettura. Oramai cinque anni fa, con un romanzo con protagonista una donna avvenente ma antipatica che si esprimeva come un’attrice shakespeariana: un rottame di giovane età, che fece delle sue << pene >> d’amore uno stile di vita, una facciata di finto buonismo e maggior crudeltà, il cui forte respiro avverto ancora dalla mensola strapiena della mia libreria. Eppure, tutto questo mi piacque così tanto, mi affascinò irrimediabilmente da desiderare successivamente di leggere altro dell’autore, ed ecco che nel tempo conobbi altre splendide opere d’arte: Washington Square, Le ali della colomba, e ora questo, Le bostoniane, concepito, a quanto sembra, come il Grande Romanzo Americano. Forma astratta di desideri repressi, riforme e dottrine diverse che avrebbero messo in mostra qualunque assetto latente, ciò che sarebbe sfuggito ai nostri occhi, penetrando nell’esistenza degli individui tentando in ogni modo possibile per condurre una crociata, l’immagine dell’infelicità delle donne. La croce che ogni donna doveva portarsi, e che un mutamento repentino avrebbe indotto a un cambiamento. Ci si attacca alla società con nient’altro il desiderio di spiccare. Spiccando sarebbe stato possibile compiere qualcosa per la società e il mondo circostante, e perseguendo quella giusta strada sarebbe stato possibile raggiungere il cambiamento. Henry James, in questo modo, toccò il cuore delle masse e delle nazioni, dichiarando apertamente come atti di generosità, tenerezza – laddove esistevano esclusivamente forme brute di sordido antagonismo -, avrebbero camuffato ogni intento maligno. Qualunque distrazione che tuttavia non riesca a camuffare l’aria dimessa, la frivolezza di alcune creature. Cause pubbliche che inducono a struggersi per emancipazioni, intrappolamenti in corriere che inducono ad essere perennemente esposti ed affranti a lacerazioni, a sofferenze laceranti e atroci.
A quanto pare ero entrata a far parte di un piano ben studiato e ponderato in cui questa frivolezza a cui fa cenno l’autore era camuffata dalla cultura, in cui il senso decorativo o plastico dell’esistenza avrebbe cozzato con forme di adempimento. Assieme ai protagonisti ho così avanzato dinanzi a forme oscure che avrebbero dovuto lavare il dolore e la vergogna, spiccare come visioni intense, frammenti di cui le stesse donne pagano per gli altri. Loro che tenevano paralizzate i ceppi di fardelli inestricabili, loro che erano gran parte creature appartenenti al sesso debole a cui era estorta ogni cosa con l’inganno e la menzogna.

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Ottimo post, grazie
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