martedì, luglio 21, 2020

Gocce d'inchiostro: Tess dei D'Urbeville - Thomas Hardy

Ho riscontrato sensazioni incredibilmente belle fra le pagine di Tess dei D'Urbeville, pilastro della letteratura italiana novecentesca. Tormento, turbamento, smarrimento, ma anche gioie, sogni, speranze. Abbracciando questa storia cogliendo la bellezza di ogni cosa, integrandomi con personaggi immaginari che, per una manciata di giorni, erano divenute persone, evidenziando una particolare sintonia fra la me, lettrice, e gli stessi personaggi.
Quest'oggi, quindi, la recensione di una delle opere più significative, intense e originali di tutta la letteratura inglese, nonché rappresentazione perfetta di un grande e appassionato amore. Semplice e autentico, come le tragedie antiche, tesa a gettar una luce alquanto significativa sulla realtà.







Titolo: Tess dei D'Urbeville
Autore: Thomas Hardy
Prezzo: 8; 90 €
Casa editrice: Bur Rizzoli
N° di pagine: 450
Trama: Un'indimenticabile storia d'amore e morte fiorita nella magica atmosfera della brughiera inglese, ora dolce, ora crudele. Le vicende di un'eroina purissima travolta dalle forze del male e del destino.


La recensione:

<< Perché mi hai tentato? Ero incrollabile come può essere un uomo finché rivede quei tuoi occhi e quella tua bocca.. Tess, tentatrice, cara dannata Tess, non ho saputo resisterti non appena ti ho rivista.>>

Il romanzo di Hardy, con i suoi vasti tesori di immaginazione visionaria, l'avevo letto per la prima volta otto anni fa. La copertina, un tulipano bianco stretto delicatamente in quattro dita rosee e affusolate, invitava a fiondarsi immediatamente fra le sue pagine. E, a lettura terminata, fatto prendere consapevolezza di come aveva lasciato uno spazio vuoto che aveva la forma di una persona.
La sua storia mi lasciò addosso una strisciante angoscia. Il propagarsi di tanto dolore, con tutti i pericoli impliciti per chi avrebbe potuto considerarlo come un male per lo spirito, catena di piccoli fatti assurdi, di coincidenze miracolose, di avvenimenti e di persone che ritornano e poi svaniscono, è stato talmente contagioso che gli oggetti inanimati sembravano dotati di una qualche magia. Poiché non esiste alcuna differenza fra ciò che è vicino e ciò che è lontano, e chi legge si sente legato a ogni cosa entro i limiti del possibile. Eppure il mio amore incommensurabile nei riguardi di questa storia è stato innegabile. Come con altri romanzi, ho amato Tess dei D'Urbeville prima ancora di averlo letto. Ho provato struggimento, dolore, sofferenza per l'amore di due anime inquiete dalle aspirazioni trascendentali, basate inconsciamente sulla visione geocentrica delle cose, contorta febbrilmente per la natura opprimente di un'emozione gettata sui nostri cuori da una crudele legge naturale: un'emozione che ho atteso, ho desiderato.
L'amore fra Angel e Tess ha ravvivato la fiamma che già bruciava nel mio cuore, e il tormento o l'angoscia in cui sguazzavano impunemente è stato superiore alla capacità di sopportazione. Dalla mia umile dimora, li ho visti avanzare faticosamente fra montagne, colline e campi di grano, raggiungere la cima di una scarpata, e contemplare un paesaggio del tutto diverso da quello osservato sino a quel momento.
Solenne e superstiziosa fantasia architettonica, caso fantasmagorico di voci e volti, di vaghi e possenti fantasmi corporei apparsi nel minaccioso silenzioso della notte, Tess dei D'Urbeville è stata una delle migliori letture inglesi che, zeppa di distrazioni realistiche, tragiche e amorose che richiama alla mente le tragiche commedie shakespeariane, è penetrato al punto tale d'immergermi in uno stato fra il fascino e lo sconcerto. La storia d'amore estremamente realistica fra una contadina e un conte, che Hardy ha riesumato col suo tocco spiccatamente realistico/drammatico e tragico in cui fantasia e realtà si sfiorano, anche mentre il sole illumina le loro figure contro il verde delle siepi e le facciate delle case, le cui descrizioni sono crudelmente sincere in quanto ciò che è narrato è narrato attraverso gli strumenti della letteratura: l'essere umano in bilico fra estasi e sogno. Il cui mondo che lo circonda è zeppo di meschinità, ipocrisia, cattiveria, che rivelano l'intento dell'autore di esaminare, con profondità e un certo distacco, un tema piuttosto importante nella produzione hardyana: il senso della vita.
Mi incuriosiva rileggerlo e, sebbene il tempo scorra ininterrotto e, delle volte, ci costringa a dimenticare cose che non vorremmo mai dimenticare - immagini, episodi che rimangono intrappolati nella soffitta della nostra anima -, ho riscontrato quella profonda e assurda drammaticità di cui è impregnato e di cui, tre anni fa, come un meraviglioso compagno di viaggio, aveva disegnato la sua orbita.
Ritratto umano terribilmente realistico e coinvolgente di protagonisti intrappolati nel lungo limbo delle convenzioni sociali, che incorrono esclusivamente l'ideale dell'uomo forte, libero, capace di vedere la netta differenza fra verità locale e verità universale, quella di Hardy è una complicata emozione che custodisce gelosamente due amanti nella sfera insondabile dell'amore. Unico moto perpetuo dell'universo, unica ragione accidentalmente intrufolabile, creata apposta per impedire ai due protagonisti di consolidare il loro amore. Unica dimensione in cui è semplicissimo riconoscersi, assistendo alla nascita di un amore indescrivibile, illusorio e allo stesso tempo terrificante che se ne sta sospeso nell'avverso universo come splendidi megaliti, e che scopre i due amanti perdutamente insoddisfatti di ciò che li circonda e insaziabili dei peccati tatuati sulla loro pelle. Devastati nell'anima e nel corpo. Creature piene di poesia, poesie tradotte nella realtà, i cui cuori ardenti lottano contro una sola povera coscienza, bramosi, inteneriti e un po' folli che vegliano sulle sorti di uno sconosciuto che prima ignoravano spudoratamente, ma che adesso rappresenta la vita.
Una storia che è stata raccontata con la consapevolezza di recare sofferenza, capace di logorare dall'interno lo spirito di chiunque. Suscita un empatia naturale, risvegliando zone assopite nel fondo della coscienza, e che ci parla di gesti sconsiderati e folli uniformemente negativi.
Tess dei D'Urbeville è un dramma sentimentale, seducente e romantico che mi ha resa prigioniera delle stesse colpe, degli stessi peccati dei protagonisti. Un opera raffinata, delicata come un tulipano, che non lo fa sembrare un romanzo, piuttosto una proiezione in cui si provano più sofferenze che gioie. Sciorina continuamente descrizioni dettagliate che, spesso e volentieri, inducono al tedio e alla noia, e cattura l'attenzione per il toccante e sano romanticismo che si respira fra le sue pagine e in cui diviene sempre più forte l'esigenza dell'autore di esplorare la zona dei sentimenti.
Una storia che, in una notte di metà luglio dall'aria afosa ma pulita, è emersa dal passato come un'immagine definita nell'immediato. Con una voce apprezzabile, matura, profonda, e i contorni simili a quelli degli antichi poemi omerici.

Erano distanti come stelle dal suo mondo presente. Nel momento estatico e solenne in cui giurava di essergli fedele, le comuni sensibilità del suo sesso sembravano frivolezze.

Valutazione d'inchiostro: 5

4 commenti:

  1. wow questo bellissimo libro mi ricorda il mio primo anno di universita', insieme a Middlemarch :)

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    Risposte
    1. Middlemarch non l'ho ancora letto, ma sarà una delle mie prossime letture ☺️☺️

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  2. Ciao 😊 questo post mi ricorda che se c'è un autore che mi riprometto di leggere è proprio Hardy !
    Sara

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